24 febbraio 2013

Cocaina – Carlotto, Carofiglio, De Cataldo.


Cocaina usata dagli operai del nordest di Carlotto per tirare avanti la giornata. Cocaina che diventa un veleno per chi, come il commissario della narcotici del racconto di Carofiglio, ha a che farci tutti i giorni, per mestiere. Infine, Cocaina come collante della globalizzazione della criminalità: una classe dirigente al di sopra delle leggi, di ndranghetisti di rispetto nel profondo nord e di narcotrafficanti feroci. Cocaina che mette assieme piccoli spacciatori e grandi criminali, che invischia come la tela del ragno anche quanti nelle forze dell'ordine dovrebbero combatterla.
Chissà, di questo passo un giorno ce la ritroveremo nel paniere dell'Istat ..

Il racconto di Massimo Carlotto, “La pista di Campagna”, è il racconto più “giallo” tra i tre: l'ispettore Campagna deve salvare la sua carriera sacrificando un amico, piccolo spacciatore che può portarlo ad incastrare un boss della droga più grande.
Batté un paio di bar prima di trovarlo. Pizzo sedeva ad un tavolino e riceveva i clienti che si erano fermati prima al balcone per un cappuccino e un cornetto. Campagna lo osservò mentre sparava cazzate con alcune lavoratrici in camice azzurro con lo stemma di una impresa di pulizie. Avevano svuotato cestino e pulito pavimenti tutta la notte e ora tornavano a casa a preparare la colazione per marito e figli: una riga di coca era proprio d'aiuto per tirare avanti.Pagina 23.
Ne “La velocità dell'angelo” di Gianrico Carofiglio, in un caffè in riva al mare di Bari, si incontrano uno scrittore in crisi di idee e una donna “misteriosa”, che svelerà pian piano all'uomo il suo passato. Un passato di dolore ma anche di riscatto.
- Non pensavi .. non temevi che qualcuno potesse..- Ero il capo della narcotici. Facevo parte dei buoni. Se qualcuno mi avesse chiesto come mai frequentavo una persona che era stata denunciata proprio dalla mia sezione, per detenzione di stupefacenti, ero pronta a dire che si trattava di una mia informatrice. Incontrarla, anche spesso, mi serviva per li mio lavoro. E siccome quello con gli informatori è un rapporto confidenziale – nessuno può obbligarti a riferire quello che ti dicono -, mi sentivo in una botte di ferro. In realtà ero come i bambini piccoli, quelli che si coprono gli occhi pensando che in questo modo nessuno riuscirà a vederli.Pagina 106
Infine “Ballo in polvere”, di Giancarlo De Cataldo, dove si parte dal lontano Perù, dove il cartello di Sinaloa coltiva la droga, per arrivare a Milano dove la stessa droga, dopo essere passata di mano dalla grandi criminalità calabrese ai piccoli spacciatori di città, finisce nelle tasche di persone per bene. Gente come l'Ingegnere: il padrone del cemento di Milano
L'Ingegnere aveva sessant'anni portati con la dedizione maniacale del salutista. L'Ingegnere era in realtà un geometra, ma quando sei l'uomo che inonda di cemento la periferia occidentale di Milano, quando sfami duemila famiglie e per te non esistono porte chiuse e assessori in riunione, beh, allora non hai bisogno di esibire una stupida laurea perché il tuo nome sia su tutte le bocche, la tua faccia su tutte le prime pagine, il tuo carisma in tutti i cuori.Pagina 134

La droga e anche il denaro, che non odora ma anzi, come la cocaina, da a chi lo possiede un'aura di potenza e intoccabilità. 
Contro questi trafficanti, ci sono persone come il capitano della Guardia di Finanza Anselmi per cui, invece, il denaro della coca inquina le coscienze e le mani di chi lo incrocia.
Certi superiori erano come l'Ingegnere. Vittime della metafisica del denaro. Ad un certo punto il denaro perde ogni collegamento con le sue origini. Diventa immateriale. Il Bene per eccellenza. E il bene non si discute, no?E invece il denaro è materia. Pura materia. Ha un'origine, uno sviluppo, un percorso e una destinazione. Proprio come la cocaina. Il capitano Anselmi voleva restituire al denaro la sua concretezza. C'è un denaro pulito e uno sporco. La metafisica è il grande agente inquinante. La metafisica che annulla i confini, cancella le differenze, annienta i contrari.
Il denaro sporco è un serpente velenoso. I serpenti si neutralizzano interrompendo il flusso del veleno. C'è un solo modo per farlo: bisogna schiacciargli la testa.Pagina 139
Il buono, il capitano Anselmi, il brutto, l'ingegnere con la faccia da imprenditore di successo e la passione per le escort e la droga. E infine, il cattivo: il boss della locale della ndrangheta, don Achille Patriarca. Uomo d'onore, ma anche uomo d'affari in contatto con finanzieri che hanno studiato alla Bocconi e capaci di far girare i soldi, ma anche con killer capaci di usare le armi quando serve. 
Da bravo uomo d'onore, Don Achille considerava terra di conquista, e i milanesi dei poveri deficienti. Bravi a far girare dei soldi, gran lavoratori, certo, ma profondamente ignoranti delle cose della vita. Ma forse si sbagliava. Brusagatti, per esempio, si era rivolto a lui con la stessa deferenza che avrebbe usato un qualunque suddito delle sue parti. Come se sapesse. E forse, forse sapeva. Sapeva e accettava, perchè ci trovava la sua convenienza. Forse tutta Milano sapeva. E tutta Milano accettava. Perché ci trovava la sua convenienza.Pagina 150
Un sistema criminale che si regge sull'ipocrisia sul consumo della droga (che tutti condannano a parole) e sul segreto di Pulcinella della mafia al nord. Una mafia che con la droga consolida il suo potere, poggiato sugli enormi profitti del suo smercio, anche nei locali della Milano da bere, sul poter condizionare il potere politico grazie ai suoi pacchetti di voti .
Ora tutti se la prendevano con la cocaina. Si era scatenata la politica. Quelli di destra accusavano la cultura di sinistra, notoriamente permissiva. Quelli di sinistra ribattevano che la cocaina, droga dell'efficienza e della velocità. Era roba di quegli altri.
Scaramucce, che lasciavano indifferente don Achille. Personalmente, non aveva mai messo piede in un seggio elettorale. Ma da anni pagava e manovrava soggetti di ogni schieramento, dando ordine ai suoi di votare secondo convenienza, una volta di qua, un'altra di là. La politica non gli interessava., e per dirla tutta, gli faceva anche schifo.
Il punto era un altro. Gli affari: L'unica cosa che conta a questo mondo. Perché gli affari procedano, occorre pace. Specialmente in una città come Milano: che si mostra come una bella donna vestita con ricercatezza, tutta alta moda e sguardi seduttivi, ma dentro di sé ha l'animo di una quieta casalinga. Milano che vuole fare, ma soprattutto vuole lasciar fare. Voltando, all'occorrenza, la testa dall'altra parte. Nella reciproca e comune convenienza.Ipocriti. Ci nuotano nella cocaina.Pagina 151.
Palazzinari, poliziotti di strada e finanzieri con un etica dentro, balordi di periferia e uomini d'onore. Ma a far girare gli affari criminali, serve anche un cervello finanziario. Gente studiata, gente che sa come nascondere i soldi dietro conti cifrati in paradisi fiscali. Il tutto per rendere la criminalità organizzata l'emblema del neoliberismo mondiale. Meno stato, più privato.
Raschillà aveva buon gusto. E non aveva badato a spese nell'arredare la sua tana. Poteva permetterselo, d'altronde. Lavorava per la sesta potenza economica mondiale. Una potenza che non conosceva né crisi, né contrazione degli affari, che non deve vedersela coi sindacati e con le compatibilità di bilancio, che assicura un costante ricambio dei vertici, che vede moltiplicare costantemente i propri profitti. Il crimine organizzato. La perfetta icona del liberismo.Pagina 169
La scheda sul sito di Einaudi e il link per leggere il primo capitolo.
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