22 ottobre 2013

Report - bianco rosso e verdini

Il sistema Verdini a Report: un sistema dove non si capisce (e non lo capisce nemmeno l'interessato) dove termina il bachiere e dove inizia il politico. Non un politico qualunque, ma il coordinatore di un partito che sta nella maggioranza, che non mette mai piede in parlamento perché "ci sono tanti modi di far politica".

Il banchiere che concede prestiti ad un gruppo ristretto di imprenditori, anche senza garanzie, anche senza fare troppi controlli (lo dice la Banca d'Italia). Un banchiere che si butta in qualunque tipo di affari, ma in particolar modo nell'editoria (per prendere i contributi statali, magari gonfiando le vendite) e nell'immobiliare (come a Lucca).

E in questi affari si presenta nella doppia veste di banchiere e politico: perché in questi incontri dove si discute di ristrutturazioni, edilizia, si siede a fianco di sindaci e amministratori scelti dal suo partito, con imprenditori finanziati dalla sua banca.

Qualche problema? Nessuno, nemmeno per i soldi in neri che ha preso da un contadino siciliano (Arnone): sono 800000 euro, ma sono cose che "per fortuna" sono capitate tanti anni fa.
Nessun problema nemmeno per i procedimenti giudiziari in corso, la P3, il fallimento della sua banca (il Credito cooperativo fiorentino), le accuse di finanziamento illecito ad un politico.
Tutte balle, pippe dei magistrati.

Un animale da palcoscenico, come racconta l'esibizione assieme a Fiorello per i 100 anni della banca, ma anche un politico con pochi problemi di coscienza.
L'inchiesta di Sigfrido Ranucci ha raccontato un sistema dove alla fine, tirando le fila del discorso, si incontravano i soliti personaggi.
Il fido a garanzia di Berlusconi per la sua banca, i soldi a Carboni (per finanziare il giornale di Verdini, ma forse per l'affare dell'eolico in Sardegna), un finanziamento a Dell'Utri per un resort sul lago di Como.
Le pressioni sulla Corte costituzionale sul lodo Alfano, sulla Cassazione per le nomine dei magistrati.

Sappiamo, sempre dall'inchiesta, del patto del Pantheon con il governatore Martini per partorire la legge elettorale attuale, il Porcellum.
Il delitto perfetto della democrazia, quello grazie a cui Verdini (e non solo) ha potuto selezionare i suoi candidati da mandare in Parlamento.

Ma sappiamo anche un'altra cosa: il buco del credito l'hanno risanato i risparmiatori delle altre BCC, per 150 milioni.

L'articolo di Carlo Tecce sul Fatto quotidiano (ripreso qui):

LA CARRIERA DELL’EX MACELLAIO: DAI FINANZIAMENTI DELLA BCC FIORENTINA A CARBONI E DELL’UTRI.

L’inchiesta Bianco, rosso e Verdini di Sigfrido Ranucci, trasmessa ieri sera da Report, ci consegna un copione per una serie televisiva, anche a puntate, più documentario che finzione. Il protagonista è un ragioniere, settore macelleria, di Campi di Bisenzio, paesone in provincia di Firenze: “Quelli che sono bravi a scegliere le parti migliori di una bestia”. Un signore con la scorza dura e le maniere dure che, in vent’anni o poco più, è diventato un uomo d’affari, un banchiere ricercato, un editore multiplo, un politico influente, coordinatore Pdl e selezionatore di candidati.

E IN VENT’ANNI o poco più ci sono milioni di euro che girano, passano di mano e in mano e tornano al mittente; 800.000 euro in nero da un costruttore siciliano emigrato (e lui ammette), Ignazio Arnone; 800.000 euro di un faccendiere Flavio Carboni per il giornale (in realtà, l’eolico in Sardegna), che taglia di sbieco la storia d’Italia; le solite garanzie finanziarie di Silvio Berlusconi (7,5 milioni), una fideiussione; il soccorso di Angelucci (10 milioni). E ancora: lo scoperto infinito sui conti di Marcello Dell’Utri, centinaia di milioni di euro distribuiti tra i soliti imprenditori di area, e soprattutto a Riccardo Fusi per le sue operazioni immobiliari nei comuni toscani. Il teorema Denis Verdini è semplice: da banchiere seleziona gli imprenditori da finanziarie e li porta agli amministratori che da politico ha fatto eleggere. E poi se c’è un affare ci si infila. Il Giornale della Toscana e il Credito Cooperativo Fiorentino sono falliti, ci sono dei processi in corso. E non stupisce che, soltanto 4 anni fa, per i 100 anni di una banca creata per offrire liquidità ai toscani, ci fosse l’ignaro Fiorello a spegnere le candeline con Verdini, allora insospettabile, allora come oggi, un potente. A cantare, a scherzare, a subire una battuta che rende benissimo il personaggio Denis: “Grazie a Fiorello. Vedrà quando l’assegno è scoperto! Ride meno! Noi a volte lo facciamo, agli amici, solo agli amici”. La genesi di Denis, racconta Ranucci: “L’ascesa politica di Verdini comincia nel ‘90, quando da semplice commercialista, diventa presidente del Credito cooperativo fiorentino, una banca nata a Campi Bisenzio nel 1909, come cassa rurale. Verdini in poco tempo apre filiali, anche a Firenze, che vengono inaugurate dall’allora presidente del Senato, Giovanni Spadolini”.

LE ACCUSE DI BANCA d’Italia: 100 milioni di euro di finanziamenti senza adeguate istruttorie. Risposta: “Una cazzata”. Tra i sindaci che dovevano controllare c’erano i legali e il commercialista di Verdini. La fonte di Ranucci rivela la natura dei legami tra Verdini e Giuliano Ferrara e tra Verdini e Marcello Dell’Utri. L’ex senatore Pdl, l’amico Marcello del Cavaliere, voleva fare un centro benessere: “Una legittima aspirazione che s’infrange, però, contro l’ennesimo procedimento penale. Dell’Utri è rimasto coinvolto nel crac della banca di Verdini. Il coordinatore Pdl gli ha concesso un fido di oltre 3 milioni di euro, nonostante fosse esposto con il sistema bancario per oltre 7 milioni. Ma perché Verdini invece di far credito agli imprenditori toscani, aiuta l’ex senatore che ha interessi a Milano?”. Aveva aiutato anche Ferrara per la candidatura al Mugello nel 1996 e aveva adottato il Foglio. Il Credito Cooperativo Fiorentino raccoglieva 418 milioni di euro e ne erogava 410. Ma non per sollevare l’economia locale: no, i soldi erano divisi tra 50 (e fortunati) nomi. Per avere credibilità e nobiltà, Verdini ha coinvolto nell’impresa editoriale il principe Strozzi. L’incontro tra Ranucci e la principessa Irina è meraviglioso, una via di mezzo tra Fantozzi e Woody Allen. A Irina Strozzi quel Denis non piaceva, non voleva che il padre e le loro diagonali generazionali con Guicciardini e la Gioconda si confondessero con l’ex macellaio. La carta, finché non l’hanno inquisito, era l’eldorado di Verdini: “Il banchiere Verdini ha finanziato il Verdini editore per circa 12 milioni di euro. Per accedere al massimo dei contributi statali, avrebbero gonfiato fatture e tiratura così per 10 anni avrebbero ingannato la presidenza del Consiglio, raccogliendo circa 22 milioni di euro”.

VERDINI FORGIA gli uomini per la Toscana, il collaboratore Massimo Parisi è stato spedito a Montecitorio e pare che il porcellum, esportazione toscana, fosse un patto tra la sinistra e la destra che condizionava pure le nomine al Monte dei Paschi. Anche la parte di Ettore Verdini, il fratello, è sublime: gestisce un patrimonio immobiliare per circa 30 milioni di euro, a Prato, ne affitta uno a Equitalia per 220.000 euro l’anno. Verdini ha esteso i suoi interessi, tre appartamenti a Crans Montana. I prelievi e i bonifici sono frequenti, dà segnalare 166.000 euro per le perdite del Foglio. Ma chi paga la morte del Credito Cooperativo? Parla Augusto Dell’Erba, presidente del fondo di garanzia Bcc: “Noi ci siamo accollati 15 milioni di sbilancio patrimoniale, 78 milioni di partite anomale (…) abbiamo anticipato 25 milioni di imposte differite che sono crediti fiscali (…) e poi abbiamo dato garanzie alla banca cessionaria per un pezzo di certi crediti di incerta definizione per 32 milioni”. Verdini è ancora lì, a palazzo Grazioli, a fare e rifare i conti. E spesso, come nel giorno della sfiducia a Enrico Letta, gli riescono male.

Da Il Fatto Quotidiano del 22/10/2013

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