14 novembre 2015

La notte di Roma di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo

"Politici e innocenti non hanno niente in comune. Niente".

Incipit:
Sebastiano Laurenti contemplava lo spettacolo del caos dietro i vetri oscurati dell'Audi A6 nera.Roma bruciava.Da cinque giorni la città intera er ain ginocchio. Immobilizzata da uno sciopero selvaggio dei trasporti. Sommersa dal blocco totale della raccolta rifiuti. Ammorbata dal puzzo dei roghi che i cittadini esasperati appiccavano agli angoli delle strade.
Tutto era cominciato quando una ragazzina di Tor Sapienza aveva denunciato di essere stata aggredita da due negri. Le periferie si erano immediatamente rivoltate.Roma bruciava.Era esplosa la rivolta contro i centri di accoglienza per gli immigrati. Nelle borgate, era partita la caccia allo zingaro. I piccoli rom disertavano le scuole. Intorno ai campi nomadi si istituivano posti di blocco. Tirava aria di pogrom.La stampa di tutto il mondo accorreva a Roma. Nei suoi resoconti, un incubo a nove colonne. Un kolossal nero da prime time. Impallidiva il ricordo di Napoli sepolta dalla monnezza. Nella sua omelia di Pasqua, papa Francesco aveva rivolto un appello accorato alla misericordia degli uomini. E, prima ancora, alla loro umanità, se ne restava. Il presidente del Consiglio aveva formato un'unità di crisi permanente al Viminale, con protezione civile, forze dell'ordine, vigili del fuoco, esercito.Ma non c'era ruspa, presidio, blindato, intervento di piazza in grado di invertire o quantomeno arrestare il crollo. Era come se la città avesse deciso di richiudersi su sé stessa, ingoiando tutto e tutti nel suo sottosuolo di rancore, odio, miseria.[..]Erano comparse scritte anarchiche di rivendicazione.Non ci credeva nessuno.Le autorità, con il sindaco in testa, vagavano da un presidio all'altro. Le autorità rincuoravano, rassicuravano, facevano promesse che non sarebbero state mantenute. Le autorità non capivano. Quello che stava accadendo a Roma era fuori da ogni logica.Ed era lui il motore di tutto questo. Sebastiano.

Il romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo si compie tutto in un mese: tra marzo e aprile del 2015, a partire dall'annuncio del Giubileo da parte del papa. Evento che scatena gli appetiti dei signori che comandano veramente nella giunta di Roma.
Politici di maggioranza, di opposizione, i costruttori, i rappresentanti della criminalità organizzata.
I protagonisti sono gli stessi che abbiamo conosciuto in Suburra: ci sono quelli del palazzo, come Chiara Visone, onorevole del Partito Democratico, che ha in mano le redini del partito a Roma. "Io sono la prima attrice. O non sono": sensuale e consapevole del fascino che esercita sugli uomini, decisa e forte come un cristallo. Sa che per governare non si deve guardare troppo per il sottile a chi ti porta soldi e voti.
Adriano Polimeni è un ex senatore dello stesso partito che rappresenta l'altra faccia: quella cresciuta nelle scuole quadri del partito, che non è disposta al compromesso. A lui il sindaco Martin Giardino, il tedesco (per le sue origini altoatesine), affida la gestione dei lavori per il giubileo. Sindaco tedesco, ma anche vanesio, non immanicato con i trafficoni di Roma, che non conosce la città e anche un po' ingenuo. E nella Roma della Suburra anche questo è un peccato.
Dello stesso partito fa parte il vice, Temistocle Malgradi, l'uomo per tutte le stagioni, da destra a sinistra.
Il vescovo Giovanno Darè è invece l'uomo scelto dal papa, il comunista, il tupamaros, come responsabile dei lavori. Lo stesso incarico, ma dall'altra parte del Tevere, di Polimeno. Amico di gioventù e non solo..
Tutto parte dai lavori del Giubileo, che il papa ma anche il sindaco vogliono gestire in modo trasparente e senza dare lavori agli impresentabili.

Quelli della terra di Mezzo.
A comincuare dal Samurai, ora rinchiuso in galera in attesa del pronunciamento della Cassazione. Il re di Roma ha lasciato il potere nelle mani di Sebastiano Laurenti, l'erede designato, che in questo nuovo ruolo cerca anche un riscatto per il passato che gli è stato tolto (il suicidio del padre, finito nelle mani degli strozzini).
Gente come Danilo Mariano, ultimo rappresentante di una dinastia di costruttori, che ha sempre lavorato per i papi e i potenti della città.
Gente come Fabio Desideri, il pretendente al trono, uno che dsi è fatto un nome spacciando droga ai vip, creandosi un suo giro d'affari e anche un suo esercito.
E poi, gli Anacleti, la famiglia di rom Sinti che comandano a Roma sud.
Le famiglie siciliane e calabresi.
Ex terroristi di destra, che si godono la pensione (e fanno cassa per i signori della terra di mezzo) a Londra.

Infine, la criminalità varia: ultras, ragazzini cresciuti nella strada che si sono fatti un nome andando a sgomberare campi rom, a creare casino attorno ai centri di accoglienza, perché "è proprio vero che con la carità si guadagna meglio che con la droga".

Tutto si svolge nel giro di un mese o poco più: la tensione nata dal Giubileo mette in crisi l'equilibrio dei signori della Terra di mezzo (la cerniera tra politica e criminalità). Equilibrio già messo in crisi dalla lontananza del Samurai. La natura tende a riempire i vuoti, anche quelli di potere: nuovi pretendendi ambiscono a prendersi il controllo di Roma e anche una bella percentuale sui lavori. Gente come Fabietto.
E per Sebastiano non è facile tenere a bada le sue ambizioni e allo stesso tempo, trovare il modo di costringere la giunta comunale a trovare un accordo.
Sebastiano però ha un altro problema: non è nato sulla strada e non intende finire come il Samurai. Deve ascoltare la testa e seguire i consigli del Samurai dal carcere, ma anche quello che gli dice il cuore.
E il cuore batte per una ragazza tanto bella ma anche tanto dura. Chiara. La politica in vertiginosa ascesa nel partito e anche dalla vertiginosa bellezza.
Che si innamora del bandito, anche ricambiata e non si fa troppi problemi per queste sue frequentazioni:
"Milano ha avuto l'Expo, Roma avrà il Giubileo. Faremo le cose nel rispetto delle regole, per quanto è possibile. Non voglio morire innocente, non si governa con l'innocenza. Io voglio vivere".

Si accorgerà di chi sia Sebastiano prima che sia troppo tardi, messa sull'avviso da Adriano, l'ex con cui aveva avuto una relazione.
Perché Adriano ha capito, prima di altri, cosa si sta muovendo dietro gli appalti. E capisce anche chi sta dietro la guerra che, ad un certo punto si scatena a Roma. Lo sciopero selvaggio degli autisti dell'Atac, il blocco della raccolta dei rifiuti da parte dei dipendenti dell'Ama.
Sono gli ordini che arrivano dall'erede del Samurai, a persone che il Samurai ha piazzato dentro le municipalizzate del comune.
Roma brucia. Per i roghi.
Roma puzza. Per i troppi compromessi dei signori che siedono al palazzo comunale, i giochetti per far fuori chi si mette di mezzo. Giochetti cui troveranno anche un ruolo, nel ruolo di utili idioti, i ragazzi del M5S.
Roma puzza per le rivolte nei quartieri, per gli articoli diffamatori fatti uscire su certa stampa.

Come andrà a finire la battaglia?
Il finale scelto dagli autori lascia poco spazio all'ottimismo.
Non c'è spazio per i puri e nemmeno per gli ingenui.
Roma deve rimanere sempre in mano alle stesse persone: "non esiste al mondo una città più scivolosa di questa", dice l'ex senatore Polimeni al sindaco. Il don Chisciotte senza paura all'uomo troppo sicuro di se.
Il comunista, anzi, peggio di comunista, che coi comunisti si può sempre trovare un accordo. Un moralista: una persona pericolosa – commenta uno dei politici per tutte le stagioni – "perché intorno a loro si poteva costruire la maledetta santa alleanza tra gli incorruttibili, la Chiesa francescana, la sbirraglia e mettiamoci pure le toghe. L'uragano che ciclicamente tornava ad imperversare sulla vita pubblica".

La notte di Roma è un romanzo che parte dalla cronaca degli eventi romani degli ultimi mesi, prendendosi però delle sue licenze. Alcuni personaggi sono ritagliati su persone reali (il sindaco Martino), altri sono la somma di tante persone, come l'onorevole Visone.
È un racconto dal di dentro: dentro i palazzi, dentro le stanze, dove si decidono le cose.
Dal di dentro, anche per le persone: gli squali della politica e i piccoli re della strada.
L'ambizione di chi vuole fare nuova politica ma rischia di portarsi dentro chi non deve.
I tormenti di un vecchio relitto della politica, che vede arrivare il pericolo che lo toccherà da vicino.
I tormenti di un giovane re, seduto su un trono che vacilla, perché sono in tanti che ambiscono a sedere su quella poltrona ma per arrivarci bisogna prima buttar giù chi ci si siede sopra.
Re che si sente come il personaggio di "Delitto e castigo", che vorrebbe sfuggire a quel mondo di mezzo in cui si è trovato dentro. Ma, come racconta Dostoevskij, non si può arrivare alla redenzione senza passare prima per il pentimento:
"Non sapeva, e neppure si chiedeva dove andare; sapeva una cosa sola: «che bisognava farla finita con tutto questo oggi stesso, una volta per tutte, subito; altirmenti non sarebbe tornato a casa, perché non voleva vivere così»".

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