15 settembre 2013

Rassicurare

La parola d'ordine per tutti, è rassicurare: è tutto sotto controllo, possiamo cavarcela con qualche manovrina senza sforare sui vincoli di Bruxelles (quel famoso 3% che oramai sappiamo a memoria). Visco per banca d'Italia, Letta per conto del governo, assieme al ministro Saccomanni.
Dall'Europa ci fanno sapere che siamo ancora osservati speciali, però. Che dobbiamo garantire la stabilità, per non tornare ad essere il ventre molle dell'Europa (che è una espressione che mi riporta ai tempi di Churchill e della seconda guerra mondiale).
Rassicurare e minacciare: se cade il governo si pagherà l'IMU, dice, ma non credo che per molti italiani sia questo il problema, forse lo è più per Brunetta.



Peccato però che rassicurare serva a poco rassicurare.
Era alla fiera del Levante, il primo ministro, a spiegare come senza il sud non ci sarà vera ripresa. E allora bisognerebbe chiedergli cosa sta facendo questo esecutivo per il sud.
Per il turismo, per la difesa e tutela dell'ambiente e del paesaggio (le trivellazioni nel mare di Sicilia, ad esempio).
Cosa sta facendo per tutelare l'agricoltura: il ministro competente sembra più preoccupato del suo presidente che dei suoi agricoltori.
Per il lavoro: i Riva, in risposta alle azioni della magistratura, non solo hanno minacciato i dipendenti di Taranto, ma anche tutti gli altri nel resto del paese (che ora sono in libertà). Si potrebbe spendere, da parte del governo, qualche parola chiara in più, senza aspettare l'ennesimo tavolo.
Anche perché parliamo di 1402 dipendenti, più di quelli che si stimano che verranno impiegati per il caccia F35.

E poi, sempre rimanendo al sud, c'è il tema delle mafie: parola sparita dall'agenda politica. A parte le solite proposte di togliere il carcere preventivo, abbassare le soglie di punibilità per certi reati collegati alla mafia (favoreggiamento), togliere il reato di concorso esterno.

È uscito per Chiarelettere un libro che parla dei beni confiscati alle mafie, "Per il nostro bene", di Alessandra Coppola e Ilaria Ramoni.  
Beni che non aspettano altro di essere presi dallo Stato per creare benessere e sviluppo per il paese.
Peccato che poi, per colpa delle leggi dello stesso Stato, questi beni marciscano per anni, corrano il rischio di tornare in mano ai vecchi padroni, le aziende falliscano (creando un doppio danno allo stato):
“Su 1708 imprese confiscate, solo 60 risultano pienamente attive sul mercato, con dei dipendenti che effettivamente ogni giorno si presentano in ufficio o in fabbrica.”

Cosa vogliamo fare? I due giornalisti che hanno curato l'opera parlano di miliardi di beni, il costo di una finanziaria:
Un patrimonio che vale una Finanziaria. Un’occasione che rischiamo di perdere. Scuole e uffici pubblici pagano l’affitto mentre migliaia di immobili restano abbandonati. Tra ostacoli di ogni tipo, terreni occupati, edifici distrutti, una legislazione carente, amministratori pavidi, funzionari di banca che concedono mutui ai clan per aiutarli a “salvare” il patrimonio: un terzo delle case sottratte ai mafiosi e non assegnate è gravato da ipoteche, inutilizzabile. Per non parlare delle aziende, quasi tutte, che nel passaggio dalla criminalità organizzata allo Stato falliscono.C’è un’Agenzia nazionale che gestisce e destina i beni sequestrati e confiscati: trenta dipendenti in tutto, zero risorse, rischia lo stallo. Tra le pieghe di un clamoroso insuccesso, questo libro racconta le vicende di tante persone che con intelligenza e straordinaria determinazione hanno tentato di far rinascere la vita là dove prima si predicava solo morte. Come dei partigiani, in questa nuova guerra di liberazione italiana.
Certo, bisognerebbe cambiare mentalità nella lotta alla mafia. Snellire certe burocrazia che rendono poco efficiente la macchina dello stato, potenziare le strutture che gestiscono questi beni.
Ma sarebbe un segnale di cambiamento.

Ma non è quello che Letta dice di voler fare?    

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