04 agosto 2013

La politica con le bombe

Bologna, Italia, ore 10.25 del 2 agosto 1980. Sala d'aspetto di seconda classe.
Sala d'aspetto di seconda classe.Il bimbo è tranquillo. Ticchetta.Non lo nota nessuno, nascosto dal sedile.Ha una faccia piuttosto comune.Dimensioni ordinarie, sparisce nel mezzo alla folla di bagagli e viaggiatori.Il bimbo è fatto di pelle, metallo e morte.Pesa ventisei chili, grammo più, grammo meno.Sette etti di coccodrillo verniciato, un chilo e due di acciaio inox, ottocento grammi di vestiti assortiti, diciotto chili di nitroglicerina per uso civile e cinque di compound B, una miscela di tritolo e T4.Il bimbo smette di ticchettare alle 10.25.Esplode.La scena al rallentatore: orrore puro.In principio è il nucleo: aria compressa, fuoco gassoso.Ha le dimensioni di un'unghia.Il nucleo inghiotte ossigeno, si espande, dilata i confini.Uccide.Prima devasta le cose: denti invisibili, incandescenti, divorano legno e plastica, fondono viti, scavano il marmo del pavimento, frammentano il vetro in milioni di schegge.Poi sbrana le persone: scioglie la carne, le ossa, ingrassa ancora.Si espande.Il corpo di Sandrina sublima. Sublima Angelica, dentro di lei.Frammenti di madre e figlia eiettati a cinquanta metri di distanza, sul binario 3. Li ritroveranno tra un mese.La faccia di Renato si squaglia. Il nucleo misura cinque metri di raggio, adesso.Frigge l'epidermide, si liquefa il derma.Il nucleo ingoia ottanta vite.In meno di tre secondi.Altri cinque li porterà via con calma.Stanotte.Mozza teste, stronca sogni, fonde interiora, crea il vuoto.Chi non muore ingerito dal nucleo, sperimenta l'onda d'urto.Le pareti, squassate, vacillano.Il botto si sente in tutta Bologna.Lo spostamento d'aria, alla Bolognina incrina, incrina i vetri delle case.Crolla il soffitto sopra la sala d'aspetto. Crollano gli uffici al primo piano.Fumo, sangue e polvere troppo densa per i polmoni di chi sopravvive.Chi si salva è fregiato. Alcuni perdono le gambe, le braccia.C'è chi ne porterà addosso i segni per sempre: cicatrici da quaranta centimetri.Tre secondi, forse dieci col crollo.Non dura di più.Silenzio.Per un minuto intero.E poi solo fumo giallo e nero. Odore di polvere da sparo.Sirene in lontananza.
"Settanta " pagine 661-662
Sono parole di Simone Sarasso, prese dal libro Settanta, che prendo in prestito per ricordare la strage alla stazione di Bologna. La bomba (il bimbo che ticchetta placido ) che scoppiò il 2 agosto uccidendo 85 vite e ferendone 200.
L'ultimo colpo di vento del tifone che negli anni '70 aveva spazzato l'Italia a colpi di attentati, sui treni, nelle piazze, nelle banche, per creare terrore tra la gente, per spegnere i desideri di riforma delle gente che scendeva in piazza per chiedere più diritti, più democrazia.
E si è ritrovata le bombe, il sangue, i colpi di pistola, l'odore del tritolo, il fumo che riempie le piazze. E i depistaggi, e le coperture e le connivenze da parte dello stato nei confronti di terroristi legati a quelle stragi.
Da Portella, con i troppi dubbi sul ruolo di Gaspare Pisciotta, alla strage di Piazza Fontata con la falsa pista degli anarchici preparata dal Sid e dall'Ufficio Affari Riservati.
Fino al depistaggio del Sismi di Musumeci e Belmonte, con l'aiuto della P32 di Gelli.
Il tutto per mantenere un clima di perenne emergenza, per cui la politica deve tenere ben dritto il timone, senza sbavature, senza debolezze, senza incertezze.
Non c'è tempo per cambiare, per provare nuove strade.



Per raccontare del contesto e dei mandanti di quelle stragi (senza colpevoli in carcere, e senza mandanti), mi affido ad un altro scrittore bolognese. Patrick Fogli che ne Il tempo infranto, ci ha portato dentro le stanze del potere, criminale.


È questo il dialogo tra un ex giudice in pensione e un vecchio senatore, residuo di quel periodo storico:

“.. ma io non credo ai mandanti. Non ci ho mai creduto. Credo alle convenienze e ai dati di fatto, alle opportunità e ai gruppi di potere. Io stesso, in qualche modo e con scopi molto diversi, ne ho fatto e ne faccio parte.
In quegli anni c'era gente che metteva le bombe. Sembra semplicistico detto così e forse lo è, ma alla mia età si può permettere in po' di sintesi storica. E poi i fatti lo dimostrano. C'erano organizzazioni convinte che gli attentati indiscriminati facessero parte di una strategia lecita. Anzi, non solo. Potrei dire redditizia.
Ripeto, la storia lo insegna. E dall'altra parte c'erano gruppi politici, gruppi di potere, li chiami come vuole, che pensavano di poter usare quel magma rivoluzionario, omicida e criminale per incanalarne gli effetti nella direzione voluta. Alla fine degli anni sessanta e negli anni settanta quella direzione era, tra l'altro, contenere il consenso del Partito Comunista entro confini prestabiliti, scatenando nella gente la paura, il bisogno di ordine. Magari di forza. In questo senso ne sono convinto, sia il terrorismo nero che quello rosso, hanno fatto gioco.
Non credo – e non ci crederò nemmeno se mi porteranno le prove – che ci sia mai stato qualcuno che è andato da un gruppo di estrema destra a commissionare la strage di Piazza Fontana o di Piazza della Loggia, o la strage di Bologna. O che abbia ordinato alle Brigate Rosse di rapire Aldo Moro, per parlare di terrorismo di sinistra. Allo stesso modo però - e lei lo sa – ci sono settori dello Stato che conoscono molto bene certi movimenti. Con precisione e e attenzione. Ecco, credo che a volte si sia fatto in modo che questi settori dello Stato andassero a prendersi un caffè, si voltassero dall'altra parte, fingessero di non vedere. O magari, si limitassero a verificare che tutto andasse in un certo modo e che i responsabili, se necessario, potessero essere tenuti sotto controllo. ”

Oggi viviamo tempi diversi. Diversa la partecipazione della gente alla “cosa pubblica”, meno affollate le piazze.
Oggi, per indirizzare nel senso giusto le cose, è sufficiente un telegiornale condotto da un direttore cui il governo saprà essere riconoscente.
Un editoriale su un giornale “moderato” e dunque (tradotto dal politichese) conservatore.


Un discorso a reti unificate o un governo a reti unificate.

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