31 dicembre 2011

L'unica cosa certa è che sta per finire

Tra spread, tempeste dei mercati, fase due del governo e incertezza per il nostro futuro, l'unica certezza che ci consola è che presto questo 2011 finirà. E non potrà più tornare.

Per fortuna.

E, dal grande al piccolo, anche per me è stato un anno da archiviare.

Tre operazioni dentali, due ricoveri al Pronto Soccorso e una operazione (ai calcoli alla colecisti). Svariate visite e controlli, per i disturbi che i calcoli mi portavano, medicine, antibiotici, antidolorifici .. nottate in bianco e giornate di riposo.



Citando il monaco Zenone in quel capolavoro del cinema italiano che è “L'armata brancaleone” mi viene da dire “ringraziamo lo signore che ci rende irto lo cammino ...”.

Ecco, magari, per l'anno prossimo, se si potessero avere meno “cavalconi” (da transeare in fila longobarda) davanti lo cammino sarei anche più felice.



E per rendere irto fino all'ultimo lo cammino, mi sono pure preso un bel raffreddore e mal di gola, in questi ultimi giorni in cui, per le visite a parenti e amici oltre ai doni si scambiano pure bacilli.


Altre notti, allora, dove per la gola che brucia, manco fosse la Roma in fiamme di Nerone (ma sarà stato veramente lui?) mi sono ritrovato a ciabattare per casa e passare le ore a guardare le televendite notturne alla tv.

Se qualcuno ha bisogno di un folletto per la polvere, una batteria di pentole indistruttibili, una cintura per dimagrire, due materassi ortopedici, un oroscopo personalizzato per il 2012 .. mi chiami e ci mettiamo d'accordo.





Da questo 2011 ho imparato una cosa: ogni giorno è un giorno da vivere, per seguire i propri interessi, per raggiungere i propri obiettivi. E io di giorni ne ho persi anche troppi. Ogni giorno in cui si perde di vista questo, è un giorno perso che non torna mai più. La nostra vita è adesso, anche in questi scampoli di 2011.
E ogni giorno è buono per lottare a quello cui si tiene.  

Quaquaraquaqua

Dura far dimenticare ai propri elettori chi sei stato e cosa hai fatto, o non hai fatto.
Dura, ma non impossibile.

Sforzo che si evidenzia ogni giorno di più con gli insulti della Lega e di Bossi al presidente della Repubblica e dunque alle nostre Istituzioni. E non dite che è solo folklore.



Ma la Lega è in buona compagnia, assieme a quella parte di organi di stampa che stanno cavalcando l'onda sulla notizia uscita sul WSJ (giornale di Murdoch, non proprio un'editore al di sopra delle parti), sulle pressioni della Merkel a Napolitano.
Sotto (l'immagine è presa dal blog nonleggerlo) della prima pagina del Giornale.

30 dicembre 2011

Quelli che .. sono ancora rimasti attaccati ai vecchi stereotipi

Di tutti i commenti fatti allaconferenza stampa di Monti di ieri, due in particolare meritano un commento. Quello di Berlusconi e quello di Di Pietro, perchè entrambi denotano l'essere rimasti ancora agganciati a degli  stereotipi non più validi oggi.
Di Pietro che parla di televendita del professor Monti, quando in realtà il presidente del Consiglio ha parlato solo dei principi che ispireranno la prossima manovra.
E Berlusconi che ha voluto interpretare a modo suo la frase di Monti (che citava B. stesso) sull'ottimismo.
Andasse a dirlo agli operai di Fincantieri di Sestri, o agli 800 licenziati di Wagon Lits.

La realtà è che entrambi hanno molto da perdere col durare del governo Monti. Di Pietro, se il governo dei tecnici dovesse continuare il suo cammino, rimarrebbe al di fuori della coalizione riformista-progressista che Bersani ha in mente, e Berlusconi non riuscirebbe più a portare avanti la doppia faccia di lotta e di governo.

Non è scontato che B. ritorni al governo: lo scrive Maurizio Viroli sul Fatto: grazie alla memoria breve degli italiani, se tra qualche mese si dovesse andare a votare, chi si ricorderebbe più del suo governo che ci ha portato ad un passo dal baratro? 


 Silvio Berlusconi detesta perdere ed è convinto di essere molto più vulnerabile nei confronti dei maligni magistrati che da anni lo perseguitano, se non controlla il governo e il Parlamento. Un governo e un Parlamento a lui ostile potrebbero addirittura abrogare le leggi che lo proteggono e introdurne altre che lo porterebbero dritto agli arresti domiciliari, visto che per l’età non può andare in carcere. Logico che pensi a uno spettacolare ritorno, anche perché non c’è nulla (tranne forse i soldi e le grazie femminili) che ami più degli eventi spettacolari che lo vedono protagonista. Tutta la stampa mondiale ne parlerebbe; i suoi nemici sarebbero confusi e umiliati; i cortigiani traditori tornerebbero da lui supplichevoli, come resistere?

   IN SECONDO luogo, non dimentichiamo che Berlusconi non è stato sconfitto dal voto popolare o da un voto di sfiducia del Parlamento. Chi ha parlato di sconfitta di Berlusconi o di crollo di un regime ha esagerato. La sua è stata piuttosto una ritirata ben concepita e ben attuata al fine di evitare una disastrosa sconfitta e di prepararsi nel modo migliore a dare battaglia in condizioni più favorevoli per riguadagnare il terreno concesso agli avversari, e conquistarne dell’altro. Di fronte all’imminente pericolo di una bancarotta dell’Italia che avrebbe travolto lui e i suoi servi senza possibilità di rivincita , Berlusconi ha scelto di compiere il tanto celebrato “passo indietro” o “passo di lato” per lasciare a Mario Monti l’onore e l’onere di imporre le misure impopolari necessarie per affrontare la crisi economica.

   La parola chiave per capire la vicenda politica italiana è “popolare”. Quando Berlusconi percepirà che il governo Monti è sufficientemente impopolare, apparirà di nuovo sulla scena proclamandosi vero e unico rappresentate e difensore dei concreti interessi popolari offesi dai tecnici. Il suo biglietto da visita saranno gli interessi immediati e il risentimento contro gli onesti intelligenti e privilegiati. Alle prossime elezioni (nella primavera del 2012?) Berlusconi si presenterà inoltre come il redentore della democrazia Italiana. Ripeterà migliaia di volte che la maggioranza degli italiani aveva votato per lui affinché egli potesse governarli e che il Presidente della Repubblica, un ex comunista non eletto dal popolo, lo ha costretto a dimettersi; che ha lasciato Palazzo Chigi per senso di responsabilità verso il bene comune della patria anche a costo di sacrificare i propri interessi e il proprio potere; che ha deciso di ricandidarsi soltanto perché sente il dovere di intervenire per rimediare ai danni dei tecnici saputelli e sobri sostenuti dalla sinistra.
   [..]Gli italiani non sono cambiati dagli inizi di novembre ed è poco probabile che cambino modo di ragionare da oggi a marzo o aprile, quando , si dice, saranno chiamati alle urne. Quali argomenti potrebbero opporgli i suoi avversari? La dissennata gestione dell’economia che ha portato ai limiti della bancarotta? Sanno tutti che gli elettori hanno memoria corta. Quando si voterà, gli italiani ricorderanno le dure misure di Monti, non la benevola comprensione di Berlusconi nei confronti dei privilegi, delle illegalità e della corruzione.

E infine, tra le opposizione vere o simulate, c'è Bossi, sempre più in basso negli insulti a Napolitano, che da a B. de "l'utile cretino".

Sempre sul tema delle riforme che potrebbero far crescere il paese:
- la risposta di Monti alla domanda sugli sprechi nella politica (le uova di struzzo .. sperando che Monti non faccia lo struzzo).

Per legge superiore di Giorgio Fontana


Georges De La Tour – Maddalena

L'incipit:
“I chiodi. Tutto cominciava da lì. Ogni giorno, andando al lavoro oppure uscendo per pranzo o ancora tornando a casa, Doni si fermava un istante e li guardava.Da lontano sembravano solo imperfezioni o macchie naturali delle lastre: e invece erano chiodi, grossi chiodi a espansione in metallo: un modo per tener saldo il marmo, visto che la malta originale stava per cedere e l'intero edificio era a rischio. Quegli oggetto avevano qualcosa di morale, naturalmente. Il luogo della Giustizia piegato alle leggi più alte della materia. Ma Doni ci vedeva soltanto l'idiozia della gente, e appena un monito: mai edificare sulla sabbia”.

Roberto Doni è un sostituto procuratore generale, presso la procura di Milano. A 65 anni, ha raggiunto quasi l'apice della carriera, il cui passo successivo sarebbe la promozione alla Procura Generale in qualche sede di provincia.
Di idee conservatrici, iscritto alla piccola corrente di magistratura indipendente ha sempre svolto il suo lavoro con metodo e coscienza, secondo il principio personale “eccezioni sempre, errori mai”. 
Le sue idee, la sua carriera e un po' anche la sua vita, saranno cambiate dall'incontro con Elena Vincenzi, giornalista free-press, che gli chiede di occuparsi del caso Khaled.
Un nordafricano, condannato in primo grado perchè ritenuto responsabile, con altri immigrati, dell'aggressione e del ferimento di una coppia di ragazzi, in via Padova (uno di quei casi che giornali e certi partiti politici strumentalizzano bene).
In appello, dovrebbe essere proprio Doni a sostenere l'accusa: la procura Generale ha infatti chiesto una condanna più pesante in appello.

Doni, inizialmente vorrebbe lasciar perdere la richiesta di aiuto della giornalista, che sostiene l'innocenza di Khaled, per la presenza di testimoni che potrebbero scagionarlo.
Ma viene quasi trascinato dentro questa piccola indagine, uno strappo proprio a quelle regole e procedure che ha così pedissequamente seguito nella sua carriera. In appello non è prevista alcuna indagine sul caso.
Lui che è stato fino a quel momento una persona sobria e formale, e che si è sposato presto con una ragazza più giovane di lui, perché “quello era il compito di tutti i maschi nati dopo la guerra, .. rendere giustizia agli sforzi dei padri”, e che oggi coltiva il sottile piacere di poter spendere, alla fine della sua carriera, i propri soldi per un bel vestito.

Il giovane e il vecchio Doni :
“Una famiglia normale, degli studi normali, un buon intuito e molto metodo. Era un figlio dei suoi tempi, come Elisa [la figlia] era figlia dei suoi: così intelligente da dover fuggire per conquistarli.”


Assieme a Elena, inizia un viaggio dentro quartieri di Milano che non aveva mai attraversato: zona Loreto, via Padova: per la prima volta tocca con la propria mano quella miseria che aveva conosciuto durante il suo lavoro, una miseria fatta di odori, cipolle e polvere, panni stesi e carta vecchia, il contrasto tra il suo bel vestito grigio formale, e le case dei lavoratori amici di Khaled. 

Sarà la morte di uno dei testimoni, che avrebbe potuto dare un alibi a Khaled, che spingerà Doni a prendere una decisione difficile, facendogli nascere dei dubbi sulla sua natura di magistrato: una scelta diversa da quella scontata di condanna, scelta che tutti, dai media alla Procura stessa si aspettano per questo caso.
Ma è la scelta dettata dalla legge superiore, per quella giustizia che “deve essere fatta, qualunque cosa accada”, come dovrebbe essere scritto sul palazzo della Procura (mutata negli anni del fascismo in un modo meno assoluto di “giustizia affinché non muoia il mondo”).

Partendo come romanzo giudiziario, “Per legge superiore” è un racconto che affronta temi etici su leggi e giustizia nel descrivere la coscienza di un magistrato che, da persona di potere incline a provare piacere nell'essere ubbidito, scopre come tutti gli ingranaggi della legge, che prima aveva sempre applicato, non siano però in grado di dare una risposta ai propri dubbi. Il contrasto tra l'applicazione di regole e formalismi, che porterebbero alla condanna di un probabile innocente; il contrasto tra la Milano borghese (di cui Doni fa parte) e la Milano multietnica di via Padova, attraversata assieme alla giovane e combattiva giornalista. Il contrasto tra la giustizia dei fatti e quella della legge superiore dei valori.


L'intervista all'autore su Il recensore.


La scheda del libro sul sito della Sellerio
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Technorati:

29 dicembre 2011

Dei delitti e delle pene


Non si può che non condividere il principio di fondo dell'articolo di Pigi Battista sul corriere del 28 dicembre (“Il caso Mora, il carcere e gli equivoci di giustizia”, riportato qui  sul blog di Casini). La condizione grave dello stato delle carceri meritano una risposta da parte della politica: condizione grave per il sovraffollamento dei detenuti, l'insufficienza degli agenti e la vecchiaia delle strutture.
Non importa che a soffrire di questa situazione siano “poveri cristi” o vip come Lele Mora. È una questione di principio.
Quello che stona nell'articolo è il fatto che ci si accorga dello stato delle nostre carceri solo quando ci finisce dentro un vip. Fosse anche per un reato (la bancarotta)che Battista considera non proporzionato ai sei mesi di carcere preventivo.
Se il 40% dei detenuti in carcere sono in attesa di giudizio è perché la legge fatta dal legislatore lo prevede, e i magistrati la devono applicare (altrimenti vengono accusati di interpretare le leggi e sono guai …).
Non è giustizialismo, come dice Battista, chiedere che una persona indagata (ma non ancora condannata) finisca in carcere, se c'è il rischio che inquini le prove o che reiteri il reato. Cosa che, per i reati dei colletti bianchi e dei politici è altamente probabile.
È giustizialismo vedere un vip potente come Mora, o un politico come Alfonso Papa (che ora scopre la sofferenza nelle carceri) o NicoliCristiani finire in carcere, oppure è semplicemente la conseguenza della legge uguale per tutti?

Infine, c'è un'ultima cosa che l'editorialista del corriere dimentica: che dire degli immigrati che finiscono nei Cie, per 18 mesi, senza neppure un processo? Non è carcerazione preventiva anche quella? O forse i Cie sono meglio delle carceri comuni?

Il ministro Severino (citata da Battista stesso) non deve essere né severa (contro i colletti bianchi) né clemente: deve essere giusta, secondo i principi della Costituzione.  

Sul Fatto Quotidiano di oggi, la risposta di Travaglio all'articolo di Battista. Dal blog Giornalettismo :
Ma ora che anche lui (Pierluigi Battista) scopre il dramma delle carceri, non possiamo che felicitarci per la sua prontezza di riflessi. Se poi volesse pure informarsi da qualche giornalista vero (ce ne sono parecchi anche al Corr iere), scoprirebbe per esempio che “il 40% dei detenuti” che “patisce la galera prima che un processo ne accerti la colpevolezza” c o m p re n d e i condannati in primo e secondo grado, visto che l’Italia, unica al mondo, considera innocenti anche i condannati in tribunale e in appello in attesa di Cassazione (nei paesi anglosassoni le custodie cautelari sono rarissime proprio perché, dopo la prima condanna, si va dentro a scontare la pena e di lì, eventualmente, si ricorre). Quanto a Mora, per il giureconsulto Pigi, “sei mesi di galera preventiva per bancarotta fraudolenta appaiono una punizione leggermente esagerata prima ancora di una sentenza”. Ma si sa come sono questi pm: “usano la galera per indurre l’indagato a conformarsi alla loro ver sione” e “la cultura giustizialista ascolta solo le ragioni dell’accusa”. Mora poi patisce la “fe ro c i a diffusa che chiede provvedimenti esemplari contro “l’antipatico”, il soggetto eticamente discutibile ed esteticamente impresentabile, il flaccido malfattore ( p re s u n t o ) ” che ora però “ha perduto molti chili”. Eppure – per il giurista Battista – “non bisogna ammalarsi come Mora (colpevole o innocente che sia) per comprendere che il carcere preventivo prolungato può essere tortura”.
Se Mora non è ancora pregiudicato per la bancarotta, dice Travaglio, è solo perché l’Italia, unica al mondo, consente d’impugnare in Cassazione la condanna appena patteggiata:
Cosa che Mora ha subito fatto, per guadagnar tempo e trovare un Battista che lo spacci per un torturato. Così torturato che, diversamente da migliaia di detenuti non Vip, sconta la custodia cautelare – confermata da vari giudici per il pericolo che fugga e nasconda altri soldi in Svizzera, dove ha un conto e una villa – in una cella singola del carcere di Opera. Ai primi sintomi del dimagrimento, il pm ha chiesto e il gip disposto una perizia medica (ancora in corso) sulla sua compatibilità col carcere. Negli Usa tanto cari ai Battista, migliaia di evasori e bancarottieri affollano i penitenziari con le catene ai piedi e i portoricani nella branda a fianco. In Italia i giornali tuonano contro l’evasione nei giorni pari e in quelli dispari i Battista lacrimano appena un evasore-bancarottiere finisce dentro.

28 dicembre 2011

Altri soldi regalati

Non bastavano i soldi regalati per le frequenze tv col beauty contest ..
Anche le nuove licenze ai grandi concessionari per i giochi d'azzardo (con le slot machine)  potrebbero essere regalate (anzichè essere messe a gara): sul Fatto Quotidiano, Marco Lillo parla di un giro d'affari di 42 miliardi (la nuova eroina) dove, con la concessione gratuito lo stato rischia di perdere un miliardo circa, nel caso si facesse una  gara.


Non solo, ma questi concessionari devono allo stato qualcosa come 89 miliardi di euro, soldi mai incassati (la cifra è stata calcolata dalla Corte dei conti).
Cosa farà questo governo, ora?


Cosa ci mettiamo dentro il PIL?


Su una cosa sono tutti d'accordo: dobbiamo pensare alla ripresa dell'economia del paese, dopo la cura a base di tasse. Di questo dovrebbe occuparsi oggi il governo: sviluppo, ripresa, rilancio delle imprese. E forse anche del lavoro.

Certo, rimane da capire cosa metterci dentro questa ripresa, questo aumento di PIL.

Ci vogliamo mettere il cemento, le grandi opere, la libertà di licenziamento (questo benedetto articolo 18)?
La presunte liberalizzazioni (per il momento, anche su quella per le edicole si farà un passo indietro)?

Si parla di liberalizzazioni nei trasporti pubblici, ma bisognerebbe prima separare la rete ferroviaria dal servizio di trasporto vero e proprio. Chi dirà Moretti?
Si parla delle liberalizzazioni nelle professioni: ma gli avvocati in parlamento, e i medici, e i farmacisti, e i notai cosa diranno?

Gli stessi avvocati parlamentari che fanno il doppio lavoro (magari pure per un ex presidente del consiglio), gli stessi medici che hanno la possibilità per lavorare sia col pubblico che col privato.


Si sente ripetere, a partire anche dal presidente della Repubblica, che serve coesione, unità, uno scatto di dignità. Ma che unità potrebbe esserci in un paese che lascia a casa, senza troppo clamore, 800 lavoratori dell'ex Wagon Lits, che taglia in due il paese togliendo i treni notturni verso il sud?

Che coesione potrà esserci in un paese dove le banche non fanno più le banche (e non prestano più soldi alle imprese, se non alle grandi opere perchè hanno tutto l'interesse a far durare a lungo prestiti e interessi) e saranno salvate coi soldi pubblici e della BCE (che sempre soldi nostri sono)?


E allora torniamo alla domanda: cosa ci mettiamo dentro il PIL, dentro la ripresa? Salviamo le grandi opere, le frequenze da regalare a Raiset, i privilegi e i costi della casta, i grandi evasori coi soldi protetti da fiduciarie schermate in paradisi fiscali, i corrotti e i corruttori (che non affollano le prigioni, perché in Italia le leggi puniscono immigrati e ladri di mele)?

Se non possiamo più permetterci i cantieri a Sestri, i posti di lavoro sui treni notturni e nemmeno i treni notturni (e i treni dei pendolari), le piccole imprese (e gli imprenditori costretti al suicidio perché messi in mezzo dai debiti, da banche e dal pubblico che non paga), la sicurezza sul lavoro (basta morti banche!), che ripresa possiamo avere?       

27 dicembre 2011

I neri in classi separate?

Questa la pubblicità online del Frecciarossa, per la classe standard (quella che non prevede possibilità di accedere alle altre classi, più costose).
Nelle altre foto, compaiono manager (bianchi), famiglie (non di colore) . Un caso?
La segnalazione del caso sul Futurista:
Certo è che a vedere la fotografia scelta per sponsorizzare la classe Standard, le perplessità aumentano: seduta sulle poltroncine del vagone più “economico” (e “sigillato”) c’è un’allegra famiglia di colore. È un invito agli stranieri affinché usino la “loro” classe? Un omaggio ai bei tempi dell’apartheid? Una rassicurazione per i passeggeri Executive? Un’altra “scelta di marketing”. Sbagliata. E stavolta pure un po’ razzista. 

La banalità del piromane


300000 ettari in fumo, in Liguria aVado Ligure, per un gesto così stupido come quello di far scoppiare un petardo nel bosco?
Faccio fatica a crederci. A credere come sia così banale la stupidità di certe persone.

Per mano mia, di Maurizio De Giovanni


Per mano mia. Il Natale del commissario Ricciardi

L'incipit:

Le mani assassine si muovono nella penombra , tranquille.
Non hanno memoria del sangue sparso.
Mescolano la colla nel pentolino, sul fuoco,per evitare che si formino grumi. 
Una mantiene il manico l'altra gira il cucchiaio di legno, piano in senso orario; dietro la colla si richiude subito, come un mare denso....
....Le mani assassine si aggrappano al tavolo, e sbiancano per la stretta.

Nell'acuta memoria del sangue...

Avevamo lasciato Ricciardi ferito dopo l'incidente avvenuto per l'indagine sulla morte di Tettè (“Il giorno dei morti”) e lo ritroviamo sempre più vivo in compagnia dei morti e di una cicatrice sulla tempia:
«E invece eccomi qui, rifletté. Di nuovo sulla breccia, come se nulla fosse accaduto.

Come se non fossi morto un altro po', come ogni volta che scopro quanto nera può essere un'anima. Come se fossi ancora vivo».

Il nuovo ciclo di romanzi di Maurizio De Giovanni, col commissario Ricciardi parte dal Natale e dalla morte di due coniugi nei giorni precedenti la festività.
I signori Garofalo, Emanuele e Costanza: due brave persone, dicono tutti: funzionario integerrimo della milizia portuale (la lunga manus del partito fascista negli affari del porto) lui, trovato morto del suo letto trafitto da numerose coltellate, come nell'immagine del martirio di San Sebastiano. La moglie è stata colta dalla morte sulla porta, quando ha accolto l'assassino all'ingresso con le parole “guanti e cappello?”.

Le visioni del Fatto, gli ultimi istanti di vita dei morti, non aiutano Ricciardi (accompagnato dal brigadiere Maione) a districarsi in questo caso. Caso complicato non solo per la presenza della milizia, dunque del partito che pretende una soluzione che non metta troppo in imbarazzo il partito.
Caso che si complica anche perché il funzionario che doveva controllare l'attività dei pescatori, non era quella persona irreprensibile che si diceva.
Una promozione a discapito del suo superiore, finito poi in disgrazia, pescatori messi alla fame perché costretti a pagare le solite mazzette .....

A complicare ancor di più le cose, un indizio: l'assassino, o gli assassini, hanno rotto la statua di San Giuseppe, nel presepe. Un caso, o questo ha un significato ben preciso? 

Come negli altri romanzi di De Giovanni, epicentro della storia è la città di Napoli, qui attraversata da Mergellina fino ai quartieri del centro. Dietro la placida apparenza di felicità, per le feste natalizie , cela delle profonde ferite, nascoste dalle luci dei quartieri, dei negozi affollati di gente alle prese con gli ultimi acquisti. 
Dietro l'immagine del bel presepe (un elemento che ricorrerà spesso nel racconto, il presepe e i simboli dietro le statue) si nasconde la povertà e la miseria di famiglie, come quelle proprio dei pescatori. Una miseria dentro cui proprio Ricciardi deve indagare.

In questo romanzo la trama da romanzo giallo è messa un po' in disparte dalle altre storie che viaggiano in parallelo alla storia principale: il fido Maione, alter ego del commissario, alle prese con un problema di coscienza e di giustizia.
La signorina Livia, che è rimasta a Napoli per prendersi il suo Ricciardi e far emergere la sua voglia di amare celata dietro la sua armatura di dolore.
Enrica, la dolce e timida signorina che abita di fronte alla casa del commissario (e che questi spia mentre ricama), che metterà da parte le sue paure e le sue insicurezze. Sempre per conquistare l'amore. 

E infine Napoli, la città che non è quel felice “presepe” nella scontata immagine da cartolina: è anche la città degli scugnizzi, dei quartieri popolari e le strade dei signori come via Toledo (sede del mercato del pesce a cielo aperto, il 23 dicembre). Dei teatri dove si rappresentano opere come “Natale in casa Cupiello” e delle spiagge di Mergellina dove famiglie di pescatori vivono con quel poco che il mare da. I ricchi e i poveri, l'avidità e l'arroganza di un certo fascismo e l'umiltà della povera gente. Da qui nascono le ragioni dei delitti. 
Ancora una volta, fame e amore.


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Il giornalista partigiano


Vedendo le reazioni di certi giornalisti (Il giornale, Il foglio) alla morte del giornalista Giorgio Bocca, definito giornalista militante, fazioso, con una parentesi fascista alle spalle .. mi viene da pensare che forse le ragioni della lotta partigiana sono ancora valide e che, di riflesso, un certo fascismo (che vede nelle voci libere e indipendenti come un nemico) è rimasto ancora vivo dentro buona parte della società italiana.

Quella nata proprio dalle lotte partigiane. 
“Il giornalismo è come l'aria, se è buono, è buono anche per tutti...” diceva Bocca in un'intervista rimandata in onda oggi da Radio Popolare.
Se l'aria, come il giornalismo non sono buoni, diventano cattivi per tutti.

Nell'articolo di Silvia Truzzi su Il Fatto (che è riportato qui), si parla anche dell'articolo scritto a 17 anni, per un giornale del GUF:

L’adesione al fascismo del giovane Giorgio è stata più volte riesumata come un marchio d’infamia che non si poteva lavare. La risposta più chiara la diede in un’intervista sul Fatto, a Gianni Barbacetto: “Dopo aver fatto venti mesi di guerra partigiana, mi hanno rinfacciato un articoletto scritto su un giornaletto del Guf a 17 anni, quando ancora non avevo conosciuto che cos’era il fascismo. Quando l’abbiamo capito, l’abbiamo combattuto con le armi. È stato doloroso ricevere quell’attacco. Ho scoperto che gli uomini sono carogne. Nella vita puoi fare quello che vuoi, puoi diventare anche un eroe, ma c’è sempre chi cerca di inchiodarti per sempre a un particolare del tuo passato. Non ho mai risposto. Mia moglie mi ha detto: se ciò che ti possono rimproverare in una vita è tutto qui, allora stai tranquillo”.
Di seguito, nello stesso articolo, il suo pensiero sulla lotta partigiana:

Nel 2008 firmò un editoriale, consuetamente al vetriolo, che racconta moltissimo del suo sentimento rispetto alla guerra partigiana. Il pezzo rispondeva al regista Spike Lee, autore di un film sulla strage di Sant’Anna di Stazzema, tra le più atroci rappresaglie naziste: l’ex rabbino capo di Roma, Elio Toaff ricorda che trovò il cadavere di una madre cui avevano strappato il feto dal ventre per ucciderlo, primaancora che nascesse. Scrive Bocca: “Un giorno della primavera del '45 ero assieme a Livio Bianco sul monte Tamone in val Grana da cui si vede la pianura e la città di Cuneo. Indovinando il mio pensiero Livio disse: ‘Andrà già bene se non ci metteranno in galera’. I prudenti,i vili, la maggioranza non perdonano alle minoranze di aver avuto coraggio o semplicemente il senso di un dovere civico”.


Ecco quello che non si perdona a giornalisti come Bocca.

26 dicembre 2011

Quello che importa è la fedeltà al partito


Nel film “Una giornata particolare” Ettore Scola fa incontrare due persone messe ai margini dalla società.
Due solitudini che si incontrano: Antonietta (Sophia Loren) perché è una mare di famiglia il cui unico compiti è crescere i figli e fare da mangiare. Lui, Gabriele (Marcello Mastroianni) perché omosessuale che non può trovare posto nel partito fascista. Che è un partito di uomini.

Mentre fuori scoppia l'esaltazione della retorica fascista per la visita del Fuhrer a Roma, Gabriele e Antonietta si incontrano, si conoscono e si raccontano le loro vite. 
C'è una scena, tra le altre, che merita di essere ricordata: quando la portiera, fascista e pure impicciona, va a bussare alla porta di Antonietta (dove si trova anche Gabriele per prendersi un caffè) e le consiglia di lasciar perdere il signore del terzo piano. Perché è un disfattista.

- ma come , a me sembra una brava persona – le risponde Antonietta
E la portiera, con l'aria di chi la sa lunga – c'era un ladro che veniva a rubare nelle case, e ora è a capo della milizia .. Non vuol dire che uno è una brava persona , quello che conta è la fedeltà al partito. No?

Il partito che, in quegli anni di dittatura fascista, voleva dire tutto lo stato. E chi era fuori dal partito era fuori dallo stato. Al confino. In carcere.
Partito che si richiamava alla virilità, all'ordine, alle radici storiche e cristiane del paese. Ma era solo la facciata, dietro cui si nascondevano ladri, profittatori, omunculi ridicoli in quelle divise di orbace. Padri provetti di giorno, puttanieri incalliti di notte, come il marito di Antonietta.

Quello che importa era la fedeltà al partito.
Ma per fortuna tutto questo è cambiato.

25 dicembre 2011

Nonostante tutto .. è Natale

Nonostante tutto è Natale: nonostante lo spread, la fase due del governo, le tasse e la crisi. I problemi del lavoro, la cassa integrazione, i licenziamenti (alla faccia dell'articolo 18), la precarietà e i contratti a termine (e gli stage e i cocopro e le finte partite iva). Nonostante questo anno difficile e i timori di un 2012 anche peggiore. L'attesa per un cambiamento (nella politica e nella classe dirigente) che non arriva e il ritorno di cose che non cambiano mai (il razzismo in mezzo a noi e il fascismo che abbiamo sdoganato da tempo).


Ci sono cose su cui possiamo fare poco (la crisi, appunto): su altre tocca anche a noi scegliere cosa fare.
Mettete da parte tutto: i regali, il mangiare, i festoni e gli auguri tanto per fare.
Forse, questo Natale sotto tono, è l'occasione per stare semplicemente assieme.   Un pensiero particolare agli aquilani, che oggi passeranno il loro terzo Natale lontano dalle loro case. 
Auguri. Ce li meritiamo.


Adda passa 'a nuttata!

23 dicembre 2011

Il nemico esterno

Niente come un nemico esterno, può servire a stabilizzare il fronte interno.
E questo potrebbe valere anche per la Siria, sotto attacco di Al Qaeda. Così dice la tv di stato.

Aspettando il secondo tempo

Dateci fiducia, dice il sottosegretario Polillo ospite a Servizio pubblico?
E allora ti diamo fiducia: ci mettiamo qui ad aspettare la fase due della manovra.
Ma, attenzione: lo spread è in salita, le aziende continuano a chiudere, i capitali scappano all'estero, le grandi imprese strappano i contratti collettivi (dopo fiat, Finmeccanica fa un suo accordo separato lasciando fuori la Fiom). E i vitalizi sono sempre lì, anzi, nella regione Lazio della Polverini, è stato pure esteso agli esterni. In pensione a 55 anni a 3000 euro al mese.

Non vorremmo aspettare invano.

Servizio pubblico - le buone regole

Questa volte sono le note di De Gregori, con Titanic, ad accompagnare l'ingresso di Santoro in studio per la copertina
"per noi ragazzi di terza classe che per non morire si va in America...".


Riusciremo noi, a tornare a viaggiare in prima classe oppure saremo costretti a continuare a viaggiare su quegli squallidi treni (che i servizi di Bianchi e Bertazzoni ci hanno mostrato), sempre più verso il nord, per trovare un lavoro e una dignità?

Nella copertina Santoro si è nuovamente rivolto ai suoi spettatori che col loro contributo hanno fatto "rivivere un pezzo di servizio pubblico". Anche a me, ha continuato il conduttore, mi viene la tentazione di starmene a guardare cosa fa questo governo: ma poi vedi crescere brutti segnali di intollerenza, di rabbia sociale (non sempre giustificata): come ha detto Krugman, sembra di tornare indietro agli anni 30 della depressione.
E allora, meglio andare avanti con Servizio pubblico, perchè forse non saranno Napolitano e Monti che ci restituiranno il biglietto di prima classe e la Rai.

Come si viaggia sui treni italiani del sud: il servizio di Stefano Bianchi è partito dalla rabbia degli ex cuccettisti in appalto a  Trenitalia, oggi senza lavoro. Rabbia sfogata anche contro gli ex colleghi che sono passati coi francesi. La Veolia, e le società sub appaltatrici (nelle quali figurano ex dirigenti di ServiceRail), usano treni italiani, soldi italiani, con personale francese.


Bianchi ha seguito il lungo viaggio di Cosimo, da Bari a Chivasso: dal sud al nord, per un lavoro. Ha raccolto lo sfogo dei controllori di questi treni, sulla decisione di Moretti di abbandonare le cuccette, appena rimodernate: "la sua fissazione è fermare Montezemolo".

E sul treno vedi viaggiare gente in cerca di lavoro, famiglie separate, ragazzi in cassa integrazione, alle prese col mutuo ... un sud costretto a viaggiare senza dignità, sempre più verso il nord.

Il faccia a faccia Polillo ( sottosegretario al Ministero dell’Economia ) e Di Pietro.
Perchè Di Pietro non ha approvato la manovra?
"Perchè si stanno prendendo in giro i cittadini" - la risposta dell'onorevole dell'Idv. Si deve giudicare la manovra per quello che è, non continuare a ripetere che almeno ora non c'è Berlusconi. Doveva essere equa, di rigore, per lo sviluppo e invece il rigore è previsto solo per la povera gente, mentre rimane invariato il problema dell'evasione e della tassazione dei grandi patrimoni.
Non si mettono a gara le frequenze e invece si bloccano le pensioni subito, si acquistano i caccia bombardieri e non si sistema il territorio: è una manovra brutale, una berlusconata.

Di diverso avviso il sottosegretario, secondo cui se la crisi dovesse aggravarsi (senza una manovra di rigore come questa, fa intendere), questa andrebbe addosso alla povera gente. Noi abbiamo fatto una manovra in 17 giorni: dateci fiducia.

Come a dire, aspettate la fase due. Anche Prodi, ha fatto notare Santoro, era caduto proprio quando si doveva ridistruibuire il tesoretto.

E' toccato poi a Gino Strada, fondatore di emergency, dare la sua visione su questa manovra, sulle spese militari: oggi in Italia i lavoratori salgono sulle torri e poi tutti i governi non tagliano le spese militari.
Che oggi ammontano a 2 miliardi al mese (anche con le missioni di pace): ma parlare di tagli a queste spese è tabù.
In Afghanistan si sono spesi 1 miliardo all'anno, per tenere lì 2500 militari che non controllano il paese.
E con tutte le spese militari nel mondo, si potrebbe sfamare la metà del mondo: tutto questo non ce lo possiamo permettere.

Sandro Ruotolo era in collegamento da Milano, dal binario 21: Servizio pubblico non ha mollato la presa e la telecamera sulla protesta dei tre ex ferrovieri che lavoravano sui treni notte. Oggi Trenitalia in un comunicato si è detta disponibile a riassorbire gli 800 lavoratori nei prossimi mesi.
"Un trappolone mediatico" la risposta dei tre ex cuccettisti: il punto è che non si può più sentire "faremo, vedremo". Gli 800 ex lavoratori di wagon lits voglio discutere attorno ad un tavolo col governo e con la loro ex azienda.
Questo governo lo vuole mantenere o no, il servizio dei treni notturni?

Sempre a Milano, era presente il sindaco di Bari Emiliano ha voluto esprimere la sua solidarietà ai lavoratori che, con la loro protesta, cercano di ridare solidarietà al lavoro. "Tagliando i treni del sud si taglia l'unità nazionale". E pensare che Trenitalia prende 2,5 miliardi solo dai contratti di servizio con le regioni.

Il servizio di Bertazzoni da Crotone a Milano.
Non esiste più un treno diretto, ma oggi bisogna continuamente cambiare, da Crotone a Catanzaro lido, Lamezia, fino a Roma. Da dove finalmente vedi spuntare i frecciarossa.
Dopo un viaggio sui vecchi treni, o su un pullmann, stipati come bestie.
E dove riaffiora tutto il razzismo di bianchi contro i neri, come quello del ragazzo che inneggia a Hitler per fare pulizia, col tatuaggio del Che Guevara sul polpaccio.

I concorrenti di Trenitalia.
Gianni Dragoni ha raccontato di Italo e di NTV, la società di Montezemolo che ancora non è partita col suo servizio (ma solo sulle tratte più appetitose).
La società ha i conti in rosso, ma i soci fondatori hanno già fatto un affare, per l'ingresso dei nuovi soci (banca intesa, le ferrovie francesi) dopo che lo stato ha concesso la licenza e le azioni hanno acquistato valore.

Alla fine, anche questa è la solita storia del capitalismo all'italiana, dove di soldi veri (da parte degli investitori privati, Della Valle, Montezemolo) ne girano pochi: il resto arriva dalle banche.

Cosa farà questo governo, ora: confermerà questi manager dentro Trenitalia? Si chiedeva Di Pietro (e chiedeva polemico a Polillo).

E dai treni alla sanità: altro servizio pubblico in via di privatizzazione. Per i tagli dei governi, e per come oggi viene vista, la sanità: se vuoi un buon servizio, vai dal privato. Eppure, questa la filosofia di Strada, si deve spendere il giusto, quello che serve, per avere un buon servizio per tutti. Senza specularci, senza mettere regole per cui, più si opera, più si guadagna. Perchè questo sistema tende a renderci tutti malati.

Trenitalia e il lavoro nero.
Giulia Bosetti ha intervistato un ex dipendente di Servicerail, ora presso Angel service, seconda classificata nella gara di appalto per la gestione dei treni notte.
Se è vero quanto racconta, Trenitalia sta facendo lavorare in nero il personale sui suoi treni. E questo è grave.



Se questo è il modo con cui si conclude questo 2011, c'è poco da sperare dal 2012: secondo esperti in materia come il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, di cui la redazione di Servizio Pubblico riporta una sagace riflessione: "La cosa positiva del 2011 è che, molto probabilmente, è stato migliore del 2012".


L'intervento di Marco Travaglio.

L'intervista volante a Corrado Passera.

22 dicembre 2011

Silenzio di ruba


"LA DIFFERENZA TRA LE DITTATURE E LE DEMOCRAZIE È CHE NELLE DITTATURE C'È SOLO IL DIRITTO DI APPLAUSO, MENTRE NELLE DEMOCRAZIE C'E' ANCHE IL DIRITTO DI CRITICA E DI PERNACCHIO" Marco Travaglio 

Ogni lunedì, Marco Travaglio raccontava i fatti della settimana, via streaming dal sito di Beppe Grillo.
A rivederle oggi, tutte assieme una in fila all'altra, fa quasi impressione, eppure sono fatti realmente accaduti, sui quali qualche riflessione , che avrebbero meritato qualche mea culpa da parte dei diretti interessati.
E invece .. tutto scorre, a tutto ci si abitua (da Ruby a Lavitola, passando per Scilipoti, la Minetti, Saverio Romano, Bisignani .....), anche a queste cose che sono successe veramente (e che in un altro paese non sarebbero mai state tollerate): rivediamole, nel libro + DVD edito da Chiarelettere

E' successo, per esempio, che il premier dichiarasse a TG (i suoi) riuniti che aveva una fidanzata, dunque tutte le rivelazioni che stavano uscendo sui festini di Arcore, erano inventati.
Chi è la fidanzata allora? Qualche ex ministro ha persino detto di averla vista. Che fine ha fatto, oggi? Pochi giornalisti si sono posti poi la domanda.

E' successo che un ex presidente di regione, ex senatore sia stato condannato per favoreggiamento a dei mafiosi. Fino a pochi mesi prima, Casini che l'aveva portato in parlamento, giurava sulla sua innocenza. Ci metteva le mani sopra. E ora, onorevole Casini?

E' successo che sia stato celebrato l'anniversario per i 150 anni della nostra Italia. Celebrazioni grondanti retorica (anche per l'atteggiamento dei leader padani, contrari alle celebrazioni): onestamente, guardando chi governa e amministra, quanto c'è da essere orgogliosi di QUESTA Italia?

E' successo che in Puglia, la regione governata dal leader della sinistra Vendola, sia stato nominato assessore alla Sanità un imprenditore della sanità, in conflitto di interesse. E' successo anche che sia finito sotto indagine, e che si sia poi rifugiato in senato, protetto dal suo partito.

E' successo che dopo la scoperta della P3 (un gruppo di politici e magistrati che decideva su nomine e sentenze per favorire Cesare), sia stata scoperta una P4. Che ruotava attorno ad un ex giornalista iscritto alla P2, nonchè condannato per la tangente Enimont.
Bisignani era in contatto con politici come Letta, generali dei servizi, imprenditori.

E' successo che in Giappone un terremoto distrugga anche una centrale nucleare: ma i presunti esperti del nucleare han giurato che non ci sono problemi, che il nucleare è sicuro e che questa ( "la prova del nove" della bontà delle centrali che hanno resistito). Per fortuna gli italiani al referendum hanno usato la loro testa.

E' successo che la primavera araba è arrivata in Libia e che la Nato decida di intervenire e l'Italia conceda le basi. Per bombardare l'ex alleato Gheddafi che B. non voleva disturbare.

E' successo che nella Rai dei tagli e delle epurazioni, il critico Sgarbi strappi un contratto ricco per una trasmissione ricca. Ma senza share. Chiusa dopo poche puntate.

E' successo che il tribunale di Torino, con una sentenza storica, ha stabilito che l'incidente della Thyssen, il rogo in cui morirono sette operai, fu omicidio.
E che politica e imprenditoria condannino la scelta.

E' successo che, alla fine, i Responsabili hanno ricevuto il loro premio per la responsabilità: un posto da sottosegretari.

E' successo che, dopo anni di mancanza di quorum, gli italiani hanno deciso di andare a votare al referendum per dire quattro si. Contro il nucleare, contro l'acqua privatizzata, contro il legittimo impedimento.
L'Italia si è desta.

E' successo che dopo anni di impunità, il Parlamento decida di mandare in carcere un suo esponente. Alfonso Papa, finito nell'inchiesta su Bisignani e la P4. Ricatti e fuga di notizie.

E' successo che un direttore di giornale si scopra essere il vero ministro degli esteri, specie in sudamerica. Facilitatore di appalti di stato.

Tutto questo è successo.

Il link sul sito di Chiarelettere e per ordinare il libro su internetbookshop.


Tamurriata padana

Chissà, forse la Camorra è meno pericolosa della mafia, per la Lega. Per questo han votato sì alle intercettazioni per l'ex ministro Romano (che in quanto ex non può più essere di aiuto per le quote latte) e no all'arresto di Cosentino.
Di certo, non manca al Carroccio la voglia di divertirsi: fischietti, striscioni, urla, grida.
Tutto l'armamentario di un partito alla frutta. Come emerge dalle parole di Calderoli
“Presidente Monti si ritiri, dia le dimissioni, perché diversamente ci sarà tanta gente, operai, pensionati, piccoli imprenditori, che la verranno a prendere a casa”.

Cosa ha fatto la Lega per i pensionati di domani? Per gli operai? Per i piccoli imprenditori?
Le ronde? Il reato di clandestinità? La social card di Tremonti? Lo scudo fiscale? Il federalismo senza soldi?

Evidentemente, assieme alla voglia di fare ammuina, non hanno perso il vizio di alzare i toni (per questa volta ci hanno risparmiato i fucili).

La crescita col segno negativo

Altro che le previsioni di Berlusconi e Tremonti (che mettevano il segno +1 per la crescita del PIL).
Le stime del governo e della Confindustria e dell'Istat hanno il segno meno davanti.
Che vuol dire recessione.
Ma se la crescita è in senso negativo, allora vuol dire che per questo giro saranno i politici a dare indietro le tangenti agli imprenditori corrotti? I soldi dei vitalizi?
No.
Per la casta, le lobby, i poteri forti il tempo segna sempre bello, altro che crescita negativa.
Il Senato ha appena votato contro la decisione della consulta sui doppi incarichi: quelli cui conveniva lasciare la cadrega l'hanno già fatto, gli altri manterranno il doppio ruolo.

Le banche italiane prenderanno 116 miliardi dalla BCE: banche come Unicredit (9 miliardi di perdite e 40 milioni di euro per la buonuscita di Profumo) e MPS (la banca di Mussari, indebitata per 1 miliardo èer un aumento di capitale) e Intesa (9000 esuberi ma 1,3 miliardi di dividenti ai soci).
Per il terzo valico è previsto un finanziamento di 1,2 miliardi dal Cipe (ma per completare l'opera ne serviranno almeno 6,2): per un'opera che porterà qualche chilometro di alta velocità su una linea ferroviaria normale.
Quanti soldi vengono invece stanziati per mettere in sicurezza Genova e la Liguria (già devastate dalle pioggie di ottobre)? No, qui niente segno positivo.
Dall'articolo "i furbetti genovesi del terzo valico" di Ferruccio Sansa su Il fatto quotidiano
MA A GENOVA è difficile manifestare dubbi come questo. “Il Terzo Valico costa 6,2 miliardi, cioè 115 milioni a chilometro, dieci volte più che in Spagna. Una spesa lievitata dell’800 per cento”, racconta Stefano Lenzi, responsabile relazioni istituzionali del Wwf.
Non solo: c’è la preoccupazione per lo smaltimento delle sostanze estratte dalle montagne nella costruzione della galleria. E ci sono dubbi sulla reale utilità del progetto: l’opera infatti prevede la realizzazione di 53 chilometri di ferrovia, fino a Tortona. Dopo, però, i treni tornerebbero sulla vecchia linea. Ancora: le previsioni di  traffico per la linea tra Genova e Milano erano di 5 milioni di teu (l’unità di misura dei container) per il 2006, ma oggi siamo ancora a 1,8 milioni. E la linea attuale ne regge 3 milioni. Infine il nodo della sicurezza ambientale: i materiali di scavo, 800mila metri cubi, dovrebbero essere riversati nella discarica genovese di Scarpino già al collasso. È stato lo stesso Lupi ad avanzare dubbi:
“Visto quello che è appena successo a Genova, mezzo metro di pioggia in quattro ore, credo che questa decisione vada rivista”. Una questione non secondaria. Non è, però, del tutto chiaro nemmeno se la linea sarà utilizzata per le sole merci o per il traffico passeggeri. Dubbi, tanti, che andrebbero chiariti prima di costruire

21 dicembre 2011

Ingorgo al centro

Sul sito di Italia futura, Luca Cordero di Montezemolo annuncia il suo impegno per   la campagna elettorale del 2013: «Le prossime elezioni non saranno una tappa di routine, ma un appuntamento storico che dovrà aprire una nuova stagione». 

Nel 2013, il presidente di Ferrari, nonchè concessionario dello Stato per NTV, ora sotto processo per un presunto abuso edilizio a Capri, avrà 66 anni.
Pronto per una stagione nuova.

Si prevede, per il prossimo giro elettorale, un bell'ingorgo al centro. Con parte del centrosinistra che si sta spostando verso le posizioni di Casini, magari con un Passera candidato.
Stesso ragionamento lo starà facendo anche il PDL.

E gli elettori di sinistra, quelli che magari poco apprezzano il nuovo che avanza, questo governo tecnico (e le sue riforme)? Forse anche questo ha a che vedere sullo stato della democrazia (sospesa o meno), o sbaglio? Sulla rappresentatività del Parlamento, rispetto agli elettori italiani.

Oggi la Camera, grazie alle nuove posizioni di opposizione della Lega, ha autorizzato l'uso delle intercettazioni contro l'ex ministro Saverio Romano (ex centrista anche lui).

Sempre a proposito di strappo alla democrazia.

Quante chiacchiere

Per fortuna che deve durar poco e che il PDL sarebbe pronto a staccar la spina. Altrimenti che altre riforme metterebbero in cantiere?
Almeno a parole.
Le pensioni, l'articolo 18, la giustizia, il trasporto, le televisioni, la lotta alla corruzione, le liberalizzazioni ..
Anche se poi, sulle frequenze, tutto si aggiusterà per il meglio. .. nessuno disturberà l'attuale situazione.
E a me, come cittadino, delle grandi opere, degli orari di apertura dei negozi , interessa poco.
Mi piacerebbe ci fosse maggiore flessibilità negli orari di apertura degli uffici pubblici, dei medici, delle banche, nelle poste.

Quante chiacchiere e quante promesse abbimao sentito .. Ruby la nipote di Mubarak .. la Salerno Reggio Calabria pronta entro fine anno ...  la riforma fiscale .. meno tasse per tutti ...

I miei complimenti

Oggi mi tocca fare  i miei complimenti a Trenord per la splendida performance del viaggio verso Milano (e in generale per tutti gli altri da novembre)!
Ben 21 minuti di ritardo (treno 1922 da Asso, orario previsto 8.22 a Cadorna, orario effettivo 8.41)!



Sul sito si vedono immagini che parlano di modernità, treni nuovi, personale di bordo, twitter ..
Ma chi prende il treno tutti i giorni sa che la sola cosa che serve, prima di salire a bordo, è tanta pazienza.

20 dicembre 2011

Diritti o tabù?

I diritti sul lavoro si chiamano protezioni e noi, lavoratori non più giovani, siamo dunque garantiti, anzi ipergarantiti.
E ci dobbiamo pure sentire in colpa.

Perchè non di diritti riconosciuti si tratta, ma di un tabù, un retaggio del passato, da cancellare.
Quello che non capisco è perchè tutto questo accanirsi sull'articolo 18, che si applica solo a parte delle imprese e che riguarda solo i licenziamenti senza giusta causa.
Di che cosa stiamo parlando allora?

E come mai, gli stessi sindacati che sono andati d'amore e d'accordo con Marchionne (che ha lasciato a casa i lavoratori di Termini, di Irisbus e fin'ora quelli iscritti alla Fiom a Pomigliano) all'improvviso si riscoprono battaglieri?

Dalla parte dei più deboli

Il vescovo George Packard, a New York, ha scelto di stare dalla parte degli indignati, e per questo è stato arrestato dalla polizia assieme agli altri 55 dimostranti che volevano occupare Zuccotti Park.
Una scelta precisa: stare dalla parte dei più deboli.

«Il Gesù dei poveri e bisognosi che io amo oggi sarebbe tra i dimostranti di Occupy Wall Street. O in prigione» ha commentato così il suo gesto.
Ognuno è libero di scegliere da che parte stare. Dalle parti delle cricche e dei salotti della politica o da chi protesta. Nel primo caso si sta molto più comodi.


Ci sono un ministro, un presidente e un sindaco ..

Ci sono un ministro, un presidente e un sindaco attorno ad un tavolo. No, non è l'inizio di una barzelletta, è quello che è successo ieri a Milano: la pianura Padana (come zona geografica) è sotto una cappa di inquinanti e questo è un problema per la salute dei cittadini.
La barzelletta inizia adesso: cosa hanno deciso, i signori?
Di incentivare il servizio pubblico.
Ora potete mettervi a ridere.
Perchè se a fare queste proposte sono amministratori che fino ad ora hanno puntato sul trasporto su gomma, che progettano nuove autostrade (la Brebemi, la Pedemontana, la Bergamo Malpensa ..) che ingolferanno ancora di più le città, da un ministro che considera il nucleare una scelta cui non si dovrebbe rinunciare, viene da pensare ad uno scherzo.
Stanno scherzando.
Ogni giorno migliaia di persone prendono i mezzi pubblici per arrivare a Milano o negli altri capoluoghi, e sanno cosa significano le parole "trasporto pubblico".
Rincari, treni in ritardo, vagoni vecchi, viaggiatori stipati ...
Magari lorsignori potrebbero rinunciare a fare riunioni del genere, così ci risparmieremmo almeno l'inquinamento di tutte le auto blu in giro per le città.

Qui potete scaricare il rapporto  di Legambiente 2011 sui pendolari.

19 dicembre 2011

I capitani coraggiosi – Gianni Dragoni

Capitani coraggiosi – i venti cavalieri che hanno privatizzato l'Italia e affondato il paese.

"la saga alitalia è un triste memento di come funzionano le cose... amici di berlusconi sono stati allettati a prendere la porzione sana della compagnia, lasciando i debiti ai contribuenti italiani."
Ronald Spogli, ex ambasciatore americano in Italia

Chissà se un giorno la storia della privatizzazione dell'Alitalia verrà raccontata nelle università e nei dibattiti politici, per insegnare come non devono essere gestite le privatizzazioni e gli investimenti in una economia libera. Come quella in cui crediamo di vivere oggi.
Gianni Dragoni nel suo libro racconta di come è maturata la cordata dei patrioti italiani (come li ha chiamati l'ex presidente del Consiglio), di come si sia creato (anche per fini meramente elettorali e politici) un clima ostile allo straniero (nonostante la proposta di Air France fosse migliore di quella poi accettata di Air One). Sia da parte dei partiti che da parte dei sindacati.
In nome dell'italianità e della difesa del grande hub di Malpensa (tanto cari al partito del nord).
Abbiamo visto come è andata a finire.

Scrive Dragoni, nel triste epilogo della storia:
L'ammucchiata della Cai segna il trionfo del capitalismo di relazioni, fragile autoreferenziale. Un sistema ingessato che è all'origine degli scarsi investimenti in tecnologia e ricerca, della bassa crescita delle imprese, con il conseguente aumento della disoccupazione, soprattutto tra i giovani. Una miscela che provoca impoverimento e rassegnazione. Sono cause dell'ondata di indignazione sociale, dagli indignados in Spagna fino agli «arrabbiati» in Italia, nel 2011 è diventata il marchio della protesta disperata di molti movimenti in Europa, Stati Uniti e Australia. Questi problemi sono acuiti dalla crisi economica mondiale esplosa nel 2008 ma, almeno in Italia, hanno radici più profonde. Fenomeni messe in evidenza in modo costante dalla Banca d'Italia e dall'ex governatore Mario Draghi, dal novembre del 2011 presidente della Banca centrale europea a Francoforte.
Il capitalismo senza capitali in cui i «padroni» si tengono per mano con l'ossessione della stabilità e del potere attraverso patti di sindacato, scatole cinesi e aggiramenti delle norme sulle Opa della legge Draghi – concepita per tutelare gli azionisti di minoranza (chiamati anche cinicamente «parco buoi») e per rendere il mercato più trasparente e corretto – fa sì che le imprese rimangano ferme e la base produttiva si riduca progressivamente. Scorrendo l'elenco dei soci di Cai si notano quattro gruppi che sono anche soci di Mediobanca e altrettanti che sono azionisti di Rcs Mediagroup, i due marchi di punta del salotto buono della finanza, governati da patti si sindacato in cui nessuno da solo ha il controllo.
Tre di questi gruppi hanno una partecipazione in entrambe le società (Benetton, Fondiaria-Sai, Pirelli), due sono presenti in una (Intesa San Paolo è azionista di Rcs, Gavio di Mediobanca). Questo gruppo di soci possiede circ il 27% del capitale della nuova Alitalia. A sua volta Mediobanca, che è principale socio di Rcs, è anche azionista di due soci della Cai [Benetton e Pirelli] [..], mentre ha stretti rapporti con un terzo socio, la Fondiaria-Sai della famiglia Ligresti. L'intreccio di partecipazioni e ruoli che ritma il capitalismo di relazioni, da cui discendono inevitabili conflitti di interesse e in cui non sempre si capisce bene chi comanda su che cosa, è rispettato. In queste ammucchiate tutti sono costretti ad andar d'accordo con gli altri, altrimenti non si prende nessuna decisione. È quello che spesso avviene, di conseguenza le aziende restano immobili e soffrono. E accade anche alla Cai, che con venti soci italiani (il primo dei quali, Emilio Riva, ha poco più del 10%) è un'ammucchiata in cui nessuno da solo può imporre una decisione, salvo forse Intesa Sanpaolo quando sfodera le sue armi di persuasione.”
Pagine 265-266 – Capitalismo di relazioni, indignados e arrabbiati.

Chi sono i capitani coraggiosi di cui si parla nel libro? Dragoni è andato a vedere chi fossero le aziende e i gruppi riunitisi nel progetto Fenice, i patrioti che oggi detengono le azioni della nuova Alitalia. Se si esclude Carlo Toto, nessuno ha competenze sugli aerei, ma in molti lavorano con lo stato, grazie a concessioni remunerative (come le Autostrade, la sanità ).

I signori delle costruzioni.
Salvatore Ligresti. La famiglia prima di tutto.
Carlo Toto. Salvate il soldato Air One.

I signori delle banche e della finanza.
Intesa Sanpaolo. L'epicentro del potere.
Bruno Ermolli. Il cavaliere del cavaliere.

I signori dell'industria.
Roberto Colaninno. Cuore a sinistra, portafoglio a destra.
Rocco Sabelli. Il manager senza ali.
Emma Marcegaglia. Dai tubi a miss Confindustria.
Emilio Riva. Il padrone delle ferriere.

I signori del pedaggio.
Marcellino Gavio. Gli affari nella penombra.
I Benetton. Meno Treviso, più Singapore.

I signori delle Cliniche.
Gli Angelucci. Chi ha i soldi ha vinto.

Le comparse.
Pirelli, la fabbrica dei campioni dei dossier.
Bellavista Caltagirone, il volo del dandy.
Gli Orsero, la famiglia della frutta decolla da Scajland.
La famiglia Carbonelli D'Angelo: l'azionista in pigiama.
La vedova di Camillo Cruciani (Vitrociset).
I fratelli Fratini e Davide Maccagnani: dai produttori di jeans ai mercanti d'armi.

Epilogo: la compagnie di bandierina, oggi.
Meno voli.
Pareggio del bilancio fallito (doveva esserci entro il 2011).
Più costi (i motori dei boeing venduti e poi riaffittati ..) per l'azienda.
La Cassa integrazione per 900 dipendenti.
Gli stipendi d'oro: Fantozzi per la sua liquidazione e gli altri.
E, la cosa più amara, nel 2013 i patrioti italiani potranno vendere le loro quote all'odiato straniero, Air France, guadagnandoci ancora: sempre alla faccia dell'italianità.

I tornaconto: ovvero cosa avrebbero ottenuto in cambio i capitani coraggiosi in cambio del loro ingresso nella cordata per Cai.
Intesa che è rientrata nei debiti con Carlo Toto anche grazie ai contribuenti italiani, Carlo Toto che ha visto la sua azienda salvata dai debiti grazie alla provatizzazione, Ligresti, sempre vicino ai politici come Craxi e Berlusconi, di cui solo oggi si occupano gli enti di vigilanza per iconflitti di interesse tra Premafin e Fondiaria Sai.
Ermolli, consulente del cavaliere per un'operazione politica del cavaliere, su un'azienda pubblica: non a caso è chiamato il Gianni Letta del nord.
Roberto Colaninno, il presidente della Cai, che potrà operare in regime di monopolio sulla tratta Milano Fiumicino, alla faccia della concorrenza e del libero mercato. Su un'azienda ripulita dai debiti e dagli esuberi.

Altro che “sfida imprenditoriale”, di cui parlava nell'intervista con Ezio Mauro.
Colaninno, che è anche quello della scalata in debito di Telecom, quelli dello spezzatino Olivetti e della Piaggio (ma non in Italia, ma nell'est asiatico).
Quello che salva l'Alitalia in nome dell'Italianità, ma che ha venduto Omnitel ai tedeschi della Mannesmann.

Rocco Sabelli, amministratore delegato della Cai, dopo le dimissioni da Piaggio: 9,2 milioni di euro tra buonuscita e stock options.
Emma Marcegaglia che ha ottenuto da Berlusconi “soldi veri”, forse con la vittoria dell'appalto (senza concorrenti) per la sua Mita Resort all'exarsenale alla Maddalena (poi salito alle cronache per l'inchiesta sulle grandi opere della cricca attorno alla Protezione civile, vicenda in cui il suo gruppo non ha nulla a che vedere).
Ma il gruppo della presidente di Confindustria, alla facciadell'Italianità, non solo ha capitali all'estero, in Irlanda, qualche problema col fisco e con la magistratura, per una vicenda di tangenti (per un appalto con l'Eni).

Emilio Riva, scettico nell'ingresso in Cai, è stato salvato dall'ex ministro dell'ambiente Prestigiacomo, che ha impedito la chiusura del suo impianto di Taranto (come avevano chiesto i carabinieri del Noe). Per problemi di emissioni di diossina ,denunciati da Legambiente.

Marcellino Gavio
, come anche il gruppo Benetton, ha ottenuto un bel regalo dal vecchio governo, sul rinnovo delle concessioni e sulla possibilità di rincari delle tariffe. Senza un reale controllo degli investimenti fatti sulle nostre autostrade (a giustificare i rincari).

Gli Angelucci sono sempre stati vicini alla politica, per le convenzioni col pubblico delle loro cliniche private. Relazioni di destra e di sinistra. E una strana storia, quella del video di Marrazzo con una trans, che è girato anche per le mani di Giampaolo Angelucci nei giorni in cui la giunta tagliava le convenzioni col gruppo …
E nel libro si parla anche di Salvatore Mancuso e del suo fondo Equinox (in cui ci sono i capitali di molti protagonisti di questa storia, in Lussemburgo), Fabrizio Palenzona, potente vicepresidente di Unicredit, dentro aeroporti, trasporti, banche e politica.

Il link per ordinare il libro si ibs.
La scheda del libro su Chiarelettere.
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