27 dicembre 2011

Il giornalista partigiano


Vedendo le reazioni di certi giornalisti (Il giornale, Il foglio) alla morte del giornalista Giorgio Bocca, definito giornalista militante, fazioso, con una parentesi fascista alle spalle .. mi viene da pensare che forse le ragioni della lotta partigiana sono ancora valide e che, di riflesso, un certo fascismo (che vede nelle voci libere e indipendenti come un nemico) è rimasto ancora vivo dentro buona parte della società italiana.

Quella nata proprio dalle lotte partigiane. 
“Il giornalismo è come l'aria, se è buono, è buono anche per tutti...” diceva Bocca in un'intervista rimandata in onda oggi da Radio Popolare.
Se l'aria, come il giornalismo non sono buoni, diventano cattivi per tutti.

Nell'articolo di Silvia Truzzi su Il Fatto (che è riportato qui), si parla anche dell'articolo scritto a 17 anni, per un giornale del GUF:

L’adesione al fascismo del giovane Giorgio è stata più volte riesumata come un marchio d’infamia che non si poteva lavare. La risposta più chiara la diede in un’intervista sul Fatto, a Gianni Barbacetto: “Dopo aver fatto venti mesi di guerra partigiana, mi hanno rinfacciato un articoletto scritto su un giornaletto del Guf a 17 anni, quando ancora non avevo conosciuto che cos’era il fascismo. Quando l’abbiamo capito, l’abbiamo combattuto con le armi. È stato doloroso ricevere quell’attacco. Ho scoperto che gli uomini sono carogne. Nella vita puoi fare quello che vuoi, puoi diventare anche un eroe, ma c’è sempre chi cerca di inchiodarti per sempre a un particolare del tuo passato. Non ho mai risposto. Mia moglie mi ha detto: se ciò che ti possono rimproverare in una vita è tutto qui, allora stai tranquillo”.
Di seguito, nello stesso articolo, il suo pensiero sulla lotta partigiana:

Nel 2008 firmò un editoriale, consuetamente al vetriolo, che racconta moltissimo del suo sentimento rispetto alla guerra partigiana. Il pezzo rispondeva al regista Spike Lee, autore di un film sulla strage di Sant’Anna di Stazzema, tra le più atroci rappresaglie naziste: l’ex rabbino capo di Roma, Elio Toaff ricorda che trovò il cadavere di una madre cui avevano strappato il feto dal ventre per ucciderlo, primaancora che nascesse. Scrive Bocca: “Un giorno della primavera del '45 ero assieme a Livio Bianco sul monte Tamone in val Grana da cui si vede la pianura e la città di Cuneo. Indovinando il mio pensiero Livio disse: ‘Andrà già bene se non ci metteranno in galera’. I prudenti,i vili, la maggioranza non perdonano alle minoranze di aver avuto coraggio o semplicemente il senso di un dovere civico”.


Ecco quello che non si perdona a giornalisti come Bocca.

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