30 aprile 2013

Pio La Torre - qualcuno era (veramente) comunista



Chissà direbbe oggi, con davanti agli occhi il governo PD-PDL, uno come Pio La Torre.  Il suo partito, o meglio il partito dalle ceneri del suo ex partito, che deve accettare tutti i diktat del cavaliere. L'ex portaborse Alfano, ministro degli interni. 

Qualcuno era comunista, ma per davvero. E l'ha pagato con la vita, la sua lotta contro la mafia. Quella mafia con cui non si può convivere.

Amarcord

20 anni fa ... E, per inciso, è violenza anche rubare sui soldi pubblici che vengono sottrati a sanità e sicurezza.

Da dove prendere i soldi

Forse, se si cercasse di fare un passo avanti dopo la tragedia di domenica (smettendo di strumentalizzarla per fini personali), si riuscirebbe non solo a capire meglio le ragioni della disperazione del signor Preiti.
Ma anche a dare una risposta alla domanda che in europa si stanno facendo: per mantenere tutte le promesse fatte (20 miliardi, non solo per l'Imu), da dove prenderà i soldi il governo Letta?


Dai videopoker e in generale dai giochi online. Perché no?
Se si aumetano le tasse sui giochi online si metterà un limite alla loro espansione (evidentemente, ai gestori convengono).

La gente spende soldi per i giochi online indebitandosi: meno sale da giochi, meno malati.
Dietro i giochi online spesso si nasconde il riciclaggio: meno sale da gioco, meno soldi che magicamente si ripuliscono ..

Chissà se letta si è visto Montalbano

Chissà se ieri sera il neo premier Letta si è visto in tv Montalbano: il romanzo "Una voce di notte" è uno dei più politici tra quelli scritti da Camilleri. Dove, alla fine, il buono vince sulla corruzione e la malapolitica. Ma forse solo perché è un romanzo.

Ad un certo punto della fiction, ieri sera, Montalbano commenta con l'ispettore Fazio dell'arresto del figlio del presidente della provincia, un pirata della strada che gode della benevolenza delle istituzioni solo perché figlio di, di un onorevole che è anche avvocato della mafia nonché presidente di un supermercato in mano alla mafia

"ma che paese siamo diventati?"
"Questo è un paese dove un ministro dice che con la mafia si deve convivere .. io sono preoccupato, non per la mia carriera, ma per il mio paese".

Mafia e politica, il senso di impunità di chi siede su uno scranno e sa che può zittire, con un solo gesto commissari e Questori (quando quest'ultimi non sono già proni alla voce del più forte).

Questo è il paese reale cui Camilleri si è ispirato.
Questo è il paese che Letta deve governare: deve scegliere, se stare dalla parte dell'intreccio mafia poiltica o se dalla parte della legge e delle istituzioni. Da tutte e due le parti non può stare, deve scegliere.

Nel discorso di ieri, il presidente del Consiglio ha parlato di grandi riforme istituzionali, di Europa (cui chiedere delle deroge ai patti), delle promesse che dovrà mantenere (l'Imu e l'amnistia credo). Era dispiaciuto perché non tutti avessero apprezzato l'apertura verso una convezione per le riforme (presieduta dal cavaliere):

"Sono rimasto colpito e dispiaciuto dal vedere che non e' stato ripreso il mio riferimento alla Convenzione da parte di alcune delle forze che non formeranno la maggioranza di governo"
E la corruzione, l'evasione, i conflitti di interesse, la criminalità organizzata, il lavoro che non c'è (mica penseranno di andare avanti con la cassa integrazione), l'etica in politica?
Basterà cancellare l'Imu e metà parlamento, per una grande riforma in senso presidenziale dello Stato, per sentirsi la coscienza pulita?

La gente vuole pane .. dategli il presidenzialismo.

29 aprile 2013

Una storia semplice, di Leonardo Sciascia

Ancora una volta voglio scandagliare scrupolosamente le possibilità che forse ancora restano alla giustizia.
Durrenmat, Giustizia
Una storia semplice può essere considerato, come la favole di Esopo o Fedro, un apologo dove però protagonisti della storia non sono animali o cose, ma uomini dello Stato, i tutori dell'ordine. Un apologo che non ha fini educativi, ma l'obiettivo di voler raccontare la mala sicilianità delle istituzioni locali, intesa come sistema di potere, di omertà, di interessi. Sicilianità che, col salire della linea della palma, è diventata la malattia di tutto il paese.

La storia è per l'appunto, semplice: un diplomatico, Giorgio Roccella, dopo essere mancato dal suo paese per diversi anni, torna alla sua masseria che credeva chiusa, per recuperare delle vecchie lettere di Pirandello e Garibaldi. Sorpreso da una scoperta, telefona alla polizia: il brigadiere raccoglie la chiamata e avverte il commissario suo superiore che lo invita ad occuparsene con calma il giorno dopo.

Assieme ad altri agenti, il brigadiere entra nella masseria e scopre un uomo con la testa appoggiata al tavolo:
“Ma l’uomo era morto, e non per sincope o infarto; nella testa, che poggiava sulla scrivania, tra la mandibola e la tempia, era un grumo nerastro”.
Il diplomatico si è sparato con una vecchia pistola, residuo bellico, lasciando una lettera forse incompiuta:
«Ho trovato.». Quel punto dopo la parola «trovato» nella mente del brigadiere si accese come un flash, svolse, rapida e sfuggente, la scena di un omicidio.
Nella testa del brigadiere, persona abituata a fare una selezione significativa dei dettagli che si presentano su una scena del crimine, si costruisce l'ipotesi di un omicidio, dove l'assassino, presentatosi in casa del diplomatico, l'ha sparato e poi ha messo un punto dopo le parole “Ho trovato”.

Di diverso avviso il superiore, il Questore che, per l'assenza del commissario, di presenta sul luogo del crimine: «Suicidio» disse solennemente il questore
Suicidio che non convince non solo il brigadiere, ma nemmeno i vertici dell'Arma dei Carabinieri.

In Questura si presenta il professor Franzò, amico del morto, che racconta ai poliziotti alcuni particolari della vicenda che ritiene significativi: Roccella l'aveva telefonata il giorno precedente (stupendosi che qualcuno avesse installato una linea telefonica nella masseria), raccontandogli della scoperta di un quadro, mentre ricercava le lettere famose, in casa.
L’aveva invece molto sorpreso, forse impaurito, lo scoprire, nel solaio dove era andato a cercare le lettere, quel quadro. La telefonata all’amico, dunque, la telefonata alla polizia. E poiché la polizia tardava ad arrivare, aveva cominciato a scrivere: «Ho trovato...».
Nel frattempo, il treno locale per Monterosso si trova fermo sui binari per un semaforo rosso: un autista fermo al passaggio a livello, viene mandato sulla sua Volvo, in stazione a chiedere ragioni al capostazione.
L'uomo, dopo aver avvisato le persone presenti in stazione, prosegue per la sua strada.

Ma il capotreno, spazientito dalla lunga attesa, decide di raggiungere a piedi la stazione e qui scopre
con raccapriccio che capostazione e manovale dormivano sì, ma di eterno sonno. Erano stati ammazzati.”
L'uomo con la Volvo, seppure con qualche fastidio, decide di presentarsi in questura per raccontare cosa ha visto.
“Ho appena guardato dentro l’ufficio: c’erano altri due uomini, e stavano arrotolando un tappeto... Me ne sono andato”
«Il quadro» scappò di dire al brigadiere. Il commissario lo fulminò di un’occhiata: «Ti ringrazio, ma ci sarei arrivato senza il tuo aiuto». «Ma per carità,» disse il brigadiere «non mi permetterei...». E con ingenuità, confuso, balbettante, aggiunse: «Lei è laureato».
Il commissario, quasi per una ripicca personale, ma soprattutto il procuratore, dall'alto della sua supponenza, lo considerano il colpevole:
«È un personaggio, questo della Volvo, per cui mi è venuta una immediata affezione. Difficilmente sbaglio, nelle mie intuizioni. Tenetemelo bene al fresco».
Il dialogo tra il professor Franzò (chiamato in procura come testimone per il suicidio del dottor Roccella) e il procuratore è rivelatore dell'arroganza di quest'ultimo. Ex allievo del professore, rappresenta il classico uomo dello stato per cui “lei non sa chi sono io”:
Nei componimenti d’italiano lei mi assegnava sempre un tre, perché copiavo. Ma una volta mi ha dato un cinque: perché?».
«Perché aveva copiato da un autore più intelligente».
«L’italiano: ero piuttosto debole in italiano. Ma, come vede, non è poi stato un gran guaio: sono qui, procuratore della Repubblica...».
«L’italiano non è l’italiano: è il ragionare» disse il professore. «Con meno italiano, lei sarebbe forse ancora più in alto». La battuta era feroce.
In Questura si presentano anche l'ex moglie e il figlio di Roccella:
la moglie, evidentemente, era venuta per arraffare del patrimonio quel che poteva; il figlio per impedirglielo”.
Il figlio racconta di un amministratore dei beni del padre, un prete, un certo padre Cricco.

Brigadiere e commissario decidono di fare un secondo sopralluogo nella masseria: qui succede una cosa strana che la mentalità analitica del brigadiere registra subito: di fronte alla scala buia che portava al solaio
“il commissario si fece avanti, salì agile e sicuro la scaletta di legno: e arrivato lassù inondò di luce il solaio”.
In che modo sapeva dell'esistenza di un interruttore, che gli agenti non avevano visto la prima volta?

Una brutta sensazione inizia a girare per la testa del brigadiere: decide allora di parlarne col professor Franzò. Che, come lui, arriva alle medesime conclusioni:
«Incredibile errore, da parte sua» disse il professore. «Ma come ha potuto farlo, che cosa gli è accaduto in quel momento?». «Forse un fenomeno di improvviso sdoppiamento: in quel momento è diventato il poliziotto che dava la caccia a se stesso». Ed enigmaticamente, come parlando tra sé, aggiunse: «Pirandello».
Il giorno successivo, commissario e brigadiere si ritrovano nella stessa stanza, entrambi sanno che anche l'altro sa. Il primo tenta di ucciderlo, ma la diffidenza da contadino nel secondo che lo portano “a diffidare, a vigilare, a sospettare, a prevedere il peggio e a riconoscerlo” fa si che riesca a schivare il colpo ed ucciderlo.

Viene fuori alla fine la vera storia: i traffici dentro la masseria, il ruolo del commissario, ma ora si presenta ai vertici di polizia e carabinieri la difficoltà di doverla raccontare fuori dalle stanze dello stato.
«Incidente» disse il magistrato. «Incidente» disse il questore. «Incidente» disse il colonnello. E perciò sui giornali: Brigadiere uccide incidentalmente, mentre pulisce la pistola, il commissario capo della polizia giudiziaria.
L'apologo ha un finale ancora, se possibile, più drammatico: l'autista della Volvo, finalmente restituito alla libertà, riconosce nel finto capostazione, padre Cricco mentre lo incrocia in questura (mentre si allestiscono i funerali solenni del funzionario di polizia morto per incidente ..).
Padre Cricco lo fermò di un gesto. Disse: «Mi pare di conoscerla: lei è della mia parrocchia?». «Ma che parrocchia? Io non ho parrocchia» disse l’uomo.
Che fare? Fermarsi e denunciare tutto? Si, ma a chi? Al magistrato tanto arrogante quanto stupido? Alla polizia che ha coperto tutto?
«quel prete... L’avrei riconosciuto subito, se non fosse stato vestito da prete: era il capostazione, quello che avevo creduto fosse il capostazione». Pensò di tornare indietro, alla questura. Ma un momento dopo: «E che, vado di nuovo a cacciarmi in un guaio, e più grosso ancora?».
Il link per ordinare il libro su ibs e l'ebook su Amazon.
La scheda del libro su Adelphi.
Dal libro, il regista Emidio Gredo ha tratto un film, con l'ultima interpretazione in un film italiano, del grandissimo Gian Maria Volontè.

Parole d'odio ..



Non potevano aspettare di meglio, nel PDL: strumentalizzare il gesto criminale di questo signore che, volendo colpire i politici ha sparato ai carabinieri.
Colpa delle parole d'odio di Grillo ..

Ma quando nel novembre scorso un imprenditore ha sequestrato un impiegato di Equitalia, a Romano di Lombardia,  con chi avremmo dovuto prendercela?
Con quanti accusavano Equitalia e le regole di rescossione scritte dagli stessi politici?

L'odio e il terrorismo (di sinistra) degli anni di piombo sono stati fermati dalla coesione del tessuto sociale e dei sindacati.
Ma ora, che non cìè più coesione, che succederà?
E che succederà col terrorismo di destra?

Report - effetti collaterali

Bisognerebbe aggiungere un altro effetto collaterali, per i farmaci risarciti dallo stato alle aziende: possono nuocere alle casse dello stato.
Se le ipotesi dei magistrati di Firenze dovessero essere confermate a processo, che vede alla sbarra l'azienda farmaceutica Menarini, per truffa allo stato (sui rimborsi farmaceutici), avrebbe proprio ragione Milena Gabanelli a chiedere una commissione di inchiesta.

Una commissione di inchiesta sulla gestione dei rimborsi farmaceutici.
Un sistema che è, a dir poco, opaco e pieno di conflitti di interesse: non si capisce, seguendo quanto è emerso dall'inchiesta di Sigfrido Ranucci, dove finissero le aziende private e i loro interessi, e i controllori dello stato che dovrebbero stabilire i prezzi dei principi attivi (dentro le medicine).

Sarebbe, usiamo il condizionale per il principio di non colpevolezza, un sistema che va avanti così da più di venti anni, con rimborsi gonfiati alle aziende che finiscono un fondi neri all'estero. Come il miliardo di euro, poi scudato, che i pm fiorentini stanno contestando alla Menarini di Aleotti.

Ancora oggi aspettiamo 40 milioni di euro, per danno di immagine allo stato, da parte di ex funzionari dello stato, finiti nella tangentopoli della sanità del 1992.
Poggiolini, condannato a cinque anni, deve allo stato 5 ml di euro. Nessun senso di colpa, per quelle tangenti pagate al partito liberale, ci tiene a precisarlo (ma a Napoli il partito era lui). Oggi si occupa di lotta al cancro, ma se ripagasse il debito con lo stato gliene saremmo grati.
Pier Muzzio oggi lavora all'ist. oncologico del Veneto: è stato condannato a pagare mezzo milione allo stato.
Antonio Boccia invece ne deve 250 000 euro, che pagherà col suo quinto di stipendio alla sua pensione; oggi è ancora professore alla Sapienza.

L'inchiesta di Ranucci ha spiegato come avrebbe funzionato la truffa (al momento presunta) della Menarini: gonfiando il prezzo di acquisto dei principi attivi dei farmaci, comprati all'estero (anche in Cina), passando per società (fittizie?) situate nei paradisi fiscali.

I pm hanno recuperato 1 miliardo di euro all'estero, oggi scudati. Da dove vengono? Solo Aleotti, l'ex presidente, può dirlo.
custode dei soldi l'avvocato Riva in Svizzera, che ammette la sovrafatturazione, ma non si ritiene il regista della truffa.
Il giornalista di Report non è riuscito ad ottenere altre informazione nemmeno a Lugano, dove ha sede la società che gestisce queste società off shore (come quelle emerse dall'inchiesta).

La legge che permette questo tipo di rimborso (ovvero valutare il prezzo del principio attivo come se fosse prodotto in Italia) si deve a Giulio Andreotti: uno dei beneficiari è proprio l'azienda Bristol-Myer Squibb dove lavora uno dei suoi figli (e la Bristol è una delle aziende che ha venduto principi attivi alla Menarini).

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E il legislatore è stato Giulio Andreotti padre di Lamberto. Colui cioè che sarebbe
diventato anni dopo uno dei più potenti manager della Bristol-Myer Squibb. Negli uffici
dello stabilimento di Anagni è stata trovata la prova dell’esistenza di un patto
d’acciaio. La Bristol s’impegnava a vendere il principio attivo al patron della Menarini
con una formula che variava in funzione del prezzo di rimborso che Aleotti riusciva a
spuntare nella trattativa per registrare il farmaco in Italia. Più rimborsava lo Stato e
più Aleotti poteva gonfiare il costo del principio attivo. E così in alcuni casi sono stati
gonfiati fino all’ 81%. In questo scambio confidenziale tra manager, emerge che gli
accordi di co-marketing con Aleotti erano in piedi già a partire dal ‘83.

La rete di influenza di Aleotti, per sveltire le pratiche burocratiche per i suoi farmaci passavano per donna Angiolillo, il generale Adinolfi, per arrivare a Berlusconi e Letta (lo zio, sollecitati per contrastare la diffusione dei farmaci generici).

La norma salva Menarini, della passata legislatura, presentata dal senatore Cursi (l’ex Presidente della Commissione Industria), sarebbe stata scritta dalla Menarini stessa (così ha ammesso il senatore a Ranucci).

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
A proposito di trasparenza il cavillo “salva Menarini” non passa per l’opposizione di
Tremonti e Cursi ci confessa che non è stato nemmeno lui a scriverlo.
CESARE CURSI – EX COMMISSIONE INDUSTRIA SENATO
Gli emendamenti li prepariamo noi, anzi ce li prepara l’ufficio legislativo sulla base
delle nostre indicazioni.
SIGFRIDO RANUCCI
Però dalle intercettazioni emerge che la Menarini gliel’ha mandato…
CESARE CURSI – EX COMMISSIONE INDUSTRIA SENATO
E come no? E che? É la prima volta che lo fanno?
SIGFRIDO RANUCCI
Cioè… Che è normale…
CESARE CURSI – EX COMMISSIONE INDUSTRIA SENATO
Normalissimo… Ma perché? Secondo lei…
SIGFRIDO RANUCCI
…che gli emendamenti che devono essere approvati dal Parlamento le scrivono le case
farmaceutiche?
CESARE CURSI – EX COMMISSIONE INDUSTRIA SENATO
Non le case farmaceutiche: le scrive l’interessato, un’azienda…
SIGFRIDO RANUCCI
È beh, ma lì era la Menarini con gli Aleotti i proprietari, scrivono a lei e le mandano…
pure a Letta lo mandano ho visto.
CESARE CURSI – EX COMMISSIONE INDUSTRIA SENATO
Certo, appunto!
SIGFRIDO RANUCCI
Ma funziona così?
CESARE CURSI – EX COMMISSIONE INDUSTRIA SENATO
Chi li ha scritti: li ho scritti io?
SIGFRIDO RANUCCI
E quindi voi che fate? I passacarte?
CESARE CURSI – EX COMMISSIONE INDUSTRIA SENATO
Non i passacarte! Noi difendiamo gli interessi …
SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E proprio perché difende gli interessi, c’è il sospetto della corruzione, che si sarebbe
consumata quando la Menarini affida per 164mila euro la stampa di alcuni libri d’arte
sul Bronzino alla casa editrice di Ida Viviani.
SIGFRIDO RANUCCI
Lei la Signora Viviani la conosce, no?
CESARE CURSI – EX COMMISSIONE INDUSTRIA SENATO
È mia moglie!

Le conclusioni della Gabanelli
MILENA GABANELLI IN STUDIO
E quindi, da quel che abbiamo visto sono sempre gli stessi a dare le carte e non ci riferiamo alla qualità del farmaco, ma a come si compone il suo costo. Allora, se
convivono nello stesso brodo il politico, la figlia del politico, il procuratore farmaceutico e il rappresentante della casa farmaceutica è quello che definisce il prezzo dei farmaci, di che trasparenza stiamo parlando? Per quel che riguarda il caso svedese “Ferring”, c’è un rinvio a giudizio a Milano per i manager, quindi si vedrà, mentre per l’ex senatore Cursi e Mantovani deciderà il tribunale di Roma. L’Agenzia per il Farmaco dice che noi siamo allineati, i nostri prezzi sono allineati alla media europea; ma da quel che abbiamo visto, se le multinazionali per far passare il loro farmaco, si appoggiano a quello che è meglio intrallazzato, alla fine i prezzi sono gonfiati dappertutto. Ora, se è vero, come le indagini stanno dimostrando, le indagini sono concluse, come abbiamo detto siamo alle udienze preliminari, i magistrati di Firenze riusciranno a dimostrare che solo il patron della Menarini con 7 farmaci è riuscita ad occultare quasi un miliardo di euro, beh, insomma, sarebbe forse il caso di aprire una commissione d’inchiesta seria, perché magari ci risparmiamo l’IMU.

Qui potete scaricare il pdf della puntata.

Sempre a proposito di soldi pubblici che potremmo risparmiare, nel servizio "Report - i compagni", è andata in onda un intervista all'ex braccio destro di Putin sui rapporti Putin Berlusconi, che sui contratti relativi al gas russo dice:


"le sue decisioni sono spiegabili solo con la corruzione: se l'Italia rifiutasse questi contratti potrebbe risparmiare".

28 aprile 2013

Il gesto disperato

Voleva colpire i politici ma ha sparato ai carabinieri.
Era senza lavoro in crisi, era disperato, ma non è uno squilibrato. Anche se avrebbe gridato sparatemi sparatemi.
Il PDL non ha perso l'occasione, alla faccia della pacificazione, per prendersela con Grillo. L'unica opposizione rimasta al governissimo.
Sale la tensione nelle piazze, titola "Il giornale" e ora mi è chiaro perché questa scelta per il Viminale.
Il resto ancora lo dobbiamo capire.
Qualche mese fa un signore si diede fuoco davanti Palazzo Chigi, preso dalla disperazione.
Mesi fa un signore si barricò dentro una sede dell'Agenzia delle entrate.

L'Huffington post ha raccolto lo sfogo di alcuni colleghi dei due carabinieri feriti: 
“E’ il gesto di un disperato. I politici non lo sanno che vuol dire prendere 800 euro al mese, entrare in un negozio e non poter comprare nulla a tuo figlio… Ecco cosa succede se non lo sanno”. “Si capiva che era un gesto di rabbia, ma loro non lo sanno, vivono in un mondo loro, non capiscono che poi la gente se la prende con noi che facciamo servizio in strada…”
Anche quei carabinieri, come i ministri, come i partiti, come il M5S, fanno parte delle istituzioni.
A proposito di fomentatori d'odio, mi vengono in mente gli onorevoli PDL che davanti palazzo della Giustizia a Milano che volevano entrare nell'aula del processo.

Di un ex ministro che ogni tanto, davanti il suo popolo, tirava fuori fucili e proiettili.

Sta succedendo questo

Il giuramento e, in diretta anche quelle, le notizie su una sparatoria davanti Palazzo Chigi.

Quando la sanità si trasforma in profitto

Ci auguriamo, ancora una volta, che le puntate di Report, siano seguite dai ministri di questo governo “sobrio”, “giovane” e di “ripacificazione” che oggi hanno giurato sulla Costituzione.
Che, nell'articolo 32 dice “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite ai pazienti”.

Eppure le cronache raccontano che oggi, per la crisi, molti italiani sono private dalle cure garantite dalla Costituzione. Perché per essere curati serve un ticket.
Emergencysta aprendo strutture per garantire cure gratuite e di livello, qui in Italia, non nelle zone povere del mondo.

Come è potuto succedere? Come è potuto succedere che al San Raffaele, la struttura di eccellenza, così veniva presentata dagli amministratori lombardi, la nuova amministrazione di Rotelli deve tagliare posti e stipendi per rientrare dal buco?
Come si è arrivati agli sprechi e agli scandali nella sanità, in tante regioni e non solo nella Lombardia di Formigoni?
La Calabria delle mille strutture non a norma di cui ci ha parlato Presa diretta.
La sanità nel Lazio dove i dipendenti dell'IDI sono dovuti salire sul tetto per protestare.

Oggi, l'impressione che si ha leggendo le cronache dei giornali, le scelte della politica (che mette i ticket, che va sulla strada della privatizzazione della sanità) e che la sanità sia sempre più qualcosa per ricchi.

Oggi Report, nell'inchiesta di Sigfrido Ranucci, parla di un aspetto forse poco noto della sanità pubblica: quello dei rimborsi dei farmaci. Quelli inseriti nel prontuario che lo stato rimborsa alle aziende farmaceutiche.
Si arriva a scoprire che ancora oggi paghiamo cattive scelte degli anni passati e ancora aspettiamo che Poggiolini (quello di Tangentopoli, il manager della sanità del ministro De Lorenzo) risarcisca lo Stato italiano per milioni di euro per il danno procurato.

Effetti collaterali Sigfrido Ranucci
La spesa per i farmaci rimborsati dal sistema sanitario nazionale ammonta a più di 20 miliardi l’anno. Per rientrare dai costi esorbitanti della sanità in genere si tagliano posti letto e assistenza. Eppure ci sarebbero soldi che si possono recuperare. 
Per esempio dall’ex Ministro De Lorenzo, dall’ex direttore del servizio farmaceutico Duilio Poggiolini e da alcuni membri della commissione che approvava e decideva i prezzi dei farmaci, che devono ancora risarcire lo Stato italiano per milioni di euro per il danno procurato all’immagine della Pubblica Amministrazione. Il risarcimento l’ha chiesto nel 2009 la Corte dei Conti.
Intanto tra le carte dell’inchiesta della Procura di Firenze emergerebbero le prove di un sistema messo in atto da Alberto Aleotti, patron della Menarini, cioè la più importante azienda farmaceutica italiana. Questo sistema avrebbe consentito di vendere i farmaci e farseli rimborsare dal sistema sanitario nazionale a prezzi più alti del dovuto.
Questi profitti, secondo la Procura di Firenze, sarebbero stati accumulati da Aleotti all’estero: circa un miliardo di euro che poi ha scudato e lasciato in eredità a figli e nipoti. Nell’inchiesta giornalistica realizzata da Sigfrido Ranucci, emergono anche vecchie trame dove l’intreccio tra imprenditori farmaceutici, politici noti e insospettabili, e lobbisti legati alla Commissione che approva e stabilisce il prezzo dei farmaci, dalla prima repubblica ad oggi non si è mai interrotto.
Qui l'anteprima su ReportTime:

È da più di un anno che Duilio Poggiolini, ex direttore del servizio farmaceutico nazionale, Francesco De Lorenzo, ex ministro della Sanità, e alcuni componenti della Commissione interministeriale che negli anni ‘90 stabiliva il prezzo dei farmaci, sono stati condannati dalla Cassazione a risarcire quasi 20 milioni di euro per danno all’immagine dello Stato, ma finora nessuno ha ancora messo mano al portafoglio.La Corte dei Conti in prima battuta aveva anche chiesto a corrotti e corruttori di risarcire lo Stato per l’esorbitante cifra di oltre 15 mila miliardi di lire in conseguenza del danno erariale determinato dai prezzi dei farmaci rimborsati dal sistema sanitario nazionale. L’onere della prova però era a carico della pubblica amministrazione che non è stata mai in grado di documentarla. E così la richiesta è finita in cavalleria. Dopo 20 anni però vengono a galla i fili di vecchie trame. E da un’inchiesta della Procura di Firenze emergono carte che potrebbero mettere tutto di nuovo in discussione.E spuntano nuovamente alcuni dei protagonisti dello scandalo passato alla storia come Farmatruffa. È il caso di Alberto Aleotti, patron della Menarini, colosso italiano della Farmaceutica. Condannato per aver pagato tangenti negli anni ’80, oggi la Procura di Firenze lo accusa di aver nascosto nei paradisi fiscali un tesoro di oltre un miliardo di euro, accumulato grazie a una presunta truffa ai danni del sistema sanitario nazionale: in particolare grazie a un sistema di sovrafatturazione che gli avrebbe consentito di gonfiare il prezzo dei medicinali.Dalle carte rinvenute tra gli impolverati archivi della procura di Napoli, che indagò sulla tangentopoli dei farmaci, e da nuove intercettazioni emergerebbe anche che l’influenza del patron della Menarini sulle autorità non è mai scemata nel tempo. Secondo i magistrati, il patron della Menarini per difendere i propri interessi avrebbe intrattenuto contatti con importanti esponenti della politica, quali Gianni Letta. Una tradizione continuata anche dalla figlia Lucia Aleotti, intercettata con il responsabile nazionale sanità del Pdl, l’ex senatore Cesare Cursi.
Sempre di sanità, ma in Calabria si occuperà la seconda inchiesta di Antonino Monteleone

La Calabria ha 2milioni di abitanti e 2 miliardi di euro di debiti accumulati nella sanità che Agazio Loiero ha lasciato in eredità a Giuseppe Scopelliti. Che proprio in sanità ha promesso "cambieremo tutto" cominciando proprio dalla classe dirigente.Ma cosa succede quando il Governatore viene incaricato dal Governo di fare anche il "commissario ad acta" per risanare i conti ed è anche coordinatore regionale di un partito?
Infine, la vergognosa vicenda dell'Eternit a Casale:
La chiamano la "offerta del diavolo". E' il tentativo dell'ex direttore di Eternit Schmidheiny di convincere gli 11 comuni che si erano costituiti parte civile nel processo di Torino a ritirarsi in cambio di una manciata di euro. Mirabello Monferrato è stato il primo a dire di no, e a dimostrare che bonificare è possibile, a un tasso 15-20 volte superiore alla media nazionale.

27 aprile 2013

Doppio livello - Stefania Limiti

Come si organizza la destabilizzazione in Italia.
Questo libro racconta una storia che forse non esiste, quantomeno non esiste nelle sentenze della magistratura (per i processi sui vari misteri d'Italia), nei libri di storia, nelle memorie dei tanti politici che sono entrati nelle stanze dei bottoni. 


Il saggio storico di Stefania Limiti (autrice tra l'altro del libro su l'Anello o Noto Servizio, sempre per Chiarelettere) è un tentativo di decifrare la storia politica italiana, dal dopoguerra ad oggi, attraverso la destabilizzazione del sistema messa in atto da apparati atlantici (i servizi di intelligence americani su ordine delle amministrazioni americane), vere e proprie centrali dell'eversione (come fu l'agenzia di stampa Aginter Press), gruppi di estrema destra coperti, nelle loro azioni, da parti dei nostri servizi di sicurezza e da membri degli esecutivi politici.

Destabilizzazione, eversione, stragi che colpivano nel mucchio, bombe sui treni, dentro banche affollate o nelle piazze mentre erano in corso manifestazioni antifasciste.
Tutto questo è stato messo in atto per il solo fine di condizionare la vita politica del nostro paese, che dopo la fine della seconda guerra mondiale (ma forse a guerra ancora in corso) è sempre stato un paese a sovranità limitata. Stretti nel mezzo dei due blocchi, occidentale e orientale, in cui era diviso il mondo, nell'impossibilità di aprire una nostra politica (economica, energetica), indipendente dal volere degli accordi di Yalta, con gli altri paesi del Mediterraneo.
Chi lo ha fatto, viene raccontato nel libro, ha pagato a caro prezzo questo questa scelta: da Mattei a Moro, per arrivare fino a Craxi e Andreotti.

È la teoria del doppio stato, o del doppio livello delle istituzioni, che per anni ha avuto la faccia di Giulio Andreotti. Il delfino di De Gasperi, l'uomo legato a padre Morlion (dei servizi Vaticani), in Parlamento dal 1947. L'uomo che seppe parlare ad interlocutori diversi, dall'estrema destra, al Vaticano e, in base alla sentenza della magistratura, anche con la mafia (almeno fino al 1980), tramite gli uomini della sua corrente siciliana, come Salvo Lima. Fino alla massoneria deviata di Licio Gelli: l'uomo a capo della Loggia Propaganda2 che vedeva tra le sue fila, generali, giornalisti, ministri, banchieri, imprenditori, spioni ...
Per descrivere cosa sia il doppio livello l'autrice ricorre alla definizione posta da Franco de Felice per descrivere le peculiarità della storia italiana nella dimensione internazionale del dopoguerra.
“Il doppio stato non è identificabile in un luogo determinato né tanto meno può configurarsi come una struttura dormiente e segreta da attivare a seconda delle necessità [..] è un farsi, può avere sedi privilegiate (i servizi) ma anche non esaustive e la sua estensione e articolazione è tanto maggiore quanto più profonda è la crisi della funzione dirigente. La forma concreta, le modalità di operare e l'incidenza del doppio stato sono storicamente determinate e come tali vanno analizzate”.
Continua l'autrice: anche la concettualizzazione più radicale di Stato Parallelo suggerita da Paolo Cucchiarelli e Aldo Giannuli può aiutarci a collocare l'agire politico di Giulio Andreotti
Si dà Stato duale quando una parte delle elite istituzioni, a fini di conservazione, si costituisce in potere occulto, dotato di un proprio principio di legittimazione – estraneo e contrapposto a quello della Costituzione formale – per condizionare stabilmente il sistema politico attraverso metodi illegali, senza giungere al sovvertimento dell'ordine formale che conserva una parte della propria efficacia”
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In che modo è avvenuta questa destabilizzazione? La giornalista ha raccolto un materiale enorme, partendo dai primi anni della nostra Repubblica, passando alle stragi degli anni '70 (Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Italicus, la strage di Natale del treno 904, fino al botto di Capaci), ai tentativi di golpe (il golpe Borghese, il tentativo della Rosa dei venti), gli omicidi eccellenti. 

Ma la giornalista ritrova strani collegamenti tra gli omicidi della banda della Uno bianca (su cui ha scritto un bel libro il pm Giovanni Spinosa) e la Falange Armata (l'organizzazione che rivendicò i loro colpi e anche le bombe della mafia nella stagione 92-93). Altrettanto inquietanti solo i legami dei Savi con l'estrema destra. Dobbiamo allora inserire la stagione di sangue della uno bianca nel libro nero della destabilizzazione? L'autrice collega poi i delitti della banda dei fratelli Savi, con i colpi della banda del Brabante Vallone, che tra gli anni 1982-1985 eseguì diversi attacchi quasi di stampo militare, contro supermercati.
Proprio negli anni in cui si discuteva, in Belgio, dell'installazione di missili Nato ...

Doppio livello è libro che si basa su un lungo lavoro di ricerca, con interviste ai testimoni di quegli anni, sentenze e perfino testimonianze dirette, come quella raccolta in un intervista inedita ad un ex gladiatore che racconta la sua verità sulla strage di Capaci

“Non penserà mica che fu opera soltanto di quattro mafiosi?... Mi creda, quei poveri scemi piazzati nella casetta sopra la curva dell’autostrada credono davvero di aver compiuto un attentato con tutti i crismi della professionalità… non si sono accorti che altri, ben più all’altezza di tali situazioni, hanno fatto tutto con grande capacità, lasciando a loro solo l’effimera illusione di essere veri criminali...”Testimonianza all’autrice di un ex gladiatore siciliano.
Lo stesso avvocato di Totò Riina, Luca Cianferoni, disse in una conversazione con l’autrice
La strage di Capaci è al 90 per cento di mafia, il resto lo hanno messo altri. Per quella di via D’Amelio siamo 50 e 50 e per le stragi sul continente la percentuale mafiosa scende vertiginosamente.”
Dunque la strage di Capaci (che ha già una sua verità giudiziaria circa i responsabili materiali sulla strage, ma lascia ancora aperta la questione dei mandanti a volto coperto) è stata un'operazione di false flag? Come lo sono state la strage di Portella della Ginestra (a sparare furono anche uomini di un commando della X Mas di Borghese, addestrati dall'OSS di James Angleton) che aveva il compito di creare terrore tra i contadini dopo la vittoria delle sinistre alle elezioni regionali?
Come lo è stata la strage di Piazza Fontana, attribuita nella fase iniziale agli anarchici, grazie ad un'opera di infiltrazione messa in atto dai terroristi di Ordine Nuovo (e le veline dei servizi italiani, che arrivavano dall'Aginter Press), che l'ultima sentenza della Cassazione ritiene i responsabili di quelle morti (come lo erano delle bombe sui treni dell'estate del 1969).
Come lo doveva essere anche la strage di Brescia, se il caso non avesse fatto spostare i carabinieri fuori dal raggio d'azione della bomba (stessa matrice di estrema destra) affinché fossero ancora una volta incolpata l'estrema sinistra (nei mesi in cui l'Italia votava sul divorzio).

Quali gli strumenti in cui ha potuto operare questo doppio livello nelle nostre istituzioni? Stefania Limiti indica i tre strumenti principali in cui questo avvenne: la rete Atlantica di agenti italiani a soldo dell'intelligence americana.
I legami di funzionari della Nato e della Cia con esponenti dell'estrema destra, come Ordine Nuovo per il triveneto (molti di questi diventeranno pedine consapevoli dello stragismo italiano).

Per Ordine Nuovo si arriva a dare la definizione di Consociativismo di destra:
“Il nostro paese ha subito una forma molto aggressiva di ‘consociativismo occulto di destra’ perché gli apparati dello Stato hanno lavorato a stretto contatto con gli uomini del neofascismo.”
Consociativismo che si è radicato nel Veneto perché:
L’area veneta è stata il cuore della Rete atlantica in Italia. Lì si concentravano le materie prime essenziali: strutture e organismi militari Usa e Nato e tanta manovalanza nera disponibile a collaborare.”
L'Aginter Press, l'agenzia di stampa portoghese, centro occulto dell'eversione europea, dove si incontravano spioni e terroristi, per le operazioni sporche dei governi. 
I finti manifesti anarchici a Piazza Fontana, la velina del Sid su Guerin Serac, le infiltrazioni dentro l'estrema sinistra e gli anarchici, l'operazione Blue moon (la droga fatta circolare nelle formazioni di sinistra per indebolirle).


Ma il condizionamento si è appoggiato anche alla struttura militare di Gladio, che dietro la faccia ufficiale (quella di cui Andreotti ha raccontato nel 1990) nascondeva una struttura nascosta. Struttura usata per ostacolare l'avanzata del partito comunista nelle elezioni politiche.
La loggia P2 di Gelli, “La P2 è un prodotto di importazione americana” disse l'ex presidente della Repubblica Cossiga.
Nata e finanziata dagli USA:
“Il governo degli Usa ha mandato soldi alla P2. La somma toccò anche la cifra di dieci milioni di dollari al mese. La Cia si era servita della loggia di Gelli per creare situazioni favorevoli all’esplodere del terrorismo in Italia.”Testimonianza dell’agente Cia Richard Brenneke, agosto 1990.
E, infine, la mafia.
L'ultimo capitolo chiude tutta la storia della destabilizzazione italiana, tetando di riscrivere la storia del botto di Capaci, la morte del giudice Falcone, della moglie e della sua scorta. La strage di mafia che segnò la fine della Prima Repubblica e l'inizio della seconda, all'insegna della trattativa e dei ricatti.
La mafia è stata sempre usata dalla politica per i suoi lavori sporchi, come la Banda della Magliana l'holding criminale che ha regnato su Roma all'inizio degli anni '80 (e che forse continua ancora oggi):

Domenico Sica, ex alto commissario per la lotta alla mafia, in un'intervista che fece molto rumore , disse: “La funzione storica di Cosa nostra è stata quella di costituire un corpo di polizia delle strutture parallele.”

Nel capitolo
“False bandiere a Capaci” , l’autrice ricorda che già nel 2009 Riina, sempre tramite il suo legale, aveva “ammesso di essere stato giocato” da qualcuno.

Il volume riporta anche le tesi del Pm Luca Tescaroli che ha parlato nelle sue sentenze su Capaci di “rabboccamento” dell’esplosivo utilizzato sull’autostrada Palermo-Trapani e anche i dubbi a suo tempo maturati dall’ex ministro dell’Interno dell’epoca, Enzo Scotti, che subito dopo la strage sorvolò l’autostrada.
“Scotti ricorda che gli esperti facevano fatica a capire la dinamica, le modalità e con quali strumenti fosse stato possibile cogliere l’istante del passaggio delle auto di Falcone e della scorta”.
Nello stesso capitolo si riporta l’intervista data dal procuratore antimafia aggiunto Gianfranco Donadio nel maggio del 2012 a Rainews (e visionabile su internet) nella quale il magistrato sintetizza così i fatti: “A Capaci c’erano due bombe”.
Dunque Brusca e gli altri del commando furono giocati come Valpreda e gli anarchici per Piazza Fontana (come ipotizza Cucchiarelli nel libro “Il segreto di Piazza Fontana”)?
L’uomo di Gladio, usa una sottile metafora per spiegare quanto potrebbe essere successo a Capaci, il 23 maggio 1992. Raccontando di quando si recava a pesca con la figlia piccola:

”Naturalmente – racconta – non era in grado di tirare su pesci e allora, per farla divertire, la armavo di canna con una lenza rivolta verso il basso e poi, sempre accanto a lei, gettavo in acqua la mia canna aspettando che la preda abboccasse alla mia esca. Appena sentivo che la mia canna si muoveva, cercavo di agganciarmi alla sua lenza così che lei potesse ?sentire il movimento e illudersi di aver pescato… quando tiravamo su era così felice che certo non distingueva le due canne … Mi creda – dice il ‘gladiatore’ all’autrice – quei poveri scemi piazzati nella casetta sopra la curva dell’autostrada credono davvero di aver compiuto un attentato con tutti i crismi della professionalità degna dei migliori artificieri militari operanti in un teatro di guerra … ma alla fine assomigliano molto alla mia bimba … non si sono accorti che altri, ben più all’altezza di tali situazioni, hanno fatto tutto con grande capacità, lasciando a loro solo l’effimera illusione di essere dei veri criminali … Credo – dice ancora – che questa tecnica sia stata applicata molte altre volte e che l’innocente inganno della canna da pesca possa spiegare non solo i segreti? di Capaci”. (ANSA).
Dunque la destabilizzazione non è finita col crollo del muro di Berlino che ha messo fine al blocco est-ovest. La politica di oggi è ancora influenzata o eterodiretta dall'esterno?

Conclude il libro l'autrice con questa amara riflessione:
Il messaggio del sociologo Danilo Dolci che spese tutta la sua vita a cercare la verità sul Primo maggio del 1947, è perciò drammatico e definitivo: «gli italiani devono sapere che Portella della Ginestra è la chiave per comprendere la vera storia della nostra Repubblica. Le regole della politica italiana in questo mezzo secolo sono state scritte con il sangue delle vittime di quella strage».Quando Dolci suggerì al regista Paolo Benvenuti di fare un film su Portella, gli spiegò le sue ragioni con parole essenziali che non possiamo non prendere in prestito per chiudere questo libro: «Vedi Paolo, gli disse, se vuoi capire veramente la storia d'Italia, devi studiare la storia della Sicilia, perché la Sicilia è il laboratorio nel quale si elaborano le strategie politiche che poi verranno messe in atto in Italia [..] . Qui [a Portella] c'è stata questa strage, sono state ammazzate dodici persone tra cui donne e bambini [..] sono stati trucidati dei lavoratori, dei contadini, delle persone e grazie a questo sacrificio di sangue è nata la Prima Repubblica [..] vieni qua, guarda laggiù in fondo alla vallata, quella là è l'autostrada Palermo Capaci [..] laggiù c'è stata una seconda strage, quella seconda strage che ha determinato la nascita della Seconda Repubblica».Oggi sappiamo che che dietro il bandito Giuliano c'erano gli uomini della X Mas e gli americani; e dietro Riina e Brusca? I loro nomi ancora non li conosciamo, per ora restano uomini senza volto. Però sappiamo con certezza che anche dietro di loro si è mossa un'efficiente e invisibile organizzazione.

La presentazione del libro:


Il link per ordinare il libro su ibs
La scheda del libro sul sito di Chiarelettere


Qui la risposta dell'autrice al pm Gozzo che aveva criticato il libro in un suo intervento.

26 aprile 2013

La resistenza di Vik - Il Viaggio di Vittorio (Erba 25 aprile)






L'evento organizzato da Erbattiva, per ricordare, proprio il 25 aprile, Vittorio Arrigoni, il partigiano "utopia", con la madre di Vittorio, Egidia Beretta Arrigoni.

Tra epurazioni e inciucio

Chi non vota per la fiducia al governissimo verrà espulso: non è Grillo ma il PD.
L'ineleggibilità di Berlusconi? Boccia dice che "non è una priorità per il paese ma un modo per continuare a fare propaganda".
E anche un modo per tirarla lunga coi processi e farla franca, caro Boccia (e io ti ho anche dato il voto...).
E magari farsi bello con gli elettori, con gli 8 punti, e poi presentarsi alle presidenziali. 

Che brutta fine per il PD .. E mica si può sempre dare la colpa a Grillo.

Servizio pubblico – o la piazza o il re

Nel giorno dove si festeggia il 25 aprile (con un intervento in trasmissione di Roberto Saviano ) e la giornata della liberazione dal nazifascismo, il dibattito politico è concentrato sulla formazione del nuovo governo e sulle spaccature dentro il PD. Il partito della non vittoria alle passate elezioni.
Nella copertina della puntata, Santoro ha difeso le celebrazioni di questa giornata (il 25 aprile è ancora vivo) e ha parlato della crisi dentro la sinistra citando una vecchia puntata di Samarcanda. Era il 1992, e nel quartiere delle Vallette a Torino si protestava contro la chiusura degli asili. Santoro mandò in quel quartiere Maurizio Torrealta, chiedendo alla gente di scendere in strada.
Il giornalista si trovò di fronte un mare di folla che gridava basta tasse, basta tagli alla scuola, nessuno ci rappresenta in politica.

In studio chiese a D'Alema “tutta questa gente in un quartiere dove lei prende voti non le dice niente?”.
“Mi dicono che la televisione ha grande potere”
. Dopo la caduta del muro di Berlino la politica doveva cambiare forma, e invece è successo che ha cambiato gli elettori. Ora quelle persone, delle Vallette, avranno votato per Grillo o per Berlusconi.

Anni dopo - è sempre Santoro a ricordare – Nilde Iotti mi chiese “ma lei cosa ne pensa di D'Alema?”. Santoro rispose “lo trovo distante e supponente .. dovrebbe almeno tagliarsi i baffi”.
“Non credo servirebbe, e a una certa età il carattere non cambia”.



E così gli elettori delle Vallette hanno cambiato partito e D'Alema non ha tagliato i baffi. Il sogno dei partigiani del 25 aprile si è allontanato: una Repubblica fondata sul lavoro significa che il diritto al voto non è sufficiente. In questo punto di rottura sembra che la soluzione sia la repubblica presidenziale: ma questa fa nascere nel paese il bisogno di un uomo forte.
Ora c'è Napolitano. E dopo, cosa succederebbe?
Gli abitanti delle Vallette volevano solo essere rappresentati, mentre i partiti non hanno risposto alle loro esigenze. Oggi ci hanno tolto il diritto di scegliere, hanno tolto ai territori il diritto di scegliere i propri rappresentanti.
Noi dobbiamo ricordare che questo sogno (quello del 25 aprile) è democrazia che vuol dire che è il governo di un popolo intero.

Il palazzo circondato dai cittadini.
Il voto per il presidente della Repubblica ha messo da parte gli elettori, in nome di un equilibrio di potere che fuori dal palazzo non trova comprensione e lascia spazio a troppi sospetti.
Le immagini delle proteste, dei deputati del PD circondati dalla folla, dallo stato maggiore del partito fermo, sotto il palazzo. Giovani, vecchi, precari, esodati, ex elettori delusi.
Dovendo scegliere tra il re e la piazza, è stato scelto il re.



In studio gli ospiti della puntata di ieri erano Massimo Cacciari, il giornalista Mario Giordano, il segretario Fiom Landini e l'onorevole Fassina.

Massimo Cacciari, ha esordito ricordando il discorso di forte accusa del presidente contro i partiti. E la delusione degli elettori PD cui era stato detto mai un governo col PDL nelle settimane passate.
Ora, se parte un governo, Grillo non terrà più i suoi eletti che si apparteranno da qualche parte. E dunque deve collocare la sua forza da qualche parte per condizionare il nuovo governo: l'unico suo gioco è l'allenza PD + PDL che è quello che voleva.

Prima di sentire gli altri ospiti, sono stati trasmessi due spezzoni di intervista.
Bertazzoni Bersani: “vogliamo un soggetto politico o uno spazio politico?”. Il paese ha bisogno di soggetti politici che prendano decisioni per il paese. Rammarico? Di non aver detto subito qualcosa al partito.

Bertazzoni Ferrara: il giornalista si è detto fiducioso del governo che potrebbe dare al PD la posibilità di diventare forza di governo. E il cavaliere uomo di Stato.
Se non ci fosse stata la rigidità di Grillo, ha ricordato Ferrara, oggi avremmo Rodotà o Prodi: Berlusconi si è salvato per un capello.

Fassina, è partito da qui. Il PD non è stato all'altezza in queste giornate drammatiche. Affronteremo i problemi al congresso: ma ci sono altri responsabili, come Grillo per la sua indisponibilità nel trovare una forma di collaborazione. Bersani ha cercato di costruire un punto di intesa per far partire un governo di cambiamento. Il responsabile di questa situazione è Grillo: voleva l'accordo PD e PDL per lucrarci sopra.

Travaglio e Fassina hanno avuto un vivace scambio di opinioni su questo punto: perché il vicedirettore del Fatto ha ricordato a Fassina la proposta di votare Rodotà.
Dopo qualche bu da parte della platea, Santoro ha rimesso tutti all'ordine: “i bu non sono accettati, non siamo allo stadio. Già vedo troppi tifosi in giro”.

Fassina è poi ritornato all'elezione di Napolitano: il presidente non deve essere una figura partigiana, sarebbe stata una torsione nella nostra Costituzione. Voglio vedere cosa diranno nel PD quando verrà eletto col presidenzialismo Berlusconi....

L'auto manifestazione del M5S.
Sono state immagini bellissime: elettori ed eletti in un faccia a faccia quasi inedito (quanti altri onorevoli o senatori potrebbero permettersi questo).


Lo scontro Fassina – Travaglio è andato avanti quando Travaglio ha ricordato le parole di Letta “la prospettiva di una alleanza col PDL ..”.
Inciucio è una parola che nessuno vuole sentire nel Partito Democratico, eppure mi viene da chiedere, come mai il PD ha eletto persone di cambiamento, con un blitz a maggioranza, alla Camera e al Senato, mentre al Quirinale ha cercato l'accordo con Berlusconi. Significa che la strada col M5S era stata già accantonata?

Cacciari si auspicato allora una rottura nel PD, dove le divisioni sono ormai insanabili. Si potrebbe comunque arrivare ad una soluzione politica di governo ma con persone competenti in materia sociale ed economica.
Altrimenti, si chiedeva il filosofo, a chi arriveranno i voti persi dal PD? Speriamo veramente che finiscano a Grillo e non ad altri.

La strada di un governo con persone competenti non è stata percorsa nemmeno da Grillo, d'altronde. I nomi non li ha fatti.
Ora, vista la situazione, varrebbe la pena di provarci almeno a fare un governo, il commento di Santoro.

Landini: Le elezioni hanno posto un problema di rappresentanza nei partiti e nei sindacati: è venuta fuori una domanda di cambiamento e coerenza. I partiti che hanno sostenuto Monti hanno perso voti: molti non sono andati a votare o hanno votato Grillo. Questo è indice di una scarsa rappresentanza politica.
Anche Landini ha ricordato il diverso comportamento del PD alla Camera e Senato , rispetto a quello per il presidente della Repubblica.
Il punto è cosa vogliamo fare adesso, visto che Grillo ha detto che non vuole mescolarsi con questi partiti.

Landini ha parlato di un governo di scopo, per fare la legge elettorale e poche altre cose. Ma teme che il governo delle larghe intese abbia in mente anche altro. I guai giudiziari di Berlusconi, le sue aziende...

Il giornalista Mario Giordano ha tirato in ballo un argomento che oggi passa in secondo piano. I privilegi della Casta, nati grazie ad un sistema di leggi, che favorisce chi è nel Palazzo. Le case degli enti pubblici comprate a prezzi stracciati (da Grasso, a Marini), i vitalizi. È un sistema legale che non funziona e che, aggiungo io, grida pure vendetta e che allontana la gente dalla politica.
Ora ci sarà un governo politico Letta: Berlusconi cosa farà? Ha stoppato i falchi su Imu e sulla presenza di politici di primo piano del suo partito nel governo. Ma B. non fa le cose gratis. Cosa vuole fare questo governo?

Landini ha indicato tra le priorità il lavoro e la rinegoziazione dei vincoli europei. Ma per “battere i pugni in Europa”, ha ricordato Cacciari, serve un governo credibile e forte.
Programmi e promesse alla mano, PD e PDL hanno poco in comune.
Ma in politica le cose cambiano in fretta.

L'intervento di Marco Travaglio.



L'intervento di Roberto Saviano “la storia ci chiederà conto”.

25 aprile 2013

Cosa si festeggia oggi?

Da "Lettere di condannati a morte della Resistenza Italiana", una delle lettere scritte da partigiani, prima di essere fucilati dai repubblichini
Caro papà,benché non sia nato nel tuo stesso letto e non porti il tuo nome, sono riconoscente di quanto hai fatto per me nella vita terrena. Sono sull’orlo della vita terrena e mi involo nel più alto dei cieli. Tu che sei un uomo di alti sentimenti, sappi che tuo figlio muore per un alto ideale per l’ideale della Patria più libera e più bella.Di’ al mio vero papà che lo perdono di tutto il male che ha fatto e che questo lo stimoli ad essere un uomo onesto nella vita.Caro papà, tutta la mia riconoscenza te la esprimo col mio cuore. Caro papà, sappi che non ho amato come mio insegnante di vita laboriosa ed onesta altro che te.Scusami se ti scrivo in questa maniera ma queste sono parole che mi escono dal cuore in questo triste e nello stesso tempo bel momento di morte.Col cuore straziato ti lascio baciandoti caramente.tuo per sempre figlioRenzo
La nostra libertà, quella che oggi più o meno tutti viviamo, è passata per queste persone.
E' una delle voci del popolo che hanno pagato il prezzo più alto per la nostra democrazia:

"Le Lettere contengono la voce di un altro popolo; di uomini e donne, appartenenti a tutte le età e a ogni classe sociale, consapevoli del dovere della libertà e del prezzo che essa, in momenti estremi, comporta. Chiunque anche oggi le leggerà, vi troverà un'altra Italia e non potrà non domandarsi se davvero non ci sia piú bisogno di quella voce o se, al contrario, non si debba fare di tutto per tramandarla e mantenerla viva nella coscienza, come radice da cui ancora attingere forza."Dalla Nota introduttiva di Gustavo Zagrebelsky 

La memoria collettiva in questa Italia senza memoria

Dall'introduzione del libro di Franco Giustolisi "L'armadio della vergogna"

Impressiona la memoria collettiva che Mussolini, il bonaccione, secondo Berlusconi, fu crudelmente esposto a testa in giù in piazzale Loreto. Peccato che si dimentichi di ricordare cosa successe su quella stessa piazza, poco meno di un anno prima, il 10 agosto 1944. Quindici civili, prelevati dal carcere milanese di San Vittore, furono fucilati dai repubblichini, comandati da un ufficiale delle SS. Fu dato l'ordine di lasciare i cadaveri sull'asfalto, fu vietato ai familiari anche solo di poterli raccogliere per dar loro sepoltura.Ora si pubblicizza la triste storia del sangue dei vinti. Nessuno, negli ultimi anni, in cui pure uno squarcio di verità si era fatto strada con la scoperta dell'armadio della vergogna, ha fatto salire alla ribalta, ha dato gran peso, ha ricordato, ricorda il sangue delle vittime.Il 27 gennaio si celebra la giornata della memoria, memoria di tutti e per tutti. Ma pochi lo sanno. E per inveterata abitudine mediatica, si fa riferimento al solo dramma dell'olocausto, che nulla potrà far mai dimenticare. Il 10 febbraio è diventato il giorno delle foibe e dell'esodo degli istriani, costretti a questo, ma nessuno lo dice, dalla guerra fascista.E i bambini e le donne, i vecchi uccisi dai nazisti e dai repubblichini? E i militari trucidati? E quelli imprigionati nei lager? Meritano anch'essi rispetto, ricordo, riconoscenza. Il loro sacrificio, insieme a quello dei partigiani, ha generato la Costituzione, la Repubblica, la nostra democrazia.     

Il progetto della Costituzione



Dobbiamo essere orgogliosi delle nostre radici e della storia che abbiamo alle spalle: una storia che ha portato alla nostra Costituzione e al suo progetto. La rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono a ciascuno la sua affermazione, la possibilità di esprimersi, di accedere al lavoro, di professare una religione, di ricevere delle cure e una istruzione, fino agli alti livelli, per i meritevoli.

A questa carta si è arrivati dopo la liberazione, anche con la lotta dei partigiani. Quegli italiani che, messi di fronte ad una scelta, hanno fatto una scelta di libertà, per una Italia migliore, diversa dove ogni cittadino è uguale, con pari dignità.

Anche oggi, anzi, specie oggi dove viviamo giornate dove sembra che la politica guardi avanti andando indietro, non dobbiamo dimenticare.
Il progetto della Costituzione va difeso, anche lottando. Non bisogna aver paura di dirlo, perché non possiamo dimenticare che ci sono forze in campo, nella società, che quel progetto l'hanno combattuto.
Gli attacchi alla sanità pubblica, all'istruzione pubblica di eccellenza, la giustizia ugualeper tutti, la difesa dell'ambiente, la protezione della nostra arte e cultura.

Proprio per questo non possiamo accettare questa soluzione al ribasso di un governo di “larghe intese” in cui si attua una specie di restaurazione dopo questi pochi mesi di “presunta” rivoluzione.
Il governo PD PDL con Letta, il giovane, l'uomo che preferisce i voti al Pdl piuttosto che a Grillo.Che vede nel governo ideale lo zio (Letta, il braccio destro di Berlusconi) e Tremonti. L'esemplificazione che l'età anagrafica non significa necessariamente idee giovani.

La fretta di fare un governo non deve essere un grimaldello per rimangiarsi promesse (legge anticorruzione, falso in bilancio, il conflitto di interesse), auspici (l'inelleggibilità del cavaliere, la riforma Fornero sul lavoro), e speranze (una soluzione per gli esodati, la piaga del precariato..).

Ci sono persone che pensano che la modernità sia nella restaurazione (i soliti nomi), nell'elezione diretta, magari televisiva, del capo di Stato, nelle larghe intese dove si annientano le differenze e si governa in nome degli interessi personali e non per il paese.
Che si rileggano la storia. Il paese, o almeno una sua parte, è molto più matura dei suoi eletti.
Cosa si festeggia oggi, dunque? Rileggetevi la Costituzione, i suoi primi articoli. Prima non c'erano queste libertà. Questi auspici per una partecipazione allargata alla democrazia (non solo dei ricchi e dei nobili), per la rimozione degli ostacoli (economici, sociali, religiosi), stanno proprio lì e partono dal 25 aprile 1945.

24 aprile 2013

De nuevo tu?


Un governo per contrastare la corruzione con un corruttore.
Un governo per contrastare l'evasione per con un imputato per evasione.
Un governo per riportare l'etica in politica con un frequentatore di minorenni.

Basta veti incrociati, dice il presidente, e poi il primo atto del cavaliere è stato silurare Renzi (il concorrente) e imporre l'Imu (per fargli fare una bella figura .. avete visto? Ho tolto l'Imu)

23 aprile 2013

Sua Castità di Marco Travaglio


Dal Fatto quotidiano del 23-4-2013
Complimenti al regista, e anche allo sceneggiatore. Ieri, giorno III dell'Era Napolitana, l'Inciucio Day si è aperto di prima mattina nel supercarcere dell'Ucciardone (e dove se no?) con un sacrificio votivo sull'altare della Casta: un bel falò pirotecnico, non di agnelli o montoni o vergini inviolate, ma di nastri e bobine che immortalavano le quattro telefonate fra il capo dello Stato Giorgio Napolitano e l'indagato per falsa testimonianza Nicola Mancino, implicato nella trattativa Stato-mafia. Con mirabile devozione e scelta di tempo, la Cassazione partecipava festosa all'incoronazione di Re Giorgio rendendo note le motivazioni della sacra pira: intercettare l'indagato Mancino senza prevedere che avrebbe chiamato il Quirinale per ricattarlo e senza rassegnarsi all'idea che la legge non è uguale per tutti fu, da parte dei giudici di Palermo, “un vulnus costituzionalmente rilevante”. Non contenti, i supremi cortigiani hanno disposto l'ennesimo rinvio della decisione sul trasloco dei processi a B. da Milano a Brescia, facendo slittare sine die il processo Ruby e allontanando così il giorno della sentenza, onde evitare che il noto puttaniere subisse un altro vulnus mentre s'appresta al trionfale ingresso nel governo di larghe intese. Illuminato e circonfuso da quel fuoco purificatore, il nuovo Re Sole si è recato in quel che resta del Parlamento per il tradizionale discorso della Corona. E lì ha abilmente scudisciato la Casta di cui fa parte dal 1953, raccogliendo applausi, standing ovation e ola dai frustati medesimi, ben consci che il gioco delle parti imponeva l'esercizio sadomaso per il bene supremo della sopravvivenza, all'ombra del Santo Patrono e Lord Protettore della banda larga. Copiose le lacrime sparse da Sua Castità, nella migliore tradizione del chiagni e fotti. All'incoronazione seguirà – come da cerimoniale della Real Casa – la grazia del Re, onde evitare che i sudditi scoprano l’“orrore” (men che meno in “piazza”) di larghe intese con un condannato per frode fiscale, rivelazione di segreti ed eventualmente concussione e prostituzione minorile. Il quale saggiamente prorompe in un liberatorio “Meno male che Giorgio c'è”.

   Qualche irriducibile frequentatore di piazze o (Dio non voglia) della Rete avrebbe preferito vedere, al posto di Sua Castità, un uomo libero come Stefano Rodotà. Ingenui. Mai un moralista di tal fatta avrebbe potuto raggiungere lo scranno più alto di Montecitorio senza essere abbattuto a pallettoni dagli unici autorizzati rappresentanti della volontà popolare. Basti pensare che l'incauto giurista, nel 1991 quand'era presidente del Pds, osò financo apporre la sua prefazione a un libro, Milano degli scandali di Barbacetto e Veltri, che anticipava le indagini di Mani Pulite sulla corruzione trasversale Dc-Psi-Pds. Fu ipso facto deferito ai probiviri del partito su richiesta di alcuni protagonisti del libro, essendo venuto meno al dovere di omertà mafiosa verso i compagni che rubano. La procedura fu poi – per così dire – superata dagli eventi: i protagonisti del libro erano quasi tutti in galera e certi viri erano tutt'altro che probi. Ma il reprobo fu comunque punito come meritava: candidato del Pds a presidente della Camera, fu battuto da Napolitano, già protagonista di epiche battaglie contro la “questione morale” di Berlinguer e comprensibilmente leader dei miglioristi filo-craxiani, ribattezzati a Milano “piglioristi” per le mirabili arti prensili di alcuni di essi (il loro giornale, Il Moderno, era finanziato da Berlusconi, Ligresti, Gavio e altri gentiluomini). Pochi mesi dopo i magistrati di Napoli arrestavano per tangenti il manager Fininvest Maurizio Iapicca, sequestrandogli un quadernetto con la lista dei politici “vicini” al gruppo B.: tra questi campeggiava il nome di Giorgio Napolitano. Il che rende gli applausi, le standing ovation, le ola e i “meno male che Giorgio c'è” di ieri vieppiù meritati.