03 marzo 2011

Non voglio il silenzio.


Sto leggendo "Non voglio il silenzio", un libro scritto a quattro mani da un romanziere (Patrick Fogli) e un giornalista (Ferruccio Pinotti). Al momento posso solo dire due cose .
La prima è, come anche in altri libri di Patrick Fogli, ci si deve addentrare almeno nelle prime 100 pagine e passa per capirci qualcosa.
La seconda , è che poi, non puoi più smettere. Il libro racconta, in modo romanzato, di un racconto : il racconto di una indagine sulla strage di via D'Amelio. La strage del giudice Paolo Borsellino, della sua scorta: una strage dove seguendo i fili dell'inchiesta, stando attento ai depistaggi, si arriva a pezzi dello stato.
Esponenti dei servizi (non dei servizi deviati, ma servizi e basta), esponenti dei vari governi che si sono susseguiti in quegli anni.
La strage di stato, è stata chiamata, forse non a caso.
Strage che ha portato ad altre bombe, che han segnato il passaggio dalla prima alla seconda repubblica.

No, su queste cose non si può tollerare il silenzio.
Sia da parte degli inquirenti, che devono andare avanti, sia da parte della politica.

Aprono il libro, le parole di Borsellino davanti a degli studenti:
« L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati. »
(Paolo Borsellino, Istituto Tecnico Professionale di Bassano del Grappa 26/01/1989).
Qui l'incipit del libro.

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