25 maggio 2016

L'insolita morte di Erio Codecà, di Aldo Giannuli e Ivan Brentari

Un estratto dal primo capitolo (lo potete leggere qui):
L’ingegner Codecà ascolta le parole di sua moglie inseguirsi lentamente. Non si è mai abituato a quel suo strano accento romeno, come una cantilena. Quella voce l’aveva colpito subito quando si erano conosciuti a Bucarest, all’inizio degli anni Trenta. Il vestito bianco, i polsi fini, il volo leggero dei capelli. Erano già passati vent’anni dal loro matrimonio.«…e poi nel pomeriggio siamo uscite per una passeggiata e Gabriella ha fatto qualche foto agli scogli.»Codecà vede il Golfo del Tigullio, blu profondo e bianco di schiuma. Sua figlia, sulle punte dei piedi, fotografa gli spruzzi contro le rocce con la Leica che le ha regalato a Natale. Sospira nel ricevitore.«Me la saluti tu, Gabriella?»«Sì, certo.»«Ciao, Elena. Ci sentiamo domani, stai bene.»«Ciao caro, a presto.»Sistema il ricevitore sull’apparecchio. In mezzo alla sala Cockie lo guarda impettito e gli abbaia.«Sì, va bene.»Esce di casa senza avvisare Rina. Si infila una sigaretta tra le labbra, alza il bavero dell’impermeabile e scioglie Cockie, che comincia a zampettare sul marciapiede. La strada è completamente buia.
Nonostante la guerra sia finita da sette anni, una parte dell’illuminazione pubblica non vuole ancora adeguarsi. Come il 26/bis, il palazzo a fianco della villetta, che dopo i bombardamenti è rimasto un rudere roso dalla gramigna.L’ingegner Codecà si ricorda del biglietto di Gabriella rimasto sul cruscotto. Apre la portiera della 1100 e si china all’interno dell’abitacolo.Una fiammata gli brucia il costato. Lo sparo lo sente immediatamente dopo. Crolla a terra su un fianco, gli occhiali tintinnano sull’asfalto. Sapore di ferro in bocca. Tossisce sangue e il cemento si macchia di una miriade di efelidi scarlatte. Cockie sta abbaiando.Passi ovattati fuggono mentre l’ingegner Codecà muore.

Un romanzo di industriali e di spie, di giornalisti e di investigatori privati, di servitori dello stato infedeli e di ricattatori, di doppiogiochisti e di trafficanti.
Un romanzo che parte da una storia realmente accaduta, l'omicidio di un dirigente di una società del gruppo Fiat, Erio Codecà, per raccontare in modo romanzato l'Italia della guerra fredda: “una guerra talmente fredda da diventare ustionante”, così dice uno dei protagonisti.
Lo storico Aldo Giannuli, assieme ad Ivan Brentari si sono documentati in modo esauriente su questo fatto di cronaca avvenuto a Torino il 16 aprile 1952: l'ingegnere Erio Codecà ucciso con un colpo di pistola, mentre portava a spasso il cane in una fresca serata. Omicidio per cui fu individuato un presunto colpevole, un partigiano poi condannato per alcuni fatti di sangue durante la guerra, ma che non riguardavano la lotta partigiana.
Ma la storia, e la Storia, sono narrate attraverso l'indagine di un gruppo di borghesi, dell'alta borghesia si sarebbe detto, accomunati dalla passione per i gialli: in questo caso, le carte scoperte dal figlio di un investigatore privato, assoldato dalla Fiat stessa per indagare sulla morte dell'ingegnere.
«Lei cosa vuole da me, signor Argenti?»Il feto storpio si schiarì la voce e spruzzò fuori dalla gola una fermezza e un orgoglio che l’avvocato Dalmasso non gli avrebbe mai sospettato. «Voglio che lei si occupi della vicenda. Bisogna fare delle indagini, controllare se ci sono connessioni tra la morte di mio padre e quella dell’ingegner Codecà. Devo sapere perché mio padre è morto. Sono passati tanti anni, lo so, però se dovessero esserci dei colpevoli dovranno rispondere di quello che hanno fatto… Mia moglie è contraria. Dice che è solo una mia fissazione e che esagero come sempre. Poi attacca con la questione dei soldi, che non possiamo permetterci la parcella di un avvocato, che non ce la potremmo permettere nemmeno se il negozio lo gestisse lei… però a me non interessa.»Scoprire com’è morto un padre. Strano modo per entrare nel mondo dei grandi, pensò l’avvocato Dalmasso.Qualcosa di quella storia lo chiamava. Non riusciva a capire bene cosa fosse, però l’omino sghembo che aveva di fronte era riuscito a toccare le corde della sua curiosità. E l’evento era piuttosto raro. Si volse verso Casa Galimberti, e Casa Galimberti, da dietro la finestra, gli disse di sì.«Va bene, parli con Matilde.»

Carte che finiscono nelle mani di questa cerchia di personaggi: un avvocato esperto in cause finanziarie, un chirurgo estetico con la passione per le donne, un insegnante napoletano cresciuto con la passione per il comunismo, un magistrato figlio di magistrati che nella carriera ha saputo scansare i problemi. Infine una nobildonna napoletana, con alle spalle una bella storia d'amore e un museo archeologico da mandare avanti.
Leonora agganciò il ricevitore. Era soddisfatta della propria proposta; conoscendo gli altri tre amici, era certa che non si sarebbero tirati indietro. Il loro gruppo era formato da grandi amanti della letteratura, con l’eccezione forse di Fìlice, che era un appassionato un po’ sui generis. E non era il giallo una sfumatura importante della letteratura? Non erano forse le storie criminali a tratteggiare meglio il disegno dei tempi? Il cuore nero della modernità era sempre lì, davanti a tutti, e loro l’avrebbero osservato, aperto, sviscerato, percorso in tutti i suoi canali, le sue valvole, i suoi ventricoli, i suoi atri. Sì, l’idea avrebbe avuto un grande successo”.

Attraverso il meccanismo del flash back, passeremo dal tempo presente (alla fine dello scorso millennio) in cui il gruppo di investigatori per passione si tuffa nelle carte del caso, al tempo passato in cui i fatti avvennero: un arco temporale che abbraccia diversi anni della Storia, a cominciare dalla lotta partigiana. Partigiano era Folletto, il presunto assassino, con una condanna a morte sul groppone degli stessi comandi partigiani. Partigiani anche i suoi accusatori, che pure al processo non seppero portare prove significative.
Partigiano era anche Mercuri, altro capro espiatorio da dare in pasto all'opinione pubblica e per insabbiare la verità.

Perché dietro questa storia, si scorge un mondo: l'Italia della guerra fredda, del pericolo comunista e della cacciata dei sindacalisti dalle fabbriche della Fiat di Valletta.
L'Italia dove alla Camera si speculò sulla morte di Codecà, addossata alla sinistra per un puro discorso di speculazione da parte di quello che diventerà un ministro della repubblica con un nome da circo.
Dove però, come si è detto, di fronte al patto atlantico, alla fedeltà con l'alleato americano, convivevano strani traffici tra società legate in vario modo al partito comunista (tramite personaggi come Eugenio Reale ex senatore del pci) coi paesi dell'est, esportando materiale strategico che non avrebbe potuto attraversare la cortina di ferro …
Il professore scosse il capo. «Qui la mia pars non c’entra: fu proprio così. L’Italia era un punto cruciale, in mezzo alla battaglia. In fondo, se tu guardi l’Italia cosa vedi?» 
«In che senso?» domandò Villa, sapendo di dare all’amico la piacevole illusione di tornare indietro ai tempi dell’insegnamento. 
«Se la osservi bene ti accorgerai che l’Italia è la banchina di un porto, una lunga banchina che si spinge dentro al Mediterraneo. Ti lascio immaginare le implicazioni politiche e militari di questa nostra posizione. Affacciàti sul Nordafrica che scoppia di petrolio e al confine con il blocco dell’Est!» 
«E l’omicidio di Codecà come si inserisce in tutto questo marasma?»«Be’, per certi versi il centro più caldo dello scontro fu proprio Torino, e non solo perché lì c’era la FIAT. Tu sei di Milano. Ecco, vedi, Milano era una piazza tradizionalmente socialista, ma Torino era una piazza comunista, e una piazza importante. ‘Quando Torino ha il raffreddore, l’Italia ha la polmonite’, si diceva allora.» 
Cannavacciuolo fece una piccola pausa. «Mi ricordo che il delitto Codecà fu preso a pretesto per cacciare a pedate qualche comunista dalla FIAT. Tra questi c’era anche Battista Santhià, un operaio che era stato nella redazione di Ordine Nuovo con Gramsci: una bandiera per i comunisti torinesi. Se ci penso mi sale la bile… quanti compagni furono fatti fuori…»”

La soluzione dell'omicidio Codecà e la scoperta del vero responsabile, avrebbe potuto svelare trame che era meglio tenere segrete, perché questo personaggio all'apparenza “normale” era invece uno di quelli che starebbe bene in un libro di spie: una moglie rumena, un fratello dirigente di una banca italo romena, tanti anni in Romania e poi nella Germania di Hitler, prima della guerra. E un'amica in Svizzera con un lavoro da istitutrice ma che in realtà ha un passato da spia..

Questo spiega i tanti ricatti nei confronti della Fiat e, dall'altra parte l'interesse della Fiat a tenere tutto nascosto. Anche il rapporto dei due investigatori Argenti e Gandini.
Non a caso si cita un altro giallo, Traditori di tutti di Giorgio Scerbanenco: “in quel libro tutti tradiscono tutti, tutti sono pronti a pugnalare alle spalle, nessuno è pulito”.

Non è pulito il partito comunista, con questi strani traffici che sarebbero serviti per trovare finanziamenti esterni, per rimanere indipendente dall'influenza russa.
Non è pulita nemmeno la Democrazia cristiana e gli altri partiti dell'ala governativa, che pure prendevano soldi dagli industriali (come la Fiat) e dall'ambasciata americana.
Da personaggi, altrettanto interessanti come Clare Boothe Luce, una donna avvenente che si era sposata la carriera politica dove portava avanti la sua crociata anticomunista in un'Italia però troppo bizantina per essere compresa dagli americani.
Alleata con gli Stati Uniti e in affari con la Russia.

Si viene catturati dal racconto, man mano che si entra dentro la storia, questo “insolito” caso, che appassiona come un buona spy story, anche se gli investigatori sono un avvocato, una nobildonna, un medico, un professore e un magistrato (di quelli però poco avvezzi alle indagini).
Si tufferanno, per passione, nelle carte processuali, nella lettura del dossier di Argenti e Gandini (quello commissionato dalla Fiat e che fu usato anche da Edgardo Sogno per fare pressioni), in vecchi articoli di stampa.

Racconto dove, lo dico subito a scanso di equivoci, non importa tanto la soluzione del caso e nemmeno la verità giudiziaria, a quarant'anni di distanza molti dei protagonisti erano già morti: “Quando gli individui escono di scena, esce di scena anche la giustizia penale ed entra un'altra corte: quella della Storia”.

Sul sito di Aldo Giannuli trovate tutto il materiale alla base del libro e vi assicuro che è vasto e molto interessante: qui scoprirete quanto la storia pur romanzata non sia poi così distante della Storia vera del nostro paese. 
Dove l'arte del governare e l'arte del doppio-gioco e della menzogna sono sempre andate a braccetto.
“Incontrerete molti personaggi noti: come Vittorio Valletta, Palmiro Togliatti, Eugenio Reale, Federico Umberto D’Amato, Mario Scelba, l’ambasciatrice Usa Clara Booth Luce, Pablo Picasso (che c’entra? C’entra, c’entra), Edgardo Sono, il Principe Lanza di Trabia e persino Domenico Modugno. Ma incontrerete anche figure sin qui assai poco note ma molto interessanti, come una istitutrice svizzera piuttosto inquietante che fu arrestata dai sovietici per spionaggio e poi rilasciata a seguito di uno scambio di prigionieri, tale Negri, come Jacon Magura, un agente dei servizi segreti rumeni, una misteriosa principessa sloveno-ungherese, futura gallerista di fama internazionale, di nome Zorana Romana Gaberscik Fejerdi Budai de Kide, un vecchio arnese del servizio segreto militare processato (ed assolto) per l’assassinio dei fratelli Rosselli in Francia, il fratello di un noto senatore comunista ed anche un investigatore privato che si fregia del nome di Filippo Argenti. Leggerete di uno strano episodio come l’assalto all’ambasciata rumena in Svizzera da parte dei fascisti della guardia di ferro… Insomma non vi annoierete, possiamo assicurarlo”.

Una serie di link interessanti:

Buona lettura!!

La scheda del libro sul sito di Sperling & Kupfer.
Il link per ordinare il libro su Ibs e Amazon.

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