03 settembre 2012

Il generale lasciato solo


Il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa è uno dei quattro “Uomini soli” di cui Attilio Bolzoni parla nel suo libro.

Il generale con gli alamari cuciti addosso, il generale dei nuclei antiterrorismo grazie a cui riusci a combattere e vincere il terrorismo rosso negli anni 70-80.
Ma anche l'ufficiale che, nel 1949 indagò sull'omicidio del sindacalista Placido Rizzotto, per arrivare alla mafia dei Corleonesi. Il dottor Navarra e i suoi soldati Luciano Liggio e anche Totò Riina e Bernardo Provenzano.

Troppo zelo, troppa voglia di indagare a fondo, non solo sulle coppole storte.
Il trasferimento in varie caserme dell'Italia del nord e poi il ritorno a Palermo, nel 1966, a capo della Legione: sono gli anni successivi al sacco di Palermo di Ciancimino, Gioia e Vassallo. Sono gli anni in cui la mafia è già diventata mafia imprenditoriale, nel campo delle costruzioni. Ma ancora, per intere parti della magistratura, per le istituzioni, per la politica, la mafia non esiste.
Ma Dalla Chiesa e i suoi uomini tracciano una mappatura delle famiglie palermitane.

Nel 1973 a Torino per combattere il terrorismo, grazie ai metodi imparati nella lotta alla mafia. Schedature, mappa delle relazioni tra personaggi e famiglie.
La storia del generale Dalla Chiesa è piena di interruzioni: come a Palermo (e Corleone prima), anche a Torino il lavoro del suo “nucleo” viene interrotto, la brigata di cui era capo viene sciolta nel 1976.
Per essere ricostituita nell'estate 1978, dopo il rapimento e la morte dell'onorevole Aldo Moro.

Chiese l'iscrizione alla P2 per ottenere la promozione a generale di divisione. Nuovamente messo da parte, anche dopo lo scandalo delle liste della loggia P2 scoperte nel 1981, viene ritirato in ballo dal presidente Spadolini. 
Dopo la morte del deputato comunista Pio La Torre, è mandato come prefetto a Palermo per combattere la mafia. Pieni poteri, ma solo a parole. 

Qui, il generale, ma anche l'uomo, è lasciato solo. Solo perché questa volta, non ci si vuole fermare alla mafia che spara, ma anche alla mafia che si è fatta impresa e finanza. Dalla Chiesa vuole entrare nelle casse dei cugini Salvo, nelle banche.

Nell'ultima intervista al giornalista Bocca disse: 

«Credo di aver capito la nuova regola del gioco. Si uccide il potente quando avviene questa combinazione fatale, è diventato troppo pericoloso, ma si può uccidere perché isolato».
A Falcone, Buscetta confessò che Dalla Chiesa fu ucciso non solo per volere di Cosa Nostra, ma perché il generale era ingombrante per qualcuno nello stato.
I diari di Moro. Le connessioni tra mafia e politica. Ancora oggi non sappiamo i perché della sua morte, il 3 settembre 1982 a Palermo.
Ancora oggi, osserviamo l'isolamento di magistrati e uomini delle forze dell'ordine che cercano di indagare su mafia e imprese, su mafia e politica.
Uomini soli, lasciati soli perché non si lasciano piegare dal potere.  

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