28 febbraio 2015

La firma del puparo, di Roberto Riccardi

Incipit:

Non sappiamo esattamente a quanto risalga, ma di certo la mattanza dei tonni è un rituale antichissimo.L'uomo trascinò la gamba offesa fino all'unica finestra, da cui filtravano raggi che illuminavano appena il magazzino. Sollevò il coltello per osservarlo controluce. Sulla lama c'era ancora una macchiolina, constatò con fastidio. Minuscola, ma c'era, e il rosso s'intravedeva.La perfezione non è di questa terra, si disse per calmarsi, ma la rabbia rimase. Era già abbastanza seccante essere ricorso a quell'arma, invece di terminare il lavoro con le consuete modalità. Per giunta scopriva che nel suo magnifico covo sul litorale di Palermo [..] c'era una traccia sufficiente per distruggerlo. Non era più come una volta, quando si poteva sparare ad un uomo e si poteva fumare accanto al suo cadavere per allentare la tensione. Ora bisognava stare attenti a ogni minimo dettaglio: i mozziconi, i capelli, le gocce di saliva. [..] Terminato il lavoro avevano infilato il cadavere in un barile pieno d'acido, tenendolo a mollo il tempo sufficiente a farlo sciogliere. Infine avevano scaricato i rifiuti in mare, lo stesso mare che ogni anno assisteva alla mattanza dei tonni.
Abbiamo visto il tenente Rocco Liguori nei panni di “undercover”, per sventare un traffico di droga e mettere le manette ad un suo amico di infanzia. Un ragazzo come lui cresciuto in quel piccolo paese dell'Aspromonte, ma che aveva fatto un'altra scelta: il coltello e non la forbice. 
I due bambini, diventati adulti, si sono trovati su fronti opposti: il primo esponente importante di una 'ndrina impegnata nel traffico di droga col sudamerica, il secondo ufficiale dei carabinieri impegnato nel contrasto al traffico internazionale della droga.
In “Venga pure la fine” l'abbiamo seguito nella sua missione in Bosnia, per dar la caccia a quanti hanno speculato sulla guerra civile.


Tornato Italia, viene ora richiamato a Palermo, perché il passato torna a bussare alla sua vita. Di uomo e carabiniere.

Nino Calabrò, l'amico di giochi di infanzia, ha deciso di fare un importante passo, collaborando con lo Stato. Una scelta difficile ma fatta per evitare alla sua famiglia altri dolori. E proprio per tutelare sua moglie e i figli, chiede l'aiuto di Rocco. 

Per Rocco il trasferimento a Palermo, in fretta e furia, arriva in un momento della vita personale dove ancora non si è deciso se mettere le radici da qualche parte o perdersi per il mondo: pochi i bagagli personali, ma tanti ricordi
“c'è una fase della vita in cui quanto possediamo può entrare nel portabagagli di media capacità. Coi sentimenti è più difficile, li metti una parte e si spostano, decidono loro dove andare e non ti resta che farci i conti, prima o poi”.

La collaborazione di Calabrò inizia raccontando un omicidio avvenuto pochi anni prima: il giornalista Michele Sanfilippo, scomparso senza lasciare tracce. Gli investigatori non avevano ancora archiviato il caso sebbene temessero che fosse stato ucciso e il cadavere fatto sparire: Sanfilippo aveva scritto articoli estremamente lucidi e mirati nei confronti della nuova mafia.

Un altro “cadavere eccellente”, sebbene sulla sua morte siano rimasti dei dubbi: possibile che sia stato ucciso solo per i suoi articoli?

A Palermo, Rocco dovrà lavorare assieme al procuratore antimafia Cordero e la sua giovane uditrice Francesca Mucci, che stanno raccogliendo le deposizioni del neopentito.
Qui incontra anche una sua vecchia amica: il capo della Mobile, Vera Morandi, conosciuta ai tempi dell'antidroga, che era stata una scintilla che non aveva preso fuoco. Un'amicizia e forse anche qualcosa di più.

Oltre alle questioni personali, il problema per il tenente Liguori è organizzare la sicurezza della famiglia di Calabrò: moglie, tre figli e una cugina che vive con loro, Stefania. Una ragazza che, dopo la morte della madre non è più stata la stessa, ed è diventata la classica persona “molto chiacchierata”. Tanti ragazzi attorno, tanta voglia di divertirsi e uscire. Riuscirà a stare tranquilla nella nuova città con la nuova identità?

Mentre le indagini portate avanti da carabinieri e polizia si concentrano sulla nuova guerra di mafia a Palermo, Rocco segue una sua pista, ottenuta andando a sentire un suo amico dell'FBI. Pista che porta ad un fantomatico personaggio, “il puparo”:
«Parlo del padre di Mandalà. Gli ha ceduto lo scettro oltre vent'anni fa, ma stando a varie fonti non si è tirato fuori del tutto, ha fatto un passo indietro per consentire al figlio di esercitare il suo ruolo. In realtà nelle scelte strategiche ha sempre manutenuto l'ultima parola, almeno finché Giuseppe era vivo.»«Una sorta di consigliori»Mi battè la sua manona sulla spalla «Vedo che sta entrando nel linguaggio. Ora dovrai seguirmi nel dialetto. Conosci la parola puparo?»
Chi è questo puparo e che ruolo ha svolto in Cosa nostra, in tutti i lunghi anni di carriera accanto ai boss, vicino a politici e ministri: 
“Quell'uomo custodiva i segreti più scottanti dell'intera storia repubblicana, aveva trattato con i capi di governo e attraversato vicende incredibili, dal banditismo alla soppressione dei primi sindacalisti, dall'avvento delle prime raffinerie di droga alle guerre di mafia e ai cadaveri eccellenti dei servitori dello Stato”.
Liguori entra così in una nuova dimensione della mafia: quella dei segreti, delle collaborazioni con la ndrangheta per il narcotraffico e per l'eliminazione di quanti interferiscano nei suoi affari. 
Rocco si spinge fino a Corleone, per andarlo ad incontrare: un incontro basato su mezze parole, allusioni, messaggi che dovrà decifrare. Chi è il puparo? Un mafioso che si è sempre mosso dietro le quinte, senza lasciare mai una traccia, uno “sbozzatore ignoto”: 

“Palermo è una città meravigliosa, l'avrà apprezzata, ma ha il difetto dell'indolenza. Da secoli lascia che l'uomo le scriva sul bianco della pietra con il nero del cuore. Ebbene, questa città è da sempre il mio marmo. Per tanto tempo io sono stato l'ignoto sbozzatore di vari scultori. Cerchi pure quanto vuole, non troverà mai la mia firma da nessuna parte”.

Il racconto di Roberto Riccardi si muove alternando le pagine con la caccia ai mafiosi, con le pagine dove ci racconta il lato umano e personale del tenente Liguori. Le difficoltà nel gestire la protezione ai tempi di facebook, la difficoltà ad aprire i propri sentimenti nei confronti di una persona che ti sta vicina. Sapendo che una pallottola può raggiungerti e spegnere tutto. Ma anche l'ostinazione nel voler portare fino in fondo il proprio compito: proteggere la famiglia di Nino (che “stava barattando il passato col futuro”), fare chiarezza sulla morte del giornalista, ricostruire le mosse del puparo che tira le fila della guerra tra cosche a Palermo. 

Di quel delitto vorrei conoscere l'esecutore e il mandante, perché quando un pupo si muove sulla scena, dietro le quinte c'è sempre un puparo. Non ho ancora deciso chi sia peggiore, se l'uomo che preme il grilletto o quello che gli ordina di sparare.
E, forse, anche mettere un punto fermo nella sua vita sentimentale.
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