22 febbraio 2018

Di forma e di sostanza

I Report di Transparency international non vanno presi come la Bibbia: la "percezione" della trasparenza o della corruzione è "solo" un indicatore indiretto del livello di corruzione, e la percezione può dipendere da quanto le persone sono bombardate da messaggi su corruzione, tangenti, malaffare. Come succede con gli immigrati e la percezione di una invasione che non esiste. 
Quello che ci dice il rapporto, però è che, nonostante siamo migliorati nel ranking mondiale, abbiamo ancora zone d'ombra su cui lavorare.
I passi avanti negli ultimi anni sono stati tanti, eppure rimangono ancora diversi angoli bui. In primis dovremmo parlare dai finanziamenti alla politica. Se da una parte infatti abbiamo una maggiore trasparenza sul fronte dei finanziamenti ai partiti, dall’altra ci sono soggetti che vengono usati per canalizzare le risorse e che non hanno gli stessi obblighi di trasparenza e rendicontazione. Su tutti, le fondazioni e le associazioni politiche.A breve, andremo alle urne per le prime elezioni dopo l’abolizione totale del finanziamento ai partiti. Eppure, commenta il Direttore Davide Del Monte: “Siamo chiamati a votare dei candidati di cui non possiamo conoscere i reali finanziatori e, quindi, gli interessi particolari che li sostengono“.

Parliamo delle fondazioni dei politici, per esempio: ricevono flussi di denaro, senza alcun vincolo di trasparenza, con la scusa della privacy.
L'abolizione del finanziamento pubblico ha costretto i partiti a trovare altre forme per finanziare la loro attività: il servizio di Millenium (il mensile del Fatto Quotidiano) ha raccontato quanto sia forte la tentazione di prendere soldi da finti lobbisti che poi saranno pronti a chiedere un favore.

Ma forse il punto è un altro: i partiti, le istituzioni, soffrono di un problema di forma e di sostanza.
Un governo a scadenza che si permette di nominare i verti dei servizi.
Un ministro dell'Economia, Padoan, che spiega che ad aprile sarà lui a stilare il DEF, il documento di previsione della spesa pubblica.
I continui richiami alle larghe intese, per proseguire quelle riforme (magari quelle bocciate dagli elettori), in barba ai finti programmi.

Si contesta l'inchiesta di Fanpage, sullo smaltimento di rifiuti in Campania, perché fatta con un agente provocatore che è un ex camorrista: mio Dio, e di questo passo dove finiremo? 
Le stesse persone che poi esultano guardandosi il film di Spielberg, Il Post, dove si racconta di come i giornalisti del W. Post si siano procurati i Pentagon Papers (documenti protetti), fotocopiandoli di nascosto.

Ben Bradlee ad un certo punto del film dice: “Stiamo dalle parte di chi è governato, non di chi governa”.
Non esiste ragione di Stato, non esiste questione di forma: la notizia va data nell'interesse pubblico, perché questa è l'informazione.
Ma questo va bene solo in America.
Un po' come l'Europa: va bene quando si tratta di pareggio di bilancio, di politica economica. In Europa si va a protestare quando le aziende si spostano in Slovacchia. 
Va male quando ci chiede conto dei rifiuti, della qualità dell'aria, della qualità di vita nelle carceri. 

E questa è la forma. La sostanza dietro è pure peggio.
Dobbiamo veramente commentare questa campagna elettorale, i programmi presentati, questi candidati?
Una campagna elettorale basata sulla paura degli immigrati, sui rimborsi non rimborsi dei 5 stelle, sulla flat tax, sulla migliore squadra possibile di Renzi che non perde occasione per attaccare i grillini.
Una campagna elettorale con la paracadutata Boschi che spacca il PD a Bolzano, con un ottantenne ancora in giro a raccontar barzellette.
Una campagna elettorale che si è completamente dimenticata della mafia, del sud, delle disuguaglianze.

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