06 maggio 2016

Mai avere paura, Danilo Pagliaro con Andrea Sceresini

Vita di un legionario non pentito

Incipit
Nome in codice Pedro Perrini 
Sono un legionario e il mio mestiere è fare la guerra.Sono entrato nella Legione straniera nel 1994. Avevo trentasette anni ed ero arrivato ad un punto di non ritorno.La faccenda è stata piuttosto rapida. Si è svolta nel giro di pochi minuti, in una stanzetta spoglia, due sedie e una scrivania. Il caporal-chef ha scribacchiato qualcosa su un modulo, poi ha alzato lo sguardo, mi ha fissato negli occhi e ha annunciato la mia nuova identità: «Perrini Pedro, nato a Roma, classe 1957, stato civile celibe».

Ha un merito importate questo libro, scritto a quattro mani dal giornalista Andrea Sceresini e dal legionario Danilo Pagliaro: l'onestà nel raccontare, per la prima volta dall'interno, come funziona il mondo della Legione Straniera. Il racconto, in prima persona singolare, mi ha catturato fin dalle prime pagine, dove Danilo spiega quanto sia facile entrare in Legione, ma come sia anche difficile rimanerci, se non si è veramente motivati, se si cerca solo la gloria di poter indossare il képi blanc e potersi vantare con gli amici o la fidanzata:
C'è chi crede che la Legione sia un gingillo per bambini un po' cresciuti. Li riconosci subito: sono i soliti legionari da tastiera. Annunciano di voler partire, lo sbandierano ai quattro venti, inondano il web con i loro proclami roboanti. Si fanno un sacco di seghe mentali: il military fitness, i metodi di allenamento, i curriculum, gli attestati. Hanno montagne di dubbi.Dove si prendono i treni? Quanto costano? Per dove passano? In genere si consorziano tra di loro: finiscono per partire in comitiva, come si fa con le gite scolastiche, mentre i loro amichetti virtuali applaudono eccitati. L'ho già affermato e lo ripeto: questi signori non entreranno mai nella Legione.”

Serve una vera motivazione, la voglia di andare alla ricerca di una nuova vita, lasciandosi alle spalle tutto il passato, anche moglie e figli, mettersi alla ricerca del proprio destino, come nel caso di Danilo-Pedro.
Figlio di un finanziere, Danilo racconta della sa voglia di rendersi utile per il proprio paese, battersi per un ideale: da qui nasce l'idea di entrare in polizia, scartato con la falsa motivazione delle vene varicose. In realtà perché non raccomandato. Raccomandazione, o aiuto, che poi è arrivato per entrare nella Guardia di Finanza:
Mio padre mi propone di entrare in Finanza. non è ciò che voglio, ma i miei insistono così tanto che alla fine decido di accontentarli. D'un tratto mi ritrovo faccia a faccia con tutto ciò che meno mi piace: la burocrazia, i favoritismi, il carrierismo, la raccomandazione pura e semplice”.

Uscito dalla Finanza per entrare in Marina, nemmeno qui Danilo riesce a mettere radici, viaggia all'estero, si sposa, ha dei figli e trova un'occupazione vendendo libri.
Tutto questo fino al 1990 quando lo scoppio della prima guerra del Golfo, fa scoccare nuovamente la scintilla di una vita militare, nella Legione, anche grazie all'incontro con un amico francese, Jean Charles, legionario.
L'autore nelle sue memorie, torna sempre su un tema: ci vuole poco ad entrare in Legione ed assumere una nuova identità. Ma quando arriva la selezione, che è sia dal punto di vista fisico, che psicologico e anche dal punto di vista del casellario giudiziario (toglietevi dalla testa che se avete commesso un reato grave riuscite a farla franca), è tutta un'altra storia.
Tra il 2001 e il 2007 tutti gli italiani entrati in Legione hanno disertato: non è semplicemente una rescissione di un contratto (quello che il legionario firma per la permanenza in servizio per un numero preciso di anni). È il venire meno alla parola data, che per un militare che ha giurato fedeltà alla patria e al suo comandante, è tutto.
Il legionario, quello vero, non quello da tastiera, deve diventare esperto nel maneggiare le armi del reparto, deve saper sopportare tante fatiche, la privazione del sonno, saper reagire al freddo, al caldo, mangiare in pochi minuti, ubbidire sempre agli ordini. E quando si sbaglia, ecco le punizioni.
Tutto questo serve per preparare il legionario ad un vero scenario di guerra, dove ci si può trovare veramente in situazione dove è impossibile dormire, dove ci si deve ingegnare per ripararsi dalla pioggia, trovare un riparo, trovare da mangiare .. Pena la morte.
Danilo cercava nella Legione la sua ragione di vita e l'ha trovata: ad un caro prezzo, però, ovvero l'abbandono della moglie e la lontananza dai figli.
Come ho spiegato prima, nel libro Danilo stato estremamente onesto nel raccontare la sua vita intima, il sentirsi un vuoto dentro, avvicinandosi in modo pericoloso al confine dell'autodistruzione, da cui è riuscito a tenersi lontano solo grazie al ricordo dei figli.
Dal 1993, quando varcò la porta della caserma di Aubagne, in route de la Legion, la vita in Legione lo ha portato in giro nel mondo, come addetto alle trasmissioni: gli stage in Guyana e in Brasile, le missioni militari in Africa e in Bosnia.
Missioni dove, come tutti i militari, ha dovuto uccidere, o meglio togliere la vita, al nemico che aveva davanti: anche quando parla delle guerre, l'autore è estremamente chiaro: “chi adora il sangue è perché non l'ha mai visto”.

Alcuni degli episodi che Danilo ha vissuto sulla sua pelle, non possono essere riportati in un libro, perché troppo dolorosi, troppo personali. Alcuni però meritano di essere ricordati, perché significativi dello spirito con cui combattono i legionari:
Nel 1996, durante gli scontri nella Repubblica Centrafricana, il mio reparto viene schierato in difesa dell'ambasciata francese di Bangui. Improvvisamente veniamo attaccati su due fronti. Io sono addetto alle trasmissioni radio e il tenente mi chiede di mettermi in contatto col capitano comandante per conoscere la conduitè à tenir. Quest'ultimo impartisce degli ordini che si rivelano impossibili da eseguire. Ne dà degli altri, ma risultano altrettanto inattuabili. C'è un attimo di silenzio.Il tenente fa rispettosamente notare che la situazione inizia a farsi grave: ci sono già state delle perdite, il nemico è sempre più vicino e le munizioni stanno iniziando scarseggiare. Quindi insiste: «Cosa dobbiamo fare?». La risposta del capitano comandante arriva secca attraverso il gracchiare della radio: «Faites Camerone. Chiudo»”.

Camerone è una delle ricorrenze storiche per la Legione Straniera: è un episodio della guerra dell'imperatore d'Austria in Messico, quando una compagnia della Legione difese la sua missione, facendosi massacrare dai ribelli messicani. Era il 30 aprile 1863.
In Congo, in mezzo ad una foresta, all'immensità della natura, dopo essersi tanto pianto addosso, ha inizio per Danilo-Pedro il “dopoguerra”:
Di colpo sono libero, prigioniero del mio presente. Ho scelto di entrare nella Legione straniera, ho rinunciato alla mia vecchia identità e ne ho accettato una nuova. Mi chiamo Perrini Pedro, indosso il képi blanc e sono pronto a corteggiare la morte”.

Arriva un nuovo amore, una donna con una figlia conosciuta in uno dei suoi viaggi in Italia: un amore vero, tanto che Simona, lo ha raggiunto in Africa, nella sua missione. È l'inizio della seconda parte della vita da legionario, che ora, passati tanti anni di servizio, a 58 anni, volge anche al termine.

Cosa rimane dopo una vita in Legione.
..noi non siamo un'armata di avventurieri sguinzagliati in chissà quale direzione; noi siamo, e resteremo, i servi fedeli della Francia. Il legionario esegue gli ordini del governo, che gli piacciano o meno”.

In “Mai avere paura” c'è il bilancio di una vita (o di una buona parte) dentro la Legione: cosa rimane dentro ai legionari? Un forte spirito di corpo, la volontà nel sapersi aiutare l'uno con l'altro, sia sul campo di battaglia che nella vita in generale.
La fedeltà al giuramento e alla parola data: il motto “Legio patria nostra” non sono solo parole messe lì a caso.
L'autore racconta delle difficoltà nell'adattarsi ad un mondo in cambiamento, dove nell'esercito puoi trovarti al fianco delle donne, che faranno sempre più fatica di un uomo nello svolgere quel tipo di lavoro.
Le difficoltà che si iniziano a riscontrare lavorando con persone di religione islamica, che si rifiutano di andare a combattere in paesi di quella religione (come successo in Mali).

Che futuro avrà la legione? La Legione straniera è composta da uomini che vivono in questa società che sta cambiando e questo significa che anche la Legione straniera dovrà adattarsi: meno punizioni fisiche, meno rigidità nell'addestramento.
Abbiamo rinunciato a difendere i nostri valori e questo ci sta rendendo vulnerabili – commenta a fine libro Danilo Pagliaro, che da la colpa alla nostra pigrizia, alla voglia di divertirsi e non fare sacrifici.
E ora rischiamo di soccombere di fronte al nemico più subdolo di questa società, la stupidità umana.

Un pezzo dell'intervista che ho trovato al link:
Quali sono i valori della Legione? Oggi come si concretizzano?Quando mi sono arruolato prendevo un terzo in meno dello stipendio minimo garantito in Francia. Non c’erano soldi e rimanevamo sempre in caserma. Eravamo una vera e propria famiglia. Oggi un legionario prende di più, può uscire, ma il senso di cameratismo è rimasto. Famiglia e cameratismo, questi sono i valori più importanti della Legione. I valori di base della nostra società si stanno sgretolando. Io li ho ritrovati nella Legione.Ad ottobre scorso sei stato invitato dalla Folgore per commemorare la battaglia di El Alamein. Cosa pensi dei parà italiani?Sono splendidi. Quei ragazzi mi hanno emozionato fino alle lacrime e li ringrazio ancora per avermi dato la possibilità di conoscere la parte migliore d’Italia. Il nostro Paese ha ancora una speranza fino a quando ci saranno questi uomini disposti a morire per quel benedetto tricolore. Sono una forza d’élite che ha gli stessi valori della Legione. Io voglio ringraziare i ragazzi con il basco amaranto davanti a tutta l’Italia: è stata una scoperta incredibile.

La scheda del libro sul sito di Chiarelettere
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