30 dicembre 2012

L'offerta politica



In queste elezioni troveremo una vasta offerta per il voto:

il partito dell'usato sicuro, il PD, l'unico tra l'altro che ha fatto le primarie. Almeno quello. Anche se poi, in quanto a rinnovamento e apertura, ha fatto poco. Bersani si ritroverà come avversario lo stesso Monti, che ha appoggiato fino a ieri (e che sperava di integrare coi suoi ministri nel futuro governo) e Casini con cui voleva allearsi.  

C'è la coalition of the willing, il partito dei poteri forti (coi deboli), tutti coperti e allineati dietro l'agenda Monti.
Di certo, questo partito, o movimento, o coalizione, non ci sorprenderà con le sue scelte.

Ci sono i rivoluzionari solitari del M5S: nessuna alleanza, nessun leader ma Grillo rimane il garante. Ancora non ho capito il ruolo di Casaleggio.
Senza Grillo non ci sarebbero state le battaglie su TAV, acqua, nucleare, casta, Parlamento pulito.
Ma devono entrare in Parlamento, prima.

Ieri Ingroia ha accettato la candidatura per il Quarto polo, il raggruppamento a sinistra del PD. Eretici peggio di Grillo.
No tav, lavoro, equità e giustizia sociale.
Ieri il magistrato ha ricordato all'ex collega Grasso, candidato del PD, la sua elezione alla direzione antimafia. Grazie al PDL e ad una legge anticostituzionale. Brutto quando la gente ti ricorda da dove vieni.

E poi l'usato sicuro di Berlusconi e Lega: credo che alla fine troveranno l'accordo. E anche qualche voto. In questo paese la memoria dura giusto il tempo di un orgasmo. 

Noi, conservatori di sinistra



Si, lo confesso, sono un conservatore. Un conservatore di sinistra: se difendere la sanità pubblica, l'istruzione pubblica, l'università aperta a tutti (che è diverso da dire, diamo la laurea a tutti), se difendere l'ambiente sono idee da conservatore, allora lo sono anche io.
Io che ritengo che non sia affatto riformista e liberale rendere sempre meno stabile, meno retribuito, più ricattabile chi lavora. Dunque, ha ragione lei, senatore Monti, riserva della Repubblica, super partes, nonché candidato premier per una lista di centro destra. Sono un conservatore perché difendo l'articolo 18, il ruolo centrale dei sindacati (quelli veri) nella contrattazione tra aziende e lavoratori.

Perché tra un caccia F35 (e le spese per gli altri armamenti), e la cura degli scavi di Pompei, non ho dubbi dove debbano essere impiegati i nostri soldi. Quelli delle nostre tasse, almeno per chi le paga.
Perché tra la spiaggia di Fiumicino, e il raddoppio di un aeroporto pubblico, gestito da un privato (raddoppio pagato per metà dal pubblico) so che cosa devo difendere.
Se io sono dunque un conservatore, mi chiedo lei come debba essere inquadrato?

Un liberale? Ma come si concilia l'essere liberale con i conflitti di interesse che in questi giorni sta denunciando Il Fatto Quotidiano?
Lo sgraviofiscale per le assicurazioni che impongono alle automobili la scatola nera, anti frode: sgravio introdotto dal decreto liberalizzazioni all'ultimo minuto. Gli scatolotti li produce, tra gli altri, ancheun'azienda controllata dal fondo Charme, di Luca Cordero di Montezemolo.

E l'aumento delle tariffe, da 16 a 26 euro,per gli utenti dell'Aeroporto di Roma, per poter raddoppiare le piste di Fiumicino (anziché gestire meglio atterraggi e partenze, meglio una bella colata)? Un regalo ai Benetton, a Gemina, e alle banche dietro.

E' liberale un governo che toglie i temi laici dalla sua agenda, che ha fatto ricorso contro la decisione dell'Europa, che consentiva la diagnosi preimpianto negata dalle legge 40?
Che garantisce fondi alle scuole private, e dall'altra parte li toglie alla scuola pubblica?
Che garantisce, sempre la Chiesa e i suoi immobili, che il pagamento dell'Ici o Imu, non sarà retroattivo. Una specie di condono, mentre gli italiani l'anno prossimo dovranno affrontare rincari e la nuova tassa per i servizi comunali.

Sui candidati delle liste Monti veglierà Bondi, il commissario della spending review non il poeta: che dirà su Cesa e Naro dell'UDC?
Che ne sarà di Montezemolo, se dovesse diventare ministro? Potrebbe occuparsi di trasporti, assicurazioni, giornali?

28 dicembre 2012

Quale dei due?

Il procuratore Pietro Grasso, a maggio di quest'anno:
 “Darei un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia”. A dirlo il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso intervistato alla Zanzara, il programma di Radio 24. Grasso spiega che il governo di centrodestra ha “introdotto delle leggi che ci hanno consentito di sequestrare in tre anni moltissimi beni ai mafiosi: siamo arrivati a quaranta miliardi di euro”.
E su Ingroia
“Fa politica utilizzando la sua funzione – dice Grasso – è sbagliato. Come ha sbagliato ad andare a parlare dal palco di un congresso di partito. Deve scegliere. E per me è tagliatissimo per fare politica”

Oggi, il procuratore Grasso, alla presentazione della sua candidatura col PD, riferendosi a B:
“Non ci può essere un illusionista che tira fuori dal cilindro promesse che non possono essere mantenute. Non voglio usare espressioni come ‘salite’ o discese’. Il mio impegno è prendere la mia esperienza e portarla in politica”.
Allora, quale dei due è Berlusconi?  

Unicuique suum


Questa, è proprio il caso di dirlo, è come una benedizione: l'apprezzamento dell'Osservatore Romano alla definizione del professore "salire in politica" (e smetterla di lamentarli, e abbiamo salvato il paese ..) segna un cambio stagione.
Sono finiti i tempi dell'appoggio al cavaliere Berlusconi e al suo governo, i silenzi su scandali, bestemmie e festini.
Sta arrivando un nuovo miracolo italiano che, almeno, non promette un milione di posti di lavoro.
E il Vaticano, dopo aver mandato avanti i centristi, è proprio al vento che cambia.
Povero B. , costretto ad andare di trasmissione in trasmissione, suscitando anche qualche reazione tardiva della vigilanza Rai.
Perché si sarebbe messo in contatto direttamente con i direttori di rete, senza passare per i vertici Rai.
Come un padrone che contatta i dirigenti della sua azienda.
Ma non è quello che ha sempre fatta?
Quando chiamava Masi e Innocenzi (per far chiudere Annozero), cosa c'era di diverso?

Lo scenario peggiore che può capitare ora è il pareggio: il PD, il PDL in recupero e la lista Monti che non sfonda.
Quelle che sono certe, sono le tasse. 
Quelle che stanno salvando il paese. Iva, IMU, bollette, Rai, benzina, Tares.
Un paese con un evasione da 120 miliardi (sottostimati), una corruzione che costa 60 miliardi (di soldi pubblici, per mancate opere, per costi raddoppiati ..).
Ma non lamentiamoci, per carità.
Rimbocchiamoci le maniche e vediamo cosa possiamo fare per il paese.
Ecco, appunto, cosa possiamo fare? Cambiare classe dirigente? Cambiare partiti? Cambiare la macchina dello stato?
Cambiare le leggi?
Unicuique suum è un motto latino, nella frase di Cicerone "Iustitia est unicuique suum tribuendi" che significa "la giustizia è l'arte di dare a ciascuno il suo". 

27 dicembre 2012

Il mistero buffo - l'avvocato inglese

Era il 1977 e Dario Fo rappresentava nel suo spettacolo buffo anche l'avvocato inglese, in un inglese alla Grammelot, che difendeva un imputato per stupro.
Non era lui colpevole, ma era la donna che aveva provocato.

L'avvocato in questione si trova a difendere un giovane, non nuovo ad atti di violenza carnale sulle donne. Nel "prologo" all'episodio (in cui l'autore racconta il particolare clima sociale e storico che ha portato alla "stesura" del grammelot) Fo sostiene che nel medioevo e fino alla prima parte della età moderna (si fa esplicito riferimento alla "defensa" dell'età elisabettiana) esistesse una legge (detta appunto "defensa" o difesa) per cui il violentatore, scoperto in flagrante da familiari della vittima, potesse cavarsi d'impiccio spargendo velocemente delle monete ai piedi della vittima a mo' di risarcimento e al contempo recitando una formula rituale che lo rendeva intoccabile per i familiari adirati. In questo episodio il giovane però si trova in una situazione decisamente più scomoda, avendo violentato una ragazza appartenente a una classe sociale più elevata della sua, per la quale risarcimenti e formule valgono poco. L'avvocato allora dimostrerà la totale innocenza dell'imputato, sostenendo l'esatto opposto della verità, cioè che è stata la giovane a dimostrarsi provocante e che l'accusa di stupro è inconsistente in quanto lei era assolutamente consenziente, al contempo il violentatore è rappresentato come un giovane timido e studioso, indotto al "peccato" proprio dagli atteggiamenti della ragazza. Fo sostiene che questo particolare episodio è stato ispirato (o comunque è molto vicino) a un pezzo teatrale di Jill Vicente, in cui però il violentatore è un curato e la vittima una giovane contadina, anch'essa colpevole di aver provocato il religioso per via dei movimenti che faceva nel chinarsi al prendere il grano. Anche nel testo di Vicente il curato finisce per essere dichiarato innocente.
Cose che si pensava fossero relegate al passato.
Poi arriva un prete a Lerici, che ci fa fare un salto all'indietro.

I misteri di via dell'Amorino, di Gian Antonio Stella


Lo scandalo della Regia dei Tabacchi: il primo scandalo dell'Italia Unita. Una storia del nostro passato che però, a rileggerla, anche col tono da romanzo storico che Stella usa nel racconto, sembra uno degli scandali che leggiamo oggi nelle pagine della cronaca giudiziaria.

«La madre di tutte le tangenti», secondo Gian Antonio Stella, che ha ricostruito con un lavoro certosino tutta la storia: la convenzione stabilita nel luglio 1868 (lo stesso anno della tassa del macinato) tra il ministero delle Finanze e Domenico Balduino, rappresentante della Società del Credito Mobiliare, a sua volta legata ad altri istituti di credito. Lo Stato cedeva per vent'anni la gestione dei Tabacchi ad una società anonima privata, che riconosceva alle Finanze una certa percentuale sulle entrate e anticipava alle pubbliche casse 180 milioni di lire. Una vendita in realtà, visto il lungo periodo della convenzione e il basso costo del privato.


Una concessione che avrebbe dietro una storia di tangenti ad uomini politici della destra storica, allora al governo. Gli zuccherini, come vengono chiamati nel libro.

O tangenti, come le chiamiamo oggi. Che sarebbero arrivate fino al re Savoia. 

Non solo: alcuni parlamentari, a conoscenza dell'accordo, avrebbero anche speculato sulle azioni del Credito, intascando un lauto guadagno.


In aula questo accordo fu denunciato persino dallo stesso presidente della Camera, Giuseppe Lanza, anche lui esponente della destra. 
Il presidente attaccò:
«il sistema degli appalti in materia di imposte, perché aveva dato sempre gli stessi risultati: appaltatori impinguati, finanze stremate, ira popolare, rivoluzione». «Signori - concludeva - vi siete informati in prima in che condizione sia il Credito Mobiliare, quale sia il suo capitale effettivo, quale sia il corso delle sue azioni, de' suoi titoli, quali sono gli affari che ha fatto da che fu istituito e come li abbia condotti?».
Ma, al momento del voto, prevalse nel partito governativo la disciplina di partito.
Il giornale il «Gazzettino Rosa» di Milano denunciò, facendo i nomi, dei deputati che avevano preso mazzette per votare a favore della Regia: girava voce «che non meno di sei milioni si fossero distribuiti per comperare voti di deputati, che in numero di sessantacinque avevano messo al traffico la propria coscienza». 
I giornalisti furono condannati a 8 mesi di carcere: assieme agli effetti della tassa del macinato (fruttata allo stato solo 28 milioni), queste notizie creavano tensione in un paese allo stremo, dove la gente non tollerava questi scandali.

Finchè, il 5 giugno 1869, il deputato Cristiano Lobbia, maggiore dell'esercito, uomo di fiducia di Garibaldi, un eroe del Risorgimento, denunciò la corruzione, gli arricchimenti,lo scarso rispetto per il bene pubblico e chiese una Commissione di inchiesta.
Per forzare la mano, agitò in aula lo spauracchio, per il governo che quella concessione l'aveva fortemente voluta, di alcuni plichi che contenevano le prove.
«Annunzio solennemente alla Camera che posseggo dichiarazioni di testimoni, superiori a qualsiasi eccezione, le quali dichiarazioni sono a carico di un deputato nostro collega, e si riferiscono a lucri che avrebbe percepito nelle contrattazioni della Regìa dei Tabacchi».
La commissione fu così convocata il 16 giugno, ma il 16 sera, mentre si stava recando a casa dell'amico Martinati, Cristiano Lobbia fu vittima di un attentato, in via dell'Amorino: ferito ad un braccio e alla testa, riuscì a salvarsi, dopo aver sparato all'aggressore.


L'attentato suscitò una forte reazione: si vide nella mano dell'assassino (rimasto ignoto) la mano di un potere politico che non intendeva fare luce sulla Regia dei Tabacchi.

Sensazione che si accrebbe per lo scarso impegno da parte delle forze dell'ordine (che si muovevano sotto ordine del Re, come la magistratura) nel trovare il colpevole, nel raccogliere le prove.

Nel frattempo, il Re chiudeva le Camere il 17 giugno, impedendo di fatto la continuazione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta e la testimonianza di Lobbia. 

Se una parte della Stampa continuò la sua azione di critica nei confronti del Re e del governo, la stampa di destra, in particolare il giornale La nazione (di proprietà di Brenna, deputato coinvolto nella Regia) iniziò a far girare voci, insinuazioni, per cui Lobbia si sarebbe fatto l'attentato da sé.
Una simulazione per nascondere l'assoluta mancanza di prove a carico di Civinini (ex garibaldino, passato alla destra, anche lui coinvolto nel giro di mazzette) e degli altri personaggi da lui accusati.

Oggi la chiameremmo macchina del fango: Lobbia dovette però difendersi da un pericolo ben peggiore. Fu istruito, in fretta e furia, un processo a suo carico (e ai suoi amici che avevano firmato con lui i plichi con le prove) per simulazione di reato.

Lobbia si ritrovò da vittima ad accusato: l'indagine fu avocata dalla procura generale, il ruolo dell'accusa fu preso da tale De Foresta (che scrisse una requisitoria piena di menzogne, tirata per i capelli, ma ritenuta incredibilmente “la più probabile”.

Il sostituto procuratore generale spostato all'Aquila e sostituito dal conte Augusto Avet: ancora non erano tempi di giustizia uguale per tutti, e la giustizia, nello statuto albertino, era considerata emanazione del Re.
Re e governo che avevano tutti gli interessi a chiudere in fretta i lavori della Commissione (a porte chiuse e a Camera dei deputati chiusa) che mandò tutti assolti. E a distruggere l'immagine del maggiore Lobbia, non una persona integerrima (come ritenevano le persone che protestavano in piazza) ma uno con problemi di demenza in famiglia e che si era inventato tutto.

Il processo, Kafkiano, fu pilotato in una sola direzione: screditare la sua immagine, far intervenire in aula solo testimoni (provenienti da settori governativi, dunque ricattabili dall'esecutivo) che raccontavano la stessa versione (nel vicolo, Lobbia era solo e si sarebbe sparato).

Funzionari di polizia, dei ministeri, dell'agenzia delle dogane.

Perfino le prostitute di una vicina casa di Tolleranza.
Fino al testimone chiave: un tale, che non era presente nelle carte della requisitoria, che giura di essere stato presente quella sera in via dell'Amorino.

Ma non tutti gli uomini dello Stato si lasciano governare dai desiderata del Re e del governo.
Il procuratore del Re Giuseppe Borgnini, dopo la decisione di accogliere anche quest'ultimo testimone e dopo la requisitoria del sostituto procuratore generale De Foresta (piena di accuse e menzogne), scrive una lettera di dimissioni al guardasigilli Pironti, il cui finale merita di essere ricordato: 
«Rassegno le mie dimissioni dal posto di procuratore del Re di Firenze. Al rimprovero che mi si volle fare, io sacrifico venti anni di fatiche, spese con amore al mio Paese che può essere più intelligente ma non più intenso: offro il mio passato e il mio avvenire; ma una maggiore condiscendenza, ove si volesse, sarebbe una pretesa eccessiva. Signor ministro, se in me fu ferita la più preziosa prerogativa del magistrato, io provo almeno il conforto di lasciare, a chi succederà a me, un posto non compromesso da basse adulazioni o da indebite compiacenze. Firmato: Giuseppe Bognini».
La procura generale bloccò anche la richiesta dei difensori di applicare le sue guarentegie: per portare a processo un deputato serviva l'autorizzazione della Camera. Ma solo nel caso in cui la Camera fosse aperta. Ma il Re la tenne chiusa (caso unico nella storia) fino a metà novembre 1869. Un arco di tempo sufficiente per arrivare a sentenza. Il 17 novembre 1869.

Sentenza di condanna, per "simulazione di reato", «perché venne a trovarsi nell'assoluta necessità di scuotere fortemente con qualche fatto la pubblica opinione».
Il giornale “Il popolo d'Italia”, vicino a Crispi, commentò la sentenza con queste parole:

“Noi sapevamo già come la camorra scellerata che ci governa fosse tale da non retrocedere innanzi ad alcuna infamia; sapevamo che un governo come il nostro non avrebbe avuto ribrezzo né ritegno di sorta, ma che alcuni della magistratura, che dovrebbe tutelare l'onore e le sostanze dei cittadini, fossero così servili da scoprire in pubblico la loro lurida vergogna era tal cosa che non volevamo credere: ma poiché la cosa è vera noi diremo a questi signori che le donne da mercato, di cui invocarono la testimonianza, non sono che un pallido ritratto delle loro figure”.
Non solo le prostitute chiamate a testimoniare, col sospetto di essere state imbeccate per dare una versione di comodo. Ma anche la sensazione di testimoni manipolati, minacciati dal procuratore Nelli e dal giudice istruttore Tondi. Testimoni, quelli che avrebbero potuto dare sostegno alla tesi dell'aggressione, che si cercò anche di corrompere.

Lobbia, che non aveva presenziato alle sedute del processo in protesta contro il tribunale (che non aveva atteso la decisione della Camera), accettò la condanna e rifiutò (immaginiamo anche con un certo sdegno) l'amnistia (decretata dal Re, proprio per coprire tutti i reati politici).

Si arrivò all'appello: la procura generale arriva perfino a rifiutare le carte del processo alla Camera, per la necessaria autorizzazione a procedere. Uno scontro tra poteri dello stato (non indipendenti, come si è visto). Lo scandalo fu così forte, nel paese e nei palazzi del potere, che il presidente del Consiglio Menabrea (al potere quando fu firmata la concessione) fu sfiduciato in favore dell'esponente della destra, Giovanni Lanza che in aula aveva denunciato l'accordo. 

Era in corso, in quei mesi, un altro processo, relativo al furto dei documenti del deputato Fambri al cognato Brenna (proprietario del giornale La Nazione): in una di queste, pubblicate sui giornali, si parla di speculazioni sulle azioni del Credito. 
Questo processo viene ignorato dai media, diversamente da quello contro Lobbia su cui i giornali hanno molto romanzato, poiché coinvolge anche persone della maggioranza.

Siamo nel 1870: chiamato da Garibaldi, che non ha mai smesso di manifestargli la sua stima, Lobbia accorre al suo fianco per difendere la Repubblica francese nella guerra contro la Prussia.
Anche qui ha modo di farsi onore, in prima linea.
Rinunciò al mandato parlamentare e tornò a combattere con l'Armata dei Vosgi, stavolta con il grado di generale, e partecipare valorosamente alla battaglia di Digione.

La sentenza di appello arrivò nel 1872, confermando la condanna: ma la Cassazione la annullò, ma solo per un vizio procedurale. Il processo fu spostato a Lucca dove, nel 1875, il tribunale assolse Cristiano Lobbia. La notizia fu riportata solo su pochi giornali in poche righe.
Non interessava più a nessuno di Cristiano Lobbia, se non i suoi compaesani di Asiago. Ma intanto, attorno alla Regìa dei Tabacchi, continuavano a capitare strane morti di testimoni.
Gente che aveva assistito agli spari, uno che era stato indicato come presunto assassino. 
Stava diventando, il mistero della Regia dei Tabacchi, forse il primo mistero dell'Italia unita.

Lobbia trascorse i suoi ultimi anni a Venezia, senza vedere la sua onorabilità ripristinata. Dimenticato dalla gente, avvilito, mortificato nell'anima, chiedendosi se non fosse stato meglio morire, quella sera in via dell'Amorino, piuttosto che subire quella infamia di un processo politico.
Lui che aveva abbandonato gli studi in Ingegneria per unirsi ai moti insurrezionali del 1848 contro la tirannia austro-ungarica in Veneto, costituendo e comandando un corpo di 800 volontari da lui chiamato “Legione Cimbrica”.
Lui che aveva combattuto a fianco di Garibaldi in Sicilia; che aveva attraversato il Mincio a nuoto per raggiungere i Mille. 
Che di fronte alle notizie dello scandalo per la concessione dei Tabacchi, delle mazzette, dei parlamentari comprati coi soldi dei banchieri, dello sperpero di denaro pubblico, seppe subito cosa bisognava fare.

Anche se questo voleva dire mettersi contro il Re, il governo e i suoi ministri (che come abbiamo visto, erano anche coinvolti nello scandalo).

Sicuramente sarebbe stato giusto, per celebrare i 150 anni di storia, ricordare anche personaggi come Cristiano Lobbia, per cui la definizione di eroi, non è la solita frase di circostanza.
“I Misteri di via dell'Amorino”
è un pezzo della nostra storia: una storia in cui a persone nobili, si sono affiancati servitori dello stato infedeli, “magistrati integerrimi e giudici servili, patrioti idealisti e viscidi voltagabbana, povere peripatetiche divorate dalla sifilide e giornalisti dalla penna avvelenata. Intrighi, violenze, omicidi” .
Sembra una storia dell'oggi, a ben vedere: specie se si rileggono le parole con cui il ministro delle Finanze dell'epoca (un altro nobile) giustificava la concessione.
Per imporre la scelta del monopolio (invisa anche a pezzi della maggioranza) la mascherò parlando di riforma. Siccome nella conduzione della Regìa c’erano sprechi, inefficienza, sacche di parassitismo (anche allora), la proposta di ricorrere al capitale privato fu motivata da Cambray Digny (il ministro) con l’opportunità di risanare e razionalizzare l’azienda. 
Alla Camera, disse il ministro, si riteneva utile affidare la Regìa dei Tabacchi, a "una associazione di capitalisti, la quale, svincolata dai molti legami e tradizioni degli uffici governativi, potesse sradicare gli abusi, procedere a decisive riforme, ed avere l’interesse privato a sprone nell’introdurvi quelle norme e quei sistemi più semplici e capaci di cavarne un prodotto maggiore".
Lo Stato italiano aveva appena sette anni.

La storia dello scandalo della Regìa dei tabacchi.
L'articolo di Pietro Citati sul corriere: “L'affare tabacchi, il primo scandalo”.

Il link per ordinare il libro su ibs
La scheda del libro sul sito di Rizzoli
Technorati:

26 dicembre 2012

Considerazioni sull'agenda Monti

Partiamo dai tre problemi dell'Italia:
Mafie
Corruzione
Evasione

Problemi aggravati dal fatto che oggi sono oggi diventati parte del sistema Italia e si intrecciano tra loro. Per decenni siamo stati un paese a sovranità limitata, senza un vero cambio di classe politica, con un sistema industriale legato al pubblico che serviva più per motivi elettorali che per fare vera industria. Rischiamo di passare, nei prossimi anni, dalla difesa della ragion di Stato e dell'italianità (su cui si è troppo abusato), alla ragion d'Europa, usata come alibi per altri interessi.
L'Europa ce lo chiede non viene mai tirato in ballo quando si parla delle carceri, dei tempi dei processi, del pagamento dell'ICI da parte del Vaticano ...

Come se ne esce?

Dall'alto: col buon esempio, col massimo del rigore richiesto a chi ha un ruolo nella macchina nello stato.
Dal basso: con leggi migliori su evasione e corruzione.

Alcune riflessioni su alcuni punti dell'agenda Monti

Cambio della legge elettorale.
Monti dice che il primo compito del parlamento è quello di cambiare legge elettorale. Benissimo. Questa legge, il porcellum, è stata votata anche da Casini e Fini che, in questo momento stanno sposando in toto l'agenda. Non è una contraddizione?
Inoltre, mentre il Partito Democratico sta facendo le primarie /parlamentarie per selezionare almeno i nominati (con tutte le polemiche poi sugli esclusi, i No Tav e gli ambientalisti rompiscatole), cosa intendono fare i centristi per le loro selezioni? In che modo decidono chi eleggere, con quale trasparenza?

Lavoro
Per modernizzare il lavoro occorre una semplificazione normativa: intende una riduzione del numero dei contratti atipici?
Oggi, in proporzione, ci sono più contratti a tempo determinato, tra i nuovi assunti. Significa che il dualismo tra lavoratori protetti e non è già superato. In favore dei non protetti.
Spostare il baricentro della contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro: ma questo non indebolirebbe il ruolo dei sindacati confederali, ruolo garantito dalla Costituzione stessa?

Collegare una parte maggiore della retribuzione alla produttività: ma se non c'è lavoro, aumentano le ore di cassa integrazione, in che modo si può parlare di produttività? Lavorare in meno persone, lavorare di più?
Monti attacca la CGIL che trova difficile evolvere, a danno dei lavoratori: a parte il fatto che la CGIL e la Fiom hanno solo difeso dei diritti e le tutele, di fronte alle richieste dell'industria (in special modo la Fiat). Siamo sicuri che invece gli altri sindacati abbiamo fatto il bene dei lavoratori? Certo i loro iscritti non sono stati discriminati a Pomigliano (o Melfi).

Misure per l'invecchiamento attivo: favorire le assunzioni per gli over 55 disoccupati. Bellissimo, ma se non c'è lavoro per i giovani ..
Bene invece parte che parla di “detassazione e incentivi alla formazione” per favorire l'occupazione giovanile.

Liberalizzazioni.
Al momento, si è liberalizzato su orari dei negozi, parzialmente su taxi e farmacie.
Attendiamo l'authority sui trasporti.
Anche sull'energia, dopo quanto sentito dall'inchiesta di Report, non sembra che la strada presa dal governo favorisca l'apertura del mercato (Snam e Eni sono sempre controllate dallo Stato).
Rimane aperta la questione delle frequenze TV, un settore dove sono forti gli interessi del concorrente Rai, guarda caso pure partito politico.
Anche questo settore (le televisioni e il mondo dell'informazione televisiva) deve essere aperto alla concorrenza? Che dice Passera?
Esempio di liberalizzazione al contrario (e di cattiva privatizzazione), la vicenda Alitalia, che ora si vuole pure riunire con Trenitalia.

Giustizia.
Le proposte dell'agenda sono tutte da sottoscrivere: falso in bilancio, voto di scambio, prescrizione, conflitto di interessi (e la norma sulle intercettazioni, per indorare la pillola?). Anche qui viene qualche dubbio: Fini e Casini erano al governo con Berlusconi quando furono votate le leggi vergogna. Ex Cirielli, falso in bilancio, legge Frattini sul conflitto di interessi, legge Gasparri sulle televisioni.
Serve una vera legge sull'incandidabilità (troppo poco le pene sopra i 2 anni), sui conflitti di interesse, contro l'evasione.
Ma serve anche una lotta contro chi mette i soldi (o crea le aziende) nei paradisi fiscali. Se vuoi venire in Italia a lavorare con lo stato, devi avere i conti in ordine.

L'agenda attacca anche le lobby, che vanno regolamentate, come anche i bilanci dei gruppi per la tracciabilità dei finanziamenti. Tra le lobby inseriamo anche le società dei giochi online? Il Vaticano e le sue strutture sanitarie? Le società farmaceutiche (visto che la spesa sanitaria non è sostenibile?).

La lotta all'evasione: senza una vera lotta all'evasione è impensabile anche parlare di patrimoniale (o anche di modulare i ticket sanitari in base al reddito).
Ci sono tante strade: rendere i pagamenti sempre più virtuali (telematici), ma le banche devono abbassare le commissioni.
Aumentare i controlli. Essere inflessibili anche coi grandi evasori: non è solo il barista o l'idraulico che non battono lo scontrino. Anche banche e grandi imprese devono fare la loro parte.

Scuola e università.
Serve investire nell'istruzione, motivare gli insegnanti, rafforzare il sistema di valutazione (INVALSI), accrescere gli investimenti in ricerca. Con che soldi però? Con i soldi risparmiati dall'abbattimento del debito pubblico? O prendendoli dalla lotta all'evasione, dalle minori spese per gli armamenti, per le missioni militari. Togliendo risorse dalle grandi opere.
Altrimenti sono le solite promesse.

Donne
Finalmente le donne. Se vogliamo aiutare le donne dobbiamo iniziare a costruire più asili e scuole materne. Dare più soldi alle scuole per finanziare l'orario continuato, assumere insegnanti di sostegno. In questo modo si aiutano le donne a rimanere nel mondo del lavoro e magari a fare pure dei figli.
Da togliere di mezzo, la vergogna delle dimissioni in bianco e dei licenziamenti per maternità.
Bene l'ampliamento dei congedi parentali.
Qualche soldo in più in busta paga e meno precarietà, renderebbe più semplice la vita alle donne (e anche agli aspiranti papà).

Industria e energia
Va di pari passo con le liberalizzazioni.
Su che settori vogliamo puntare?
Sull'auto e sui bus ecologici? Oppure sulle armi? Come mai allora questo governo ha stanziato 8 miliardi a Finmeccanica (quella Finmeccanica) per investimento nel settore aeronautico?
Vogliamo l'energia pulita, il green, la difesa dell'ambiente eppure si sono concessi i permessi per la trivellazione delle nostre coste, per trasformare la Basilicata in un immenso Hub per il gas che arriverà in Italia.

Cultura e ambiente.
Dobbiamo valorizzare il nostro tesoro. Il fatto di essere un enorme museo all'aria aperta.
Ogni luogo d'arte deve essere aperto e disponibile al pubblico, dobbiamo difendere il marchio e l'immagine delle nostre bellezze.
Tutto questo si fa investendo nei musei, nelle sovrintendenze, nei poli museali. Smetterla con le nomine politiche dentro il settore della cultura, di persone che poi non sanno cosa fare.
Serve competenza.
Per quanto riguarda l'ambiente: questo governo ha introdotto la clausola del silenzio assenso per l'autorizzazione di nuove costruzioni, con un tempo troppo basso per poter dare una risposta.
Non è così che si fa: abbiamo consumato troppo territorio e dobbiamo cambiare direzione.
Anziché grandi opere, servono tante piccole opere distribuite sul territorio: dal mettere in sicurezza il territorio contro frane e alluvioni, al riqualificare quartieri e palazzi, oggi abbandonati (quando in Italia abbiamo bisogno di case).

Le mafie
Sono come la carie: laddove lo stato arretra nel suo compito, compaiono le mafie. Nel controllo del territorio, nella gestione della cosa pubblica, negli appalti nella finanza.
Le infiltrazioni, ci sono già. E' troppo tardi chiedere di alzare la guardia: bisogna equiparare le mafie al terrorismo (nessuna convivenza). Perché di terrorismo dobbiamo parlare: per l'inquinamento delle acque e dei terreni. Delle imprese. Degli appalti.
In Italia la legislazione antimafia (e la percezione della mafia stessa) ha avuto un'impulso solo nei periodi di "guerra", con i cadaveri eccellenti, gli attentanti e le bombe.
Dobbiamo avere paura, e contrastare, anche la criminalità organizzata che non spara ma che dispone di molta liquidità per comprarsi le coscienze di professionisti, imprenditori, amministratori locali e nazionali.
Lotta ai capitali, ai beni dei mafiosi.
Lotta all'omertà anche. E alle connivenze: chi è mafioso non è eroe.
Chi aiuta la mafia o non la denuncia, non può stare dalla parte dello Stato.

25 dicembre 2012

E' nato

In mezzo ai minatori del Sulcis
In mezzo ai precari costretti a lavorare per pochi soldi anche oggi
In mezzo ai senza lavoro, a quelli che il lavoro ce l'hanno ma vivono nella paura di perderlo
Ma anche in mezzo alle persone in fila per il pane in Siria
Nella scuola in Connecticut dove dei bambini è stata negata una vita
In mezzo alle vittime dei regimi, nel sud del mondo, nell'est del mondo.
Nelle prigioni di questi regimi, ma anche nelle nostre prigioni, di stato democratico.
Anche qui Gesù oggi è nato. 

24 dicembre 2012

Figura tecnica

Quante copie ci sono dell'agenda Monti? Chi è l'autore della seconda? L'ex senatore Ichino che oggi dice di voler fare il capolista per Monti in Lombardia?
L'articolo di Mantellini su Monti, Ichino e una certa sottovalutazione della rete.

A proposito, una domanda: si vuole ripristinare il falso in bilancio. Benissimo.
Ma come la mettiamo con Casini e Fini che proprio quel falso in bilancio lo tolsero, nel governo Berlusconi?

Altra domanda, la riforma delle legge elettorale: che ne pensa Casini, che è considerato il padre del porcellum?

Le liberalizzazioni e il costo dell'energia: come la mettiamo con l'eni, soprattutto dopo quello che ha raccontato Report?

Ideologie perniciose

O me, oppure il baratro. Come ha scritto Gilioli, la paura è ancora la chiave per questa campagna elettorale: prima era quella degli immigrati, ora quella dei mercati. Senza me, dice Monti, non c'è credibilità.

Perderemmo tutti i sacrifici. Sacrifici che finiranno, lo abbiamo letto, in grandi opere, nei caccia F35, per sanare il buco dell'evasione.
Ci sono buone cose nell'agenda Monti: molte si potevano anche fare in questa legislatura se ci fosse messo lo stesso impegno investito per togliere di mezzo l'articolo 18.
Quello definito pernicioso: 

”la crescita, che non può continuare in modo così penoso e negativo, può venire da una politica degna e forte, che non senta la necessità di correre a nascondersi, di fare promesse per acquisire consensi elettorali, questa è la peggiore forma di voto di scambio, che svenda il futuro dei giovani italiani per farsi rieleggere. O anche solo per adesione cieca a ideologie, magari nobili in passato, ma perniciose oggi visto com’è cambiato il mondo”.
Aspettando i posti di lavoro che la riforma Fornero porterà, possiamo però dire che quello che si ritiene pernicioso e la riammissione al lavoro dei licenziati senza giusto motivo (economico).
Che fuori dai cancelli di Melfi, anche se Monti non li ha visti, c'erano i lavoratori Fiom.

E che la Costituzione dice, all'articolo 4:

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. 

Report – acqua passata


Prima di parlare dell'inquinamento delle nostre acque, Milena Gabanelli ha voluto lanciare un appello,per i due marò appena rientrati dall'India dove, per il reato che viene loro contestato, rischiano la morte.
In base al diritto internazionale, dovrebbero essere processati nel loro paese, qui in Italia: potremmo, anche questa volta, non rispettare gli accordi e fare qui in Italia il processo, dove sconterebbero l'eventuale pena. Non lasciamoli strumentalizzare dalla cattiva politica: la nostra immagine, nel mondo, è offuscata anche da queste cose (oltre che dal bunga bunga, dalle mafie, dalla corruzione).

L'inchiesta di Piero Riccardi.

Chissà se anche la tutela dell'ambiente, e in particolare delle nostre acque, è cosa “arcaica” e perniciosa che non trova spazio nell'agenda Monti.
Come la tutela di chi viene licenziato senza un valido motivo, o per una discriminazione.
Il servizio del giornalista di Report ha parlato di due fiumi che sono stati trattati dalle imprese come fossero delle discariche. Tanto l'acqua scorre e porta tutto via.
L'inquinamentodel fiume Sacco, nel Lazio: un fiume, un ecosistema distrutto dal Lindano, un fertilizzante prodotto dalla Snia BDP di Colleferro.
E poi la bomba ecologica della discarica scoperta sul fiume Pescara: qui l'azienda che ha inquinato sarebbe stata la Montedison (ma c'è un processo in corso, che dovrà stabilire le responsabilità e i danni). Il fiume Pescara e i suoi affluenti dono sono finiti gli scarti di lavorazione della Bussi, come l'Esacloretano.

In comune questi due episodi hanno che sappiamo tutto: chi ha inquinato (processi a parte, quando qualcuno viene ucciso in una stanza chiusa è il maggiordomo l'indiziato), perché lo ha fatto, e quali sono i danni. Ma chissà come mai, in Italia è difficile far pagare i danni a chi inquina. La legge organica di tutela delle acque è arrivata, perché lo ha chiesto l'Europa, solo nel 1999. Chi inquina e distrugge l'ambiente, distrugge le attività agricole e di allevamento vicino alle sponde del fiume, compie un'opera di terrorismo ambientale.
Causa un danno che non si ferma alle generazioni passate e presenti: è un danno che si ripercuote su chi verrà dopo di noi. Non solo dal punto di vista sociale, per le malattie contratte da chi si è alimentato con le carni di animali contaminati (gli animali li abbattiamo, cosa facciamo con le persone?). Non solo un danno economico, perché alla fine è difficile in Italia far pagare questi danni alle imprese. È soprattutto un furto a chi verrà dopo di noi, cui non abbiamo saputo consegnare un ambiente (i fiumi, le montagne, i prati) come li abbiamo trovati noi.

L'acqua potabile rappresenta solo lo 0,5% del totale delle acque del pianeta: ogni fiume inquinato, ogni lago, ogni falda, è una parte che si sottrae a questa percentuale. L'acqua è preziosa, non solo perché dobbiamo bere per sopravvivere. L'acqua viene usata anche nelle industrie, per la produzione di beni e di alimenti. Una camicia in cotone o un hamburger da Mc Donalds. Anche questo sfruttamento idrico, non più sostenibile, è qalcosa che dovremmo rivedere.

Il servizio di Piero Riccardi ha ricostruito la storia dell'inquinamento del fiume Sacco: i giornali ne hanno parlato nel 2005, ma la Asl e l'ATA sapeva già dal 2003. La centrale del latte di Roma, che aveva bloccato solo il latte di un allevatore, ha aspettato mesi prima di denunciare. C'era già stato un processo, concluso nel 1990, con l'assoluzione dell'AD Enrico Bondi (che rientrerà anche nell'inchiesta sul Pescara), per la parte relativa al fiume Sacco.
Per decenni la Snia gettava le sue scorie, per la lavorazione di pesticidi in fusti gettati in un campo. Questo ha causato l'inquinamento dei terreni: tutti sapevano quanto poteva essere pericolo. Lo sapeva l'azienda, lo sapevano gli operai. Ma il lavoro è il lavoro, e il profitto e il profitto. Anche quando uccide un fiume e avvelena le persone.
E i fiumi: nel Sacco finivano le acque dell'azienda, piene di beta-esaclorocicloesano, senza passare per il depuratore.

Dal 1990, si è dovuti arrivare al 2005, all'inchiesta che ha iniziato a tirare in ballo anche le acque del fiume, per arrivare ad una bonifica dei terreni. Il processo del 1990 non cercò l'inquinamento nel latte e nel fiume (ma solo nei terreni). Il caso ha voluto poi che Bondi, come commissario di Parmalat, era a capo anche della Centrale del Latte di Roma, quella che ha aspettato diversi mesi prima di denunciare il latte avvelenato.

Bondi, oggi chiamato per l'operazione di spending review, fu assolto in quel processo: non sapeva né era responsabile. E gli operai della Snia furono licenziati da Bondi nel 1993.
Oggi, la stessa molecola che ha distrutto il fiume, si trova nelle persone anziane.
Tutti si sono adeguati a questo andazzo, di inquinare le acque: un modello produttivo criminale per cui, alla fine, nessuno paga.

Sintomo di una nostra scarsa attenzione al bene pubblico: tutto quello che non è di nostra proprietà, può essere usato a nostro piacimento. Se serve alle aziende per risparmiare sui costi di smaltimento, ben venga gettare le scorie in fiumi. Si risparmia a danno delle generazioni future.

La bomba ecologica del Pescara.
Scoperta nel 2007, è considerata la discarica illegale più grande in Italia: qui, nei terreni, la Bussi (e altre aziende) ha gettato gli scarti delle lavorazioni industriali.
All'inquinamento dei fiumi, si è arrivati però, per l'impegno del professor Croce, che dopo aver sentito la notizia della discarica, ha fatto analizzare le acque e terreni e a sue spese.
L'acqua era inquinata dall'Esacroletano, e questo ha collegato la discarica di Bussi all'acqua di rete.
Dal 2004 gli enti sapevano tutto, Asl, Ata, regione. Pensavano di risolvere la questione con la miscelazione dell'acqua, opzione proibita dal ministero. E poi con l'adozione di filtri, che hanno inquinato di più, però.

Chi inquina paga? No, nemmeno in questo caso. La fabbrica di Bussi era di proprietà della Montedison, poi passata alla Solvay. Nessuno si addossa le colpe: Mondedison dice che la Solvay sapeva.
Oggi il processo è bloccato, per un problema di lucchetti scambiati: le parti civili sostengono che l'azione della difesa tende a dilatare i tempi per arrivare a prescrizione.
Al momento, l'intera zona non è bonificata: il costo del “cappello”, per proteggere la superficie dei terreni, è di 1 ml di euro.
La soluzione definitiva sarebbe un sarcofago, come a Chernobil: costo complessivo 80 ml di euro. Che Montedison non vuole pagare.
MILENA GABANELLI IN STUDIO
Riepilogando, i nomi delle aziende sono noti, che cosa hanno prodotto pure e sono le
stesse sostanze che sono state trovate nel fiume. Quando partono le indagini è
inquinato il pozzetto a valle della Montedison, quando parte il processo il pozzetto a
monte della Montedison. Ora, siccome il sito è sotto sequestro e le chiavi del lucchetto le ha la forestale ci si chiede, ma è stato un errore, è stato manomesso, o l’acqua va in su? Ora per bonificare ci vogliono 80 milioni, è probabile che se la caveranno con i 12 che servono per impacchettare tutta quella roba. Dopodiché c’è lo stabilimento, alla Montedison è subentrata la Solvay che adesso dice: io me ne vado però in futuro nessuno mi deve chiedere conto se su questi terreni verrà trovato qualcosa che non va e qui si fa avanti Toto, quello dell’ Air one, che durante la vendita di Alitalia è riuscito a ripianare tutti suoi debiti, e Toto dice: mi prendo l’area dismessa, ci faccio un cementificio e salvo 100 posti di lavoro, ma non mi dovete chiedere di pulire perché non sono stato io ad inquinare e allora chi bonifica? E qui ci pensa un emendamento i cui padrini sono Gianni Letta e Marini che spostano 50 milioni dai fondi per il terremoto per metterli in una bonifica per reindustrializzare esattamente bonificare per reindustrializzare. In sostanza il commissario pulirà là dove mette i piedi Toto, intorno no però si dirà che alla fine tutto è stato bonificato anche se non è vero.
L'importante, come al solito, è il profitto dell'impresa privata.

Come a Colleferro, anche qui spunta il nome di Bondi, ex AD di Montedison, che non ha accettato di rispondere alle domande di Report.
Il ministro Severino, che ha difeso il vice di Bondi e la Montedison a Pescara, ha risposto dicendo che da ministro, non può rispondere delle sue attività da avvocato.
MILENA GABANELLI IN STUDIODi storie come quelle che abbiamo visto, purtroppo, in Italia ce ne sono tante, ma vale la pena di ripercorrere la cronologia di questo stabilimento: la Bpd faceva esplosivi, poi è arrivata la Snia che faceva prodotti chimici, poi la Fiat che faceva missili, alla fine i terreni sono finiti in mano a una immobiliare che è posseduta da una società olandese che ha la sede presso Banca Intesa ad Amsterdam, e che adesso si prende 60 milioni per farsi un po’ più in là. Intorno un fiume è morto e un sarcofago sui terreni permanente. A volte però la storia si ripresenta. Enrico Bondi si è trovato, la sorte ha voluto, che si trovasse sulla riva di un fiume inquinato e poi dall’altra parte sugli effetti prodotti da quell’inquinamento. Bondi è stato amministratore delegato della Montedison che possedeva lo Stabilimento di Bussi sul Tirino, della Snia Bpd che produceva i pesticidi i cui scarti di lavorazione sono stati trovati nel 2003 dalla centrale del latte di Roma controllata dalla Parmalat, proprio mentre Bondi gestiva la Parmalat. La notizia è esplosa due anni dopo, quando Parmalat con dentro Centrale del latte ha chiesto la riammissione in borsa. Abbiamo chiesto a Bondi un’intervista su questo argomento ma ci ha risposto che non è sua consuetudine concedere interviste.Precisiamo che nel latte oggi non ci sono problemi, ma i problemi sono quei terreni equel fiume. Poi c’è Paola Severino, oggi è ministro della Giustizia, nel 1993 avvocatodifensore del vice di Bondi nella questione che riguarda le discariche non autorizzate di Colleferro, e fino all’anno scorso difendeva Montedison nel processo di Pescara. Alministro Severino avremmo voluto fare una domanda semplice: perché in Italia è così difficile applicare una norma chiara: chi inquina paga? La risposta è stata: “da ministro non posso esprimermi su fatti che mi hanno vista coinvolta come avvocato”.
E nel frattempo noi stiamo consegnando a chi verrà dopo di noi un paese pieno di sarcofaghi.

Il link per rivedere la puntata, e il PDF con il servizio.    

23 dicembre 2012

Chiare, dolci, fresce, acque


Il promo della puntata di stasera:

Hai una schifezza da smaltire? Scaricala in acqua, l'acqua la diluisce, l'acqua la porta lontano, l'acqua non lascia impronte. Allora che problema c'è? Il problema c'è, lo vediamo domenica alle 21.30 su Rai3.

Chiare, fresche, dolci, acque ..
Si parla di acqua stasera: non quella del rubinetto, che deve essere pulita, buona e possibilmente pubblica. Stasera si parla delle acque dei fiumi e dei laghi: quelle acque dove, una volta ci si faceva anche il bagno e che ora sono diventate la via più semplice, per certe industrie e certi imprenditori senza troppi scrupoli, per ripulirsi di scorie e rifiuti.
È quello che è successo con le acque del nostro fiume, qui in Brianza: il Lambro. Se chiedi alle persone anziane, oggi, ti dicono che una volta ci si faceva il bagno, si pescava in quelle acque.

Stesse acque dove, nel febbraio 2010, dalla raffineria “La lombarda petroli” mani ignote  svuotarono del petrolio, causando un danno ambientale (in un fiume già inquinato da decenni) senza precedenti.

Sempre sulle sponde del Lambro, in una zona a rischio esondazione, Paolo Berlusconi voleva costruire Monza 2. Con tanto di cambio, ad personam, del Piano regolatore (l'ex ministro Romani) e di una legge regionale (la giunta Formigoni) che ha reso non più esondabile la zona di Monza e che impedisce solo a Monza di cambiare il proprio piano regolatore.

In che condizioni sono, oggi, le nostre acque?



L'anteprima su Report Time:

Nel 2005, 6000 capi di bestiame vengono abbattuti nella Valle del fiume Sacco, alle porte di Roma, per un inquinamento da betasaclorocicloesano, sversato nel fiume dal vicino stabilimento chimico di Colleferro.Due anni dopo, nel 2007, in Abruzzo viene scoperta a Bussi sul Tirino, proprio alla confluenza del fiume Pescara, quella che subito viene definita la più grande discarica di rifiuti tossici in Italia. Anche qui è coinvolta una fabbrica chimica.Queste sono solo due delle storie emblematiche che segnano la storia di fiumi e di bacini idrici in Italia: due dei 57 Sin, Siti di Interesse Nazionali, la cui emergenza ha visto la nomina di un Commissario straordinario.Tutto ciò che produciamo e consumiamo, attraverso uno scarico o dilavato dalla pioggia, finisce prima o poi in un torrente, in un fiume in un lago o in una falda: scarti industriali, solventi, lubrificanti, pesticidi agricoli, ma anche molecole come i ritardanti di fiamma contenuti nelle nostre plastiche di computer, imbottiture di divani e cruscotti di automobili. A dispetto pure dei nostri depuratori che tanto filtrano, ma nulla possono contro molecole e isomeri.Sembra acqua passata, ma il ciclo dell’acqua è infinito e prima o poi quello che finisce nei fiumi, nei mari e nelle falde, torna di nuovo. Quello che non torna mai, invece, sono le responsabilità di chi ha inquinato.
La puntata si intitola: "ACQUA PASSATA"
di Piero Riccardi
Siamo uno dei Paesi al mondo più ricchi d'acqua dolce. Sul nostro territorio ci sono ghiacciai, fiumi, laghi, sorgenti, falde acquifere copiosissime, dighe e bacini idrici, e a vederla scorrere l'acqua sembra sempre limpida a pura. C'è chi vuole privatizzarne la distribuzione, anche contro il volere popolare, con la scusa di migliorarne anche la qualità. E' così? Quello che è certo e che dopo cinquant'anni di industria chimica, e di carenza di leggi specifiche, molte delle nostre riserve d'acqua, sono ridotte a ricettacolo di scorie tossiche.
Uno potrebbe pensare è "acqua passata", perché il ciclo dell'acqua è infinito e che prima o poi quello che finisce nei fiumi, nei mari e nelle falde, torna di nuovo purificato, ma è così? E soprattutto in che condizioni torna? Quelle che non tornano mai invece, sono le responsabilità di chi ha inquinato e di chi doveva controllare e non l'ha fatto. Report nel corso della sua inchiesta, curata da Piero Riccardi, farà i nomi di coloro che sono tra i responsabili. E si scopre che ce ne è qualcuno eccellente.
E inoltre: Come va a finire? "LA DIVINA PROVVIDENZA" di Alberto Nerazzini
Dopo «La divina provvidenza» e «San Marcus», le nostre inchieste dedicate al San Raffaele, torniamo a occuparci del grande ospedale privato milanese, salvato da un concordato preventivo e dal Gruppo San Donato di Giuseppe Rotelli. Il primo imprenditore della sanità privata italiana, che per il San Raffaele ha sborsato 405 milioni di euro e si è accollato 300 milioni di debiti, s'instaura a maggio e a luglio annuncia il licenziamento di centinaia di lavoratori. Cerchiamo di capire come intende rilanciare l'ospedale e approfondiamo la struttura finanziaria del suo gruppo imprenditoriale. E poi qual è il futuro dell'università del San Raffaele? Che fine ha fatto Fondazione Marcus Vitruvius che voleva finanziarla con un miliardo di dollari?
Per la rubrica C'è chi dice no: "MISTER WIRELESS" di Giuliano Marrucci
Che la rete ormai sia un bene di prima necessità è un dato di fatto, ed è un dato di fatto anche che servirebbe di più a quelle popolazioni che vivono nei luoghi più sperduti e isolati. Ma visto che portare le strutture di una rete è un costo, va a finire che le compagnie non investono se non c'è un business di ritorno. Ecco perché è importante il lavoro di Trinchero e del suo laboratorio del Politecnico di Torino, che di mestiere portano la rete, con una manciata di euro, laddove agli altri non verrebbe neppure in mente.

I moribondi del palazzo Carignano

Ferdinando Petruccelli della Gattina, nel libro-reportage “I moribondi del Palazzo Carignano” traccia un affresco a tutto tondo dei primo parlamento, a cominciare dalle statistiche sugli eletti. Scrive:
«Il Parlamento italiano componesi di 443 membri; ciò che sur una popolazionedi circa ventitré milioni di abitanti dà quasi un deputato per sessantamila anime. La Camera ha validate 438 elezioni. Si è in via di rifare le altre. Su questi 438 deputati vi sono: 2 principi; 3 duchi; 29 conti; 23 marchesi; 26 baroni; 50 commendatori o gran croci; 117 cavalieri, di cui 3 della Legion d’onore; 135 avvocati; 25 medici; 10 preti [...]; 21 ingegneri; 4 ammiragli; 23 generali; un prelato; 13 magistrati; 52 professori, ex professori, o dantisi come tali; 8 commercianti o industriali; 13 colonnelli: 19 ex-ministri; 5 consiglieri di Stato; 4 letterati; un bey nell’Impero ottomano, il signor Paternostro; 2 prodittatori; 2 dittatori; 7 dimissionari; 6 o 7 milionari; 5 morti che non contano più, ben inteso; 69 impiegati, sopra 88 che sono ammessi dallo Statuto; 5 banchieri; 6 maggiori; 25 nobili senza specifica di titolo; altri senza alcuna disegnativa di professione; e Verdi! il maestro Verdi.
Non si dirà per certo giammai che il nostro è un Parlamento democratico! Vi è di tutto, il popolo eccetto».

Questo era il parlamento nei primi anni della nostra storia.
Non siamo andati molto avanti: non conosciamo le percentuali di condannati, ma si vede bene di che strati sociali sono rappresentanti gli eletti.
Professionisti, banchieri, nobili, dittatori, ufficiali.
Mi chiedo se, nella prossima legislatura, si avrà un bel cambiamento tra gli eletti in Camera o Senato, anche se non credo. Le uniche novità potrebbero arrivare dal M5S, eletti nel circolo ristretto degli iscritti, senza una vera selezione dei migliori. Anche il quarto polo, rischia di morire prima di aver visto la luce.


Gli altri partiti sarà una gara al seggio da parte dei già eletti (e dunque corresponsabili dell'attuale situazione): non voglio dire che siano tutti uguali, ma in questi lunghissimi mesi è stato difficile cogliere le differenze.
L'attuale legislatura nata sotto il segno della Casta, col buono proposito di essere una legislatura costituente, è stata un fiorire di leggi ad persona, scudi, lodi e legittimi impedimenti.
Le ronde, il presunto federalismo fatto togliendo risorse alle regioni (e non responsabilizzandole dal punto di vista contabile e penale), la caccia all'immigrato criminale perché clandestino. La schedatura dei Rom e gli accordi col dittatore Gheddafi (per poi voltargli le spalle prima che il gallo cantasse tre volte). La protezione civile usata come strumento di propaganda e per gli affari delle cricche di Palazzo Chigi.
Gli scandali: le case all'insaputa del ministro, le prostitute portate da imprenditori riconoscenti in cerca di affari, le grandi opere diventate grande spreco di denaro pubblico.
Ruby nipote di Mubarak.

Chissà se riusciremo a fare pulizia di questi moribondi, a 150 anni e passa dall'Unità. Oppure se i vecchi moribondi riusciranno a riciclarsi nelle liste che stanno nascendo. 

Oggi Monti lancia il suo “manifesto per ilpaese”: ancora non ha chiarito se scenderà in campo; sul Fatto Quotidiano leggiamo di voci di un dossier contro il professore.
Che bella campagna elettorale: gli impegni europei usati come alibi per smontare la Costituzione (quella che Benigni ha detto essere la più bella del mondo), i soldi per le grandi opere, per le banche, per le scuole private. E dall'altra parte i soliti slogan (e minacce) del cavaliere. Comunisti, meno tasse, liberismo.

E ambiente, mafie, diritti sul lavoro, tutele per chi rimane indietro?   

21 dicembre 2012

Forti di cuore


In casa fiat, Monti ha fatto il suo discorso di inizio campagna elettorale, basato sull'ottimismo:
da Melfi «parte un’operazione che non è per i deboli di cuore, ma noi sappiamo che può emergere un’Italia forte di cuore», un’Italia che chiede «un linguaggio di verità» e che non vuole «ripiombare in uno stato nirvanico». Perché sa che ora è  «irresponsabile dissipare i tanti sacrifici» che i cittadini hanno sopportato nel 2012, annota il premier, con «una disponibilità non registrata» in altri Paesi e che in futuro «potrebbero essere facilmente spazzati via».
Fuori dalla fabbrica sono rimasti i lavoratori Fiom, quelli che a Pomigliano (in  un altro stabilimento) sono rimasti fuori. Come i tre operai denunciati dall'azienda per il blocco della produzione, e poi assolti in appello.

Chissà cosa intende per linguaggio della verità. Magari la veirtà sullo stato di salute dell'Alitalia.

Dopo quello che ci hanno raccontato del salvataggio Alitalia (nel caso può chiedere a Passera o a Berlusconi, se lo chiama).

Oppure parla della situazione di Rosarno, dove sta per esplodere un'altra rivolta. Che ne pensa il ministro (ex) Riccardi?

Il discorso di ieri si concludeva con:
Un Paese che «tredici mesi fa aveva la febbre, anche alta, e non si poteva curare con un’aspirina, serviva una medicina amara non facile da digerire, ma assolutamente necessaria».

L'amaro Monti, appunto  ....

Servizio pubblico - tra Maya e Monti

Essendo tutti qui, dobbiamo pensare che la profezia dei Maya fosse veritiera come le promesse di Berlusconi e i principi del PD (o anche l'agenda di Monti).
Oppure che, per quanto visto ieri, i Maya si riferissero ad altro.

Il patto del Lingotto tra Monti (con Montezemolo) e Marchionne, sancito a Melfi, con tanto di operai (rigorosamente non Fiom) ad applaudire.
Il PDL che affonda la legge sulle liste pulite (o quasi), per bloccare i condannati fino a 2 anni.
Il presidente della Repubblica che, anziché mandare Monti a riferire alla Camera (e non solo ai giornali) le sue decisioni, anziché imporre al parlamento qualche provvedimento per svuotare le carceri (o costruirne di nuove), trova tempo per la grazia di Sallusti.
Berlusconi che, nell'ennesima giravolta, cita D'Alema per attaccare Monti.
Bersani che, un pò mestamente, dice che "i partiti personali" non sono il bene del paese.
La Russa che chiede una deroga per la sua lista.

E' la fine della seconda repubblica che lascerà il posto a qualcosa di diverso: la prima repubblica, dove i partiti sono sostituiti da liste di ex appartenenti a partiti già presenti in Parlamento. O da membri della società civile, forse come quelli che ieri erano ospiti di Santoro.
Anche qui, un chiarimento: quando la società civile scendeva in piazza contro Berlusconi, per protestare contro le sue leggi ad personam, non andava bene.
Ora che "scende in piazza" la società civile composta da professionisti, imprenditori, associazioni cattoliche, sembra una grande rivoluzione.

Nell'anteprima della puntata, Santoro si è rivolto a Berlusconi, che sarà suo ospite il 10 gennaio.



"Intorno a noi c'è una grande confusione. Caro Berlusconi è Natale ma sembra Pasqua: lei è risorto!"
Santoro ha ricordato ancora l'editto bulgaro che, nonostante i tecnici, è difficile da cancellare."Voglio rassicurarla: se accetta di venire da noi la accoglieremo e sarà una trasmissione giornalistica".

Come si è detto, in studio, a discutere di crisi e di Monti bis, tre imprenditori e una sindacalista.
Diego Della Valle, Alfio Marchini e Oscar Farinetti e il segretario del Sindacato pensionati italiani (Spi) Cgil Carla Cantone. In studio anche il consigliere dell’Emilia Romagna espulso dai 5 Stelle Giovanni Favia (che ha fatto l'intervento più interessante, come a dire che non basta essere imprenditori ..).

Prima di partire con gli interventi, è andato in onda un servizio di Giulia Bosetti: i centri commerciali pieni di gente che non compra. La crisi, l'IMU, gli stipendi bassi, il lavoro che non c'è.
E anche, fuori, i negozi e le attività commerciali chiuse.
E chi rimane aperto che spiega "il nero ci permette di sopravvivere".

Ma tanto adesso scende in campo il suo "punto di svolta epocale", come ha detto ieri a Melfi.
Che poi, a sentire le sue dichiarazioni, si capisce che non si candiderà direttamente alle elezioni. Come ha spiegato alla CNN (in inglese si spiega meglio) "non mi candiderò alle elezioni". Ma aiuterà il processo di integrazione dell'Italia nell'Europa. L'europa delle banche e dei mercati.

Ha esordito Diego Della Valle, in studio, ricordando il buon lavoro di Monti, all'inizio (c'era il baratro, la crisi ..). Ma la situazione di crisi poteva essere affrontata in modo più realistico. Nonostante abbia portato al paese stabilità e sicurezza, ha sbagliato, Monti, nella comunicazione e nel rapporto col paese.
Della Valle è stato però critico nei confronti della sua candidatura, che non fa bene a Monti. Dietro cui si stanno nascondendo i furbetti, riciclati dai vecchi partiti.

Alfio Marchini, pessimista, nel suo intervento ha ricordato la Costituzione, la situazione da cui veniamo e anche quella dei paesi emergenti.
Dobbiamo decidere su cosa non possiamo rinunciare (i primi 12 articoli della Costituzione) e togliere il resto.

Nel resto include, lo ha spiegato in un secondo momento, la riforma del welfare che, così com'è, non ha più i presupposti di esistere.
Basterà "rimboccarsi le maniche" per ripartite, come dice Marchini? A me sembrano le solite parole da "politico" in campagna elettorale.

La Cantone ha invece puntato il dito sulla politica del rigore. Che non è stata affatto equa e che ha fatto pagare la crisi sui soliti noti.
Il 10% delle famiglie ha il 50% della ricchezza del paese e si farà un buon Natale: la crisi non è uguale per tutti.
E non è un voler criminalizzare la ricchezza, come ha cercato di attaccarla Della Valle: se chi è ricco diventa sempre più ricco e viene pure tutelato, allora è il sistema democratico che ha una falla.
Se sanità e istruzione sono "cose da ricchi" perché non ce le possiamo più permettere, allora dobbiamo rivedere anche la Costituzione.
La sindacalista ha ricordato le riforme Fornero, quelle che costringono al lavoro più a lungo, in un paese dove a 50 anni rischi di rimanerne senza. E i giovani sono a spasso.

Giovanni Favia ha invece parlato delle origini della crisi: non ha voluto dire nulla sulla sua espulsione.
Ricordiamoci, al momento delle elezioni, che coloro che dovranno aggiustare il paese dalla crisi saranno gli stessi che nella crisi ce l’hanno portato.
Berlusconi, Casini, i montiani che si nascondono dietro Monti, e anche parte del PD, che non sempre in questi anni ha fatto vera opposizione al cavaliere.

Esiste un orizzonte che va oltre lo spread e che include altre tematiche come l'energia, i beni comuni, l'ambiente e il consumo del territorio.

Tutti argomenti che sfuggono all'agenda Monti.

L'imprenditore di Eataly, Farinetti, ha fatto un intervento all'insegna dell'ottimismo.
Bene la discesa in campo di Monti, così renderà più credibile e meglio rappresentato il centrodestra.
Ha anche ricordato la mancata riforma delle legge elettorale, l'unica cosa che i partiti dovevano fare e su cui nemmeno Monti si è impegnato troppo.

Qui trovate l'elenco degli interventi degli ospiti.

L'intervento di Travaglio: le armi contro l'antipolitica.
Hanno fatto di tutto i partiti per fermare l'antipolitica.
Con il dire sempre la verità.
La coerenza.
E l'onestà.

La verità, come la non discesa in campo di Monti.
Riccardi che doveva andare in Africa a fine mandato.
Napolitano che aveva detto che non sarebbe stato lui a dare l'incarico al prossimo governo.

La coerenza è quella dei montiani dell'ultima ora. Come B., Mastella, Pisanu, Brunetta.

E l'onestà: dai Fiorito, a quelli che si fanno rimborsare anche i lecca lecca.



Gianni Dragoni: anche i ricchi fuggono


20 dicembre 2012

Banchieri & compari, di Gianni Dragoni

Banchieri & compari: come malafinanza e cattivo capitalismo si mangiano soldi dei risparmiatori.

I libri di Gianni Dragoni (giornalista del sole 24 ore) hanno il grande pregio di raccontare in modo chiaro e trasparente, quello che succede dentro il mondo della finanza.
Un mondo che, se siamo arrivato ad un passo dal baratro per la crisi che stiamo affrontando, ha delle colpe ben precise. E che ancora non sta pagando.

Questo libro è una sorta di "agenda nera" dell'azione di governo in Italia (e anche nel mondo) a voler essere maligni: un'azione che avrebbe dovuto salvare il paese (tutto) e l'unità dell'Europa e che invece ha, al momento, salvaguardato la salute delle banche.
Si comincia dalla domanda: che fine han fatto i 270 miliardi arrivati anne nostre banche (Unicredit, Intesa, MPS ..) dalla BCE ad un tasso dell'1%?

"Tra la fine del 2011 e il febbraio del 2012 la Bce ha elargito alle banche 1019 miliardi in totale. Le italiane sono quelle che hanno ottenuto di più: circa 270 miliardi. Dove sono finiti questi soldi?"
pagina 27

Avrebbero dovuto dare respiro all'economia reale, quella che, negli anni del liberismo è stata schiacciata dal principio del "fare denaro col denaro".
Quella per cui è sano investire in azioni speculative, piuttosto che nel capitale umano (le persone che lavorano per te) o nella ricerca e sviluppo.
Se oggi il nostro paese è alla continua ricerca di soldi, per la diminuzione del debito, qualche colpa ce l'hanno anche loro.

La nostre banche e i nostri banchieri continuano a rivendicare la loro solidità: eppure è lampante che ci sia qualcosa che non va. Le raccomandazioni per un aumento di capitale dopo gli stress test europei; i tagli dei posti (anche a seguito delle fusioni dei gruppi) di lavoro e, in contrapposizione, l'aumento degli stipendi dei manager.
Un aumento che non ha una corrispondenza nello stato di salute delle rispettive banche, né nello stato di salute dei nostri conti correnti (per non parlare di mutui e prestiti).

I soldi della BCE sono stati usati per speculare sui nostri titoli di stato, causando l'abbassamento dello spread.
Ogni aumento di questo indicatore rende l'Italia meno attraente per gli investitori e ci costa più miliardi per gli interessi che paghiamo sul debito.

"L'errore maggiore non è stato comprare Antonveneta ma 27 miliardi di titoli di Stato che oggi ci mangiano cinque miliardi di capitale. Senza questi titoli non avremmo avuto bisogno di supporto pubblico."
Alessandro Profumo, neopresidente del Monte dei Paschi, 28 agosto 2012.
pagina 45
Bisognerebbe abbassare il debito allora: come farlo?
Nei mesi passati si è parlato delle cartolarizzazioni e della dismissione dei beni pubblici. Nel passato, con Tremonti, è stato un mezzo fiasco e ci hanno guadagnato solo gli intermediari (le banche, anche). E c'è un'altra cosa da dire: da una parte si vogliono vendere palazzi e case. Dall'altra le nostre stesse istituzioni continuano ad affittare nuovi spazi.

Un altro problema del nostro paese è quello dell'evasione. Parliamo di un sommerso di 280 miliardi di euro, con un mancato introito per lo stato di 150 miliardi.
Colpa delle politiche "indulgenti" nei confronti degli evasori.
colpa dei vari condoni, che sono stati un affare solo per le banche, ancora loro: quello del 2011 ha riguardato 100 miliardi scudati, di cui solo 34 sono effettivamente arrivati in Italia. Gli altri sono rimasti in Svizzera e negli altri paradisi fiscali.
E anche le nostre banche, hanno anche qualche problema di elusione (o evasione): i casi Brontos per Unicredit, il caso della Biverbanca per Intesa (per cui il ministro Passera è stato indagato).

"Il fisco ha mosso contestazioni alle banche italiane per una somma tra i quattro e i cinque miliardi di euro di imposte non pagate e sanzioni. Ha recuperato solo un miliardo. E gli altri?"
pagina 52
A consigliare queste operazioni, di "abuso di diritto", che questo governo intendeva pure depenalizzare, lo studio da commercialista dell'ex ministro Tremonti.
Lo stesso che poi, come ministro, chiedeva agli italiani di pagare le tasse.

Mentre in Italia si fa la caccia ai piccoli evasori (o si fanno i blitz nelle località esclusive, con pochi risultati concreti a lungo termine), dall'altro ci si dimentica delle grandi evasioni. Una strabismo, che autorizza a pensare male (molti componenti dell'attuale esecutivo provengono da quel mondo). E che comunque ci costa diversi miliardi di mancati incassi.
Sono i soldi che poi dobbiamo recuperare coi tagli, con la spending review.

Altra nota dolente, le privatizzazioni.
Ogni volta che si è generata una commistione tra politica e finanza, è sempre stata a danno del pubblico. Ovvero, le nostre casse ci hanno rimesso.
così è stato per l'Ilva, per la Telecom, per la vecchia Alitalia (di cui Dragoni aveva parlato l'anno scorso nel libro "Capitani coraggiosi").
Oggi, sempre per abbattere il debito, l'idea è quella di usare la Cassa depositi e prestiti (che è al di fuori del recinto del debito, come anche in Germania e in Francia), come la vecchia IRI.
Presso questo ente, di proprietà del Tesoro, sono finite le azioni di Snam, per la presunta liberalizzazione del mercato energetico (la separazione Eni-Snam). Anche Eni è di proprietà, al 30%, del tesoro.
Si chiama finanza creativa, o gioco delle tre carte.
Stesso gioco che si metterà in atto per salvaguardare la "italianità" delle Generali (un pacchetto azionario verrà comprato da Cdp) e per la banda larga di Telecom.

Le uniche liberalizzazioni che si sono fatte, anche a metà, hanno riguardato taxi, negozi e farmacie.

Mentre Obama discute di aumentare le tasse ai ricchi, qui in Italia si è discusso a lungo di fare una patrimoniale. Il timore di una fuga all'estero ha bloccato, al momento, questa ipotesi.
Di certo è che oggi la crisi la stanno pagando di più i ceti più deboli: la tobin tax, la tassa sulle transazioni, è passata a livello europeo.
Ma in Italia, al momento, sono state esentate ancora le banche.

Nel contempo si è reso meno protetto il mondo del lavoro, si è allungata l'età della pensione e non si è fatto abbastanza sul costo del lavoro (nè su quello dell'energia).
Difficile pensare ad una crescita, con questa politica. In Germani si investe in ricerca e le grandi imprese fanno da apripista per quelle piccole, in Italia si delocalizza.

Il capitalismo di relazioni.
Dragoni ne aveva già parlato nel libro "La paga dei padroni": il nostro è un sistema che più che sul merito, è basato sulle relazioni e le amicizie, anche politiche. Sui doppi incarichi (che portano inevitabilmente ai conflitti di interesse), sulle catene lunghe di comando, sui patti di sindacato.
Da una parte non si finanziano le piccole imprese, si chiede di ridurre nuovamente il costo del lavoro, dall'altra il sistema della finanza e delle banche, tende a salvare se stesso:

"Ligresti è indebitato per più di due miliardi verso le banche. Nonostante questo, Unicredit ha messo a sua disposizione 205 milioni. La stessa banca ha deciso di tagliare 5200 dipendenti entro il 2015. Ma la perdita causata dal salvataggio di Ligresti corrisponde al costo di mille dipendenti in un anno. E Intesa ha aumentato i tagli da 3000 a 5000 posti."
pagina 37
Parlando degli stipendi (e buonuscite) dei top manager, Marchionne, Geronzi, Ligresti, Dragoni cita una frase di Pascal: "Non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto."
"Stipendi dei top manager delle banche: nel 2011 Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, ha ricevuto 2,93 milioni lordi; Pier Francesco Saviotti del Banco popolare 2,03 milioni; Federico Ghizzoni di Unicredit 2,01 milioni; Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo, 1,62 milioni, e l'ex amministratore Corrado Passera 3,26 milioni."
pagina 47

Come avviene anche nel pubblico, sono gli stessi manager a stabilire la giusta busta paga: e se arriva una legge che blocca i doppi incarichi, basta sostituirsi col proprio figlio/a (come i Berlusconi in Mediobanca).

Dopo aver parlato di Rai e Alitalia, come esempi di cattiva gestione della "cosa pubblica", Dragoni passa al capitolo derivati.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio: la crisi globale del 2007 non ci ha insegnato su quanto si paghi a caro prezzo la spregiudicateza della finanza (derivati, bolle speculative, swap).

Di ieri la notizia della condanna a Milano di alcune grandi banche d'affari (JP Morgan, DB, UBS), per l'inchiesta sui derivati venduti al comune di Milano.

"Il 3 gennaio 2012 il Tesoro ha pagato due miliardi e 567 milioni di euro alla Morgan Stanley per estinguere alcuni contratti derivati stipulati nel 1994."
pagina 122

Nel circuito della finanza, nelle nostre banche, circolano ancora queste bombe finanziarie.
E dobbiamo ancora fare molto, per rendere più trasparente il sistema e più controllato.

 "Penso che il momento del rimorso e delle scuse da parte delle banche debba considerarsi finito."
Bob Diamond, amministratore delegato della Barclays, al Parlamento inglese nel gennaio del 2011. Un anno e mezzo dopo si è scoperto che la banca manipolava sottobanco il Libor e l'Euribor, i tassi di riferimento del mondo finanziario.
pagina 131
I casi Barclays, sulla manipolazione dell'Euribor, e della quotazione di Facebook (su cui ha guadagnato JP Morgan gonfiando il prezzo iniziale delle azioni), dovrebbe dirci qualcosa.

La scheda del libro sul sito di Chiarelettere.
Il link per ordinare il libro su ibs
Technorati: