03 luglio 2013

Gli evasori votano

Tirando le somme (e mettendo da parte l'entusiasmo lettiano per le proroghe dall'Europa) la verità è semplice. Io devo lavorare più a lungo, con maggiore precarietà, col timore di perdere il posto, con meno servizi pubblici da parte dello stato, perché c'è una minoranza di italiani che le tasse non le pagano.
E che difficilmente, se non cambia il clima politico, pagheranno domani.

L'inchiesta de l'Espresso di Stefano Livadiotti e Giulia Paravicini
I mezzi legislativi e tecnologici per scovare i furbetti del fisco ormai ci sono tutti. Però il 96 per cento di loro la fa franca. Perché sono tantissimi: e votano. Quindi il governo preferisce non farli arrabbiare

Attilio Befera, "Artiglio" per chi gli rimprovera un supposto eccesso di severità nella gestione della macchina fiscale italiana, ha fatto un sogno. Il grande capo dell'Agenzia delle entrate e di Equitalia, il suo braccio armato per la riscossione delle tasse, vorrebbe mettere le mani su Palantir, un software di analisi dei big data messo a punto tre anni fa negli Stati Uniti, sviluppato da un fondo di investimento della Cia e oggi adottato in Italia dai Carabinieri del Ros, il Raggruppamento operativo speciale.

Del misterioso Palantir, capace di incrociare una quantità illimitata di dati, utilizzando algoritmi di ultima generazione per scoprire relazioni invisibili, si parlò quando Osama Bin Laden registrò un video davanti a uno scorcio montagnoso sul quale una manciata di minuti dopo piombò una raffica di missili, che non lo centrò in pieno solo perché nel frattempo si era spostato in tutta fretta. Se con Palantir l'allora leader di Al Qaeda ha rischiato la pelle, gli evasori fiscali italiani potrebbero continuare a dormire tra due guanciali. Non tanto perché il sistema made in Usa non ha proprio le caratteristiche adatte per la caccia ai furbetti delle dichiarazioni dei redditi, come assicura chi ha avuto modo di prendere parte a una delle riservatissime presentazioni organizzate in Italia. Quanto perché l'evasione-monstre del nostro Paese, pur essendo una delle principali cause dei conti pubblici che non tornano mai, e di una pressione fiscale effettiva ormai schizzata per i contribuenti onesti a quota 53 per cento, oggi come ieri non è quasi mai stata affrontata davvero come un'emergenza nazionale.

Befera c'entra poco e niente: è un grand commis e non va dove lo porta il cuore, ma dove gli chiede il governo di turno. Che non ha mai voglia di regalare alle forze di opposizione una formidabile quota di consenso elettorale. E, come ebbe a ricordare quel galantuomo dell'allora numero uno della Confcommercio, Sergio Billé, prima di finire agli arresti domiciliari e poi beccarsi una condanna a tre anni per corruzione, il mondo del lavoro autonomo e della piccola impresa vale qualcosa come dieci o dodici milioni di voti. Chi non ne intercetta almeno una fetta si può scordare di vincere le elezioni. 

3 commenti:

Il Marcante ha detto...
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Il Marcante ha detto...

Mah, mi sento quasi offeso per la solita generalizzazione che si fa col mondo del lavoro autonomo e della piccola impresa - sono anch'io uno dei 10-12 milioni di voti, solo che io, PURTROPPO, le devo pagare tutte le tasse, perché i miei clienti sono tutte aziende che vogliono fattura.

Se potessi scegliere, considerato il livello record di imposizione fiscale italiano che è oggettivamente inaccettabile, opterei volentieri per una scelta volontaria di pagarne la metà, visto che i servizi che mi ritornano dallo stato non sono proprio sempre soddisfacenti, a voler essere buoni. Insomma non si può pensare di lavorare e dare più di metà dei soldi guadagnati alla "macchina mafiosa" dello stato.

E spiego subito perché ho usato l'accezione "mafiosa". Si, perché come con la mafia, con lo stato gli italiani sono talmente omertosi, che non si ribellano neanche più contro le vessazioni giornaliere che vengono continuamente perpetrate ai danni del nostro portafoglio, della nostra salute e del nostro equilibrio psicofisico.

Cosa dovrei dire se io fatturo 70.000 Euro all'anno, su cui ci pago IRPEF, le addizionali, l'IRAP, oltre alle solite IMU e compagnia bella? E non sto a ricordare i contributi pensionistici, perché sono a tutti gli effetti una parte dei miei guadagni che mi dovranno assicurare una certa garanzia quando andrò in pensione, se andrò mai in pensione. Con le tasse che pago, sostanzialmente pago quasi lo stipendio di un dipendente statale, insomma uno che potrebbe stare a casa mia 6 ore al giorno (io però lavoro 10 ore al giorno) a farmi tutti i servizi di cui ho bisogno io e la mia famiglia.

Sono forse equiparabile all'artigiano che dichiara 15.000 Euro all'anno, quando magari paga al suo dipendente uno stipendio lordo di 30.000 Euro e poi si lamenta pure perché piglierà una pensione indecorosa? Poteva versarseli i contributi e dichiarare il giusto se voleva prendere una pensione equivalente al flusso in entrata del suo portafoglio a colpi di 50 Euro l'ora in nero!

Smettiamola di considerare tutti sullo stesso livello quelli del popolo delle partita IVA.

Cominciamo a distinguere quelli che fatturano solo alle aziende da quelli che fatturano principalmente solo alle persone (dentisti, terapisti, igienisti, estetiste, notai, idraulici, meccanici, artigiani).

Basta con le generalizzazioni dei P.IVA!

alduccio ha detto...

non intendevo generalizzare, e criminalizzare una intera categoria.
Quando si generalizza, alla fine si tende a non risolvere niente.

Ma rimane il fatto che chi evade vota, e ha un peso nelle scelte politiche di chi governa.

Alla fine il ragionamento è il solito: se pagassimo tutti le tasse, avremmo più servizi, di maggiore qualità e pagheremmo anche meno tasse.

Non credo servano strumenti da "grande fratelli" per costringere tutti a rilasciare gli scontrini.
Così come non credo che nemmeno tutta l'evasione si risolva andando a fare i conti ai piccoli commercianti e alle piccole imprese.
Ci sono aziende assolutamente assenti, per il fisco.
Ci sono le grandi banche italiane, che usano gli strumenti dell'elusione per pagare meno tasse.

Grazie per il contributo
ciao