09 settembre 2016

E noi dormiamo





Dice il presidente del Consiglio che i giornali italiani hanno dormito alla grande sulla vicenda delle banche, spolpate dai politici locali e nazionali per ingrassare le loro clientele (come MPS).
Forse i giornali dormono, ma di certo Renzi e i suoi stanno ben attenti a come usare inchieste e scandali per la narrazione che più fa comodo.
Ho cercato le notizie che Il fatto quotidiano mette in prima pagina oggi: MPS e le dimissioni di Viola, il finto annuncio dei 600 posti di lavoro al centro Apple e il sospetto di assunzioni clientelari e infine la nomina a commissario per l'Agenzia digitale di un manager che ha lavorato per Amazon. 

Qualche annuncio, la notizia che viene data ma non commentata.. Si, forse ci sono giornali che dormono ma spesso sono proprio quelli più graditi al palazzo.

Partiamo dalla vicenda MPS: fuori i politici dalle banche, per esempio (come del resto fuori i partiti dalla Rai).
Per questo il capo di JP Morgan va a trovare Renzi a Palazzo Chigi dove, evidentemente non si fa politica: il successore di Viola, l'AD che doveva gestire il piano di salvataggio di una banca spolpata dalla sinistra (ma anche dalla destra) arriverà un amministratore che è stato braccio destro di Mussari ai bei tempi.

Giorgio Meletti sul Fatto quotidiano:

IL 6 LUGLIO SCORSO,Grilli [ex ministro del governo tecnico di Monti] ha accompagnato a pranzo a Palazzo Chigi il capo mondiale di Jp Morgan, Jamie Dimon, che ha proposto al presidente del Consiglio Matteo Renzi il suo piano per “salvare” Mps impossessandosene. Si dà il caso che Jp Morgan sia,insieme a Mediobanca, il consulente di Viola per l’operazione di salvataggio annunciata il 29 luglio scorso: vendita di tutte le sofferenze (crediti inesigibili) per 9,2 miliardi e aumento di capitale da 5 miliardi per rimettere la banca in linea di galleggiamento.Avendo chiaramente annunciato Renzi che la sua parola d’ordine è “fuori la politica da Mps”, ma ritenendo egli evidentemente che a palazzo Chigi non c’è la politica ma forse semplicemente il potere, Dimon è andato da lui, ottenendo il sostanziale via libera. Viola –pur spalleggiato dal presidente di Mps Massimo Tononi e dalle evanescenti personalità di Visco e del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – ha perso la partita, dopo settimane di braccio di ferro con le banche d’affari che, pagate da Mps e non poco, hanno svolto il loro compito cercando di imporre a Viola la loro volontà.Il bivio è questo: la vigilanza Bce impone a Mps di aumentare il capitale per consolidarsi; una banca (pre-sunta) malata che chiede 5 miliardi agli azionisti appare ai mitici mercati più malata di quanto è; i consulenti allargano le braccia e dicono che non c’è nessuno disposto a comprare nuove azioni della banca, a meno che non sia qualcuno che mettendo una grossa cifra diventi padrone di fatto del Monte dei Paschi. Per esempio Jp Morgan.
I 600 posti di lavoro della APPLE.
La Apple concorda col fisco una multa da 300 milioni (sugli 800 milioni di Ires risparmiati per le dichiarazioni omesse tra il 2008 e il 2013) e poi annuncia la creazione di un polo a Napoli dove sviluppare le APP su Ios. 600 posti di lavoro, tutto grazie al governo che ha rilanciato l'immagine del paese e ridato fiducia agli investitori.
Peccato che non di posti si tratti ma di master:

A scriverne è Vincenzio Iurillo:
Archiviata però quasi subito l’esagerata balla scritta dai giornali a gennaio dei 600 “nuovi posti di lavoro” in arrivo, dalle recenti cronache locali rimbalzano notizie poco rassicuranti: c’è un fuga di massa dai test per selezionare i 200 partecipanti al master gratuito di 9 mesi (appena il 40% dei 4000 aspiranti corsistisi è presentato ai banchi delle prove), e ci sono sospetti di clientele baronali nella procedura di reclutamento dei professori dell’Ios Academy. Nonostante le rassicurazioni provenienti dai uno dei più stretti collaboratori di Renzi, il napoletano Francesco Nicodemo, che ha twittato:“Vi faccio notare che nessun docente è della Federico II. Applausi a Giorgio Ventre (presidente della commissione esaminatrice e coordinatore del progetto, ndr) che sta facendo un lavoro serissimo”.NON È VERO. Come scrive Claudio Silvestri sul quotidiano Il Roma, due dei quindici vincitori, Nadia Di Paola e Pietro Nunziante, sono gli assistenti di due docenti della commissione esaminatrice, Roberto Vona e Mario Losasso, entrambi dell’Università Federico II. Di Paola e Nunziante sono due studiosi in possesso di ottimi titoli come si può facilmente verificare dai curriculum resi pubblici, e sicuramente svolgeranno con onore il ruolo che si apprestano ad assumere. Ma l’inopportunità è doppia. Sia per i rapporti tra esaminandi ed esaminati, sia perché la Federico II ha organizzato l’Academy in partnership con il colosso californiano dell’informatica, ed i soliti mal pensanti ipotizzano favoritismi interni.
L'uomo dell'agenda digitale.
Ai tempi di Berlusconi c'era ancora il problema del conflitto di interessi.
Archiviato il Caimano, con Renzi l'espressione conflitto di interessi è passata di moda e non fa nemmeno notizia.
Così, Diego Piacentini, ex vicepresidente di Amazon, può essere nominato a commissario per l'agenda digitale, senza la necessaria trasparenza sui suoi rapporti col colosso dell'e-commerce.
Sono spariti gli ideali, sono spariti gli Stati. Rimangono solo i mercati, la finanza e le multinazionali del web, che trattano da pari con gli stati.
Piacentini s'è messo in aspettativa, non percepirà stipendio, ma farà gli interessi dello Stato o di Amazon?
Come la mettiamo - si chiede Francesco Boccia - con le stock option?

Ne parla Carlo di Foggia:
Il volume di azioni in mano a Piacentini non è mai cambiato, circa 80 mila titoli, che al momento valgono 62,4 milioni di dollari: è il secondo più grande azionista individuale di Amazon dopo Bezos. Se le azioni della società salgono, Piacentini potrebbe beneficiarne come tutti gli azionisti. Solo da febbraio scorso - quando Renzi ne annunciò l'arrivo con uno scambio su Twitter con Bezos - a oggi, il titolo di Amazon ha guadagnato il 60% in Borsa. Ogni 5% in più, fa salire il valore delle azioni in mano al manager di oltre tre milioni di dollari.QUESTO METTE il commissario in una situazione delicata, che Palazzo Chigi ha risolto inmodo bizzarro. Qualche giorno fa, Piacentini è comparso in Cina con Renzi per il G20, eppure formalmente non ha alcun incarico. Manca, infatti, il decreto di nomina, che non può arrivare se prima non viene pubblicato in Gazzetta ufficiale il nuovo “Codice dell'amministrazione digitale”. Il testo è passato in Parlamento che l'ha rispedito a Palazzo Chigi per l’ok finale con un appunto: manca una norma per nominare il commissario.[..]PER BOCCIA, il conflitto d’interessi c’è perché Piacentini “conoscerà tutti i retroscena della Pa digitale e le scelte del governo, i dettagli del mercato e dei concorrenti di Amazon in Italia e le stesse strategie fiscali che stiamo concordando in Europa”. Il riferimento è alla “web tax” sui colossi digitali che operano in Italia di cui Boccia è il padre: fu approvata dal governo Letta e subito mandata in soffitta da Renzi. A settembre 2015, il premier annunciò che l’avrebbe inserita nella legge di Stabilità, salvo poi affossarla di nuovo. 
Ecco, forse ha ragione il presidente del Consiglio. I giornali dormono.
A Palazzo Chigi forse no.

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