10 ottobre 2017

Cambiare il futuro

L'unica via per mantenere la produzione è abbassare diritti e salari: questo ci ripetevano economisti e finanzieri.
Via l'articolo 18, si agli sgravi per assumere e stipendi bassi per neoassunti, altrimenti le aziende scappano.
Ma se si abbassano salari e si tolgono diritti saranno le persone a scappare, finché possono cambiare città/paese.
A questo punto, una volta trasformata l'Italia nella Polonia (o nella Cina) del sud Europa, a chi vendiamo i prodotti italiani? 
Puntiamo solo sull'export? Sulla ristorazione? Tutti camerieri come vorrebbe Briatore?

Dove occupiamo le persone in esubero a Taranto o Genova? E quelle della Perugina, di Almaviva (che risparmiando sui salari riesce ad accumulare risorse per spostare i call center all'estero)?
E, soprattutto, chi si sta preoccupando del loro futuro nei palazzi?
Il partito di Renzi? Quello del jobs act che non piace nemmeno al ministro Calenda?
Oppure il centro destra che in questi anni si è visto applicare (o cercare di applicare) le sue riforme?
Il governo magari, che a breve metterà la fiducia sulla legge elettorale (chissà se questa volta FI parlerà di fascismo renziano)?
Nemmeno possiamo illuderci di Pisapia, forte del suo non partito (che si spera superi il 3%), o degli altri partiti a sinistra del PD.

Ecco, mentre nel palazzo si preparano un'altra volta a blindare il futuro e le nomine, non trovo nessuno in grado di cambiare in meglio il futuro di migliaia (o milioni) di italiani.

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