26 febbraio 2014

La strada in salita

Hai voluto la bicicletta? E allora pedala.
Così si dice in Toscano e questo è un proverbio che Renzi dovrebbe conoscere bene.
Peccato che la strada sia rimasta in salita e che solo con le parole, si vincano le primarie. Non si risolvono i problemi.

Non è vero che se il governo fallisce sarà solo colpa sua: siamo noi che ci rimettiamo per primi, se l'economia non riparte, se non creano subito posti di lavoro ..
Ci sono altre cose che non tornano nel discorso di Renzi: rimproverava a Letta la melina sulla legge elettorale, che non veniva fatta per tirare a campare.
Ma ora avendo legato legge elettorale alla riforma del Senato (di competenza parlamentare e non del governo), le cose non sono cambiate. Passeranno mesi per vedere finalmente rottamato il porcellum.

Per portare avanti tutte le riforme di Renzi (pagamenti dei debiti, cuneo fiscale, ristrutturare gli edifici scolastici) servono tante risorse risorse: alcune sono state trovate dal lavoro di Saccomanni (come i debiti della pp aa).
Ma per il resto ancora non si sa nulla.

Quelli che rimangono come fatti certi sono i conflitti di interesse dentro l'esecutivo.
Il legame alla vecchia maggioranza e al vecchio esecutivo (quello appena fatto fuori).
Nel discorso di Renzi non c'è spazio per antimafia, lotta alla corruzione e all'evasione.

Veramente basta un Renzi al comando per cambiare verso?
Tra qualche mese la gente potrebbe domandarsi per quale motivo abbiamo cambiato governo.
Stefano Feltri su Il fatto quotidiano di oggi affronta l'argomento Europa:
Nel suo secondo discorso della fiducia alla Camera, il premier ha ribadito: “L'Europa oggi non dà speranza perché abbiamo lasciato che il dibattito sull'Europa fosse solo virgole e percentuali. Noi vogliamo un’Europa dove l’Italia non va a prendere la linea per sapere che cosa fare”. E poi ha provato a spiegare meglio la sua proposta di riduzione del cuneo fiscale (la differenza tra costo aziendale del dipendente e busta paga): “La doppia cifra è riferita ai miliardi e non alle percentuali. Se si riduce di 10 miliardi non credo sia giusto fare sorrisi ironici, se arriveranno contributi anche su questo tema da opposizioni vi saremo grati”. Messaggio misterioso, ieri mattina il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, aveva spiegato a Radio 24 che la proposta del governo è di tagliare “8 miliardi, ma si può arrivare a 10”, con un beneficio da “500-600 euro all’anno per un lavoratore che guadagna 1.600 euro netti, 30 mila all’anno lordi”. I benefici dovrebbero essere forti fino a 35 mila euro di reddito, poi decrescenti fino a 55 mila. Però Renzi non deve avere ancora le idee chiarissime, perché la riduzione c’è anche in percentuale nelle proposte del Pd. Secondo Taddei, l’Irap (la tassa regionale sulle imprese) sarà ridotta “del 10 per cento per un totale di 2,3 miliardi”.

Il premier democratico è tornato su uno dei suoi temi preferiti, il pagamento degli arretrati dello Stato alle imprese creditrici: “Lo sblocco totale dei debiti delle pubbliche amministrazioni deve costituire uno choc”. Promessa facile da mantenere: 22,5 miliardi sono già stati pagati dal Tesoro, per altri 25 miliardi ci sono già le coperture e i pagamenti sono partiti (i ritardi dipendono spesso dalle Regioni che non ritirano le somme disponibili). Una volta pagati quei 47 miliardi il più è fatto. Restano i debiti fuori bilancio, somme mai certificate, di cui nessuno conosce l’entità e che probabilmente mai saranno pagati. Da quanto si capisce non è di queste che parla Renzi, punta semplicemente a intestarsi un risultato che sarebbe più giusto attribuire a Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni.

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