27 gennaio 2013

La classe operaia non va in paradiso

Il film di Elio Petri terminava col sogno del protagonista (l'operaio stakanovista Lulù) di finire in paradiso dopo una vita di inferno.
Oggi l'inferno lo stanno vivendo gli operai e gli abitanti della città di Taranto, stretti in mezzo al dilemma ricattatorio, o lavoro o salute: di loro si occuperà la puntata di Presa diretta di questa sera "Lavoro sporco".

Taranto, la città dove l'Ilva, rilevata (a buon mercato) dai Riva durante le privatizzazioni degli ani 90, ha macinato utili in questi anni con l'acciaio. Ma ha anche inquinato la città: secondo le carte dei magistrati, le polveri che escono dai camini hanno causato tumori (quei due tumori in più che secondo il figlio del padrone sono una minchiata), che in questa città sono superiori alle medie.

A Taranto oggi abbiamo un esempio della mala politica, della mala gestione italiana. Uno spaccato in piccolo del paese: qui la Costituzione è solo qualcosa buona per spettacoli dei comici.
Qui nessuno ha visto e sentito niente per anni: sia in regione che a Roma. Sia nelle amministrazioni locali, nei sindacati, nei giornali. Silenzio comprato a buon prezzo. Il senatore del PD che rompeva le scatole nemmeno è stato candidato.
Le intercettazioni hanno raccontato il sistema di relazioni con cui i dirigenti dell'azienda difendevano l'immagine della stessa.

Fino a che non è intervenuta la magistratura a chiedere, ad imporre, l'applicazione delle leggi. E la magistratura all'improvviso è diventata il colpevole del crimine: i magistrati vogliono bloccare le imprese, vogliono mandare per strada chi lavora. Bisogna coniugare lavoro e salute, è la frase sentita più di frequente in questi mesi. Ma cosa vuol dire?
Come se salute e lavoro siano concetti difficilmente inconciliabili.
Il governo ha cercato di conciliare gli interessi dell'impresa, che aveva minacciato di chiudere se gli avessero bloccato gli impianti: la produzione continua, ma l'Ilva si deve impegnare a mettere in sicurezza gli impianti.
Si parla di 4 miliardi di euro, che però non si capisce da dove arriveranno.
E nel frattempo, nei quartieri di Taranto vicino l'acciaieria, la vita continua.
Sarebbe interessante sapere, dai candidati alle elezioni, cosa hanno intenzione di fare, per l'Ilva a Taranto.

La scheda della puntata

La prossima settimana vi portiamo a Taranto, all’Ilva , sapete che pochi giorni fa il Tribunale del riesame di quella città ha dichiarato incostituzionale il Decreto Salva Ilva
Rimane il fatto che adesso tutti aspettano la decisione della corte costituzionale e nel frattempo, nel frattempo dopo sette mesi siamo ancora lì , con 22mila posti di lavoro a rischio tra acciaieria e indotto, mentre la strada della messa in sicurezza e della bonifica dei territori inquinati non è ancora certa e chiara, anche dal punto di vista delle risorse, e a Taranto la gente si continua ad ammalare. La prossima settimana il Ministro Clini tornerà a Taranto, noi saremo con lui e poi verrà a dirci qui in studio a PresaDiretta che cosa sta succedendo.

La legge “salva Ilva”, quella che autorizzava l’acciaieria a continuare a lavorare nonostante i sequestri dei giudici, legge fortemente voluta dal governo Monti e dai ministri Passera e Clini, è per il tribunale del Riesame di Taranto incostituzionale. Sentenza questa di pochi giorni fa che riapre la guerra tra l’ILVA, il Governo e la Magistratura. E adesso tutti  sono ad aspettare cosa deciderà la Corte Costituzionale.

La fotografia a Taranto a tutt’oggi è questa: in forza dei provvedimenti della magistratura l’attività della più grande acciaieria d’Europa è ridotta, 2400 operai sono già in cassa integrazione e l’ILVA è pronta a mandare altre migliaia di operai a casa e a non pagare gli stipendi se non potrà tornare a produrre come prima.

A sette mesi dagli arresti dei proprietari, Emilio Riva e i suoi due figli e dei massimi dirigenti dell’ILVA per disastro ambientale, nonostante che il Governo abbia dato l’autorizzazione a riprendere a lavorare, la famosa AIA, non è ancora cominciata veramente  la messa in sicurezza dell’impianto e neanche la bonifica delle aree interne ed esterne alla fabbrica. Tutto è fermo per colpa di questa guerra. Ma quanto ha inquinato la grande acciaieria negli ultimi decenni, quanto esteso è l’avvelenamento dell’aria, dell’acqua e della terra? E quanto è pericoloso per la gente di Taranto continuare a vivere vicino alla grande acciaieria? Come mai, nonostante le tante inchieste della magistratura e le pressioni di comitati e opinione pubblica, i proprietari dell’ILVA hanno fatto cosi’ poco per ridurre il danno e diminuire l’inquinamento? E infine, la produzione di acciaio è inevitabilmente un lavoro sporco, inquinante, incompatibile con la vita di una città?

LAVOROSPORCO ricostruisce la storia più recente della grande acciaieria, l’avvelenamento di interi quartieri di Taranto, le complicità e le collusioni di chi ha nascosto in tutti questi anni i rischi e i danni provocati dai tanti inquinanti che uscivano dal grande impianto industriale, mai veramente rimesso in sicurezza.

PRESADIRETTA è andata anche a Linz, la seconda città più pulita dell’Austria e la prima per produzione industriale. C’è anche una grande acciaieria, che ha gli stessi anni di quella dell’ILVA. Eppure non inquina. La dimostrazione che  si può produrre l’acciaio senza inquinare.

In LAVOROSPORCO raccontiamo anche l’inquinamento del tratto di mare davanti al sito del G8  della Maddalena, in Sardegna, pieno di piombo, metalli pesanti e idrocarburi. A che punto è l’inchiesta della magistratura su questo ennesimo inquinamento? E la bonifica?

LAVORO SPORCO è un racconto di Liza Boschin, Vincenzo Guerrizio e Raffaella Pusceddu

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