17 luglio 2011

Polvere rossa di Marco Bettini

Andrea Germano è un professore di criminologia, nonché un profiler, ovvero una persona di tracciare il profilo personale degli assassini, in base al modus operandi e alle prove lasciate sui luoghi del delitto.
Andrea è una persona single, di mezz'età, senza nessuna intenzione al momento di avere una compagna al fianco e senza alcun tabù nell'ammettere il ricorso alla compagnia di poche e fidate escort per staccare dal lavoro e rilassarsi.

Viene chiamato a Rimini dal procuratore Renato Fabbri, compagno di studi dell'università, per dare una mano agli investigatori sul delitto di Isabella Sassoli.
Un brutto ancora irrisolto: sono ormai passati quaranta giorni da quando il marito (amico del procuratore stesso) l'ha ritrovata rientrando a casa la notte legata al letto e uccisa. Uccisa in un brutto modo: Isabella era all'ottavo mese di gravidanza e l'assassino non ha voluto prendersi solo la sua vita, ma anche quella del feto.

Isabella Sassoli si sentì mancare. Un brivido di freddo le attraversò il corpo, costringendola a tremare. Fu subito prima che il carnefice pronunciasse la sentenza definitiva. “Ucciderti non è la sola cosa che voglio”

Nonostante gli inquirenti abbiano setacciato la casa, il giardino, e la vita del marito (ovviamente, il primo sospettato), nonostante il riserbo con la stampa (nulla del macabro ritrovamento è uscito sui giornali), nessuna pista è emersa.

Ecco perchè Renato, amico della famiglia e che dunque non può indagare sul caso per motivi personali, si rivolge ad un esperto come Andrea (che ha già svolto lo stesso lavoro di consulente con altre procure).

Andrea sa che, se vuole raggiungere qualche obiettivo nell'indagine, deve ottenere la massima fiducia dagli investigatori: del caso se ne è occupato anche personalmente il capo della squadra Mobile, Ettore Mazza. Un poliziotto capace, deciso, nella polizia per vocazione non per volontà di far carriera. Al poliziotto, e alla procura che gli ha dato credito, deve fornire un profilo dell'assassino che permetta la sua identificazione: questo significa non dover trascurare nessun dettaglio. Come quei testi in inglese lasciati sulla scrivania: sono il testo della canzone dei Led Zeppelin “Stairway to heaven”.

Yes, there are two paths you can go by
But in the long run

Un messaggio per qualcuno?

Il criminologo e il poliziotto iniziano a setacciare anche l'ambiente di lavoro della morta: era un avvocato, socio di uno studio famoso di Rimini. L'assassino sapeva che quella sera sarebbe stata sola, sapeva del suo stato interessante: come faceva ad avere queste informazioni?
L'indagine prende una piega, specie per Andrea, difficile, poiché Mazza lo costringe, se vuole la sua collaborazione, a sporcarsi le mani anche lui. Sporcarsi le mani seguendo la pista al probabile assassino, come emerge dal profilo disegnato. Trenta quarant'anni, con esperienze militari, con molti traumi nel passato, un rapporto conflittuale con la madre.

Il comandante dice che devo farlo.
Io non voglio.
Mi viene da vomitare.
Ho voglia di urlare. Ho voglia di scappare via da questo incubo.
Ho voglia di vivere.
Il comandante sostiene che invece è necessario.


Andrea sa che non può spagliare, sa che il disegno da lui tracciato è quello di un serial killer. Un seriale che può uccidere ancora e che deve essere fermato.

“Polvere rossa” non è solo l'ennesimo libro sul tema dei killer seriali: l'autore da spazio anche al racconto della città in cui si svolge il caso, la piccola Rimini in cui tutti si conoscono. Una ragnatela di legami che arriva perfino alla famiglia di Renato Fabbri e i suoi due figli. Di cui una, Gaia, è stata adottata anni prima, ed è di origini africane.

E mentre Rimini affronta l'ennesimo capodanno in un fine dicembre caldo, per il vento africano che porta la sabbia rossa del deserto, per i due investigatori si compie una gara contro il tempo per fermare questo mostro, crudele, sfuggente, indecifrabile. Eppure, così vicino.

Questo caldo è un segnale.
Questa sabbia è un segnale.
Germano che mi sta addosso è un segnale.
Lui vuole il suo assassino.
Lo sta braccando.
Lo insegue.
Gli sta dando la caccia, insieme ai poliziotti.
Come se fossimo due persone diverse, che si possono dividere.
Proprio non capisce.
Non riesce a comprendere il rituale.
Non riesce a leggere il disegno.
Non riesce a decifrare i segni.
E' un uomo limitato, troppo limitato.


Ma “Polvere rossa” non si ferma qui: dopo un finale con tanto di colpo di scena, l'autore vuole mostrarci un nuovo orrore, molto più terreno. Quello da cui tutto a origine. Leggetevele le ultime pagine, per comprendere come la vita (e la morte) sia, in molti paesi nel sud di questo piccolo mondo, una sfida da vincere con dignità e senza perdere nessuna speranza.

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