27 dicembre 2017

La Costituzione incompiuta

Non fa in tempo a concludersi questa legislatura, con tutti gli strascichi per le leggi non approvate (lo ius culturae) e per quelle approvate (il jobs act da cui non si tornerà indietro anche se si è dimostrato inefficace), che già si parla di nuova costituente.
La proposta arriva dal ministro Calenda: la nostra Costituzione (che festeggia i 70 anni dalla sua firma) non è intoccabile e in essa sono presenti tutti gli strumenti e i modi per cambiarla.
Ma il problema principale è l'inattuazione dei suoi principi: i principi di uguaglianza e di libertà, che per molti italiani prossimi alla soglia di povertà sono un miraggio.
Il diritto alle cure e ad una istruzione fino ai massimi livelli per i meritevoli.
La contribuzione al fisco, proporzionale alla capacità contributiva del singolo: questo è scritto all'articolo 53, principi che stridono nel paese dell'evasione e dell'elusione fiscale.

Ecco, sentir parlare nuovamente di costituente con queste premesse, da un ministro di un governo che ha presentato la sua riforma costituzionale, bocciata, preoccupa.

Sul Fatto Quotidiano il magistrato Paolo Maddalena ci parla dei principi su cui si basa la nostra carta costituzionale

Il miracolo della Costituzione e la nostra dignità di cittadiniPesi e contrappesi - Senza “eguaglianza” e “solidarietà” la “libertà” non basta alla democrazia. Ecco perché oggi la Carta va attuata
 
La Costituzione ha settanta anni. E tutto quello che c’è stato di buono lo si deve a Lei. L’Italia usciva sconfitta dalla seconda guerra mondiale, che aveva distrutto tutto: case, ferrovie, ponti, fabbriche, strade e chi più ne ha più ne metta, con gli spietati bombardamenti a tappeto degli anglo americani (detti “gli alleati”, non nostri, evidentemente, ma tra loro).
Ma per fortuna essa non riuscì a distruggere le possenti intelligenze dei nostri Padri costituenti, i quali compirono un vero miracolo (che gli incolti della cultura chiamano “compromesso”), ma che in realtà fu una “fusione” di tre principi che non possono vivere l’uno disgiunto dall’altro: la “libertà” (rappresentata dalle forze liberali), l’ “eguaglianza” (rappresentate dai social comunisti), la “solidarietà” (rappresentata dai democristiani). E fu così che davvero divenne possibile porre le basi di una solida democrazia fondata sul lavoro. L’assurda pretesa di fondare la democrazia sulla “libertà” è un controsenso, poiché una libertà senza “eguaglianza” e senza “solidarietà” sfocia inevitabilmente nella dittatura di pochi e nella schiavitù di tutti. Chi lo nega è semplicemente accecato dalla teoria sopraffattrice del neoliberismo, che fu introdotta in Italia con un libro di un modesto economista della Scuola di Chicago, Milton Friedman, tal titolo Storia della moneta americana dal 1867 al 1960, e che ebbe grande successo in Cile, che Pinochet ridusse alla miseria, poi nell’Inghilterra della Thacher e infine negli Stati Uniti di Reagan e di Clinton.
Ora prospera felicemente anche in Cina, dopo che Eltsin ha avuto la dabbenaggine di regalare a una novantina di famiglie borghesi l’intero patrimonio mobiliare e immobiliare del Popolo russo. Questa teoria predica la “diseguaglianza”, la “forte competitività” e il “predominio di pochi su tutti”. Essa non tiene conto del fatto che l’economia non è una scienza esatta, come ad esempio, la fisica, alla quale possono agevolmente applicarsi modelli matematici. L’economia è un sistema ideato dall’uomo e la storia degli ultimi anni ci dice che finché, ispirandoci alla nostra Costituzione repubblicana, abbiamo seguito la teoria keinesiana – che vuole la redistribuzione della ricchezza, la valutazione del lavoro e l’intervento dello Stato, cioè del Popolo, nell’economia – abbiamo avuto trenta anni di benessere, sfociati nel “miracolo economico italiano”.
I guai sono cominciati quando ci siamo ispirati ai Trattati Europei fondati, in gran parte, su principi neoliberisti. Così siamo diventati tutti poveri, mentre pochi ricchi si sono posti al comando dell’intera umanità. Chi ha ancora il lume della ragione sa che non abbiamo altra via da seguire, se non quella, ben sperimentata, della Costituzione. Oramai lo diciamo in molti: chi vuole la “dignità” dell’uomo e il suo benessere, deve chiedere una sola cosa: che essa sia attuata! I Soloni del momento sono avvertiti.

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