15 giugno 2012

Una lama di luce - l'incipit

La matinata, sino dalla prim'alba, si era addimostrata volubili e crapicciosa. Epperciò, per contagio, macari il comportamento di Montalbano, in quella matinata, sarebbi stato minimo minimo instabili. La meglio era, quanno capitava, di vidiri il meno nummaro di pirsone possibbili.
Cchiù passavano l'anni e cchiù s'addimostrava d'umori sensibili alle variazioni climatiche, all'istesso modo che una maggiori o minori umidità agisci supra ai dolori d'ossa di un vecchio. E arrinisciva sempri meno a controllarisi, ad ammucciari l'eccessi d'alligria o di grivianza.
Nel tempo che ci aviva dovuto 'mpiegari per arrivari dalla sò casa di Marinella insino alla contrata Casuzza, sì e no 'na quinnicina di chilometri ma tutti fatti di trazzere bone per cingolati o di stratuzze di campagna tanticchia meno larghe della larghizza della machina, il celo dal rosa chiaro era passato al grigio e po' dal grigio si era convirtuto al cilestre splapito per firmarisi momintaneo a un bianchizzo neglioso che sfumava i contorni e confonniva la vista.

La tilefonata gli era arrivata alle otto del matino, mentri che stava finenno di farisi la doccia. Si era susuto 9 tardo pirchì sapiva che quel jorno non doviva annare in ufficio.
S'infuscò. Non s'aspittava d'essiri chiamato al tilefono. Chi era che gli scassava i cabasisi?
In linia teorica, in commissariato non avrebbi dovuto essirici nisciuno fatta cizzioni del cintralinista pirchì quella sarebbi stata 'na jornata spiciali per Vigàta.

Spiciali in quanto che il signori e ministro dell'Interno, di ritorno dalla visita all'isola di Lampidusa indove i centri d'accoglienza (sissignori, avivano il coraggio d'acchiamarli accussì!) per gli immigrati non erano cchiù 'n condizioni di continiri manco un picciliddro di un misi, le sarde salate avivano maggiori spazio, aviva espresso la 'ntinzioni di spezionari l'attendamenti di fortuna priparati a Vigàta. Che già, da parti loro, erano chini come l'ova, con l'aggravanti che quei povirazzi erano costretti a dormiri 'n terra e a fari i loro bisogni all'aperto.

Epperciò il signori e quistori Bonetti-Alderighi aveva proclamato la mobilitazioni generali tanto della questura di Montelusa quanto del commissariato di Vigàta per blindari le strate del percorso che avrebbi dovuto fari l'alto pirsonaggio onde evitari che ai sò oricchi non arrivassiro frischi, piriti e parolazzi (in taliàno chiamati contestazioni) della popolazioni, ma sulo gli applausi di quattro morti di fami appositamenti pagati.
Montalbano, senza pinsarici supra un momento, aviva scarricato il tutto supra alle spalli di Mimì Augello e sinni era approfittato per pigliarisi 'na jornata di riposo. Al sulo vidirlo in tilevisioni, a Montalbano il signori e ministro gli faciva viniri il sangue suttasupra, figurarisi a vidirlo di pirsona pirsonalmenti.
Il tutto, nella sottintisa spiranzia che, per il rispetto dovuto a un membro del governo, 'n paìsi e nei dintorni non capitassero né ammazzatine né autri fatti delittuosi. I sdilinquenti di certo avrebbiro avuto la sdilicatizza d'animo di non trubbare quella jornata gaudiosa.
Perciò chi poteva essiri a tilefonari?
Addecidì di non arrispunniri, ma il tilefono, doppo essirisi azzittuto per tanticchia, tornò a sonari.
E se era Livia? Che macari gli doviva diri qualichi cosa d'importanti? No, non c'erano santi, doviva sollevari il ricevitori.

«Pronti, dottori? Catarella sum».
Strammò. Catarella parlava 'n latino? Che stava capitanno all'universo? La fini del munno era vicina? Di sicuro non aviva sintuto bono.
«Che dicisti?» «Catarella sugno, dottori».
Respirò sollivato. Aviva malo sintuto. L'universo tornò nell'ordine.
«Dimmi».
«Dottori, lo devo avvirtiri in primizia di tutto che di cosa longa e compricata trattasi».
Montalbano col pedi si tirò vicina 'na seggia, ci s'assittò.
«E io ccà sugno».
«Vabbeni. Stamatina essenno che il sottoscritto erasi arrecatosi all'ordini del dottori Augello in quanto che 11 c'era l'aspittativa dell'arrivanza dell'aliquottero che apportava il signori e ministro…».
«Arrivò?».
«Non lo saccio, dottori. Sono ignorevole della circostanzia ».
«E pirchì?».
«Sono ignorevole in quanto non trovomi in loco».
«Ma dove sei?».
«In un autro loco dettosi contrata Casuzza, dottori, che attrovasi appresso al vecchio passaggio a livello che veni doppo».
«Lo saccio indov'è 'sta contrata Casuzza. Ma mi vuoi spiegari che ci fai, sì o no?».
«Dottori, addimanno compressione e pirdonanza, ma se vossia mi metti 'n mezzo 'n continuo la 'ntirruzioni io...».
«Scusami, vai avanti».
«Donchi, a un certo momento il detto dottori Augello arricivitti ’na tilefonata dal nostro cintralino indove che io ero stato assostituito dall’agenti Filippazzo Michele in quanto che il detto erasi storciuniato ’na gamma e...».
«Scusami, il detto cu? Il dottor Augello o Filippazzo?».
Trimò al pinsero che essennosi fatto mali Mimì attoccava a lui annare a riciviri al ministro.
«Filippazzo, dottori, il quali che quindi non potevasi apprestare al servizio attivico, e la passò a Fazio, il quali, sintuta la suddetta tilefonata, mi dissi di lassari perdiri l’aspittativa dell’aliquottero e di arricarimi urgentevole ’n contrata Casuzza. La quali...».
Montalbano si fici pirsuaso che ci sarebbi voluta mezza matinata per arrivari ad accapirici qualichi cosa.
«Senti, Catarè, facemo accussì. Ora m’informo e po’ mi faccio risentire io tra cinco minuti».
«Ma il ciallulare ’ntanto io lo devo tiniri astutato o no?».
«Astutalo».
Chiamò a Fazio. Il quali arrispunnì ’mmidiato.
«È arrivato il ministro?».
«Non ancora».
«Mi ha telefonato Catarella ma dopo un quarto d’ora di parlata ancora non ci avevo accapito nenti».
«Dottore, le spiego io di che si tratta. Un contadino ha chiamato il nostro centralino per farci sapere che nel suo campo ha trovato una cassa da morto».
«Vuota o piena?».

L'incipit lo potete trovare qui.
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PS: ma come faranno a tradurlo in inglese o in tedesco?

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