01 maggio 2011

La festa del lavoro

Nel primo articolo della Costituzione, sta scritto che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.

Eppure oggi, il valore che viene dato al lavoro è al punto più basso della storia di questo paese.

Troppi gli attacchi, al lavoro e a chi lavora: contratti da precari che diventano quasi sempre la norma, per chi entra nel mondo del lavoro.
Aziende che esternalizzano, lasciando a spasso persone e le loro famiglie, colpevoli solo di essere pagati troppo. Troppo, rispetto a chi è più sfruttato di te: perché oggi, in un mondo globalizzato, c'è sempre uno che sta peggio di te.

Attacchi ai diritti, anche quelli che uno pensava fossero conquiste definitive. Maternità, diritto allo sciopero, malattia.
Alla fine, c'è anche la questione del ricatto: volete i diritti? Volete un contratto collettivo? Allora io mi prendo l'azienda e la sposto in Serbia, in Polonia, in Messico, negli USA.
Il finto referendum a Pomigliano, a Mirafiori.

Dopo la condanna all'amministratore della Thyssen in tanti han detto che ora in Italia è dura continuare a lavorare. Evidentemente, in questo paese, la gente deve solo morire in silenzio.
E rassegnarsi ad una vita da precario.

Pure il primo maggio si deve lavorare. E' più importante tirar su qualche migliaia di euro per gli incassi, che non rispettare una festività laica.
Che queste ordinanze, per tenere aperti negozi anche il 1 maggio, arrivino da destra e sinistra, dalla Moratti e da Renzi, significa solo che, l'assenza di rispetto per il lavoro, è perfettamente bipartisan.

L'importante è guadagnare, fare profitto, alzare il PIL. Cemento, centri commerciali, autostrade, grandi opere, quartieri del lusso.

Chi se ne frega delle morti bianche e dei lavoratori in nero? Della disoccupazione giovanile e dei contratti a meno di mille euro? Dei callcenteristi di Teleperformance, degli invisibili di Eutelia, delle lavoratrici dell'Omsa, e le tute blu della Lares di Paderno Dugnano.
Delle centinaia di operai che salgono sui tetti delle fabbriche per impedire che si portino via i macchinari.

Che fa la politica, per il lavoro, oltre, beninteso, scendere in piazza a sfilare ?
Spero che almeno a Milano e Firenze, per coerenza, gli amministratori della città non si permettano di aggregarsi alla manifestazione
Fino a quanto possono bastare i moniti del presidente della Repubblica? In cosa dobbiamo essere coesi, se ciò che ci unisce (valori, Costituzione, storia) viene ogni giorno attaccato.

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