11 settembre 2016

Cosa rimane dell'11 settembre

Caro diario, 
mi sono chiesto cosa sia cambiato in questi quindici anni dall'11 settembre 2001.
L'attacco alle Torri Gemelle in modo così scenografico. Le migliaia di morti in diretta TV.
La scoperta di essere così vulnerabili, a casa nostra.

Dal 2001 abbiamo assistito a guerre, tutte in difesa dei nostri valori, almeno sulla carta.
Guerre che hanno colpito civili, che hanno reso il mondo meno sicuro, che hanno fatto da serbatoio a nuovi terrorismi.
In Afghanistan, in Iraq non abbiamo esportato alcuna democrazia.
Al Qaeda ha figliato Daesh o Isis. In Africa Boko Haram, nei paesi dove pure sono presenti le multinazionali europee.
Ci siamo alleati, per combattere il terrore, con personaggi discutibili come Gheddafi, come il turco Erdogan.
Abbiamo tollerato Assad in Siria, chiudiamo gli occhi su Al Sisi in Egitto, ora stiamo aprendoci all'Iran.
Abbiamo accettato l'atteggiamento ambiguo del Pakistan, dei paesi Arabi, che da una parte finanziano Isis dall'altra entrano nei paesi europei a colpi di petroldollari.

Sempre in nome della difesa dei nostri valori, siamo pronti ad altre guerre, ad altre crociate. Mandiamo soldati in Libia e sul fronte iraqeno, ma senza dirlo troppo in giro, questa volta.
Perché, rispetto al 2001, è cambiato il mondo, in peggio.
Le parole democrazia, diritti civili, solidarietà sono passare di moda.
Si alzano muri, si chiudono le frontiere, si temono invasioni di disgraziati in fuga da miseria e guerra.
Prima noi.
Un personaggio imbarazzante come Trump può permettersi di candidarsi a presidente. Non bastava aver già avuto uno come Bush.
Make America great again … a colpi di muri, protezionismo, deregulation, meno tasse ai ricchi, prove di forza.
Piace l'uomo forte perché ci dice le cose che la nostra pancia vuole ascoltare. Perché dice cose che possono essere comprese da tutti, anche dai bambini. Non si deve riflettere.

Il mondo è più diseguale, meno giusto, meno stabile (e se è stabile è perché c'è un dittatore a pensarci), meno civile, specie nei paesi del terzo mondo.
Qui, le tante iniziative che cercano di aiutare questa parte del pianeta sono legate ad iniziative di filantropi, slegate dai governi nazionali, presunte democrazie.
Bill Gates in Africa: “invece che distribuire soldi con l’obiettivo di migliorare il mondo, hanno iniziato a finanziare lo sviluppo di prodotti [..]
Reinvent the toilet, ripensare il bagno, magari non una priorità nella Silicon Valley ma un’esigenza piuttosto sentita da quei 2,5 miliardi di persone che ogni giorno fanno i loro bisogni all’aperto” (da La politica non serve a niente, di Stefano Feltri).

La Unilever in India: “Unilever è una multinazionale, vende tante cose. Una volta decise di vendere saponette a chi non ha soldi, in un posto dove non ci sono nemmeno negozi. Se non hai i soldi e non ci sono i saponi, le mani non te le lavi e i primi a morire sono i bambini. Cominciarono dall’India” (Report, Solution revolution – di Michele Buono).

Tempi difficili ci aspettano.
Di quell'11 settembre e della lotta al terrore cosa rimane?
Che insegnamento abbiamo tratto, dalle guerre contro Osama e contro Al Qaeda?

Riusciremo a fare un passo avanti oltre la retorica dell'anniversario, degli eroi per pensare ad un mondo dove tutti hanno gli stessi diritti e una speranza?

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