29 settembre 2011

Tutta colpa di Tarantini?


Lavitola (l'imprenditore, editore, facilitatore) ha dato la sua versione dei fatti sull'inchiesta di Bari (e Napoli e Roma).
In un intervista un pò surreale, per la sua latitanza, nel corso di Bersaglio Mobile ha accettato di rispondere alle domande dei giornalisti collegati Marco Lillo e Marco Travaglio del Fatto, Carlo Bonini di Repubblica e Corrado Formigli de La7.



Da una parte le procure che sostengono prima l'estorsione nei confronti di B. (per non far emergere le telefonate su escort e affari), poi l'induzione alla falsa testimonianza nei confronti di Tarantini (che ribalta il ruolo di B. e Lavitola). E ora la versione dell'editore de l'Avanti.


Ho aiutato Tarantini per togliermelo di mezzo, perchè mi assillava. I 500000 euro erano soldi che io avrei anticipato per conto di Berlusconi, che voleva aiutare Gianpi per questa sua attività imprenditoriale all'estero. E i 20000 euro (le fotografie di cui si parla nelle telefonate con Marinella) erano un rimborso del presidente per i soldi prestati.


Tutto chiaro?
Vediamo.
Alla domanda di Bonini sul suo mestiere, Lavitola ha risposto parlando della sua attività di imprenditore nel settore ittico. Che gli ha permesso, smobilitando questa flotta , di avere quel capitale da dare poi a Tarantini per la sua impresa.
Faccio l'imprenditore all'estero perchè, dopo Tangentopoli, ho capito che non si può fare impresa laddove vuoi fare politica.


“Sono qui stasera per non irritare i magistrati e voglio dimostrare di non essere l’uomo nero né il faccendiere che mi dicono di essere. Voglio dimostrare chi sono, cosa faccio e perché risulto un personaggio scomodo. Sono determinato e non soffro di timori reverenziali nei confronti di nessuno, ecco perché sono inviso a molti collaboratori del premier. Sono un giornalista, facevo le riunioni di redazione al telefono. Mi prendete in giro dicendo che sono un filantropo? Non c’è nulla da scherzare. Ho aiutato i Tarantini perché me lo ha chiesto il presidente. Lo incontrai, parlammo di loro, dissi ‘perché non li aiutiamo’ e lui mi disse: ‘aiutali perché questi sono dei ragazzini’. Per quanto riguarda il fatto di essere un imprenditore ittico, è una sottolineatura strana, perché è il mio lavoro e basta”.


Alla domande di Travaglio ha dato una risposta parziale. Quando ha saputo dell'inchiesta, perchè non torna dai magistrati, quando è entrato in massoneria. E il senso delle sue telefonate.


Ci sarebbe una telefonata, che non è stata intercettata, che scagionerebbe tutti, dove si parla appunto dei 500000 euro per questa attività (in che ambito?) di Tarantini. Che fine ha fatto?
Anche dall'ordinanza del riesame, ha proseguito Lavitola, leggendo le frasi nel contesto, si comprende come si tratti di un panorama diverso da quello del ricatto.
"I Tarantini sono ragazzi viziati" - questa la sua opinione - Gianpi era pressante nelle sue telefonate, e aveva tre ossessioni: vedere B. in più occasioni, riuscire a far si che un imprenditore (Sottani) potesse ottenere un lavoro, avere soldi da B.
 “Tarantini è uno scapestrato e non un criminale, anche un po’ fesso. Lui e la moglie non avevano il senso della realtà, erano solo ragazzi sperperoni. Erano pressanti in maniera esasperante verso di me, aveva tre ossessioni: vedere il premier quanto più possibile, riuscire a far sì che un loro amico,Pino Settanni, potesse concretizzare l’ottenimento di un lavoro con una delle società collegate all’Eni e, terzo desiderio, la necessità di ottenere soldi per le loro esigenze più disparate. Io dicevo a Nicla Tarantini che questa storia finirà e che metterò il presidente con le spalle al muro per un solo motivo: perché a me non conveniva continuare a essere ossessionato da loro. In ginocchio? Era rivolta agli avvocati, ed è l’unica frase in 1200 atti che mi vede coinvolto nel discorso del patteggiamento”.

Cosa voleva dire, quando nelle telefonate riferendosi a B. si sente dire "metterlo in ginocchio"? Si riferiva al patteggiamento di Tarantini, per non far uscire le intercettazioni e proteggere il presidente dalle strumentalizzazioni.


Sempre dall'intervista, abbiamo scoperto che è stato massone apprendista, che conosce la famiglia Craxi. Che voleva entrare in politica, ma non gli è mai riuscito, anche per colpa dei vari collaboratori di B. 
Che ha anticipato contanti i 500000 euro, perchè B. non aveva disponibilità subito di quei soldi (almeno così ho capito io). Questo però colide con quanto si era capito dalle dichiarazioni di Ghedini, preoccupato dei soldi usciti da B. verso Tarantini (e non da Lavitola!).
Da dove avrebbe preso i soldi Berlusconi? 
Lavitola scagiona B.  e Ghedini?


Lavitola avrebbe conosciuto B. dopo Tangentopoli (nel 1994 o nel 1995), e sarebbe stato lui stesso a chiedere di aiutare quei due "ragazzini".
In ogni caso, "non so nulla di cose che possono fare i capelli a questi signori [i cortigiani di B.]", riferendosi ad un altra intercettazione in cui sembrava minacciare rivelazioni pericolose, se avesse parlato.

La scheda telefonica:

 “Io non ho fornito nessuna scheda telefonica peruviana, ho dato una scheda italiana al presidente Berlusconi, comprata da un mio collaboratore peruviano, per timore di essere intercettato; non per i contenuti illegali della telefonata, ma perché parlavo di considerazioni riservate”.


Lavitola non rientrerà in Italia: teme l'arresto, come successo ai Tarantini oggi (liberi dopo la sentenza del riesame).
A parte i 500000 euro dovrebbe chiarire diverse questioni: il suo ruolo negli appalti di Finmeccanica, con Raitrade, con le bonifiche Eni a Taranto. E i 3 milioni di euro passati dal finanziamento pubblico per l'Avanti che sarebbero finiti nella sua società.

Quale è il segreto del suo successo, chiede Marco Lillo, che ha chiesto dell'intercettazione in cui Nicla parla del rapporto di  con le escort?

 “Ci sono troppi omissis e bisogna contestualizzare le intercettazioni: le trascrizioni non sono attendibili perché parziali. Per la questione della figa, invece, qualcuno può pensare che a Berlusconi non piacciano le donne? Per quanto riguarda il Castello di Tor Crescenza, fui io a suggerire al presidente di affittarlo, visto che cercava un posto dove passare l’estate. Mi chiese di andare con lui e il mio parere sulla questione. Sulla vicenda delle navi, invece, bisogna finirla di dire cose inesatte: non ho regalato né fatto regalare nessuna nave. Era il frutto di un accordo bilaterale con l’Italia; Panama si impegnava nella lotta al narcotraffico in cambio di sei pattugliatori che stavano andando in disuso. Basta verificare: dai porti panamensi parte tantissima droga”.


Si è dimostrato una persona molto più intelligente di quanto voglia sembrare, Valter Lavitola: ha risposto sempre, con molta calma alle domande, senza mai scaldarsi. 
Molto furbo, forse, nel voler mantenere un profilo basso.
Ad una domanda non ha risposto: come ha saputo dell'inchiesta di Napoli?

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