31 luglio 2013

Provocazione

De Gregori al corriere:
Cos'ha votato alle ultime elezioni?
«Monti alla Camera e Bersani al Senato. Mi pareva che Monti avesse governato in modo consapevole in un momento difficile. Sono contento di com'è andata? No. Oggi non so cosa farei. Probabilmente non voterei. Con questo sistema, tanto vale scegliere i parlamentari sull'elenco del telefono».

Dice questo proprio lei, considerato il cantautore politico per eccellenza? L'autore de «La storia siamo noi», per anni colonna sonora dei congressi della sinistra italiana?
«Continuo a pensarmi di sinistra. Sono nato lì. Sono convinto che vadano tutelate le fasce sociali più deboli, gli immigrati, i giovani che magari oggi nemmeno sanno cos'è il Pd. Sono convinto che bisogna lavorare per rendere i poveri meno poveri, che la ricchezza debba essere redistribuita; anche se non credo che la ricchezza in quanto tale vada punita. E sono a favore della scuola pubblica, delle pari opportunità, della meritocrazia. Tutto questo sta più nell'orizzonte culturale della sinistra che in quello della destra. Ma secondo lei cos'è oggi la sinistra italiana?».

Me lo dica lei, De Gregori.
«È un arco cangiante che va dall'idolatria per le piste ciclabili a un sindacalismo vecchio stampo, novecentesco, a tratti incompatibile con la modernità. Che agita in continuazione i feticci del "politicamente corretto", una moda americana di trent'anni fa, e della "Costituzione più bella del mondo". Che si commuove per lo slow food e poi magari, "en passant", strizza l'occhio ai No Tav per provare a fare scouting con i grillini. Tutto questo non è facile da capire, almeno per me».
E se ci fossimo sbagliati tutti .. se De Gregori  non fosse di sinistra?
Ha votato Monti, pensa che a questo governo non ci fosse alternativa, che la questione No Tav è solo folklore, che il problema è Grillo, che i sindacalisti che difendono i diritti siano "vecchio stampo" ...
Forse è di sinistra come Renzi.
O come il compagno B.

Sicurezza

Pare che il pulmann precipitato dal cavalcavia vicino ad Avellino, domenica scorsa, avesse superato la revisione nei mesi passati.
Pare però che avesse iniziato a perdere i pezzi per strada un km prima del luogo della caduta.
Che non fossero attivi i freni.
Pare anche che il guard rail ai bordi del cavalcavia fosse in grado di contenere gli urti delle auto, non di mezzi pesanti o pullmann.

Ecco, con tutti questi pare, non vorrei che tra qualche mese venissero fuori delle responsabilità sull'incidente, che ha causato la morte di 38 persone.
Perché quando si parla di infrastrutture e di sicurezza non ci si deve fermare solo all'AV e al TAV.
Ma ci si dovrebbe soffermare anche sulle nostre autostrade, su quanto siano veramente sicure, su quanto siano controllati gli automessi che circolano sopra.

Dormi tranquillo PD


Come scrive Travaglio nel suo editoriale di oggi la sentenza della Cassazione sul processo Mediaset non cambierà proprio nulla.
Sia che venga condannato (e si parlerà di persecuzione), sia che la sentenza venga rigettata o rinviata in appello e dunque B. prescritto o assolto (che è la stessa cosa ormai), lui rimarrà in posizione dominante, potendo continuare a ricattare l'azione del governo.

Tutta la pressione cadrà sul PD che però, sta già lavorando per lui, per i prossimi processi.
In commissione giustizia è passatoun emendamento alla legge svuota carceri che toglie il carcere preventivo per i reati di stalking, finanziamento illecito ai partiti, falsa testimonianza.
Guarda caso tutti i reati contestati per il processo Ruby.
Il governo (di cui il PD fa parte) aveva dato parere favorevole.

E per fortuna che durante la campagna elettorale Bersani voleva smacchiare il giaguaro.

Dormi tranquillo PD ..

30 luglio 2013

Il bungabungalow

Arresti domiciliari dentro un bungabungalow?, si chiede la Bild:

In questo momento, è anche questa l'immagine del paese.

Zero

E se oggi viene condannato in Cassazione ? Cosa farà il PDL? E cosa farà il Pd, andrà latitante ad Hammamet?
E se si rimanda tutto? Quando scatta la prescrizione?
E se invece la Cassazione annulla le due sentenze, mandandolo libero?

Tutto un paese, e scommetto anche in Europa, è attaccato a queste "pugnette" che saranno la prima notizia di oggi e di domani.
Notizia che con la politica non hanno nulla a che fare ma che riguarda una persona che è entrata in politica per salvarsi.
Con buona pace dei suoi falchi e delle sue colombe e delle 10 milioni di persone che l'hanno votato.

Quello che ho capito, leggendo tutte le dichiarazioni dei politici, è che l'obiettivo comune è salvare il sistema: il presidente Napolitano, le larghe intese, il condannato B ....
L'unica strada, allora, è quella del rinvio in appello per il processo Mediaset.

E penso che è questo quello che succederà.

29 luglio 2013

Per cosa è stato condannato Priebke

Quale è la colpa dell'ex capitano delle SS, per cui è stato condannato all'ergastolo?
Sarebbe meglio che lo dicesse l'informazione stessa, che dovrebbe spiegare le colpe di questo anziano signore.
Colpe dietro cui c'è un atto militare compiuto a Roma durantel'occupazione tedesca, il 22 marzo 1944, l'attentato compiuto in via Rasella ai danni di una compagnia di SS. E una lista di nomi, 335 nomi: persone fatte uccidere per volontà di Hitler, come “ragionevole” rappresaglia. Ovvero l'eccidio della Fosse Ardeatine. E' orribile usare quel termine, ma a che in guerra esistono delle legge e la convenzione dell'Aja da ai belligeranti il diritto della rappresaglia.


Hitler, e il generale comandante di Roma Maeltzer, volevano radere al suolo via Rasella. Arrivare ad un rapporto di 50 a 1. 50 italiani per ogni tedesco.
Furono Kesserling prima, e Kappler poi, che spinsero verso una rappresaglia che non spingesse i romani alla rivolta.


Kappler stesso organizzò poi l'eccidio: compilò le liste (composte da ebrei, detenuti vari, condannati a morte), scelse il luogo della sepoltura, organizzo i viaggi e partecipò alla fucilazione. Assieme a Priebke e agli altri ufficiali e graduati dell'ufficio SD di Roma. Per dare il “buon” esempio (e anche questa parole è disgustosa, parlando di un episodio del genere).

I tedeschi diedero la notizia a cose fatte: “L'ordine è già stato eseguito”.
Finita la guerra fu condannato all'ergastolo, ma riuscì a fuggire dal carcere militare nel 1973.

Della sua fuga, dietro cui si cela l'ombra del Noto Servizio, pagò il prezzo qualche ufficiale dei carabinieri e il ministro Lattanzio.
Ma questa è un'altra storia.
Nè Kappler né Priebke si sono mai pentiti del gesto. Come altri ufficiali nazisti, si sono trincerati dietro l'ordine che doveva essere eseguito.



L'ufficiale comandante della compagnia ss Bozen (che subì l'attentato), maggiore DobbricK invece si rifiutò di eseguirlo, proprio quell'ordine che proveniva dal Fuhrer. Lui, non volle prendere parte alle fucilazioni. 

Questa domenica di Caronte

Alcune cose da ricordare di questa domenica di piena estate.


B come barricate. Ma anche B come Berlusconi.
Se condannato (domani in Cassazione arriverà il processo Mediaset), rimettiamo il nostro mandato. Anzi, lo rimettiamo nelle mani di B. Ma non facciamo cadere Letta (il governo di scopo), ci penserà come al solito il PD a farlo cadere, prendendosi così pure le colpe.
Come previsto, è impossibile distinguere e disgiungere le vicende giudiziarie di B. da quelle della politica italiana e dunque dal governo. Governo che ha pronte tutte le riforme necessarie, scriveva ieri Scalfari, per farci uscire dalla crisi.
Sono tutte lì, pronte. Legge elettorale, riforme istituzionali, finanziamento ai partiti e omofobia.
Peccato. Se ci sarà la condanna, tutto questo bengodi salta via.
Suvvia, ma ci credete ancora? Su nessuno di questi punti c'è una condivisione.
Ma chi vogliono prendere in giro?


C come Caronte: ma si dovrebbe dire m come meteora, per quanto è durato l'allarme. Meteora che ha portato un caldo afoso (in stagione), e tanti servizi in televisione.
Avete capito che dovete bere molto?


M come miseria.
Papa Francesco, in Brasile alla giornata mondiale della gioventù: "Nessuno sforzo di 'pacificazione' - e' il monito - sara' duraturo, non ci saranno armonia e felicita' per una societa' che ignora, che mette ai margini e che abbandona nella periferia una parte di se stessa ".
Dai tempi della teoria della pacificazione (che pure Bergoglio non ha mai appoggiato direttamente), che non si sentivano queste parole.
Chissà se saranno sufficienti a fermare il calo dei fedeli in Brasile.


P come possesso.
Domenica, un altro caso di femminicidio. Forse colpa del caldo, della chiusura delle giornate mondiale dei giovani, delle notizie che arrivano dal mondo della politica (le primarie del PD, le riforme..), questa volta la notizia dell'omicidio di una donna a Massa Carrara (Cristina Biagi), è stata relegata un po' in fondo sui giornali.
L'assassino prima ha colpito prima il nuovo compagno della moglie e poi è andata a cercarla dentro il bar dove lavorava.


L'ha ammazzata davanti a tutti: mi ha ricordato, da un certo punto di vista, gli omicidi di mafia (quando è costretta a uccidere e suscitare una reazione della brava gente). Anche questi, fatti alla luce del sole, per ribadire un concetto semplice. Questa è cosa nostra, è il nostro territorio e questa è la nostra giustizia.


Deve essere un ragionamento che fanno molti dei maschi che uccidono le proprie compagne.

Le uccidono perché le considerano beni di loro proprietà, che non si possono allontanare, non possono ribellarsi.

28 luglio 2013

Il bla bla sull'antimafia

Si fa presto a parlare di antimafia come, d'altronde, si fa presto a parlare di evasione, di corruzione, di taglio delle province e dei costi della politica.
Ma finché si rimane a parole, è solo un continuo bla bla.

Prendete ad esempio la serie di arresti che c'è stata a Roma, contro i mafiosi sul lungomare di Ostia (di cui aveva già parlato mesi fa Report con l'inchiesta Romanzo capitale).
Il clan Fasciani, si era preso le concessioni per gestire i lidi in concessione dallo stato.
Ci sono le spiagge ma anche gli affari milionari per il porto di Ostia.
Avvocati e periti avevano garantito invece la liberta per anni a Michele 'o pazzo, a Roma. Da quando il suo avvocato e i suoi psichiatri sono stati arrestati, nemmeno lui è pazzo.
Ma nel frattempo aveva messo le mani su negozi e bar tra via Veneto e piazza di Spagna.
Ostia succursale di Corleone, per la presenza di Carmine Fasciani, Vincenzo Triassi legato ai Caruana Contrera e Francesco D'Agati. Tutti in manette.
Via Veneto nelle mani della ndrangheta che si era comprata il gran Hotel Gianicolo, per mano di un prestanome che ha comprato dalla Congregazione dame apostoliche del sacro cuore.
Infine Campo de Fiori suk dei Casalesi, che si sono presi i locali più caratteristici.

Ma siccome questa è mafia che non spara e che fa impresa (oltre a pagare in contanti) si può dire che la mafia non c'è.

Ma nei giorni scorsi c'è stato anche ilblitz della procura di Catanzaro nell'operazione Perseo.
A Lamezia Terme, quello che colpisce, è la vicinanza tra uomini delleistituzioni (consiglieri provinciali e regionali) e uomini delle cosche cui chiedere voti, per concedere in cambio lavori.
Magari appalti per l'aeroporto di Lamezia.

Ma forse i politici non lo sapevano chi erano le persone che si trovavano di fronte. Solo in Italia possiamo accettare risposte di questo genere da politici.
Risposte che non arrivano solo dal sud: anche in Lombardia, quando si scopre chi erano quelle persone così generose in campagna elettorale, è tutto un “non sapevo nulla”.

Ecco, questa è la realtà, dove non si può più parlare di pericolo infiltrazione. Le mafie sono ben radicate sul territorio, dentro l'economia.
Semplicemente, non sparano quasi più. Intimidiscono.
E dunque?
Quale è la risposta della politica? Di questa maggioranza che intende stravolgere Costituzione e assetti istituzionali per il bene del paese?
C'è un ministro degli interni (che non sapeva nulla della rendition della moglie di un dissidente Kazako) che si rammarica per la decisione di un giudice contro un politico del suo partito.

C'è un partito che presenta un emendamento sul voto di scambio che è un mezzo pasticcio.
L'altro che ogni tanto ci riprova: con la legge ammazza blog, con la legge per togliere di mezzo il concorso esterno in associazione mafiosa, appoggiando i referendum dei radicali per arrivare alla responsabilità civile dei magistrati.
Per l'Expo firmano un protocollo per nuovi posti di lavoro precari e senza troppe garanzie per il futuro. Ma non si chiedono che cosa succede nei cantieri per l'Expo: chi ci lavora? Chi controlla?


E poi parlano di fare antimafia? Qui non si può più parlare di ingenuità o ignoranza. Questa è complicità.

26 luglio 2013

La forza della ndrangheta


Sto leggendo il bel libro di Giuseppe Gennari, "Le fondamenta della città" (ed. Mondadori): il gip milanese spiega quale sia la forza della ndrangheta, di quanto il suo reale pericolo sia sottovalutato.
Una delle prime domande che si pone l'autore nelle prime pagine, è per quale motivo la 'ndrangheta abbia così ben attecchito nei territori del nord.
Come la Lombardia dove, ogni tanto, qualche politico o qualche giornalista, parla del rischio infiltrazione, quando la realtà dice che semmai, in certi settori, è vero proprio il contrario.

La forza della ndrangheta sta nell'aver saper saputo mutare pelle: "Gli ultimi venti anni non sono serviti, alla ndrangheta lombarda, solo per accrescere potere e proliferare, ma pure per cambiare strategia. Niente più omicidi e sequestri di persona. Niente reati che provocano «allarme sociale»"

Niente monopolio sulla droga, roba da banda della Magliana: "Oggi bisogna andare a cercare i reati «spia» della presenza di un'organizzazione mafiosa. Reati da colletti bianchi come bancarotta, evasione fiscale, violazioni ambientali".

La ndrangheta è entrata nel mondo dell'impresa e dentro questo mondo ha iniziato ad offrire i suoi servizi. Col metodo mafioso.
La riscossione dei crediti, senza passare per la giustizia ordinaria.
Lo smaltimento dei rifiuti, senza rispettare i vincoli ambientali.
La concessione del credito, ad usura.
La vendita di pacchetti di voti, a politici ingenui, che non sapevano, poverini, chi erano questi signori che gli garantivano i voti per la regione o la provincia.

Questi i servizi offerti dalla ndrangheta spa.
E la fortuna dell'azienda ndramgheta è direttamente proporzionale alla coscienza etica di imprese e imprenditori del territorio.
Che alla denuncia dei reati allo stato, preferiscono la scorciatoia, il prezzo al ribasso, il poter avere un vantaggio competitivo coi concorrenti per i prezzi più basso che si ottengono.

Spiega il giudice:
"Più è elevata la «domanda» generale di illegalità e più è facile creare connessioni tra mafia e impresa, mafia e società.
La mafia c'é semplicemente perchè c'é mercato per i suoi servizi. L'amara constatazione che chiude ogni inchiesta, è che ci sono tante persone che traggono vantaggio dall'esistenza della mafia".


Non è un caso che il sottotitolo sia "Come il nord ha aperto le porte alla 'ndrangheta".

La scheda del libro sul sito di Mondadori.
Il link per ordinare il libro su ibs.

Sbugiardati

I rimborsi elettorali ai partiti, che tutti volevano togliere prima e di cui, ora, solo il M5S ha rinunciato.
La lotta all'evasione, un argomento tirato fuori come jolly. Da un primo ministro di una maggioranza che si poggia su un partito che ha fatto condoni, scudi. E il cui presidente è stato condannato in appello per evasione.
I tempi sono cambiati, dice Letta. Ma non le persone.
I temi etici, argomento tirato fuori solo quando fa comodo. Per ingraziarsi il Vaticano, ad esempio. Ma non quando si deovono tutelare i gay. I quando si devono insultare in parlamento le persone con difficoltà (come la deputata Giulia Di Vita ).
La legge elettorale, che si doveva cambiare, era urgente. E che invece verrà cambiata, non si sa come, solo dopo aver stravolto l'assetto istituzionale.
Con una corsa a tappe forzate che personalemente mi fa paura, per far approvare le scelte del comitato dei saggi ad un parlamento che dovrà solo prendere.

20 anni fa lo stato cambiava nuovamente pelle a colpi di bombe, crisi economica, crisi dei partiti.
Oggi, con molta più calma, come se il malato fosse stato ben sedato, prima di incidere il bisturi.

25 luglio 2013

I sicari di Trastevere: I deputati telegrafo e la speculazione dei beni ecclesiastici


Per quale motivo è stato ucciso Raffaele Sonzogno, direttore del quotidiano La Capitale, ucciso con 17 coltellate nei giorni del Carnevale del 1975 a Roma?
Per motivi futili, come sembra dai primi rilievi? Ucciso per mano di una banda di balordi del popolino romano come Frezza, detto spaghetto, l'assassinio, colto in flagrante.
Per motivi passionali, come sembra indirizzarsi l'indagine della polizia, che segue una pista passionale che arriva fino a Giuseppe Luciani, candidato in Parlamento coi soldi della Banca Romana ma anche amante della moglie del giornalista?
Oppure ci sono motivi politici dietro questo delitto eccellente, che partono dalla banda della malavita di Trastevere, per arrivare su fino agli scandali che Sonzogno, giornalista di sinistra, denunciava sul suo giornale senza nessun timore reverenziale?

Uno dei primi “cadaveri eccellenti” della storia dell'Italia Unita, l'omicidio Sonzogno, nel racconto dello sceneggiatore Roberto Mazzucco porta dritto dritto allo scandalo sulla speculazione dei beni ecclesiastici della Chiesa.
Beni che avrebbero dovuto essere incamerati dallo Stato, affinché terreni, case e soldi potessero essere utilizzati per il bene comune, per risollevare la situazione dei cittadini.

Liberata Roma, il luogotenente La Marmora aveva emesso un decreto per congelare i beni ecclesiastici nella capitale in attesa dell'applicazione della legge del '66 negli ultimi territori liberati.
Si trattava di un grosso capitale. Undici secoli di governo esercitato senza opposizione e senza controllo avevano reso la Chiesa e i suoi bracci operativi immensamente ricchi.
Scopo del decreto era impedire l'affrettata alienazione delle proprietà degli enti religiosi, in previsione dell'applicazione della legge [..] Ad onta del decreto, in tre anni, gli ordini avevano già alienato un terzo dei beni, sottratti al demanio e serviti caldi caldi a compratori eccitati. Come sempre all'avanguardia del clero, furono i gesuiti a violare per primi e in modo massiccio la legge: i loro terreni, siti tra Castro Pretorio e le Terme di Diocleziano furono venduti ad acquirenti in maggioranza stranieri: svizzeri, belgi, austriaci.
Visto il totale silenzio delle autorità laiche, i clericali presero coraggio. Perché vendere soltanto? Così, quando l'oscillante governo Lanza portò alla Camera la proposta che estendeva la legge del 7 luglio 1866 ai nuovi territori liberati., venne aggiunto un sottile codicillo. L'esproprio riguardava sì i beni ecclesiastici in Roma, ma non quelli di proprietà delle Case Generalizie degli ordini. In pratica, nessuno, perché a Roma avevano sede tutte le case generalizie religiose e non esistevano quindi dipartimenti periferici [..]
E' il momento in cui la finanza cattolica si salda alle gigantesche imprese immobiliari private. Come denunziò Sonzogno in un articolo, gli speculatori in tonaca - come il De Merodé tuttora vivo e vegeto - divennero i migliori alleati del governo italiano.
[..]
Il governo conservatore non aveva alcun interesse ad alienare il patrimonio immobiliare ecclesiastico per farne demanio pubblico. Proprietari terrieri e soci SPA erano invischiati sino al collo negli interessi dell'edilizia. Tuttavia, poiché lo spirito del Risorgimento non era ancora spento del tutto, quando la proposta arrivò alla commissione parlamentare competente – febbraio 73 – venne bocciata , sia pure per un solo voto.
[..] in Parlamento capitò un più grave cedimento. Un deputato cambiò opinione, informò i colleghi che ci aveva ripensato. Riportata in votazione, la legge passò alla Camera dove la manovra del governo sarebbe stata più agevole. Quel deputato era l'onorevole Pisanelli.
Sonzogno aveva compreso l'importanza della posta: sul giornale pubblicò in neretto un allarmante avviso sull'imminente scrutinio e mise in guardia contro il mutamento d'opinione di qualche membro della commissione.
Tutto inutile: messa ai voti di una Camera tradizionalmente ligia agli interessi dei conservatori, la legge passò con 196 voti contro 46. Considerato che la resistenza sarebbe stata compromettente e l'esito scontato, ben 170 deputati si erano squagliati al momento del voto. Avrebbero potuto così continuare a gridare ad alta voce il loro anticlericalismo senza il rimorso di aver ferito cuore e portafoglio. Vinse lo schieramento che Sonzogno chiamava, con feroce sarcasmo, i deputati telegrafo. Uomini mandati a Montecitorio per servire, mai presenti ma pronti ad accorrere a una convocazione della Presidenza.
pagina 191
Speculazione edilizia, affarismo privato sui beni pubblici, clientelismo e lobbismo che partiva dalla Chiesa romana per congiungere il mondo politico con quello finanziario dei banchieri.

Un quadro storico che ci racconta una verità scomoda: l'Italia non è mai stata innocente.
Lo scandalo del piano regolatore di Roma (e la deviazione del corso del Tevere, con le nuove costruzioni che sarebbero dovute sorgere sui terreni della Chiesa e dei banchieri), segue di pochi anni lo scandalo della Regia dei tabacchi, raccontato da Gian Antonio Stella nel libro “I misteri di via dell'Amorino”.

Il canovaccio è comune: una politica prona agli interessi privati (i deputati telegrafo), corruzione e conflitti di interesse palesi e trasversali tra destra e sinistra, una magistratura pronta a sopire ogni scandalo e a colpire duramente i giornalisti che si permettevano di fare delle denunce chiare, indicando nomi e cognomi, sui quotidiani.
L'onore del paese sulle spalle di pochi personaggi, impavidi e coraggiosi: il giovane deputato Cristiano Lobbia e, in questo racconto, il giovane giornalista Colacito o il deputato Cavallotti che ad un certo punto spiega:

«Questo è un banco di prova. Se vinciamo, quest’Italia, che sta per cadere in mano a avventurieri e profittatori, potrà riprendere il cammino degli ideali del Risorgimento, altrimenti...»

Altrimenti ....
Un' Italia da romanzo criminale di ieri che ricorda molto da vicino l'Italia di oggi.



La scheda del libro sul sito di Sellerio
Il link per ordinare il libro su ibs.

Ricatti




Il comune di Milano concederà alla moda milanese, i suoi spazi: la Scala, la Galleria.
Alla fine ha funzionato la minaccia (ricatto?) dei due stilisti di andarsene da Milano, per le polemiche sorte con l'assessore D'Alfonso.
Il comune dice che non c'entra nulla.

Dopo la sentenza della Consulta sulla Fiat , in merito alla rappresentanza dei sindacati (
anche non firmatari degli accordi) negli stabilimenti , Marchionne sta valutando l'ipotesi di andarsene dall'Italia.
Altra minaccia (o ricatto).

Sul Giornale, nei giorni che precedono la decisione della Cassazione sul processo Mediaset, esce l'intervista di Pomicino dove si parla della maxitangente Enimont. E dove si tira dentro il presidente della Repubblica.
Un messaggio perché ciò che deve?

Il governo Kazako minaccia l'Italia, per la richiesta di espulsione dell'ambasciatore a Roma (Quello che ha diretto la rendition di Alma all'insaputa del ministro Alfano). "Attenti reagiremo".

A questo governo, dice il primo ministro Letta, non c'è alternativa, nemmeno con le elezioni. E aggiunge, basta fare "i fighi, contano i fatti".Appunto ...
Ai tempi del governo Monti, si diceva che le elezioni fossero un impiccio, che "come sarebbe bello se si andasse in continuità col governo che ha salvato il paese ..".

Perché se salta il governo (perché B. viene condannato, perché passa una legge contro la corruzione, perché si mette mano al tema dei conflitti di interesse ..) si rischia il default.
Si rischia che intevenga la troika, o magari che arrivi un'altra lettera dalla BCE come nell'estate del 2011.

Viviamo sui ricatti.
E sulla paura.

24 luglio 2013

I sicari di Trastevere: la legge elettorale vergogna


I sicari di Trastevere” è un romanzo storico travestito da giallo, ambientato a Roma, nel 1875: 14 anni dopo l'unità d'Italia, 5 anni dopo la breccia di Porta Pia.
Parte dall'assassinio del direttore de La capitale, Raffaele Sonzogno, per raccontare, attraverso depistaggi, false piste, tutti gli intrallazzi che erano sorti, subito dopo l'unità d'Italia, sui beni della chiesa. Intrallazzi e depistaggi che impediranno di individuare, al processo, le menti dietro questo assassinio. 



Speculazioni e intrallazzi che Sonzogno, erede della famiglia di editori, aveva denunciato sul suo giornale.

Denunce che non avevano trovato sufficiente sponda politica nella sinistra che si preparava a subentrare al governo dopo gli anni della destra storica.

Sulla rappresentanza politica dei parlamentari dei quei primi anni di unità, vorrei riportare questo passaggio dove si parla della legge elettorale.

Ora che l'Italia era venuta a Roma ed era cominciato il periodo grigio dell'amministrazione, Trastevere aveva conservato un'alta temperatura politica. Faceva parte del 5 collegio elettorale, un collegio che andava a sinistra. In aiuto ai pochi e che votavano si era costituita - come altrove - una vivacissima società di non elettori. La società diceva la sua sulla scelta dei candidati e li sosteneva se erano di suo gradimento.

Similmente si comportavano i comitati cattolici che registravano invece invece il grado di religiosità dei futuri parlamentari. Questi organismi sorgevano perché la legge consentiva il diritto di voto a meno del 3% della popolazione. Gli elettori erano selezionati in base al censo: votava chi pagava un minimo di tasse ed aveva un titolo di istruzione. Ancora nel 1882, la riforma elettorale voluta dalla sinistra, andata nel frattempo al potere, estendeva la fascia degli elettori al 9% soltanto della popolazione.

Queste leggi furono responsabili del qualunquismo degli italiani e della loro indifferenza verso lo Stato e i suoi ordinamenti. Tutti potevano giudicare l'ingiustizia della disparità perché, in occasione del plebiscito, quando si doveva decidere se ammettere o meno al Regno le provincie via via liberate, al voto erano ammessi tutti, ricchi e poveri, istruiti e ignoranti. Ora che si dovevano scegliere amministratori capaci, pochi erano ritenuti degni di esercitare questo diritto.

pagina 87
Sulla legge elettorale varata dalla sinistra, nel 1882:

«Fin qui gli uomini che furono al governo», disse il Depretis in un discorso alla Camera dell'ottobre dello stesso anno, «sono stati giudicati da un consesso di elettori che da quasi un quarto di secolo faceva esperienza ogni due anni, a un dipresso, di vita politica, da un consesso di elettori che formava una specie di aristocrazia [...]. Tutti i cittadini che possono sapere quello che valga il diritto politico sono chiamati oggi a scegliere i legislatori». Fu in effetti un considerevole avanzamento sulla via della democrazia («il momento è dei più decisivi nella storia del nostro paese», ammoniva in quella occasione Depretis): dal 2,2% si giunse al 6,9%, che corrisponde ad un aumento di elettori da 600.000 a 2.000.000. Non si trattò del suffragio universale, che era stato chiesto da radicali, repubblicani, socialisti e perfino dai cattolici, che speravano nel voto sanfedista delle campagne, ma «in pratica una parte notevole di classe operaia ottenne il diritto di voto». L'allargamento del suffragio fu rappresentato non solo dall'abbassamento dell'età degli elettori (da 25 a 21 anni), ma anche dal fatto che il requisito del censo fu sostituito, quasi per intero, da quello delle capacità («sapessero leggere e scrivere»), anche se ben pochi avevano questo requisito.

La riforma elettorale, nel testo rielaborato da Zanardelli, fu finalmente varata, dopo altre complesse discussioni alla Camera e al Senato, con le leggi del 22 gennaio e del 7 maggio 1882. [...] La nuova legge elettorale stabiliva che fossero elettori i cittadini italiani che avessero compiuto il ventunesimo anno d'età, sapessero leggere e scrivere e avessero uno dei seguenti requisiti: avere sostenuto con buon esito l'esperimento sulle materie comprese nel corso elementare obbligatorio (seconda elementare), oppure pagare annualmente per imposte dirette almeno lire 19,80. Rispetto alla precedente legge elettorale la nuova legge abbassava dunque il limite d'età da 25 a 21 anni, poneva come requisito essenziale la capacità e non il censo, abbassava il censo, lasciato come alternativa all'esame di II elementare, da 40 lire a 19,80. Pertanto gli elettori che nelle elezioni del maggio 1880 erano stati 621 896, pari al 2,2% della popolazione totale del regno, passarono a 2 017 829, pari al 6,9% della popolazione totale, nelle elezioni dell'ottobre 1882, che furono le prime fatte in base alla nuova legge. In pratica una parte notevole della classe operaia ottenne nel 1882 il diritto di voto. D'altra parte escludendo dal voto le masse degli analfabeti, la nuova legge in linea generale favoriva le città rispetto alle campagne e il Settentrione rispetto al Mezzogiorno.
Il suffragio universale puro e semplice era stato più volte richiesto dai radicali, dai repubblicani e da quei socialisti che oramai erano decisi a partecipare alle lotte elettorali, i quali tutti avevano organizzato nel 1880-81 una vivace agitazione con comizi in molte città. Ad esso erano propensi anche molti clericali ed alcuni liberali di Destra, come Jacini [...], Sonnino ed altri, che vedevano nel voto ai contadini analfabeti una garanzia di conservazione sociale. Ma proprio il timore dei rivoluzionari e dei clericali (più di questi che di quelli) spinse Zanardelli, Depretis e la maggior parte della Sinistra a stabilire come requisito essenziale per il diritto elettorale la licenza del corso elementare obbligatorio. Perciò la proposta radicale per il suffragio universale fu respinta dalla Camera nel giugno 1881.

(da G. Candeloro, Storia dell'Italia Moderna, VI, 1871-1896, Feltrinelli, Milano, 1970)
La scheda del libro sul sito di Sellerio
Il link per ordinare il libro su ibs.

Mancanza di volontà

Ieri celebravano il sacrificio di Borsellino e della sua scorta.
Oggi in Senato votano una modifica del reato di voto di scambio mafioso, che ammorbidisce le pene , sponsorizzato dal presidente del Senato Pietro Grasso.

Ma questo governo (e anche gli altri prima) ha veramente voglia di fare la guerra alla mafia?

A proposito di titoloni



Prima pagina del corriere: "Il lavoro flessibile parte da Expo".

Si parla dell'accordo firmato ieri (a favore di telecamere) che è piaciuto a tutti, politici e sindacalisti, per assumere 800 persone in vista dell'Expo di Milano.
Ecco, la strada per creare lavoro (flessibile) piace così tanto al ministro del lavoro Giovannini che vorrebbe applicarla a livello nazionale.

Miracolo Expo?
Mica tanto: 195 sono stagisti, 300 sono lavoratori a tempo determinato (a partire dal 2015) e gli altri sono apprendisti.
Certo, in tempi di crisi, ci si accontenta, ma rimane veramente poco.

Poco per dedicargli una prima pagina, per un giornale che dovrà affrontare per i suoi 300 giornalisti milanesi la cassa integrazione a rotazione. Modello Fiat. Altro modello di flessibilità di successo.

Su Expo ci sono poi altri dubbi: che ne sarà delle aree dopo la manifestazione? Come mai alcuni grandi paesi non partecipano (USA e Gran Bretagna)?
Come stiamo facendo, concretamente per tenere fuori le mafie dagli appalti?

23 luglio 2013

Presunzione di innocenza o presunzione di assoluzione?

Come facevano ad essere tutti (giornalisti, politici, amministratori) così convinti dell'innocenza di Del Turco?
Sapevano qualcosa o era solidarietà di casta?
Questi "tutti" si chiedevano "chi risarcirà" l'ex governatore?
E ora, cosa scriveranno? Chi risarcirà la sanità abruzzese?

Un autunno caldo

Capita, in questa estate strana, che uno dei ministri della strana maggioranza che sta salvando il paese (dopo cavalieri e professori), si metta a parlare in modo chiaro.
Abbandonando cioè lo stile degli annunci sparati (via Imu, via aumento dell'Iva, via i beni dello stato ..) , dei rinvii delle decisioni divisive (che poi sono tutte le questioni che forse interessani di più gli italiani), delle chiacchiere sulle riforme che non si faranno mai (legge elettorale, temi etici).

Il ministro Delrio ieri, commentando le parole di Casaleggio, ha parlato di "autunno molto difficile".

Ci sono le banche in difficoltà coi crediti inesigibili.
Il Fatto quotidiano oggi in prima pagina parla della banca delle Marche.

Ci sono le inchieste eccellenti: Ligresti e lo svuotamento della Fonsai, Tronchetti Provera e lo spionaggio Telecom.
Ieri è stato condannato l'ex presidente Del Turco in una inchiesta sulla sanità regionale. Altre inchieste sono partite, sulla sanità, non solo in Lombardia.
Uomini in abito talare che avrebbero fatto da spalloni, con l'aiuto di agenti dei servizi e broker. Riciclaggio, evasione, affari sporchi.
Giudici che avrebbero venduto sentenze, in cambio di favori.

L'autunno caldo che ci aspetta è quello in cui le persone si stuferanno di ascoltare le solite parole, di leggere le soilte interviste sui giornali, di sentire parlare delle solite grandi riforme.

Togliere diritti a chi lavora per favorire l'assunzione. Lo sentiamo dai tempi di Pomigliano, del referendum della Fiat. Nel frattempo il piano Italia non si è visto, come i nuovi modelli.

Dare più potere all'esecutivo, ad un esecutivo come questo, ad esempio. Che non interpella più il Parlamento sulle questioni spinose.
Come per l'acquisto dei caccia F35. Come per le riforme istituzionali.

Vogliamo fare l'agenda digitale, ma blocchiamo la liberalizzazione del Wi fi e l'ingresso degli ebook a scuola.
Il debito pubblico in aumento (ad un passo dal sorpasso con la Grecia)

Magari l'autunno caldo si rivelerà soltanto solo un pò più caldo.
Nei primi anni della nostra storia il diritto di voto ai cittadini era concesso in base al censo e al grado di istruzione.
Nel 1875 votava solo il 3% degli italiani.

Di fatto, questa politica, sta parlando solo ad una stretta minoranza di persone.

22 luglio 2013

Se possono loro

Dunque, i due stilisti protestano contro il giustizialismo di un assessore che si è permesso di esprimere un suo giudizio.
Diamo lavoro a tante persone, siamo il lustro del paese. Milano fa poco per gli stilisti.
Bene.
Da domani però, vorrei andare anche io a pagare le tasse in Lussemburgo, per vedere l'effetto che fa. Se loro possono, anche io..

A settembre, sposi

Due indizi fanno una prova.
Il primo, la risposta che ha dato Franceschini a Epifani (mi risulta che siano ancora nello stesso partito), alla richiesta di quest'ultimo di un "tagliando" per il governo, in vista di un eventuale "rimpasto".
Troppo duro da digerire il rospo Alfano.

Franceschini (che quando era segretario PD in epoca post veltroniana aveva rivelato un inaspettato volto antiberlusconiano ) ha rassicurato tutti (quelli del PDL): "il governo va rinforzato, ma niente rimpasto".

Il secondo indizio, l'uscita dei renziani sul tentativo di rifare la DC (ci stavano pensando già loro?), visto il rinvio del congresso del partito.

Dunque a settembre sposi?

Almeno si chiarisce questa unione di fatto, che non è stata sancita da nessuna elezione.

PS domenica mi sono visto "Viva la libertà" di Roberto Andò.
Un partito (di opposizione) in crisi, un leader in calo nei sondaggi, che scappa in Francia per non prendere atto della realtà.
Ed ecco il colpo di genio, la mossa del cavallo.
L'ingresso in scena del gemello del segretario, un colto filosofo appena dimesso da una casa di cura.

Che, finalmente, parla agli elettori con parole chiare, portando il partito alla vittoria.
Come a dire che servirebbe un pazzo per risollevare questa politica.

La realtà è stata diversa.
E' stata la maggioranza di questo partito (ex di opposizione), non solo il segretario, che si è rifugiata tra le braccia calde e accoglienti dell'inciucio.

Viva La Libertà - Brecht - Discorso from alecs on Vimeo.

21 luglio 2013

Il contesto (di questa presunta terza repubblica)

Nel 1971, Sciascia scrisse “Il contesto”, nel tentativo di raccontare, in forma romanzata, la realtà dietro le bombe, i tentativi di colpo di Stato, la volontà all'interno delle istituzioni per una svolta autoritaria.

Nel libro (ambientato in un paese che non ha nome ma che ricorda l'Italia) un ispettore di polizia, Rogas, è chiamato ad indagare su una serie di omicidi, che Rosi chiamerà “cadaveri eccellenti” nel film che realizzerà in seguito.
I morti sono giudici e magistrati: l'investigatore trova una pista che lega queste morti, ma ai piani alti del palazzo, preferiscono seguire una pista che porta ad un movimento rivoluzionario, che ruota attorno alla rivista “Rivoluzione permanente”.

Rivoluzionari che hanno amicizie nella polizia (Sciascia ricorda il caso di Franco Piperno , cui il ministro Restivo fu testimone di nozze). Che frequentano salotti di intellettuali (assieme al ministro per la Sicurezza) e che nella loro ortodossia ricordano dei vecchi cattolici, cattolici vecchi fanatici, funerari.
Dove i giudici considerano il loro lavoro come quelli di sacerdoti infallibili.

Seguendo questo gruppo di persone, Rogas scopre un complotto che coinvolge le alte cariche dello stato (tra cui il presidente della Corte Riches) e vertici militari.
In pratica, si trattava di difendere lo Stato contro coloro che lo rappresentavano, che lo detenevano. Lo Stato detenuto. E bisognava liberarlo. Ma era in detenzione anche lui: non poteva che tentare di aprire una crepa nel muro”.
Il paragone con la situazione di oggi, di una istituzione detenuta da un grumo di potere che non intende lasciarla libera, si rafforza quando in un passo, il ministro della sicurezza ricorda a Rogas quale è la situazione politica:
Si può condensare in una battuta: il mio partito, che malgoverna da trent'anni, ha avuto ora la rivelazione che si malgovernerebbe meglio insieme al Partito Rivoluzionario Internazionale; e specialmente se su quella poltrona – indicò la sua dietro la scrivania – venisse ad accomodarsi il signor Amar. Ora la visione del signor Amar che da quella poltrona fa sparare sugli operai in sciopero, sui contadini che chiedono l'acqua, sugli studenti che chiedono di non studiare: come il mio predecessore buonanima, e anzi meglio; questa visione, debbo confessarlo seduce anche me”.
Sono proprio questi gruppi rivoluzionari che fanno il gioco delle “larghe intese”. Anche negli anni '70, il PCI si era illuso che con le convergenze parallele del compromesso storico, si sarebbero schiuse le porte del governo.
Sacrificando, forse, qualche battaglia e qualche idea rivoluzionaria.

Non è questo il momento della rivoluzione, spiega il ministro della sicurezza all'intellettuale Nocio, amico di Rogas. C'è la ragione di stato:
- La ragion di stato, signor Cusan: c'è ancora come ai tempi di Richelieu. E in questo caso è coincisa, diciamo, con la ragion di partito...L'agente ha preso la più saggia decisione che potesse prendere: uccide anche Rogas.- Ma la ragion di Partito.. Voi... La menzogna, la verità: insomma... - Cusan quasi balbettava.- Siamo realisti signor Cusan, non potevamo correre il rischio che scoppiasse una rivoluzione – E aggiunse - Non in questo momento.- Capisco – disse Cusan. - Non in questo momento.
Forse, il Contesto che tiene ostaggio in nostro paese, e che oggi sta difendendo lo status quo, questo sistema corrotto, è ancora lo stesso.
Sempre la stessa la ragione di stato, tirata fuori nell'ambito del processo stato-mafia per la trattativa.
Per difendere un ministro incapace, che non sapeva della luna manus dei Kazaki nel suo ministero.

Per difendere un ex presidente del Consiglio, dai suoi processi, in nome della stabilità.
E il paese, gli elettori, che cosa ne pensano?

I bastardi di Pizzofalcone, di Maurizio de Giovanni

L'incipit
Mare.Mare nell’aria. Mare sulla strada.Mare in cielo, fino alle finestre serrate dei piani più alti.Mare nelle orecchie, che attutisce il soffio del vento.Mare sulle rocce, che spacca sé stesso e urla roco.Mare goccia a goccia, che vola. Mare che turbina.Assomiglia a quella tua maledetta neve, sai. Che si agita, checonfonde, che per un attimo non lascia più vedere il panoramae poi si posa sul fondo.Non sempre sul fondo, a pensarci bene. Qualche volta di lato.
Stavolta, di lato. Restando a guardare mentre si posava dilato, lentamente. Dall’altra parte.Una sola persona, in strada. Io. Del resto a quest’ora, e conquesto tempo, chi starebbe qui? A rischio di essere trascinatilontano dal vento, fino a chissà quale isola.Magari.Non posso crederci, di averlo fatto. E invece sì, l’ho fatto. Nonvolevo, non ci pensavo. Pensavo che avremmo parlato, che ti saresticonvinta. Che avresti detto: va bene, ho capito. Che avresti detto:d’accordo, hai ragione, hai vinto. La finiamo, e me ne vado via.Pensavo che magari non ci avrei messo nemmeno molto, a fartiragionare. E invece, invece niente. Che testarda, che sei.Che eri.Dio, quanto mare nell’aria. E che rumore. Mi assorda. Miconfonde.
Io dovevo farlo, lo sai, vero? Era necessario.Perché l’amore è così. Tu puoi tenerlo nascosto a lungo, puoicelarlo dietro gli sguardi e i gesti di ogni giorno. Puoi lasciarloin silenzio, coltivarlo come una pianta; ma il giorno in cui decidi di portarlo fuori, alla luce del sole, allora non lo comandipiú. Comanda lui, l’amore. Decide per te, si apre come un fiorebellissimo, vuole tutto lo spazio.Tu, invece, niente. Non hai voluto fare spazio all’amore. Nonhai voluto fare quel passo. Peggio per te.Avresti dovuto leggere nei miei occhi. Avresti dovuto capire.Hai avuto tutto il tempo, per capire che non avrei accettato un no.Che avrei perso la testa. Si leggeva chiaramente, nei miei occhi.La neve. La tua maledetta neve finta. Sembra questo mareche mi bagna come una pioggia, che mi riempie la testa di vento e di acqua.Non le vedo, le tue finestre serrate. Troppo vento, troppo mare nell’aria.Come la tua neve, che ti piaceva guardare mentre turbinavanel vetro nascondendo il paesaggio. Lo avresti mai immaginato,che proprio quella neve sarebbe stata l’ultima, per te?E si è alzata, infatti. Per l’ultima volta, prima di cominciarea scendere. Dal lato opposto al sangue.Quando la neve si è posata, eri già un ricordo.
Sono i reietti di diversi commissariati Napoli: poliziotti con procedimenti disciplinari scartati dai loro superiori perché indisciplinati. Sono i “Bastardi di Pizzofalcone”, la squadra di agenti chiamati a sostituire loro ex colleghi , cacciati dal corpo perché coinvolti in una brutta inchiesta di spaccio di droga.

L'autore li presenta subito nel risvolto di copertina

Luigi Palma, detto Gigi: commissario.
Che vorrebbe crederci, e ci crede
Giorgio Pisanelli, detto il Presidente: sostituto commissario.
Che non crede a chi se ne vuole andare
Giuseppe Lojacono, detto il Cinese: ispettore.
Che cerca sé stesso in un altro posto
Francesco Romano, detto Hulk: assistente capo.
Che ha un altro sé stesso nella testa
Ottavia Calabrese, detta Mammina: vicesovrintendente.
Che sembra una, e invece no
Alessandra Di Nardo, detta Alex: agente assistente.
Che cammina su due strade
Marco Aragona, vorrebbe essere detto Serpico: agente scelto.
Che sembra uno, e invece sí
Ognuno di loro ha qualcosa da nascondere.
O da farsi perdonare

I bastardi di Pizzofalcone, così come sono stati chiamati dai loro stessi colleghi, sono stati mandati in questo commissariato che abbraccia i Quartieri Spagnoli fino al lungomare, per ridare onore a questo posto, per impedire che venga chiuso e anche per cercare, come gruppo e anche singolarmente, un certo riscatto.

E' un vero romanzo corale, dove nessuno dei personaggi prevale sugli altri, nemmeno l'ispettore Lojacono, detto il cinese, già presente nel romanzo “Il metodo delcoccodrillo”. Dove riuscì a risolvere un difficile caso di una catena di omicidi di giovani ragazzi, seguendo la pista giusta.
E riuscendo dove altri investigatori più quotati stavano fallendo. Guadagnandosi la stima dei colleghi.

La squadra non fa nemmeno in tempo a conoscersi, che deve da subito affrontare un caso di omicidio: l'assassinio della moglie del notaio Festa, un professionista noto in città, Cecilia de Santis.
La donna è stata uccisa, in casa, con un colpo alla testa, sferrato alle spalle: l'arma del delitto è una palla di vetro
“Proprio sotto la poltrona in pelle si ritrovò occhi negli occhi con una suonatrice hawaiana, che gli sorrideva dall'interno di una sfera di vetro.
Macchiata di sangue”.
Un furto finito male, oppure un omicidio maturato dentro l'ambito familiare?
Il caso è assegnato a Lojacono, l'investigatore di punta, e all'agente Aragona, un raccomandato proveniente dalla Questura centrale, con due manie: guidare come fosse in un autodromo e scimmiottare i polizieschi americani.

Al commissariato arriva una seconda segnalazione, da parte di una anziana signora, che passa le giornate a spiare il vicinato dalla finestra.
Dalla finestra ha notato una finestra, che non si apre mai, dietro cui si nasconderebbe una ragazza che non esce mai di casa? Qualcuno la sta segregando contro la sua volontà?
L'assistente Francesco Romano e l'agente De Nardo, sono incaricati di dare un'occhiata.
Romano è stato trasferito qui dopo aver strapazzato una persona appena arrestata: il suo problema è la violenza che pulsa dalla sua mano, che deve tenere a bada, in tasca.
La Di Nardo invece, è appassionata di armi, finita tra i bastardi per un colpo involontario partito in ufficio dalla sua arma:
Perché Alex era se stessa solo quando sparava. Fucile, pistola, mitraglietta che fosse, Alex era felice e realizzata quando un prolungamento del proprio arto emetteva piccoli e letali pezzi di metallo. Quando frantumava un bersaglio, quando crivellava una sagoma.[..] Per poter parlare di qualcosa col suo padre, al quale era caninamente devota, sparava. L'unico caso in cui lui le sorrideva. E quasi l'unico passatempo che lei coltivava.
Esistevano due Alex: una simile alla madre, silenziosa e remissiva, l'altra che teneva chiusa nella stanza in fondo all'anima, e che ogni tanto piangeva così forte sa non poter fare a meno di sentirla.Due. Due nature, due persone. Luce e ombra. Magari, rifletté, tutti sono così”.
In commissariato, con incarichi amministrativi, le due anime storiche del posto, rimasti illesi dall'inchiesta interna per droga: il vice commissario Pisanelli, che segue una sua inchiesta su strani suicidi nel quartiere. E il vice sovrintendente Ottavia Calabrese, esperta di computer e di indagini informatiche.

Come gli altri, anche loro hanno un fardello alle spalle: Pisanelli, il vuoto lasciato dalla moglie, morta per un tumore. La Calabrese un rapporto familiare sempre più difficile.

Non hanno nulla da perdere, questi poliziotti, e questa nuova esperienza è anche un motivo di riscatto: l'indagine sulla morte della moglie del notaio porterà alla luce una storia di tradimenti, dentro il mondo dorato della Napoli bene, che non sa cosa siano miseria, fame e povertà.
Quella dei circoli esclusivi, delle vacanze in posti rinomati, ma anche dei pettegolezzi e con tanta gente che da fuori vorrebbe entrarci:
“Ispettore lei conosce questa città? In realtà sono tre, le città. Una., quella che conta veramente, è un paesino con poche migliaia di abitanti. Una seconda è formata da quelli che hanno un lavoro, uno stipendio, e vive di 27 in 27 sperando di potersi permetter una vacanza al mare. La terza, un milione di abitanti, si arrangia e cerca di sopravvivere meglio possibile.[..]
- Entrare nella prima città non è semplice. Non perché sia popolata da persone migliori delle altre, sia chiaro: per la quasi totalità sono deficienti, personaggi superficiali e inetti che non hanno problemi da generazioni e nemmeno saprebbero fronteggiarli. Ma hanno soldi. Tanti soldi. E non li mollano per nessuna ragione”.
Anche il piccolo caso di De Nardo e Romano rivelerà uno spaccato di un mondo dove la povertà porta a dover fare scelte estreme.

Sono convinto che “I bastardi di Pizzofalcone” sia l'inizio di un nuovo filone per Maurizio De Giovanni, dopo le storie ambientate nella Napoli del secolo passato col commissario Ricciardi.
Un nuovo filone, con nuovi personaggi, anche se la Napoli degli estremi (miseria e nobiltà, per citareun film di Totò) è sempre la stessa. E dove sono sempre le stesse le ragioni del male. La miseria, l'amore, il tradimento.

Il link per ordinare il libro su ibs

La scheda del libro su Einaudi e il link per scaricare il primo capitolo

19 luglio 2013

Arrivano i kazaki(stani)


Non solo preferiscono passare per fessi.
Ma preferiscono pure far passare per fessi tutti quelli dentro il ministero.
Che, ci fanno sapere, sarebbe stato teleguidato dai kazaki.
Tutto per salvare Alfano, che salva Letta, che salva le larghe intese, che salvano B.
Cercasi ministro. E cercasi anche un briciolo di dignità.

Anche da parte del PD.

Caro Paolo

Per cosa è stato ucciso Paolo Borsellino?
Per cosa sono stati sacrificati gli uomini della sua scorta?  Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
In nome di quella ragione di stato (con la s minuscola) che, secondo alcuni illustri penalisti) porta a giustificare persino la trattativa con la mafia?
Perché, prima di tutto, ci sono le istituzioni (sempre con la minuscola)?

E allora, l'importante è salvare la politica, lo status quo, i partiti. Cambiare la facciata delle cose (i nomi dei partiti), rendere inoffensivi i mafiosi che hanno fatto il lavoro sporco, trovare qualche capro espiatorio da dare in pasto all'opinione pubblica (il depistaggio su via D'Amelio, il falso pentito Scarantino) ..

Ecco, forse per uno stato così, non ne vale va la pena: combattere la mafia, sacrificare tutta la tua vita, il tempo dedicato alla tua famiglia, una vita sotto scorta, i mesi all'Asinara per scrivere l'istruttoria per il maxi processo. Combattere la mafia in quanto struttura unitaria e verticistica, capace di intrattenere rapporti con politica, imprenditoria, finanza.
 

Sacrficarsi per un paese dove putroppo corruzione ed evasione (e mafie) sono entrate a far parte del sistema, e godono pure della protezione da parte di questo sistema.
Un sistema paese dove la distinzione tra buoni e cattivi, tra ministri a loro insaputa, governi imprescindibili, diventa sempre più difficile.

Dove a parole sono tutti pronti a chiedere la verità sulle stragi di mafia, ma in realtà questo processo sulla trattativa (che viene sempre chiamata presunta), questa classe politica non lo vuole fare.



Ma non è solo questo lo stato. No, lo Stato sono soprattutto quegli italiani onesti che non girano la testa dell'altra parte. Quei giovani che non si vogliono rassegnare e vogliono cambiare la faccia di questo paese, che non è solo fatto da corrotti ed evasori.
Ecco, è per queste persone che ancora non si rassegnano allo status quo, è per le generazioni che verranno e che credono nello Stato, nella Costituzione, nelle Istituzioni, che ne vale la pena. Che ne è valsa la pena.

Dal Fatto Quotidiano del 19 luglio:

In occasione della commemorazione della strage di via D’Amelio, nella quale morirono il procuratore Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, Donata Gallo – che lavora in Rai da anni confezionando programmi culturali e approfondimenti - ha firmato un breve documentario basato sul discorso del procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, letto a venti anni dall'eccidio, nel 2012. Nel video, che si intitola “Caro Paolo”, personaggi della cultura e dello spettacolo leggono il testo di Scarpinato, sostituendo la loro voce a quella del magistrato. In ordine si alternano Andrea Camilleri, Maya Sansa, Marco Bellocchio, Benedetta Tobagi, Toni Servillo, Francesca Inaudi, Francesco Rosi, Dacia Maraini, Nicola Piovani, Anna Bonaiuto e don Luigi Ciotti. “L'idea del video mi è nata come naturale conseguenza del consenso collettivo che quel discorso ha suscitato nel nostro paese – racconta Gallo - Scarpinato è riuscito a coniugare un discorso agghiacciante sui poteri criminali che hanno condizionato lo sviluppo sociale ed economico in Italia, con il racconto struggente di un uomo che conosce il suo terribile destino che lo separerà per sempre dai suoi affetti più cari. Ho scelto dei “lettori” nobili che potevano rappresentare al meglio noi comuni cittadini”. Vi proponiamo un estratto di quel discorso del giudice Scarpinato.

   Caro Paolo, oggi siamo qui a commemorarti in forma privata perché più trascorrono gli anni e più diventa imbarazzante il 23 maggio e il 19 luglio partecipare alle cerimonie ufficiali che ricordano le stragi di Capaci e di via D’Amelio. Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, qualche personaggio la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere; personaggi dal passato e dal presente equivoco le cui vite – per usare le tue parole – e ma-nano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi e che si contrappone al fresco profumo della libertà.

   E COME se non bastasse, Paolo, intorno a costoro si accalca una corte di anime in livrea, di piccoli e grandi maggiordomi del potere, di questuanti pronti a piegare la schiena e a barattare l’anima in cambio di promozioni in carriera o dell’a c-cesso al mondo dorato dei facili privilegi. Se fosse possibile verrebbe da chiedere a tutti loro di farci la grazia di restarsene a casa il 19 luglio e di concederci un giorno di tregua dalla loro presenza. Ma, soprattutto, verrebbe da chiedere che almeno ci facessero la grazia di tacere, perché pronunciate da loro, parole come Stato, legalità, giustizia, perdono senso, si riducono a retorica stantia, a gusci vuoti e rinsecchiti.

   Voi che a null’altro credete se non alla religione del potere e del denaro, e voi che non siete capaci di innalzarvi mai al di sopra dei vostri piccoli interessi personali, il 19 luglio tacete, perché questo giorno è dedicato al ricordo di un uomo che sacrificò la propria vita perché parole come Stato, come Giustizia, come Legge acquistassero finalmente un significato e un valore nuovo in questo nostro povero e disgraziato paese. Un paese nel quale per troppi secoli la legge è stata solo la voce del padrone, la voce di un potere forte con i deboli e debole con i forti. Un paese nel quale lo Stato non era considerato credibile e rispettabile perché agli occhi dei cittadini si manifestava solo con i volti impresentabili di deputati, senatori, ministri, presidenti del consiglio, prefetti, e tanti altri che con la mafia avevano scelto di convivere o, peggio, grazie alla mafia avevano costruito carriere e fortune.

   Sapevi bene Paolo che questo era il problema dei problemi e non ti stancavi di ripeterlo ai ragazzi nelle scuole e nei dibattiti, come quando il 26 gennaio 1989 agli studenti di Bassano del Grappa ripetesti: “Lo Stato non si presenta con la faccia pulita. Che cosa si è fatto per dare allo Stato una immagine credibile?... La vera soluzione sta nell’invocare, nel lavorare affinché lo Stato diventi più credibile, perché noi ci dobbiamo identificare di più in queste istituzioni”.

   E A UN RAGAZZO che ti chiedeva se ti sentivi protetto dallo Stato e se avessi fiducia nello Stato, rispondesti: “No, io non mi sento protetto dallo Stato perché quando la lotta alla mafia viene delegata solo alla magistratura e alle Forze del-l’Ordine, non si incide sulle cause di questo fenomeno criminale”.

   E proprio perché eri consapevole che il vero problema era restituire credibilità allo Stato, hai dedicato tutta la vita a questa missione. 

18 luglio 2013

Il fatto esiste ma non è reato

L'ex generale Mori è stato assolto dall'accusa di favoreggiamento, perché il fatto (la mancata cattura di Provenzano) sussiste, ma non è provato che intendesse favorire la mafia.

Giuridicamente ci può stare, anche se il pm Di Matteo ha commentato dicendo che presenterà appello e che si andrà a leggere le motivazioni.
Dal punto di vista pratico, chiediamoci come mai un ufficiale del Ros che ha commesso tanti errori (su Riina, su Provenzano) abbia fatto questa carriera.

Come diceva Borsellino agli studenti a Bassano del Grappa,
« L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c'è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati. » (Paolo Borsellino, Istituto Tecnico Professionale di Bassano del Grappa 26/01/1989)