04 settembre 2014

Kaputt mundi di Ben Pastor

Roma, 8 gennaio 1944
Di nuovo l'aeroplano. E di nuovo l'animale. Lo stesso sogno, in tutti i particolari, nella sua ossessiva ripetitività. La Russia, l'estate scorsa. Cammino verso l'aereo abbattuto facendomi strada fra i monconi anneriti dei girasoli, temendo ciò che scoprirò. La voce di mio fratello è ovunque, ma non capisco una parola di quel che dice. So solo che è la voce di un morto. Una scia di sangue davanti e dietro di me. Poi il resto del sogno, sempre uguale a se stesso. Mi sono svegliato sudando freddo (anche questo è frequente, ormai) e ho cercato a lungo di non riaddormentarmi. Ho capito di sognare di nuovo solo quando l'avvicinarsi della bestia alle mie spalle ancora volta mi ha riempito di angoscia. Un suono veloce e stridente, come di un segugio che si inerpichi di corsa su una gradinata di pietra. Io salgo, salgo, e le scale scompaiono dietro gli angoli di una spirale smisurata; una luce accecante penetra da enormi finestre alla mia destra. Passo dopo passo la bestia accorcia le distanze, e tutto ciò che so è che è una femmina, e non avrà pietà di me. Gli artigli sono come metallo su una pietra levigata; marmo, forse. Non riesco a salire abbastanza in fretta da sfuggirle. Sfogliando questo diario, mi accorgo che la prima volta che ho fatto questo sogno è stata la notte che ha preceduto l'imboscata, a settembre.
Ho letto e anche riletto, questo romanzo storico della scrittrice italo americana Ben Pastor, ambientato nella Roma dei mesi bui dell'occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale.
E ad ogni rilettura rimane sempre la sensazione di abbandono, al termine delle ultime pagine: perché non è il solito romanzo di azione, con i buoni e i cattivi, da una parte e dall'altra. Ben Pastor ci porta direttamente dentro la guerra, quella più vigliacca e dura del fronte interno: siamo nella Roma degli intrighi, con le SS alla caccia di ebrei e partigiani e, dall'altra parte, il popolino che cerca di sopravvivere come può, come sempre, alle angherie, la fame, le privazioni, i bombardamenti.
E degli attentati.
E' la Roma città aperta, ma occupata dalle truppe tedesche, dove nei palazzi del Vaticano trovavano rifugio le famiglie ebree al riparo dalle deportazioni verso est, i renitenti alla leva, i militari e gli ufficiali dell'esercito che non avevano aderito alla repubblica fantoccio di Salò. Dove le spie di ambo le parti si davano la caccia e si facevano anche le spiate per vendersi alle SS le famiglie ebree nascoste, per poche migliaia di lire.
La Roma dello sfarzo per le cene degli occupanti tedeschi, della nobilità romana che continuava ad andare a teatro. Ma anche la Roma degli assalti ai forni, della fame e della miseria.
La Roma dove, almeno formalmente c'era una polizia italiana, nelle mani del questore Caruso (personaggio reale, non inventato dall'autrice), ma dove nella realtà a comandare erano i tedeschi: il generale Maelzer comandante della piazza di Roma, il re di Roma, quello che voleva distruggere i palazzi di via Rasella dopo l'attentato dei gappisti.
Le SS di Herbert Kappler e dei suoi collaboratori Egon Sutor ed Erich Priebke, gli esecutori della strage delle Fosse Ardeatine, la rappresaglia dopo l'attentato in via Rasella.
E di Eugene Dollmann, il contatto tra i nazisti e il Vaticano: uomo di mondo, degli intrighi, delle relazioni nascoste col clero e con la nobiltà romana.
Infine, la Roma all'interno delle mura del Vaticano, un mondo diviso tra la volontà di difendere la città santa dalle devastazioni della guerra e la consapevolezza della tragedia in corso. Anche qui, l'autrice ha volute inserire accanto a personaggi inventati, anche uomini realmente vissuti, come il segretario di Stato Montini, futuro papa.

Al centro di questo romanzo il maggiore Martin Bora, Martin-Heinz Douglas Freiherr von Bora, ufficiale della Wehrmacht: nel corso della sua produzione letteraria di Ben Pastor abbiamo visto crescere questo ufficiale dell'esercito tedesco, proveniente da una famiglia nobile di Lipsia, con studi di filosofia alle spalle. Un padre editore di libri e un patrigno generale dell'esercito.
Nel susseguirsi dei romanzi l'abbiamo visto sul fronte polacco, a Verona nella lotta contro i partigiani, sul fronte russo e in Spagna, durante la guerra civile del 1936.
In questo capitolo della sua vita siamo a Roma, nel gennaio del 1944. Dopo l'attentato subito in nord Italia (raccontato nel libro “Luna bugiarda”) Bora è stato mandato nella capitale (una città che conosce per esservi stato da ragazzo) nelle vesti di aiutante di campo del generale Westphal.
L’antipatia per i tedeschi era palpabile, non solo a casa Maiuli ma anche per le strade, e non meno al comando di polizia”.
Gli alleati sono sul fronte di Cassino e la città è un crocevia di intrighi, di lotte sotterranee, dove ci si deve guardare sia dai nemici che dagli amici: nonostante il fronte sia relativamente lontano, anche qui la guerra colpisce la popolazione, che non vede l'ora che arrivino gli americani.
L'indagine su cui questa volta deve indagare l'ufficiale riguarda la morte di una ragazza tedesca, Magda Reiner, impiegata all'ambasciata, trovata morta dopo un volo dalla finestra del suo appartamento a fine dicembre.
La polizia italiana, che ufficialmente è titolare delle indagini, ha già un colpevole servito sul piatto: è un alto gerarca del partito, ras Merlo, ora un po' caduto in disgrazia.
Era l'amante della morta, che in realtà coltivava anche altre amicizie anche nel campo dei tedeschi ed è stato visto sul luogo della morte.
Ma è una soluzione che, sebbene piaccia molto al questore Caruso, non convince né Bora né Sandro Guidi, ispettore della polizia italiana, anche lui personaggio già presente nel precedente romanzo “Luna bugiarda”.

Entrambi devono muoversi in un territorio ostile: Borsa dovrà guardarsi dalle SS, che lo tengono già sotto controllo e Guidi dalle ire del Questore che non tollera l'indagine verso altre direzioni, diversa da quella che porta al Ras Merlo.
I due investigatori noteranno dei piccoli elementi nell'abitazione della tedesca e in un appartamento lì vicino:
“gli impercettibili rimasugli di vita sul davanzale - gli escrementi argentati di un piccione, la lanugine che vi era rimasta impigliata, un grumo di cenere”.
E' un'indagine per entrambi complicata anche per molti motivi: non solo perché i due investigatori devono muoversi in un territorio ostile, su un caso dove le prove sembrano essere state manomesse per incolpare il ras del partito.
Anni di guerra anno reso sempre più difficile, per Martin Bora, accettare i sacrifici che questa comporta. Non solo quelli etici, ovvero il dover ubbidire agli ordini di soldato nonostante la propria coscienza di uomo lo metta di fronte a dubbi e domande cui non è facile rispondere.
Era appropriato, pensò Guidi, che quell’ufficiale della Wehrmacht avesse delle cicatrici sul corpo, perché non era da meno nel suo intimo”.
Durante la guerra a Bora non è stato risparmiato nulla: le rappresaglie nei confronti dei partigiani, le deportazioni, la morte in guerra dei compagni.
Dio, cosa aveva visto, cosa aveva visto e si era portato nell’anima per tutti quegli anni - le fosse scavate dalle stesse vittime pronte a caderci dentro, gli incendi di case e villaggi da cui si levava il lezzo della carne umana bruciata”.
Tutto ciò è aggravato dai problemi personali: la lontananza dall'amata moglie Dikta diventa sempre più difficile da sostenere, così come la sua stoicità, il suo tremendo autocontrollo (dopo gli anni della guerra, dopo Stalingrado, la fuga dalla prigionia) sono una corazza il cui peso diventa ogni giorno più pesante.
Bora non sentiva il freddo. Il suo corpo era insensibile e la mente gli andava meccanica da un pensiero all’altro, col ritmo di un ingranaggio ben oliato. Pensieri della Russia e pensieri di morte e pensieri di Dikta. [..]
Per tutto il giorno e la notte Bora rimase seduto in macchina a pensare”.
Anche Guidi, che è ospite in casa dei signori Maiuli, incontra qui una ragazza con cui ha un rapporto contrastato, per il suo atteggiamento sprezzante.

Sono i mesi degli attentati contro i nazisti, come quello che decimò una compagnia di SS in via Rasella il 23 marzo:
“Il sangue macchiava le pareti delle case fino a un paio di metri d’altezza, membra divelte di esseri umani giacevano sui ciottoli. I feriti si trascinavano urlando nel loro stesso sangue”.
Nel libro sono descritte molto bene le fasi concitate, che portarono alla tremenda rappresaglia: l'ordine prima di far saltare il quartiere, poi di uccidere 50 italiani per ogni tedesco morto, fino alla scelta della proporzione di 10 a uno.
Anche l'ispettore Guidi rischia di finire fucilato nelle fosse, assieme agli altri 335 italiani, dopo che qualcuno (che si scoprirà essere il Questore) lo ha messo nella lista dei condannati.
Mentre raggiungeva la strada in retromarcia, la voce di Sutor gli arrivò su una secca esplosione d’arma da fuoco dalla cava. — Crede di aver ottenuto qualcosa, Bora? Li ha sentiti questi spari?
Hanno appena ficcato due pallottole nel cranio del suo generale Foa!”.
Il giallo troverà una soluzione, anche se l'assassino non riuscirà ad essere assicurato alla giustizia per la presenza della guerra.
La coppia, Bora e il suo alter ego, si lasceranno senza riuscire ciascuno ad esprimere compiutamente l'amicizia che in parte li lega.
Bora verso il nord, con l'amarezza di dover affrontare la morte ogni giorno senza poter godere dell'amore e della bellezza:
Come detriti, tutte le pene e i dolori, le perdite, le partenze, gli straniamenti e le sconfitte gli viaggiavano sull’onda del sangue. E così le facce della morte vista e causata,..”.
Guidi, disgustato dalle scene di giubilo senza alcuna dignità nei confronti degli americani, che si unirà ai partigiani.

Molti temi sono toccati in questo romanzo, che non è solo un giallo con un assassino da scoprire. C'è il racconto della Roma dell'occupazione. Il rapporto tra una parte degli occupanti tedeschi e il Vaticano, coi giochi nascosti per salvare gli ebrei dalla deportazione.
C'è il racconto della tragedia delle fosse Ardeatine che di fatto, separa l'italiano Guidi da Bora, incapace sia di essergli amico che di odiarlo.
E, poi c'è il racconto della guerra vista con gli occhi del soldato-filosofo Martin Bora, tedesco di nascita con sangue scozzese nelle vene.
La sua malinconia, il suo senso dell'onore, la sua cavalleria: nel suo ritratto c'è tutta la grandezza dei grandi eroi degli antichi racconti epici, di Omero e Virgilio.
Bora come uno degli eroi greci, Ettore probabilmente: capace, sotto un bombardamento di un'ospedale, di uscire dalle rovine “Con uno sforzo inaudito, attraverso le macerie Bora raggiunse il letto e afferrò la mano frenetica dell'americano che vi giaceva”.

La biblio-storiografia di Martin Bora nei libri di Ben Pastor:

Il sito dell'autrice Ben Pastor e la voce su Wikipedia.
La cronistoria dei mesi dell'inverno-primavera del 1943-44
Il link per ordinare il libro su Ibs e Amazon.

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