04 marzo 2016

In guerra a nostra insaputa

All'inizio era solo la disponibilità delle nostre basi per i droni che andavano a bombardare le postazioni dell'Isis in Libia.
Poi abbiamo scoperto, dagli articoli del Corriere e del Sole 24 ore, che dal 10 febbraio è pronto un decreto di Palazzo Chigi secretato, dove si mettono nero su bianco le regole d'ingaggio, la linea di comando, i reparti scelti da mandare in Libia (e anche la licenza di uccidere a quanto pare..).
Tutto sotto il controllo dell'Aise, il servizio segreto che a sua volta risponde alla presidenza del Consiglio.
Ieri la morte dei due dipendenti della Bonatti, uccisi in uno scontro a fuoco tra i loro rapitori (che probabilmente li volevano vendere all'ISIS) e le milizie governative.
Tutto questo ha risvegliato gli animi dei politici e l'attenzione sulla questione libica. Anche da parte dei leghisti che accusano il governo di avere le mani sporche disangue (in Libia, non in Egitto dove un altro italiano è morto ma interessa di meno).

Siamo in guerra a nostra insaputa? – accusavano i deputati del M5S l'altro giorno nei confronti del governo.
Siamo in guerra ma contro chi e a fianco di chi?
Si sta veramente preparando un intervento militare con un contingente di 3000 militari, come ha scritto Il sole 24 ore?

La scorsa guerra contro Gheddafi (e prima ancora la guerra in Iraq) dovrebbe averci insegnato che prima si decide una strategia politica per un paese, poi si va in guerra.
E poi magari si avvisano anche le Camere che si sta preparando un intervento militare, visto quello che dice la Costituzione (art 11 “l'Italia ripudia la guerra”), che forse per qualcuno solo solo un impiccio (vedi cosa scrive Unità oggi, che si permette di sbertucciare il costituzionalista Pace) ..

Ipocrita aspettare un governo che ci chieda di intervenire e inutile nascondersi dietro un'Europa che non esiste più.
5 anni fa il governo Berlusconi si accodò a Francia e Inghilterra nella guerra in Libia, che ha portato al crollo del paese, oggi diviso, con due governi che per accordarsi devono trattare in Tunisia e in Egitto.
Oggi in Libia non esiste un fronte, un esercito regolare, non si capisce con chi allearsi: prima di dire armiamoci e partite (come fa Salvini) bisognerebbe sceglierci gli obiettivi e a chi appoggiarci.

Il generale Mini, a Otto e mezzo era molto pragmatico ieri: se non ce lo chiedo l'Eni e non lo chiede il paese libico, meglio starsene a casa. Quanto meno avvisare il paese, le Camere.

In assenza di una strategia condivisa, meglio l'attendismo di Renzi.

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