23 maggio 2016

Report - solution revolution: un nuovo modello di impresa sociale

Due le consuete inchieste della puntata di Report: un nuovo modello di impresa sociale che mette assieme pubblico con privato e la sindrome del cemento in Cina, con i nuovi insediamenti costruiti in venti anni e l'emigrazione di massa dalle campagne. Ma come avranno fatto a gestire questo fenomeno di urbanizzazione?

Ma prima Michele Buono ha raccontato di un modello di impresa ad impatto sociale: 3 miliardi di persone che vivono nel benessere, in un mercato saturo e tre miliardi che non hanno niente.
Il modello fino ad oggi esistente era che del bene pubblico se ne occupava lo stato o anche i privati ma senza prendersi i rischi.
Oggi parliamo di una nuova categoria di imprenditori che dimostra che si può fare profitti senza fregare nessuno.

La storia di Michele Buono inizia a Boston, da un ex senzatetto: rimasto per strada 32 anni, oggi ha una casa e un lavoro. Come si è arrivati a questo?
E' una storia di imprenditori sociali che creano lavoro e fanno del bene: succede in America come anche a Milano, al centro medico di Santagostino.
Qui cercano di fornire servizi efficienti agli stessi costi del pubblico, per i servizi da ambulatorio: non prendono soldi pubblici dalla regione. Parte dei soldi presi servono per pagare medici e parte per pagare la struttura.
I soldi sono stati messi da un fondo di venture capital, non cercano di fare profitto ma di soddisfare tutta la filiera, dal paziente al medico.
Macchinari all'avanguardia, ambienti moderni, un feedback immediato da parte dei pazienti per migliorare di volta in volta il servizio.
Il centro sta in piedi senza rimborsi pubblici: non pesa sulle nostre tasche e i soldi che ritornano agli investitori sono usati per fare micro-credito per i piccoli imprenditori che vogliono partire ma non hanno i capitali iniziali.

Asli ha un ostello, Gogol Ostello, dove si fa accoglienza e si permette alla gente di incontrarsi: è partita grazie al micro-credito, ed è anche riuscita a restituire i soldi.
Il presidente di Oltre Venture è convinto del modello scelto: il problema non sono i soldi, ci sono e vanno usati bene, per evitare che diventino nuove bolle, come quella dei mutui per le case.
Così a Milano un'impresa sociale offre affitti a prezzo agevolato a persone che hanno un lavoro ma che altrimenti non potrebbero pagare un affitto in centro: dietro c'è la fondazione Cariplo e anche la Cassa depositi e prestiti. Se una persona non riesce a pagare l'affitto, c'è una polizza assicurativa che copre il rischio.
Affitti bassi, case ad alta efficienza, nuove opportunità per chi altrimenti sarebbe tagliato fuori dal mercato ..

La task force del G8 ha calcolato che con l'impresa sociale si potrebbe creare un mercato da 250 miliardi di euro, nel sociale: sono milioni di posti di lavoro, maggiori entrate per le tasse.
A New York, c'è un progetto per sostenere le imprese per New York: si chiama “benefit corporation”ed è un movimento che sta cambiando il dna delle imprese, dove i manager sono tutelati se intendono difendere gli interessi dei dipendenti anziché quelli degli azionisti.
Stipendi più bassi per gli amministratori delegati e migliori condizioni per i lavoratori.
Cacciatori di teste per gente che cerca lavoro in questi settori. Imprenditori che non mirano al profitto ma al benessere dei clienti e dei dipendenti, della sostenibilità sociale ed ambientale.

In Italia la prima azienda che ha sposato questo modello si chiama Nativa: aiutano altre aziende a ridisegnare l'impresa verso un altra idea di futuro.
A Lomazzo si trova D-Orbit: la missione è bonificare lo spazio dai frammenti di satellite, progettando nuovi modelli che pilotati da terra, a fine vita, seguano un percorso predefiniti.
Nel laboratorio le persone lavorano per obiettivi, senza vincoli d'orario: un sistema che attira talenti.

Le Benefit corporation sposano un nuovo modello di impresa: gli azionisti non possono bloccare aumenti di stipendio, perché toglie loro dividendi.
Si è creato così un nuovo mercato, come per il biologico.

E i soldi per i bisogni sociali?
MILENA GABANELLI STUDIOBene ripartiamo con un discorso bello banale, ma neanche tanto. Una persona che non lavora notoriamente entrate per lo Stato zero, mentre lo Stato si deve fare carico di tutti i suoi bisogni. Se poi va male e delinque, i costi aumentano. La persona che lavora produce invece entrate per lo Stato pagando le tasse in fiscalità, produce ricchezza per sé e per l’impresa per cui lavora. Ora nei fatti ci sono quartieri e fette di popolazione percepite solo come costo per lo Stato in assistenza, e poi si produce anche la cultura dell’assistenzialismo e tutto si ferma lì. In cosa consiste il cambio di mentalità? Nel considerare la persona bisognosa, che ha poco, un cliente, se oggi non interessi nessuno perché hai da spendere solo 5, ti metto in condizione di poter spendere 10, senza regalarti dei soldi però. In questo il comune di Milano e di New York sono già dei modelli esportabili: cosa hanno fatto? Hanno preparato il terreno per uno sviluppo economico, si sono affiancati ad imprenditori, che mettendoci soldi di tasca loro stanno creando lavoro laddove nessuno avrebbe mai immaginato. E poi vedremo anche il ruolo dei governi, che stanno pensando ad un nuovo strumento finanziario: il social impact bond, dove l’impresa viene pagata dopo aver raggiunto il risultato, non prima.
A New York l'amministrazione investe assieme alle imprese, che pescano le idee per il mondo per creare occupazione nella grande mela.
Lo stesso succede a Milano, si lanciano imprese a patto che ci mettano del loro e investano sul territorio. I soldi pubblici sono solo all'inizio e al comune il ritorno arriva nel recupero degli spazi, nell'occupazione creata, nella rigenerazione urbana.
Parliamo di società come Fabriq, incubatore di idee, di OnFire che porta le lezioni per gli studenti ovunque, di Xmetrics che si è inventata un allenatore virtuale per nuotatori tramite un dispositivo in cuffia …
L'assessore Tajani racconta come oggi siano le startup che oggi creano occupazione a Milano, non le imprese storiche che semmai se ne stanno andando.

E per gente come Gerald Pawson, il senzatetto di Boston? Il modello è creare imprese pagate solo dopo gli obiettivi che vengono posti: togliere un senza dimora dalla strada, aiutare ex carcerati a rimanere lontani dal carcere.
Trovare un lavoro a queste persone, dargli una casa, ripulirli: non è assistenzialismo, perché queste persone pagano le tasse e gli imprenditori sociali ci guadagnano per l'obiettivo raggiunto.

In Belgio hanno pensato alle scuole mobile, per portare le scuole dai bambini che non possono andare a scuola: obiettivo è portare i ragazzi a rendersi conto delle loro capacità e rendersi autonomi.

A Roma si trovano altri imprenditori sociali: qui aiutano imprese nel settore agricolo per mettersi assieme a resistere alla ndrangheta, a creare delle filiere.
Tante microstorie che raccontano di un mondo in crescita.

3 miliardi di persone fuori dal mercato.
MILENA GABANELLI IN STUDIOOrami la moltiplicazione di microstorie può essere definita come lo stato nascente della nuova piccola impresa. Poi rimane il fatto che il nostro mercato ormai è saturo, e devi pensarci adesso a trasferire questi meccanismi là dove hanno bisogno di tutto se vuoi continuare a fare profitti con la ricaduta di risolvere anche un po’ i problemi del mondo. Gli stati abbiamo visto e abbiamo detto da soli non ce la fanno. E non è una questione di cooperazione allo sviluppo, che va benissimo ma è un’altra cosa. O di regalare soldi ai dittatori ma di creare economie e mercati. Vediamo come si è mosso un fondo sociale di Milano e una multinazionale inglese.
Unilever è una multinazionale: un giorno decise di vendere sapone nelle zone povere dell'India dove non esistevano nemmeno i negozi per venderli. I primi a morire per la mancanza di igiene erano i bambini: il sapone veniva venduto porta a porta e, alla fine, ci hanno guadagnato sia le persone in India, dove la mortalità si è abbassata e anche l'azienda.

La storia di Copia, a Nairobi.
I mercati occidentali sono saturi mentre nel mondo 3 miliardi di persone non hanno niente. Sono fuori mercato, come in Kenia: qualsiasi impresa qui potrebbe avere un enorme impatto.
I soldi sono arrivati dalla finanza, per questa nuova creatura chiamata Copia: grazie a dei piccoli negozi e ad un tablet, la gente ordina e compra quello di cui ha bisogno.
Serve una rete per i negozi e per la distribuzione: un risparmio per le persone che non si devono spostare per comprare la merce, le commissioni per gli agenti di Copia hanno creato del benessere.

Il fondo Opes che ha dato i capitali a Copia si aspetta un ritorno da questi progetti, da reinvestire in altri progetti, nelle zone povere del mondo.
MILENA GABANELLI IN STUDIOSe noi ci siamo sviluppati è principalmente grazie ai mercati, quindi perché non potrebbe succedere lo stesso in Kenya o nell’Africa sub sahariana. Poi certo, si può discutere sul fatto se sia giusto o sbagliato esportare il nostro modello di sviluppo, ma i bisogni rimangono sempre gli stessi, in qualunque parte del mondo, bisogno di istruzione, di assistenza sanitaria, di miglior qualità di vita, diritti. Dove tutto questo non c’è, poi si sbarca a Lampedusa, e per rimpatriali devi poi pagare gli Stati diprovenienza per riprenderli. E non è detto che poi quei soldi finiscano in sviluppo di quei paesi. È quindi auspicabile che: primo, questo mercato si sviluppi, secondo, in modo possibilmente equo e sano, ma non in nome di chissà quali ideali, masemplicemente perché ci conviene. 
Qui il link per rivedere il servizio e il link per scaricare il PDF con la sua trascrizione.


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