03 maggio 2017

La belva nel labirinto, di Hans Tuzzi

“Ma un mostro, nella vita, non sembra mai un mostro”

L'incipit (che potete scaricare da questo link)
Venerdì 5 giugno 1987
A bunda, duas luas duas luas gêmeas em rotundo meneio. Il culo, due lune geelle in tondo dondolio, cantava il poeta. Nel miracolo d'esser due in uno, pienamente. Gabriel Robelnilsen de Rocha quel poeta non l'aveva mai letto, no. Però fin da ragazzino l'aveva fatta semplice lui: Gabriel di giorno, Gabriela di notte. Quel fisico che lo rendeva un giovane maschio di tutto rispetto - muscoli lunghi e duri, arnese robustom opettorali pompati al punto giusto in palestra e culo di marmo ben tornito (a bunda è a bunda, redunda: il culo è il culo, a tutto tondo, concludeva l'odea Drummund de Andrare, brasileiro come Robernilsen) - con il favore della luna gli consentiva di tramutarsi in una seducente ragazza dal seno ancora acerbo, men che mezo meloncino di Cavaillon, seconda misura scarsa; una seducente ragazza, pelle color melassa dono di una nonna chocolat e felini occhi verdi eredità del nonno portoghese. chi fossero i nonni per parte di padre, e chi poi fosse il padre – chissà?

Un serial killer si aggira per le strade di una Milano (ancora per qualche anno “Milano da bere”, prima che il ciclone Tangentopoli spazzi via tutto), uccidendo persone apparentemente slegate tra loro e lasciando sui cadaveri delle carte dei Tarocchi, degli Arcani.
Un prete di periferia, don Albino Tomat.
Un travestito di mezz'età, Carmen (al secolo Carmine Grieco).
Un ragazzo di buona famiglia iscritto ad Ingegneria, Glauco Stracuzzi.
E, nello stesso bagagliaio dell'auto del ragazzo, viene trovata morta (ma senza carte degli Arcani) Petra Lucantoni, studentessa, figlia di un giornalista.

Persone che non si conoscevano o, quantomeno, che vivevano in contesti ben separati, uccisi in modi diversi e i cui cadaveri sono stati ritrovati in luoghi diversi di Milano.
Ad unire tutte queste morti, solo quelle carte: la luna, la morte, l'impiccato, la papessa …
Ma, attenzione: non è il solito romanzo su un assassino seriale, sui profiler, le analisi della sua psiche e la polizia che risale al colpevole dall'analisi di un pezzetto di tessuto lasciato su una scena del crimine.
Siamo di fronte ad un romanzo di Hans Tuzzi e, dunque, nulla è scontato o banale.
Gli omicidi diventano un'occasione lanciare uno sguardo non superficiale sulla Milano di fine anni '80, sulla società italiana che si metteva alle spalle gli anni della contestazione e delle ideologie per tuffarsi nell'epoca del riflusso.
Sui ragazzi, figli di questo paese, di questa società, così deboli e nello stesso tempo, così illusi della loro forza, della loro purezza. Così malleabili ..

Ma procediamo con ordine.
E' un venerdì notte quando il vicequestore Norberto Melis e il brigadiere d'Aiuto ricevono la segnalazione del cadavere di un ragazzo, “attinto” da quattro colpi di pistola all'interno di una Audi 80 nera.
Glauco Stracuzzi, figlio unico di una famiglia benestante, studente di Ingegneria: come può finire sparato in auto un ragazzo così? Forse per le sue idee, decisamente di destra, che lui non nascondeva, nemmeno nella sua stanza, dove era incorniciata una poesia di Hitler
A volte, nelle notti più amare,vado alla quercia di Odino nel boschetto solitario,a stringere un patto con le potenze notturne,le rune mi vengono evocate dalla luce della lunae tutti, coloro durante il giorno si sono macchiati di impudicizia,si rimpiccioliscono prima della formula magica.Tali invece di sguainare l’arma per combatteresi pietrificano in stalagmiti!Così i falsi sono separati dagli autentici,raggiungo un nido di parole e dono ai buoni e ai giusticon la mia formula magicabenedizione e prosperità.”

Un omicidio politico, anche se non siamo più negli anni settanta, di questo è sicura la madre:
«.. quanta feccia potrebbe morire senza lasciare rimpianti».Già, pensò Melis: per alcuni la democrazia è una bella cosa solo nelle aule di giustizia.

Le indagini seguono anche il filone dei travestiti, gli amici di Carmen: uomini di mezza età, uomini di giorno e donne appariscenti di notte e che, proprio per questo particolare, riscuotono un certo successo nel settore. Tutti quei padri di famiglia che, senza la moglie tra i piedi, hanno bisogno di qualcuno con cui sfogare i propri bisogni fisici.
Forse c'entra qualcosa quel ragazzo che usciva assieme a Carmen (e poi all'amico o amica Carlussi), bello come l'attore francese Hussein. Che si scopre essere pure un ex poliziotto, della Digos, la polizia politica che forse aveva pure lavorato coi servizi.

È questo il filo rosso che lega tra loro le vittime (“che non diventano migliori solo per il fatto di essere vittime” pensa Melis)?
Persone ai margini della società, contrarie alla pubblica morale, quella delle brave famiglie borghesi: il prete che accoglieva i tossici per curarli, il travestito che va con gli uomini, la figlia del giornalista di sinistra?
«Il problema è quello del pollo, quando non c'è il pollivendolo: chi gli tira il collo?Poi arriva Hitler, per dire, e il problema è risolto. E nessuno tra quei bravi borghesi dalle mani nette e dai balconi fioriti vuole sapere come e dove spariscono i topi ebrei e gli zingari pidocchi. L'importante è che non ci sono più. Finalmente. Così qui: gli squilibrati fanatici ammazzano sentendosi superuomini, e sono certi che, almeno per alcune vittime, troverai qualche bravo borghese soddisfatto di sé convinto che se la sono andata a cercare, quei pervertiti o quel prete di frontiera, e in fondo, via, almeno per i travestiti, meglio così.»

Cosa c'è dietro quelle morti? La morale ipocrita italica, quella delle pubbliche virtù e dei vizi privati, l'acquiescenza piccolo borghese della maggioranza silenziosa (“che, purtroppo, non tace” pensa Melis), l'eterno fascismo italiano, viste le amicizie del ragazzo morto (i giochi di ruolo ispirati ai libri di Talkien).
O forse anche in questa storia ci sono di mezzo i servizi e i loro giochetti sporchi?

E cosa significano i tarocchi sui cadaveri e quelle due lettere (MM) con quella data scritta a mano, 28/9 (particolare nascosto ai giornali)?
Nonostante gli sforzi di Melis e dei suoi uomini (che l'autore accompagna anche nella quiete domestica, alle prese coi loro problemi) non si va oltre le ipotesi, ogni strada percorsa diventa un vicolo cieco.
«Perché, vede, io non credo che dietro questi delitti, che con la fantasia che contraddistingue i cronisti di nera chiameranno i delitti dei tarocchi non appena qualcuno spiffererà questo dettaglio, io non credo che dietro ci siano chissà che nomi e chissà che complotti. O chissà quali connivenze. Ma se anche ci fossero, io andrò sino in fondo. E se questo dà fastidio a qualcuno mi si dovrà far fuori, o in metafora o sul serio. Perché io andrò fino in fondo».

L'inchiesta, come in altri romanzi dell'autore, diventa altro: il giallo, le piste devono seguire, le porte chiuse seguono gli investigatori anche nella loro vita privata.
Dove si riflette su quello che sta succedendo nella società in cui vivono, dove la cultura del benessere ha spazzato via le grandi ideologie dei due decenni precedenti. E dove paradossalmente, gli unici ideali rimasti sono quelli della purezza, dell'eliminazione dei diversi:
Melis rabbrividì: davvero si preparavano anni nei quali la sazietà del benessere, i timori per quanto d'insicuro vi è nel relativismo e nelle oggettive difficoltà della ragione, la confusa bramosia di assoluto, i facili cortocircuiti dell'irrazionalismo avrebbero riportato in vita l'oscurantismo, quell'insieme di fede e paganesimo sul quale si fonda ogni più atroce regressione dell'umanità? Fascismo, socialismo reale, integralismo religioso.

C'è spazio anche per comprendere l'importanza del nuovo tabernacolo familiare: la televisione dentro le nostre case e i programmi sulle tv private, demenziali, pensati per saziare la pancia dell'italiano mediocre, livellandone la sua cultura sempre più verso il basso
«Sai, giorni fa per curiosità ho deciso di guardare un programma su una tele privata, un programma di cui tutti parlano. Non chiedermi come si chiama, so solo che mentre lo guardavo pensavo che era l'Istituto Luce dei nostri anni. Preparava una nuova classe di elettori, belli e pronti per dimenticare d'un balzo la guerra la bomba i campi di sterminio la resistenza la lotta di classe destra e sinistra alto e basso giusto e ingiusto .. Il nostro mondo sta tramontando, ragazzi, e il nuovo secolo s'annuncia...»«Non con trombe ma con peti e rutti» chiosò Melis.«Con il più vecchio degli armamenti ideologici rimesso a nuovo: non avete idea di quanti fra questi giovani siano fisiologicamente terra delle destre».

L'inchiesta diventa una sfida quasi personale, perché le morti si susseguono assieme alle prime accuse contro la polizia e sulla squadra di Melis, accusati dopo settimane, non hanno raggiunto alcun risultato.
Una sfida personale e una indagine dentro la mentalità degli assassini: una mentalità crudele, cinica ma anche lucida. Una mentalità in cui si mescolano il mito del superuomo e i principi dell'eugenetica, l'eliminazione dei non abili, le persone che non meritano di respirare la nostra aria, di incrociare le stesse strade della “belva” rinchiusa nel labirinto:
«E perché uccidono?» chiese Lapolla. «Voglio dire: teorizzare l'eliminazione dei degenerati non è come praticarla».«No certo» intervenne Piccolini. «Ma guardatevi intorno: società di massa, consumi di massa, perdita degli ideali, quali che siano … Il nostro lupo nella steppa, uno e bino, vi si aggira come una belva in gabbia, o meglio: una belva nel labirinto. [..] ci troviamo di fronte a menti brillanti e a un ceto politico agiato – possono solo condurre ad integrarsi in questa società, che la belva disprezza. Gli altri non esistono, al di fuori dell'anima gemella, l'altro mezzo lupo che corre con lui. Ma dove corre nel labirinto? Fra mura senza sole? La tensione sale, cresce, comprime oltre ogni possibile sopportazione. Ed ecco che il primo Untermensch che s'incontra in unno di quei dedali oscuri è anche la prima vittima sacrificale. Il prete dei derelitti...»

Ci sono libri in cui bisogna avere forza e costanza per arrivare fino in fondo: questo di Hans Tuzzi è proprio uno di questi, perché le continue citazioni, le divagazioni filosofiche e storiche, rendono il percorso irto e a tratti anche scomodo.
Ma porta ad un finale che svela le trame del mistero e le trame di una società in cui scopriamo tutti i germi che oggi vediamo sotto i nostri occhi.
La televisione oppio dei popoli, l'estremismo nero e il fascino che questo suscita nei giovani. Una società che non vuole vedere gli ultimi e i diversi, nascondendoli se proprio non si possono uccidere.
Non è un caso se nelle sole due ultime pagine si citano due grandi autori del novecento: Dostoesvkij e il suo “I fratelli Karamazov” e Hanna Arendt, che ci ha raccontato del male e del bene:
Il male non è mai radicale, e non possiede né profondità né una dimensione demoniaca. Invade e devasta il mondo intero perché si espande sulla sua superficie come un fungo. Sfida il pensiero perché il pensiero, nel momento in cui cerca il male, non trova nulla. Questa è la sua banalità. Solo il bene è profondo e può essere radicale”.

La scheda del libro sul sito di Bollati Boringhieri
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


Nessun commento: