10 gennaio 2012

Il diavolo, certamente di Andrea Camilleri

Un bambino affidato ad una nonna che non perde occasione per vessarlo.
Un arciprete che per colpa di un errore del correttore ortografico scrive pene per pane.
Un eremita che per cercare Dio si perde se stesso (e la sua vita).
Un presidente che si macchia i calzoni prima di una importante riunione e così perde la faccia di fronte al suo consiglio.
Un suicida che viene alla fine salvato da un altro aspirante suicida.
Un irreprensibile direttore di un quotidiano che non ha mai tradito la moglie (nè avuto altre debolezze), all'improvviso si trova con due amanti. Contemporaneamente vicine.
Una persona alla vigilia della sentenza del suo processo scrive al suo giudice: peccato che a salvarlo potrebbe essere solo la verità della fede.
E ancora:
Due filosofi in lotta per il Nobel, un partigiano tradito da un topolino, un ladro gentiluomo, un magistrato tratto in inganno dal giallo che sta leggendo, un monsignore alle prese col più impietoso dei lapsus, un bimbo che rischia di essere ucciso e un altro capace di sconvolgere un'intera comunità con le sue idee eretiche... E ancora: una ragazza che russa rumorosamente, un'altra alle prese con il tacco spezzato della sua scarpa, una segretaria troppo zelante, una moglie ricchissima e tante, tante donne che amano.

I 33 racconti brevi di Camilleri (per 3 pagine a racconto, la metà del numero del diavolo) sono delle freddure dietro cui si nasconde lo zampino del diavolo, certamente.
Un pò sullo stile de "Il lato sinistro del cuore" di Carlo Lucarelli.
Non tutti sono all'altezza dell'autore e, anzi, troppe volte ritorna il tema del tradimento della moglie col marito (e ovviamente del marito con la moglie).
E di conseguenza la freddura finale, il tocco diabolico di belzebù, non è sempre lo stesso.
Il racconto migliore?
Il monsignore alle prese con l'errore di scrittura: dovendo pubblicare una poesia su un giornale (lui che è sempre stato restio a pubblicare qualunque cosa per non peccare di superbia) riscopre (dalla sua giovinezza) certi versi:
"Il fornaio levò la lastra di ferro che copriva l'apertura del forno.
Ah, che gioia introdurre il pane nell'antro che l'accoglie in sè, tra le sue pareti calde,
e lo trattiene nelle sue profondità.
In quell'ardente unione, il pane, da peso inerte qual era, si intosta, cangia colore..."

Ecco provate voi a vedere come cangia il senso se al posto di pane, uno scrive pene ...


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