12 giugno 2012

L'uomo nero di Luca Poldelmengo


Se c'è un libro che può spiegare cosa si intenda per noir italiano, questo potrebbe essere “L'uomo nero” di Luca Poldelmengo.

Ovvero il racconto del lato oscuro della società di oggi, l'assenza di una linea di separazione chiara tra il bene e il male e tra buoni e cattivi. La facilità con cui si può sprofondare nel crimine, per non uscirvi più.
Ne L'uomo nero, protagonisti sono tre persone le cui storie si intrecceranno a seguito di un omicidio mascherato da incidente.
Marco, Gabriele e Filippo. 

Marco è diventato poliziotto per imposizione paterna: ha passato l'intera vita a subire le scelte e a rimandare di volta in volta la svolta, il cambiamento.
Ogni volta, la promessa di cambiamento, suggellata con un nuovo viaggio in una località esotica, rimaneva incompiuta: uscire dalla polizia (e accettare le ire del vecchio), trovarsi una ragazza, uccidere il padre padrone ..
Un uomo in perenne fuga da se stesso.

Evitare noie era il suo comandamento, qualsiasi cosa richiedesse troppo impegno non valeva la pena di essere fatta. Sul lavoro rispettava minuzioso i precetti che si era dato: fare il minimo indispensabile. Nel suo caso, praticamente nulla.Marco rappresentava un'anomalia nelle file della polizia italiana: non era diventato poliziotto per vocazione, né per bisogno; lui era sbirro per volontà divina! Quella di suo padre, Donato Alfieri, congedatosi dal serviziocon il ruolo di voce capo della polizia.
Il genitore aveva scelto per lui una carriera in divisa; e come Garibaldi a Teano, aveva detto obbedisco! Consegnandogli così le chiavi della sua vita di cui, di questo ne era convinto, il suo vecchio si sarebbe appropriato comunque.Pagina 20 

Gabriele, a capo di una catena di alberghi, è uno venuto su dal nulla: l'egoismo e l'avidità sono state le fondamenta della sua vita. Ora, con un matrimonio con una signora della Roma che conta, sta finalmente facendo il suo ingresso in società.
Ingresso a cui non può e non vuole rinunciare per nulla.
Capì presto che l'impressione che aveva avuto del suo capo in quel primo giro in macchina non era lantana dal vero. A Gabriele non solo piaceva ascoltarsi, ma amava farsi ascoltare, rendere il mondo partecipe della sua magnificenza. [..] Anche riguardo a quei favori che Gagliardi non disdegnava Filippo si era fatto nel corso degli anni un'idea piuttosto precisa: più volte gli era stato chiesto di portare una busta a questo o quel tizio, di accompagnare una professionista che avrebbe allietato la serata di questo o quell'amico. Tangenti, mazzette, omaggi della casa.[..] Perché un'altra cosa aveva capito di Gabriele: era meglio credere a quello che diceva, parlava molto ma mai a sproposito. Quella storia che non voleva raccomandati per esempio, era vera. Quello strano uomo a suo modo aveva un'etica, si era dato delle regole. Pagina 29-30

Infine Filippo, l'uomo nero: dopo un errore in gioventù, è diventato l'autista di Gabriele, ha una bella moglie e una figlia per cui stravede.
La sua famiglia è l'unica cosa che vale per lui, la sua famiglia “l'unico posto degno di essere abitato”. 
Quelli erano i suoi amici, da sempre. Quattro, come nella canzone di Paoli, solo che loro al bar c'erano rimasti. Amici del quartiere, cresciuti gomito a gomito, facendo slogan tra le siringhe degli anni '70. Highlander di un'adolescenza anni '80, tra paninari e Monclear. Sopravvissuti a tangentopoli, al lancio di monete all'hotel Raphael, ai primi amori degli anni '90. Ai matrimoni, ai cambi di residenza che li avevano sparpagliati per la capitale e ai primi figli del nuovo millennio. Ai cazzi della vita che li accompagnava verso i quaranta, ora che il primo decennio del XXI secolo se ne era andato.Pagina 43
Questa quiete verrà turbata dalla tempesta che si abbatterà sui tre e ciascuno di loro dovrà fare le sue scelte. Filippo perde il lavoro e dovrà nuovamente tirare fuori il suo lato oscuro, “l'uomo nero”, pur di non perdere la sua famiglia e consentirgli un futuro.
Gabriele, per non rinunciare alla svolta della sua vita col matrimonio, è disposto anche a compiere (o a fare compiere) un crimine.
E Marco, infine, dovrà smettere di fuggire e fare quello che deve fare: non per compiacere il padre o i colleghi, ma semplicemente per la morte di una persona che ammirava.

Sullo sfondo di questo racconto asciutto, veloce, quasi cinematografico (chi legge queste pagine “vede” le scene muoversi), una Roma con il suo traffico, i campo Rom, le macchine, la confusione. Una città altrettanto violenta, cinica e caotica.
Se il precedente libro “Odia il prossimo tuo” aveva i toni da romanzo “western”, questo ha decisamente quelli della tragedia. Non aspettatevi nessun lieto fine, nessun riscatto sociale.
«C'è un uomo nero che batte le nostre strade. È un assassino. È fatto della materia che prendono i sogni quando la ragione si addormenta. È banale e feroce come il Male.Solo l'amore potrà fermarlo. Ma non è detto che ci riesca.» 

GIANCARLO DE CATALDO

Booktrailer




La scheda del libro sul sito di Piemme, e il primo capitolo del libro.

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