31 marzo 2011

Corpi di scarto di Elisabetta Bucciarelli

Gli scarti in una discarica nella periferia di una città del nord (che non ha nome, perchè non ha più un'identità e un'anima), gli scarti gettati dalle persone, rifiutati e buttati via (perchè vecchi, perchè non riciclabili, perchè inutili).
Ma anche gli scarti umani, rifiutati dai genitori e scartati anche dalla società degli "uomini di buona volontà": come Iac e Lira, due adolescenti che passano le proprie giornate dentro la "zona viva" di questa discarica nel loro rifugio anzichè vivere nella loro casa o frequentare la scuola.
- Per me non è stato così facile rendermi conto di quello che sono - rispose Iac.
- E cosa saresti? Guardandolo in faccia.
- Quello che sei anche tu, Argo. Il rifiuto di qualcuno che non ti ha voluto con sè.
[pagina 192]


Le tante facce della società in cui viviamo, accomunate dalla stessa concezione di scarti e rifiuti, sono raccontate in questo racconto, quasi surreale, perchè ambientato in un luogo inusuale.
Dal chirurgo plastico Alfredo Mito (di nome e di fatto) che corregge i difetti delle persone, alla figlia Silvia, amica di Iac, insoddisfatta del proprio corpo.
Gli abitanti della "zona viva" della discarica: Saddam, immigrato turco che vive riciclando gli oggetti ritrovati in discarica, con l'aiuto di Argo (Zimba), scappato dalla famiglia cui era affidato.
Iac e il fratellino Tommy che una famiglia più o meno l'avrebbero, ma preferiscono il rifugio dentro la zona rifiuti.
Lira (Funesta), il loro amico, in affidamento alle zie.

Tutte persone la cui vita scorre secondo l'apparentemente normalità, sia dentro i miasmi e i fanghi della putrida, sia dentro l'ospedale dove il chirurgo soddisfa l'ego dei suoi pazienti togliendone i loro difetti.
Gesti fatti inconsapevolmente: come gettare nell'indefferenziata gli scarti delle operazioni o le lastre o immergere le mani dentro fanghi nocivi. O anche gettare rifiuti tossici dentro il compost senza nessun trattamento, chiudere un occhio sul contenuto di una camion di rifiuti. Bruciare una pira di sacchi, senza preoccuparsi di cosa possano sprigionare nell'aria.
Fino a che questi non portano al drammatico finale.

Si fanno gesti. Si dicono parole. Questione di momenti in cui il prima e il dopo non coincidono più. Come dopo un'atomica, come dopo aver inserito nelle vene un ago, aver messo le mani nella putrida, aver raccolto mascherine di un chirurgo distratto, aver svitato il coperchio di quel barattolo di poltiglia che usava Iac per disegnare stelline nel buio e averci infilato le manine dentro, aver preso la poltiglia a averla sparsa dappertutto, essersi sfregato gli occhi e poi aver lacrimato sulle guance e aver strofinato più e più volte nella speranza di togliere tutto e solo alla fine, fosforescente come una stella nel cielo, essersi accorto che bruciava la pelle e non smetteva più.
Fosforo raschiato da una lastra fotografica, Iac lo aveva fatto per giorni, se ne trovavano talvolta nella zona dei sacchi bianchi. Non sempre, erano rare. Miste alle cannule e alle protesi. Avevo messo insieme con cura quella poca materia di stelle, nel barattolo di vetro, custodita sull'ultimo ripiano.
Una magia da poco con cui il ragazzo apriva i sogni di Tommi e di Silvia.
In mezzo, tra il prima e il dopo, un gesto banale, e un altro ancora, in una catena di mancanze, dimenticanze, assenze. Banale come il male.
[pagina 203-204]
L'intervista dell'autrice sul sito di Verdenero

Corpi di scarto. Perché questo titolo?

Come dico sempre la scrittura dovrebbe passare dal corpo prima di trasformarsi in pagina da leggere, soprattutto oggi, perché mai come in questo momento l’abuso del corpo rivela l’esatto contrario, la sua assenza. Viaggiare in superficie, accontentarsi dell’immagine e della banalità, puntare al corpo apparentemente sano e perfetto pare l’unica via perseguibile. In Corpi di scarto ho cercato di ribaltare il punto di vista. Invece di inseguire un’estetica consunta e consueta mi sono chiesta se fosse possibile azzardare una filosofia dell’impuro, dell’imperfetto. Del rifiuto. Il corpo come residuo in una Città come sistema di rovine. Ma nonostante questo il persistere o rinascere di una nuova forma di bellezza, costruita con elementi apparentemente dissonanti (forse davvero brutti), ma emotivamente limpida, tenera, silenziosa fatta di piccoli gesti.

I personaggi di questa storia, che ruota intorno alle vicende di Iac, sono degli scarti umani. Come nasce l’idea di mettere in parallelo una discarica di oggetti con una discarica di esseri viventi?

Nella nostra vita quotidiana cerchiamo di allontanare da noi (in tutti i modi) ciò che ci disgusta. Persone o cose, poco importa. Laviamo continuamente le mani per paura del contagio. Eliminiamo, sfrondiamo, scartiamo. Cerchiamo ambienti asettici. Compriamo prodotti sigillati, con plastiche, polistirolo, cartoni. Imballi che preservino l’interno incontaminato. Puliamo, laviamo, non stringiamo più le mani e nemmeno ci scambiamo volentieri altri gesti d’affetto. L’assenza di contatto sembra essere la nostra salvezza. Mentre facciamo questo aggiustiamo i nasi, tingiamo i capelli, spianiamo le rughe, liposucchiamo gli eccessi adiposi. Tutto questo ha profondamente a che fare con la nostra scarsa o nulla accettazione di quello che siamo davvero. Esseri imperfetti, con le loro parti di scarto. Scartati spesso dalla società, dalla famiglia, da un fidanzato/a, dal lavoro. Ma anche scartanti a nostra volta, nei confronti di chi non appartiene al nostro modo di vivere e pensare e ci provoca disturbo, visivo e psicologico. Ecco perché ho voluto mettere a confronto tutti i possibili “scarti”. Quanto più riesci a sostenere lo sguardo e la vicinanza di ciò che ti provoca repulsione, tanto meglio riuscirai a comprendere parti importanti di te e soprattutto, (forse questa è davvero la speranza) proporre alternative valide a un modus operandi che sta mettendo in pericolo (vero) le nostre vite.

Iac conosce la discarica fin nei minimi dettagli, per lui è una risorsa, un luogo dove trovare tutto quello che gli serve per sopravvivere e sognare. Si tratta di una metafora importante della nostra civiltà opulenta e sprecona, che getta una quantità enorme di oggetti considerati di scarto, ma che per qualcuno possono rivelarsi molto utili.

Ci vorrebbe un vento di sobrietà. Riportare al centro il concetto di bisogno primario e poi mettere a fuoco bene, di nuovo, quali siano le necessità indotte. Parlo di necessità, anche quando l’intendimento sarebbe di fare riferimento al superfluo e all’inutile, perché ciò che viene percepito come necessario è davvero soggettivo e ne ho rispetto, comunque. Ma nel momento in cui siamo chiamati a decidere su problemi così importanti: etica, nucleare, salute, per citarne solo alcuni, non possiamo non mettere in gioco la nostra capacità di autolimitarci. Penso che fare la nostra parte bene sia più facile di quanto si possa immaginare. Sono gesti piccoli, fatti ogni giorno, che concorrono a un disegno più grande. Spesso offrirebbero anche posti di lavoro in più, paradossalmente consumando meno.

Scrivi: “Siamo ognuno lo scarto parziale o totale di qualcuno”. In una storia in cui affronti l’idea di rifiuto a 360 gradi, credi che per il lettore ci sia spazio ancora per sperare-sognare?

Il nostro mondo è una grande discarica a cielo aperto. Di oggetti e di persone. Non camminiamo tra l’immondizia (tranne eccezioni) ma la respiriamo continuamente a pieni polmoni. Non vediamo le scorie infossate nel Terzo mondo ma l’energia radioattiva invisibile o la diossina di Seveso faranno e stanno ancora facendo danni. Il lettore come ogni cittadino ha dalla sua “lo scarto”. Non quello di cui ho parlato prima, ma il suo scarto personale. La sua differenza potente dagli altri. Il suo punto di forza, la sua identità. Se ha voglia di lasciare davvero un segno del suo passaggio deve far leva su questo. Non imprimere la sua grande impronta (o almeno lasciarla lieve) è il miglior gesto per farsi ricordare. Il sogno si alimenta di un presente leggero. Come vedi “scarto” è una parola che si presta a una doppia lettura.

Come in ogni VerdeNero, in Corpi di scarto possiamo leggere la postfazione che ci riporta ai dati reali. A quale realtà ti sei ispirata per scrivere questo romanzo?

Racconti degli amici Vigili del Fuoco. Magazzini dismessi alle porte di Milano che invece nascondevano vere discariche. Rifiuti tossici che sparivano di notte su camion non ben identificati. Oppure inchieste di amici giornalisti, rifiuti sanitari pericolosi e a rischio infettivo bruciati nei forni degli inceneritori. Controlli pilotati nelle discariche. Notizie comparse sui giornali per lo spazio di un giorno e poi nascoste. Ospedali del Triveneto con giardini annessi da cui sbucavano cannule e materiale sanitario da smaltimento speciale. Infine racconti di rifiuti tossici pericolosi buttati con noncuranza nei cassonetti. Cose piccole, fatte da uomini piccoli, che però provocano rischi altissimi per tutti. E come dice uno dei personaggi “se il dolo è la Cosa, la colpa è di tutti”.

Il blog di Elisabetta Bucciarelli.
Il link per ordinare il libro su ibs.

La scheda sul blog di Verdenero.
Il commento al libro, il perchè di questa storia, dell'autrice.
Technorati: Elisabetta Bucciarelli

Lampedusa show

Da nonleggerlo:

In effetti erano sembrati strani a molti, tutti quegli applausi, tutti quei cori, tutto quell'affetto, dimostrato dai cittadini lampedusani al Presidente del Consiglio. Tutto troppo perfetto, no? Una favola ... Sì. Oggi scopriamo che quella gioia era artificiale, sapientemente preparata, anche con metodi violenti. Della serie "selezione all'ingresso", manco fosse il pubblico di Forum.




Dunque. Non solo il Sindaco di Lampedusa ha intimato ai propri cittadini di non rompere le scatole, "ma che è? togliete 'ste minchia (di cartelloni), che se no il Presidente non parla", dichiarazione che dovrebbe dirci molto, se non tutto, sulla spontaneità dell'evento. Non solo i pochi oppositori presenti, visto il clima che si stava creando - cartelloni strappati dalle mani, insulti, tensione - hanno preferito prendere, ed andarsene.



Questo, assieme a tutto il resto (il black out informativo per le elezioni, le nomine in rai) dovrebbe farci capire in che paese viviamo.

La guerra tra poveri

La tensione dentro e fuori l'aula è indicativa dello stato del paese.
A Lampedusa lo show per il popolino dell'isola (che pare aver gradito, immemori delle promesse fatte per Napoli, per l'Aquila), e la stessa notte affonda un barcone.
Non avendo saputo prevedere prima, ne gestire ora l'ondata di immigrati, oggi l'esecutivo sposta il problema sulle regioni che, temendo un contraccolpo elettorale, fanno a gara a dire no (la Polverini ha pure tirato in ballo persino la festa per papa Giovanni Paolo II ...).

L'aveva pure detto Bossi che la crisi e la rivolta in nordafrica avrebbe aiutato politicamente il governo.
Perchè ora, di fronte alla massa di gente dalla Tunisia e dalla Libia, di fronte alle promesse di aiuti (i 1500 euro), le persone reagiscono pensando al proprio particulare.

Non abbiamo lavoro noi, perchè dobbiamo aiutare loro?
Suona molto leghista.
Peccato che per uscire da questa sindrome da "tacchini di Renzo", serva capire che se in Italia non c'è lavoro, c'è crisi, non ci sono soldi, non è colpa dei soli immigrati.

Un pò di notizie:
Il tesoriere di IR? Condannato a 4 anni per truffa
Al Tg2 Susanna Petruni, la “minzolina” fedele al premier : la Rai è in crisi, eppure si trova il tempo per assumere un esterno come Giuseppe Ferraro da Sky.

Le bufale sulla giustizia

Dice B. che per incastrarlo hanno speso 20 milioni di euro dei citttadini (e tutti i giornali han riportato la notizia senza verificare).
Poi il TG3 fa due conti e scopre che in reatà, per il processo Mediatrade, la procura ha speso 2 milioni di euro (nessuna intercettazione), per recuperare circa 127 milioni di dollari.

Dice il PDL che la responsabilità civile dei magistrati ce lo chiede l'Europa, e che anche gli italiani lo hanno chiesto votando ad un referendum.
Peccato che la corte di giustizia europea si sia espressa in modo diverso (lo ha scritto lunedì De Cataldo su Repubblica): la legge italiana non è in contrasto con le norme europee (l'ha riportato anche il nostro stesso governo in una nota il 20 novembre 2011).
Peccato che, a parlare di referendum, gli italiani si erano espressi anche contro il nucleare e contro il finanziamento ai partiti ..

Quante bufale.

30 marzo 2011

Promesse da marinaio

Trovandosi su un'isola, è proprio il caso di parlare di promesse da marinaio.
Quelle fatte dal premier agli abitanti di Lampedusa:

Il presidente del Consiglio promette una nave sempre a disposizione, fondi straordinari, un piano di rilancio turistico e la moratoria fiscale e previdenziale. "Ho comprato casa qui, sarò anch'io lampedusano". Infine l'annuncio: "In Cdm valuteremo candidatura di Lampedusa a Premio Nobel per la pace".

Nel 2009 aveva detto (al tour elettorale di Cappellacci)

"I cittadini di Lampedusa devono stare tranquilli perché la situazione è sotto controllo. Faremo delle cose per compensarli e martedì Maroni incontrerà a Tunisi il ministro dell'Interno tunisino e il presidente Ben Alì per stabilire le modalità per far rientrare i 1.200 tunisini".

E ancora:

"La situazione a Lampedusa e' sotto controllo, sono liberi di muoversi quelli che arrivano a Lampedusa, non e' mica un campo di concentramento..." Ed ancora: "sono liberi di andarsi a prendere anche una birra....". Silvio Berlusconi non si preoccupa della fuga in atto da parte degli extracomunitari a Lampedusa. "Sono andati - spiega prima di un comizio a Tempio Pausania - in paese come fanno di solito, solo che adesso sono 1.800. Un numero - osserva il Premier - veramente rilevante".

E stavolta nemmeno un Mastella a prendersi le colpe

Tra un "aiuteremo gli immigrati" del premier e un più ruspante "fora da i bal" del ministro dello stesso governo, approda alla camera la discussione (?) sul processo breve.
In pratica, per impunirne uno, ne rimarrano impuniti molti.
Come con l'indulto del centrosinistra, ma questa volta senza nemmeno un Mastella a prendersi tutte le colpe.

Pizzo in terra leghista

Esponenti del clan Madonia terrorizzavano imprenditori della zona di Varese, a Brusto Arsizio, con la richiesta del pizzo, estorsioni, atti intimidatori.
Imprenditori terrorizzati, usati come bancomat per cene, auto, buoni pasto e spogliati dei propri beni. Qui al nord.

VARESE - Estorsioni con metodi mafiosi a imprenditori di Busto Arsizio: chi non paga subisce un incendio, chi paga diventa schiavo di un gruppo di 5 affiliati al clan Madonia Rinzivillo. È uno spaccato alla Don Vito Corleone quello scoperto dalla Dda di Milano (pm Ilda Boccassini e Nicola Piacente) e dalla squadra mobile di Varese. Una banda di gelesi terrorizzava i titolari di imprese edili e di pizzerie, scegliendo come vittime solo compaesani: forse perché abituati al terrore mafioso e al silenzio, oppure perché in qualche caso li sapevano navigare in una zona grigia tra legalità e illegalità. Gli arrestati sono Rosario Vizzini, 51 anni, Fabio Nicastro, 39, Dario Nicastro, 37, Emanuele Napolitano, 43, Rosario Bonvissuto, 38. Sono tutti pregiudicati e professionisti del pizzo.

Secondo le accuse sotto le loro grinfie finiscono, dal 2002, decine di imprenditori. C'è il caso di due commercianti all'ingrosso di Busto Arsizio che vengono costretti a cedere un ramo d'azienda con un blitz dal notaio. E quello di un'impresa di Lecco che viene costretta a entrare in un finto affare anticipando 20mila euro, soldi che finiscono nelle tasche degli arrestati. In quest'ultimo caso l'imprenditore vittima del racket viene umiliato: paga la vacanza a uno degli affiliati, Fabio Nicastro: un mese di soggiorno nelle Marche, a Pedaso, con i parenti. Sborsa soldi per l'alloggio, i pranzi, le cene, le colazioni, persino gli ingressi allo stabilimento balneare.

Pesanti angherie subisce anche un facoltoso ristoratore di Busto Garolfo, che viene avvicinato per comprare una villetta con terreno del valore di 300mila euro. I boss gli danno degli assegni che dovrà riscuotere a termine. Ma poi gli chiedono di aspettare a incassarli. Infine si presentano a casa e glieli sequestrano. E poi lo usano come bancomat: si tengono la villetta, vanno a mangiare gratis al ristorante, si fanno dare centinaia di buoni pasto, e per chiudere il conto gli prendono «a prestito» tre auto, una Porsche e due Mercedes.

Gli incendi nei cantieri edili sarebbero inoltre all'ordine del giorno: la polizia ne ha tracciato una mappa sentendo tutti i titolari coinvolti e ricavando decine di testimonianze. Un imprenditore racconta che, dopo avergli chiesto soldi, gli arrestati si sono presi il suo scooter e se ne sono andati. Tra i motivi del pizzo c'è anche il sostentamento delle famiglie degli affiliati al clan in carcere: due fratelli di Busto Arsizio dicono «no» e si ritrovano la Mercedes bruciata in cantiere. Sempre a Busto Arsizio, i professionisti del pizzo incendiano una ruspa in una ditta che non vuole pagare: alla fine ottengono comunque 10mila euro.

Nel dicembre del 2009 rischiano di ammazzare dei vigili del fuoco durante un agguato a Induno Olona, in cui fanno esplodere tre macchine per punire un fornitore edile del quale non si fidano più. A un barista di Busto, qualche giorno dopo, fanno saltare il locale perché non li aiuta a rintracciare l'uomo. La filosofia è chiara. La polizia ascolta in un'altra occasione Fabio Nicastro mentre dal carcere - dove è finito per tentata rapina - dà istruzioni alla moglie su cosa rispondere a un imprenditore (non identificato) che vuole indietro la sua auto. Sono precise parole: «Gli dici di chiamare... di dirgli che se si prende la macchina come esco lo scanno... lo ammazzo a lui e a quella p. di sua moglie... gli brucio tutta la casa... gli dici, mio marito guarda che ti fa passare le pene dell'inferno. Ti fa fare una brutta fine... e macchina non ce n'è».[corriere]

Il problema dell'informazione

Lo ha raccontato ieri sera Roberto Natali a Ballarò (parlando della legge bavaglio sui talk show): l'Unione Europea, discutendo della legge bavaglio in Ungheria, ha espresso preoccupazione per 6 nazioni, relativamente alla libertà di informazione.
Ungheria, Bulgaria, Romania, Repubblica Ceca ed Estonia e anche l'Italia:

Da Non leggerlo:
Assieme ad "Ungheria, Bulgaria, Romania, Repubblica Ceca ed Estonia" - tutti Paesi recentemente usciti dalla morsa comunista - siamo gli unici destare "gravi preoccupazioni al Parlamento Europeo" per quel che concerne "pluralismo dell'informazione e libertà dei media".

Che ci fa l'Italia in mezzo a questi paesi?

29 marzo 2011

Lo chiede l'Europa

Il mantra "lo chiede l'Europa" è usato come scusa per nascondere le porcate nazionali delle leggi ad personam (anzi ad castam) contro i magistrati e contro i cittadini comuni.
Come reagirà ora il centrodestra e Giuliano Ferrara alla notizia sulle conclusioni dell'OLAF sui depuratori in Calabria mai fatti con i soldi dell'Europa?
L’Europa chiede all’Italia 57 milioni di euro per gli sperperi del precedente governo regionale calabrese di centrodestra sui quali ha indagato Luigi De Magistris. Radio Londra chiama e Bruxelles risponde. Secondo Giuliano Ferrara, “Luigi De Magistris non sarebbe diventato nessuno se avesse impostato delle inchieste che mettevano capo a qualcosa di vero e di concreto”. Secondo l’Olaf, l’Ufficio antifrode europea, qualcosa di concreto quelle inchieste lo hanno prodotto. Grazie all’indagine Poseidone, per esempio, sono stati risparmiati 48,8 milioni di euro. Lo dice il rapporto 12127-I-2010 dell’Olaf, appena trasmesso agli uffici giudiziari italiani.

Chiederanno scusa a De Magistris? Chiederanno scusa ai calabresi?

Gli elettori tedeschi (e quelli italiani)


Gli elettori tedeschi hanno voluto punire il governo del presidente Merkel per le sue scelte sulla Libia e per il precedente voltafaccia sul nucleare.
Funziona così nelle democrazie, non in Italia, probabilmente.

Dove alle prossime aministrative l'amico
Gheddafi, la nipote di Mubarak, i falsi in bilancio, l'emergenza nucleare, non avranno alcun influenza.

Ieri in piazza a Milano c'erano i lavoratori del settore assicurativo in sciopero per il rinnovo del contratto. Le persone della banca MB, a rischio licenziamento, senza stipendio da mesi (nonostante il fondo di solidarietà). I lavoratori della TLC (Eutelia, Sirti).

Report
domenica ci ha raccontato degli scenari futuri dell'industria dell'auto italiana. I telegiornali (quelli veri) hanno raccontato del crollo dei risparmi delle famiglie: -60% in 20 anni. A

Lampedusa
sta avvenendo una crisi umanitaria per gli sbarchi di immigrati dai paesi del nordafrica che questo governo non sa o non vuole gestire.

Tra un mese,
il parlamento approverà le leggi sul processo breve e sulla responsabilità civile dei magistrati. A maggio si vota, e probabilmente ci sarà un black out informativo (come l'anno scorso) con la chiusura di tutti i talsk show Rai. Così in onda potranno andare solo le trasmissioni di fantascienza come Forum.

28 marzo 2011

Bentornato

In aula in Parlamento, per farsi approvare leggi che stronchino i suoi processi.
Fuori dall'aula, per fare contestazione.
In aula, nel Tribunale per fare lo show.
Aveva visto giusto Nanni, col finale del Caimano.

La sua difesa:
la stoccata ai giudici della Consulta: le convocazioni ai processi, ha sostenuto, sono «conseguenti a quella incredibile sentenza della Corte Costituzionale che ha deciso che soltanto in Italia un presidente del Consiglio possa essere sottoposto al processo, distogliendo la sua attenzione dall'incarico e dalla funzione pubblica. In tutti gli altri Paesi succede che i processi si sospendono fino al termine del suo incarico».

No, non riesco ad immaginarla la Merkel, o Cameron, con un minorenne.

Quando discuti con un avversario

Quando discuti con un avversario, prova a metterti nei suoi panni. Lo comprenderai meglio e forse finirai con l'accorgerti che ha un po', o molto, di ragione. Ho seguito per qualche tempo questo consiglio dei saggi. Ma i panni dei miei avversari erano così sudici che ho concluso: è meglio essere ingiusto qualche volta che provare di nuovo questo schifo che fa svenire.


A proposito del dialogo da portare avanti a tutti i costi con certi avversari. Il dialogo sulle riforme, il dialogo con l'opposizione, sulle missioni militari ..

Report – l'autoalleanza

Cosa ne sarà dell'industria italiana dell'auto con l'accordo Fiat Chrysler? Chi controllerà sulle promesse fatte dall'attuale amministratore delegato Marchionne, sui venti miliardi per gli impianti italiani, sui 20 (o 34) nuovi modelli da lanciare sul mercato, sul produrre 6 milioni di auto nel mondo per arrivare alla quota del 16% del mercato?
Per il momento, l'unica cosa certa sono le perdite di quote di mercato del marchio Fiat, la concorrenza nel settore dei motori ibridi, da parte degli altri marchi (su cui la Fiat latita) e la cassa integrazione degli operai, molti dei quali in questa condizione da anni, che hanno pure dovuto subire il ricatto del nuovo contratto (nonè un gioco di parole).
L'inchiesta di Giovanna Boursier, ha chiarito un po' le cose , per farci capire quelli che potrebbero essere gli scenari futuri. Parliamo di un settore con 80000 dipendenti e con un vasto indotto. Non esiste potenza mondiale senza una propria industria nel settore auto.

Del piano Fiat se ne è parlato tanto sui giornali, senza mai andare a fare le pulci dentro: anche quando è dovuto andare in parlamento a presentarlo, nessuno dei nostri rappresentanti ne ha chiesto conto (eccetto l'onorevole Biasotti, che si preoccupava della sua concessionaria …).

Chi è Marchionne? L'amico ed ex sindaco Chiamparino lo definisce timido, non efficace nella comunicazione, moderno e di sinistra. Forse il giocare a carte lo rende vicino a Gramsci e Berlinguer?
Nemmeno Chiamparino sa molto del piano da 20 miliardi: ha scelto come l'attuale candidato Fassino di appoggiare il si al referendum di Mirafiori, perchè altrimenti Fiat avrebbe dismesso gli impianti.
Ma che ne sarà ora, della testa dell'azienda? Che ruolo avranno gli Agnelli nel futuro? La scommessa è produrre e vendere in Italia i nuovi modelli presentati a Ginevra, mutazione dei modelli americano (il Voyager, il Chrysler 300 c) con marchio italiano. Nel frattempo, Fiat è uscita da Confindustria, i lavoratori di Pomigliano e Mirafiori han votato un referemdum sul nuovo accordo che prevede un nuovo contratto (diverso da quello dei metalmeccanici). Si sono spaccati i sindacati.

L'inchiesta della Boursier ha ricostruito la storia del marchio Fiat, dai tempi di Valletta, a quelli di Romiti. Lo scontro tra Romiti e Ghidella (il padre della fiat Uno), finito con la cacciata di quest'ultimo che auspicava una fusione con la Ford.
La crisi degli anni '90 e gli aiuti da parte dello stato (stimati in 10000 miliardi di lire, 5 miliardi di euro). Dopo Romiti (il nulla, commentava di fronte alla giornalista), altri amministratri: Cantarella, Galateri, Morchio.
Poi l'accordo con GM, di cui però nessuno degli intervistati vuole parlare: nel 2004 si arriva alla presidenza di Montezemolo e AD Marchionne: GM rifiuta l'acquisto (ma incassa la tecnologia italiana del motore multijet) e paga la penale da 1,5 miliardi.
Nel 2005 scade il prestito “convertendo contratto con le banche (con tanto di polemiche): queste, in cambio del salvataggio chiedono la cessione di alcuni asset (come la Toro ass. acquisita negli anni di Romiti per diversificare). La conversione del prestito avviene col titolo Fiat a 10,28 euro/azione. In questo modo (e anche grazie all'acquisto di azioni Fiat da parte di Merril Linch, per Ifil), grazie alla finanza, Fiat riesce a recuperare (e gli Agnelli a tenere il comando).

Il bunus per i fornitori.
Per lavorare con Fiat, come piccoli fornitori, si deve pagare a fine anno un bonus, circa il 10%. Ci sono società di consulenza che, tutto in chiaro, fanno da intermediari tra l'azienda e le piccole imprese: peccato che, anche per la crisi, ci siano società che sono finite in difficoltà, perchè avevano abbassato troppo i prezzi pur di spuntare un appalto.

La nuova Chrysler.
In america Obama ha fatto con la Chrysler quello che è successo con l'Alitalia: la nuova azienda ha meno debiti, meno dipendenti e ha ricevuto 7 miliardi di credito dallo stato. Azionista di maggioranza è il sindacato, che in questa sfida ci si gioca tutto. Cosa cambia per Fiat con l'accordo?
Oggi fiat ha in Europa è al 7% del mercato: dopo la fine degli incentivi del 2008-2009 (comunque soldi dello stato), le vendite sono calate. Si vuole arrivare a 16 milioni di auto: significa erodere quote alle concorrenti come la Volkswagen. In Germania però, hanno puntato tutto sulla qualità del prodotto: in questo modo sono saliti a +17% di vendite nel 2010, 50 miliardi di investimenti sul prodotto auto, nei prossimi anni.
In Germania è finito pure a lavorare Giorgio Giugiaro, dopo che è stato messo da parte dall'attuale gestione Marchionne.
Si venderanno bene in Italia le auto progettate in america, col marchio italiano? E' una scommessa.

Fiat fa utili solo in Polonia e Brasile, dove i costi del lavoro sono più bassi: ma sarebbe sbagliato confrontare la produttività dei nostri impianti con quelli esteri. Se a Pomigliano ci sono 40 settimane di cassa integrazione, la produzione è ovviamente più bassa. Cassa integrazione introdotta perchè i modelli lì prodotti ora sono fatto all'estero.
Nel frattempo Termini Imerese è chiuso. A Pomigliano si doveva produrre il nuovo Suv, con un investimento promesso di 650 milioni, è invece è arrivato solo il referendum: più turni, più straordinari, meno pause.
A Mirafiori la promessa parla di 2 miliardi di investimento, e il Suv da assemblare con i pezzi dall'america. Ma anche qui, dopo il referendum che ha spaccato il fronte sindacale e creato tensione nei lavoratori, c'è solo la cassa integrazione a rotazione. Ma non è un ricatto, dicono loro.
Negli Usa si produrrà l'auto a basso impatto ecologico, e in Italia si costruiranno (dicono le promesse) i Suv. Veramente in Italia non ci sono le condizioni per poter lavorare?
Chi controllerà sugli investimenti Fiat in Italia: spiegava il costituzionalista Zagrebelsky che non c'è giudice che potrà controllare sull'accordo e sugli investimenti. E la politica è ad oggi in tutta'altre faccende affaccendata.
Già è successo col piano 2006-2010.

Una casetta in Svizzera.
Ma quando si fanno promesse di questo tipo e in cambio si chiedono alle persone sacrifici, si deve essere anche credibili. Report ha fatto le pulci anche sulla residenza fiscale dell'AD di Fiat.
Che dice di voler portare gli stabilimenti italiani ai livelli di quelli tedeschi: peccato che se in Italia la busta paga di un operaio è di 1200 euro, in Germania si passa a 2500 euro.
In Germania esiste un unico sindacato, i cui eletti sono dentro i consigli di sorveglianza delle imprese. I sindacati e le imprese si occupano di organizzare al meglio la produzione: nel 2008 hanno preso un bonus di 3700 euro, nel 2010 una tantum di 1500 euro.
Quanto siamo distanti da quel paese.
Qui si pensa che cambiando il contratto degli operai (e producendo Suv) si aumenteranno le quote di mercato. Ma forse, il vero obiettivo è un altro.
Non più fare il manager , ma l'imprenditore: nel 2014, allo scadere delle stock options, potrebbe diventare azionista di controllo della Fiat. Con la testa e buona parte del corpo all'estero.
Oggi il suo stipendio è di 4 milioni di euro l'anno: in 7 anni ha totalizzato 7 milioni di euro.
Romiti che, ridendo di fronte alla giornalista diceva di non ricordarsi il suo, di stipendio, ha percepito 101 miliardi di euro di liquidazione.
I 10000 cassintegrati, a nostre spese, cosa penseranno di queste cifre? Loro, almeno le tasse le pagano in Italia.
Marchionne la la residenza fiscale nel cantone di Zugo, dove esiste una sola aliquota al 23% (la più conveniente della Svizzera). Qui si stanno spostando tutti i ricchi d'Europa, per non pagare le tasse, si lamentava un abitante del cantone, per l'aumento del costo delle case.
Per godere dei vantaggi della fiscalità, deve risiedere in Svizzera almeno metà dell'anni o, meglio, deve risiedere non in Italia almeno 183 giorni.
E le tasse? In Italia le paga con una cedolare secca al 30% per i compensi Fiat. In Svizzera nessuna tassazione su questi soldi.
I compensi americani sono tassati in Svizzera con una aliquota del 15-23%: si calcola un risparmio (se le tasse le dovesse pagare da noi) di 500000 euro.

Il non voler pagare tutte le tasse, forse è un problema che accomuna gli Agnelli: esiste una inchiesta a Milano, partita dopo la causa civile agli altri eredi di Margherita Agnelli, di evasione fiscale. Riguarda la Exxor Lussemburgo: si stima una evasione di 250 milioni di euro e dalla Svizzera i finanzieri stanno aspettando le rogatorie.
La domanda che si faceva la conduttrice però, meriterebbe una risposta: perchè Marchionne mantiene la residenza in Svizzera? Nei confronti delle persone che sono state accusate durante i referendum, dai media e dalla politica di non voler lavorare e a cui sono stati chiesti sacrifici, sarebbe più credibile se decidesse di trasferirla in america o in Italia.

27 marzo 2011

Parola di Gasparri

Un sunto dell'intervista del senatore Gasparri ieri a Che tempo che fa:
“L'interlocutore non è che te lo scegli, Gheddafi era lì da 40 anni”. Stesse parole usate dal ministro La Russa: cosa vuol dire, che dobbiamo rassegnarci alle dittature e magari anche alle mafie?

“Noi dobbiamo difendere i nostri interessi”. Capito: mica siamo lì per difedendere la popolazione o portare una forma di governo più dmeocratico.

“Quanti dittatori ci sono nel mondo, sono democratici in Cina?”. Gheddafi è qui vicino, però. E con Gheddafi abbiamo accordo commerciali, militari e politici.

Però quando è arrivato in Italia, gliele abbiamo cantate al rais, sui diritti civili, sulla democrazia: “Gheddafi si è beccato lo spettacolo dei carabinieri a cavallo, le frecce tricolore non solo il verde”.

Sugli immigrati che noi chiamiamo clandestini, dunque criminali “In Tunisia non c'è la guerra, domenica han votato”. Che ci siano scontri, violenze, un vuoto di potere, non risulta ai nostri governanti. D'altronde se si scambiano Gheddafi e Mubarak con politici che assicurano la stabilità.
E i leghisti? “I leghisti sono estremisti del patriottismo .. non fanno male a nessuno”. Coesione nazionale a parte, ovviamente.

Saverio Romano ministro con l'inchiesta su corruzione? Colpa dei magistrati che ci mettono tanto tempo a chiudere le inchieste.
La responsabilità civile dei magistrati? “ce lo chiede l'Europa, sennò ci multa”. Sempre colpa dell'Europa, e di Scalfaro e Ciampi, che han tolto il 41 bis ai mafiosi.

Sarebbe stato interessante chiedere al senatore cosa ne pensa del nucleare (di cui ha parlato poco prima Veronesi, senza riuscire a rassicurare), delle aziende che chiudono o sono in crisi (la Vynils), dei costi della politica che continuano a crescere. Della Fiat con la testa all'estero (ne parlerà Report), del caso Ruby ...

Milano criminale – la cronistoria degli eventi

Il libro di Paolo Roversi, Milano criminale, si ispira a fatti criminali realmente accaduto nella città della Madunina.

La sfida tra il bandito e il poliziotto inizia proprio in via Osoppo, con l'iniziazione per entrambi: chi sceglie di fare la guardia, chi il ladro.

1958
27 febraio La rapina del secolo in via Osoppo, dei 7 uomini d'oro

1962
27 ottobre a Bascapè precipita per un attentato l'aereo di Enrico Mattei

1964
Aprile 1964: in via Montenapoleone, la rapina alla gioielleria del clan dei marsigliesi

1967
25 settembre rapina banda Cavallero a Milano: la sparatoria nelle strade trasforma Milano nella Chicago anni Trenta

1968
Traditori di tutti di Giorgio Scerbanenco, viene riconosciuto quale miglior romanzo straniero dal prestigioso premio francese Grand prix de littérature policière.

1 marzo: scontri a Valle Giulia a Roma. Nella sua poesiea Pasolini si schiera dalla parte degli agenti, i ragazzi del sud.

25 marzo: scontri a Milano tra studenti del movimento studentesco e polizia davanti all’ Università Cattolica

2 dicembre: ad Avola negli scontri che seguino una manifestazione, vengono uccisi dalla polizia due braccianti, Giuseppe Scibilia e Angelo Sigonia.

1969
25 aprile bomba alla fiera campionaria, nello stand della Fiat (prima pista sugli anarchici)

21 luglio: allunaggio dell'Apollo 11 sulla Luna, con la prima passeggiata di Armstrong sul pianeta

19 novembre muore negli scontri di via Larga, durante una manifestazione di estrema sinistra, l'agente Antonio Annarumma.

12 dicembre strage piazza Fontana

15 dicembre: in Questura a Milano muore Giuseppe Pinelli. Malore? Omicidio? Suicidio? Di sicure c'è che era innocente.

1970
17 giugno Italia Germania 4-3

1971
Il delitto della Cattolica è il nome sotto cui è storicamente noto l'assassinio di Simonetta Ferrero avvenuto il 24 luglio 1971 presso l'Università Cattolica di Milano, tuttora irrisolto.

1972
14 febbraio 1972 Rapine al supermercato della banda Vallanzasca.
Di fronte al commissario Serra, il bandito sfila un rolex come premio se fossero riusciti ad incastrarlo trovando le prove delle sue rapine.

Alcuni dei personaggi delle storie raccontate:

Leandro Lampis, detto il Solista del mitra (Luciano Lutring)
Pietro Cavalieri, il bandito dai denti di lupo: Pietro Cavallero
Mario Capanna (che nel romanzo si chiama Giorgio Castelli )
Antonio Santi: Achille Serra
Martinez: Annarumma
Roberto Vandelli: Vallanzasca
Catalano: commissario Allegra, ufficio politico Milano

Il link per ordinare il libro su ibs.
Il sito dedicato al libro http://hotmag.me/milanocriminale/
Technorati: Paolo Roversi

Milano criminale, il romanzo di Paolo Roversi

Il bandito e il criminale: la storia criminale della Milano degli anni 60 raccontata attraverso le storie di questi due personaggi, le cui vicende si intrecciano più volte. A partire da quella mattina del 27 febbraio 1958, in via Osoppo, con la rapina dei 7 uomini d'oro, da cui tutto ebbe inizio.

L’uomo cammina tranquillo sul ciglio della strada. Scarpe ricoperte di polvere e l’aria di chi ha tutto il tempo del mondo a disposizione. Ogni tanto si guarda intorno con naturalezza, passeggia e tiene una mazza ferrata e una calibro 9 infilate nella cintura. A qualche metro da lui, un paio di uomini in tuta da lavoro su un furgone grigio. Stanno in silenzio e nessuno bada a loro, tantomeno ai mitra che tengono sulle ginocchia. Poco distante, un signore, capelli brizzolati e sigaretta appesa a un angolo della bocca, sfoglia un giornale. Lentamente; troppi minuti su ogni pagina per risultare credibile. È seduto dentro una FIAT 1400 nera con un ferro che gli preme contro la coscia destra. Accanto all’auto, un ragazzo. Immobile. Un rigonfi amento nella giacca: un cannone anche per lui.

Indossano tutti il toni, la tuta blu da operaio; abbigliamento perfetto per confondersi fra i passanti di quella zona piena di fabbriche e opifici manifatturieri. Un occhio esperto avrebbe capito tutto. Previsto quello che stava per accadere. Ma non c’erano occhi esperti nei paraggi. Le danze si aprono quando il furgone portavalori fa capolino all’imbocco della strada. La filiale della Banca Popolare è a nemmeno cinquecento metri. La prima del giro. Velocità moderata e occhi aperti per i tre uomini a bordo: un autista, un agente di polizia e un funzionario della banca.

Antonio Santi, figlio di operai, decide di entrare in polizia, diversamente da quello che pensano i genitori: “l'adolescente schivo con gli occhi stretti di cinese, quegli uomini che hanno messo a ferro e fuoco via Osoppo non li vuole imitare, ma sbattere al fresco”.
Pensieri diversi da quelli di Roberto Vandelli “Sorride sornione, nonostante l'età ha deciso da tempo da che parte della barricata stare: dall'altra. Quei banditi diventano all'istante i suoi eroi”.

Inizia da via Osoppo la diversa carriera di Antonio, nella polizia, e di Roberto, dall'altra parte, sulle strade di Milano: assisteranno al cambiamento del paese e di Milano, negli anni del boom, della rinnovata ricchezza, delle fabbriche, delle tute blu. Ma anche delle bandi criminali: come quella del clan dei marsigliesi, la banda di Lutrig, il solista del mitra. La banda di Cavallero, spiecialista in triplette, tre colpi contro le banche nella stessa giornata.
Ma la Milano Criminale non è solo una storia di sbirri e di banditi: alla fine degli anni 60 la città si infiamma per gli scontri tra studenti e polizia, sull'onda del maggio francese. Sono gli anni della contestazione, delle molotov, dell'occupazione delle università, della richiesta di uno stato moderno, dell'abbattimento delle vecchie regole, delle caste, delle baronie. È anche l'anno dell'autunno caldo, le lotte delle tute blu per il rinnovo del contratto.
Tutto questo viene visto e commentato dal giovane agente Santi, che fatica a conciliare il dovere di poliziotto, il dover obbedire agli ordini, con lo scontrarsi con altre ragazzi, giovani come lui, che stanno dall'altra parte. Nel libro c'è spazio per la vita privata dei personaggi: gli scontri in famiglia di Antonio con Carla, la moglie, professoressa che condivide le stesse passioni e gli stessi ideali di quei giovani che chiedono il cambiamento nella scuola, nelle instituzioni e nella società.

Non si fa fatica a ritrovare dietro i protagonisti i nomi dei personaggi reali:

Leandro Lampis, detto il Solista del mitra (Luciano Lutring)
Pietro Cavalieri, il bandito dai denti di lupo: Cavallero
Mario Capanna (che nel romanzo si chiama Giorgio Castelli )
Antonio Santi: Achille Serra
agente Martinez: Annarumma
Roberto Vandelli: Vallanzasca
commissario Catalano: Antonino Allegra, ufficio politico Milano

Da come termina il romanzo, con quella specie di sfida all'ok Corral tra il buono e il cattivo, c'è da credere che altri capitoli seguiranno questo, in cui Roversi ci racconterà la storia criminale di Milano negli anni '70, negli anni '80, magari fino ad oggi.

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25 marzo 2011

Chi sbaglia, non paga

Paradossalmente nello stesso giorno (o quasi) in cui si addossano ai magistrati le norme (o la spada di Damocle) della responsabilità civile, si tolgono dai manager di stato (specie quelli Rai e Finmeccanica per le note vicende) ogni responsabilità civile per danno erariale:

Colpo di spugna. A sorpresa, in commissione Unione europea della Camera, il relatore leghista, Gianluca Pini, crea il caos. Passa un suo emendamento alla legge comunitaria 2010 che salva gli amministratori delle società partecipate dallo Stato per oltre il 50 per cento da responsabilità civile legate a danno erariale comminato attraverso ammende o sanzioni dalla Corte dei conti.

Un emendamento che sembra scritto apposta per gli ex amministratori di centrodestra del Cda Rai (Marco Staderini, Gennaro Malgeri, Giuliano Urbani, Angelo Maria Petroni e Giovanna Bianchi Clerici) chiamati a risarcire il Tesoro per circa 11,5 milioni di euro per la nomina incompatibile di Alfredo Meocci alla direzione generale della tv pubblica. Ma non solo. Il medesimo emendamento calza anche a pennello per gli attuali vertici di Finmeccanica, a partire da Pierfrancesco Guarguaglini, attualmente indagato, con la moglie Marina Grossi, per corruzione. L’emendamento leghista sarebbe stato scritto anche con l’intenzione di rendere gli attuali vertici delle società pubbliche così impermeabili al lavoro ispettivo e sanzionatorio della Corte dei conti da menomare la magistratura contabile della sua principale prerogativa costituzionale.

Insomma, solo per i magistrati chi sbaglia paga?

Annozero - l'armata brancaleone?

La crisi libica (e anche le altre rivolte in nordafrica) e la risposta della vecchia Europa. Nell'aria, la solita domanda: è solo la guerra l'unica risposta che si può dare a queste situazioni?

Ma prima di parlare di guerra umanitaria e di dittature, Santoro si è tolto il sassolino dalla scarpa: prima parlando dello spot vietato di "Silvio forever". E' complicato, rischiare una sanzione, per una questione di diritti.
Ed è ancora più complicato dover rispondere agli insulti senza contraddittorio di Ferrara su Rai1.
"Ferrara è un artista talento puro, agli artisti non si può chiedere di giustificare quello che dicono".
Anche quando dicono cose senza senso: perchè Santoro ha solo fatto parlare De Magistris quando ancora si occupava delle indagini Poseidone (fondi europei sprecati in depuratori mai fatti) e Why Not (agenzie interinali che assumevano amici per posti nel pubblico). C'era dietro una richiesta di giustizia, di tutti i ragazzi calabresi che scendevano in piazza a manifestare.

Se poi una di queste inchieste è stata archiviata, dopo che è stata affidata ad un altro pm, che c'entra Santoro?
Non sapremmo mai come sarebbe andata a finire se De Magistris non fosse stato trasferito.
Ma tutto questo, Ferrara forse non lo sa. Infine, la dedica al giornalista di Radio Londra:
"Caro Ferrara, quando faccio qualcosa, dietro non ho l'ombra di Craxi, Berlusconi, del Vaticano o della Cia. Mi assumo le responsabilità e racconto le storie , e come vanno a finire".

La guerra in Libia.
La nostra pace è una cosa troppo importante perchè venga affidata ai nostri politici, quantomeno a tanti dei nostri poiltici che purtroppo senza essere stati scelti, ci rappresentano.
Politici come il ministro della difesa, che dava a Gino Strada dell'utopista perchè voleva la pace e perchè cercava di smascherare le ipocrisie della politica occidentale e italiana (dal baciamano alle bombe, dalla vendita delle armi, all'embargo). Il ministro che rispondeva battibeccando al commerciante di Lampedusa che chiedeva conto delle bugie che venivano raccontate sullo stato dell'emergenza sull'isola.

"La guerra umanitaria è la più grande bestemmia inventata da un presunto leader della sinistra" - queste le parole di Strada a Roma, all'incontro dei pacifisti all'Ambra Jovinelli. Le guerre appaiono nevitabili quando non si è fatto nulla, per anni per evitarle. Per anni si è andati avanti col silenzio sulle violazioni dei diritti, sulle violenzee poi quando il bubbone esplode si dice che la guerra è inevitabile.

Queste parole potevano aprire e chiedere la trasmissione: a questo ricatto non ci sto. Al ricatto della missione di guerra fatta per salvare delle vite (in Kosovo, in Iraq, in Afghanistan e ora in Libia).

"Sarebbe bello un mondo senza guerre", chiosava La Russa. E allora cosa si è fatto per evitarla? Perchè non si chiede ai paesi con cui intrecciamo rapporti militari, politici e commerciali (la Russia, la Cina, la Libia, tra gli altri), il rispetto dei diritti umani?
Con che coerenza si vendono armi per decenni ad un paese per poi dichiarargli guerra?

Mi interessa poco sapere quello che oggi stanno facendo i nostri caccia sui cieli libici, non mi appassiona molto il tema della strategia militare. Mi interessa sapere cosa si intende fare oggi, per affermare la democrazia nel mondo, senza le armi.

In studio, oltre al ministro, ospite l'onorevole Veltroni: pure lui dalla parte di quelli che criticano oggi l'atteggiamento dell'Italia con Gheddafi, pur avendo votato si al trattato di amicizia tra i due paesi.
C'è stato un ritardo della politica - ha spiegato Veltroni - sia dell'Italia che dell'Europa. Politica che non dovrebbe lasciare soli le persone nei paesi africani in rivolta, anche per evitare che in questi movimenti si infiltrino gli estremismi.

Gino Strada ha voluto ricordare un episodio della guerra fredda: il 27 ottobre 1962, con la crisi dei missili su Cuba, si richiò la guerra mondiale. Il tutto perchè un sommergibile russo colpito da una nave americana, stava per applicare il protocollo di risposta (il lancio di un missile). Fu il capitano in seconda a rifiutarsi di sparare: il mondo lo ha scoperto 40 anni dopo.

Possiamo andare avanti con un equlibrio di pace così fragile? Noi italiani siamo seduti su una polveriera: abbiamo 2000 bombe di Hiroshima nel territorio, perchè non si chide agli italiani cosa vogliono fare di queste bombe? Dal 2001 siamo passati da una guerra all'altra senza mai chiuderne una (escludendo l'Iraq).

A rispondere al fondatore di Emergency, il politologo Luttwak: Sarkozy vittima di protagonismo, Obama e il Pentagono non si vogliono immischiare troppo. Cina e Russia sono contrarie alla missione perchè vogliono affermare il loro diritto di ,massacrare i propri civili.
Infine, la Lega araba ha chiesto di proteggere i civili, ma dai suoi aeroporti non è partito nessun aereo.
La missione è, ovviamente, inevitabile (mica si può stare a guardare come dice Strada).

E quale è il ruolo dell'Italia allora in questo quadro? Il politiologo non lo dice e il politico glissa.
Ma l'impressione è che il silenzio di Berlusconi e la cautela di parte della politica italiana sia per avere poi un ruolo sul tavolo della pace, anche con Gheddafi stesso.

Quando si sente dire che l'accordo con la Libia è stato fatto per il bene dell'Italia viene da chiedersi che genere di idea della democrazia, i nostri governanti. E' questa la grande politica italiana?
Baciare le mani al reponsabile delle stragi di Lockerbie e che ha rinchiuso gli oppositori nelle carceri per poi ucciderli.

Infine la crisi umanitaria a Lampedusa.
Difficile commentare le immagini mostrate da Dina Lauricella: gente, persone come noi, gettati per terra, stremati per la traversata, ovunque ci sia un buco. Ci sono 5000 immigrati sull'isola: persone, non cose.
Possiamo chiamarli clandestini, come fanno i politici. Ma la sostanza della crisi non cambia.
A Lampedusa gli abitanti hanno paura dei propri politici: di Maroni che, come dicono loro, pensa a salvaguardare la padania.

"vogliamo andare ad una guerra tra poveri?" si chiedeva un giovane lampedusano, intervistato da Ruotolo, raccontando della tensione che cresce qui.
Una volta questi flussi si sapevano gestire, oggi invece si continua a dire "domani, domani".
Perchè?
Perchè la questione immigrati è ancora un gettone da spendere, per le future elezioni.
E allora, questi immigrati che scappano dalla crisi libica e dalla Tunisia, dobbiamo nasconderli, lontano dalle nostre città, riscaldate dal petrolio libico.
E i diritti? Domani.

24 marzo 2011

Cornuti e mazziati

La beffa di Eutelia, condannati i lavoratori

Tre mesi di carcere o 7600 euro di multa per i dipendenti che hanno occupato la sede.
Samuele Landi, fondatore dell'azienda e ora latitante a Dubai, aveva denunciato i suoi ex impiegati

Condannati. Solo che gli ultimi a sporcarsi la fedina penale non sono i manager che hanno spolpato Eutelia, lasciato senza lavoro migliaia di persone e che si sono intascati milioni di euro di commesse. Ma i dipendenti che, nei mesi in cui venivano ignorati dai loro datori di lavoro (distratti da quella che i magistrati romani hanno definito una frode “colossale”), hanno protestato occupando la sede romana dell’azienda. A dodici di loro è stata appena notificata la sentenza del Tribunale penale di Roma: tre mesi di reclusione convertiti in una pena pecuniaria di 7.600 euro a testa. Cioè quanto ognuno di loro prende di cassa integrazione in un anno. Il delitto? Aver “invaso arbitrariamente, al fine di occuparlo, l’immobile di proprietà della società Eutelia”. E visto che erano in gruppo, scatta automaticamente anche il concorso di persone.

La giornata incriminata è stata al centro delle cronache nazionali per ben altri motivi: in molti ricorderanno l’irruzione con piede di porco del fondatore della società, Samuele Landi, all’alba del 10 novembre 2009 nell’edificio di via Bona. Con lui diciassette vigilantes, arruolati per sgomberare il presidio dei lavoratori. Questi ultimi sono stati condannati per “sostituzione di persona”, ma dovranno pagare una somma inferiore di 100 euro a quella dei dipendenti ex Eutelia: 7.500 euro a testa. Il giudice per le indagini preliminari Roberta Palmisano ha dunque accolto le richieste del pm, Fabio Santoni, emettendo un decreto penale secondo cui spacciarsi per poliziotti, svegliare i lavoratori con torce puntate in faccia e chiedere loro i documenti senza alcuna autorità sia meno grave che presidiare un’azienda mentre viene distrutta dai suoi proprietari.

A denunciare i 12 lavoratori di Agile, la società venduta per un euro da Eutelia a Omega, è stato proprio Samuele Landi, ancora latitante a Dubai. Che poi è l’unico della famiglia a non aver pagato per la bancarotta fraudolenta (il fratello Isacco è finito in manette). Dagli Emirati Arabi deve aver avuto tempo, tra un lancio e l’altro col paracadute, sua grande passione, di seguire l’esito della vicenda. Ma i 12 lavoratori non sapevano neppure di essere sotto inchiesta, l’hanno scoperto solo l’altroieri a condanna notificata (procedura prevista per alcuni reati lievi, tipo la guida in stato di ebbrezza).

Da Il Fatto Quotidiano del 24 marzo 2011

Il senso della lega per il tricolore

Insulti e rissa, al consiglio comunale di Como, per un tricolore, che proprio non è gradito ai leghisti in aula:
E' successo in consiglio comunale a Como, dove si è scatenata una bagarre che ha coinvolto l’assessore leghista Diego Peverelli e un consigliere del Pd, Vittorio Mottola.

In sede di dichiarazioni preliminari, infatti, Mottola aveva mostrato il Tricolore in aula, e dopo averne sottolinato virtù e simbologie, si è alzato dal suo posto per donarlo all’assessore leghista Peverelli. Il quale si è a sua volta alzato: ”Rispetto il suo pensiero – ha detto Peverelli – e ho ascoltato in silenzio le sue parole anche se non le condivido, ma non mi provochi perché la bandiera gliela ributto in faccia”.

Peverelli che, uscendo dall'aula, gridava "Vergognati, terun de merda".
Tutto in dialetto, come il centralino del comune: comune in cui il lungolago è stato trasformato dalla giunta comasca (di cui la Lega fa parte) in un grande cantiere.

Ma è successo di peggio in provincia di Varese, a Sumiraghi:
Rissa con tanto di ceffone a Varese, nel consiglio comunale di Sumiraghi. Occhio tumefatto e zigomo gonfio per un cittadino del paese, Francesco Montalbetti, colpito da un pugno in faccia da Valentino Zotti, padre del consigliere comunale con la delega alla Cultura Doriano Zotti. A scatenare la reazione violenta la discussione sollevata dai consiglieri d’opposizione Mauro Croci e Romeo Riundi, del gruppo civico “Cittadini per Sumirago”, sull’assenza totale di celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. La domanda di Riundi: "Vorrei sapere se vi sentite italiani", ha scatenato la discussione.

Al culmine degli interventi, ha preso la parola il giovane Zotti, che ha sintetizzato il proprio pensiero tacciando la festa del 17 marzo come "retaggio dei nostalgici della falce e martello". Dichiarazione che ha indignato i consiglieri comunali di minoranza e ha sollevato le critiche del pubblic: il brusio si è fatto via via più intenso, il sindaco Camillo Brioschi ha cercato di tenere le redini, ma ad un certo punto, dal fondo della sala, si è alzato il padre del consigliere Zotti, Valentino, che ha colpito Montalbetti, seduto in prima fila, al volto con un forte pugno sferrato da dietro. Montalbetti è crollato a terra ed è stato soccorso dal consigliere (leghista) Giampaolo Chinetti. Il tutto sotto gli occhi del resto dell’assemblea attonita e del pubblico.



Irresponsabili

Romano su la7 "non ho mai avuto gravi imputazioni".

Chi è Saverio Romano su Piovono rane:

Eletto per la prima volta nel 2001 nel collegio di Bagheria, Romano è dal 2003 sotto inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa. Si cominciò con le registrazioni ambientali del boss Giuseppe Guttadauro che parlava di Romano in termini entusiastici: «Voglio incontrarlo», spiegava a un interlocutore. «Dimmi tu quando devo venire. Pure in mezzo alla strada lo posso incontrare: avvocato è».

Colloqui in cui il capomafia si lasciava andare anche ad altre considerazioni: «Berlusconi non può pensare solo a lui, ai suoi processi, deve risolvere anche i nostri problemi».

Più gravi ancora le rivelazioni del pentito Francesco Campanella, il prototipo del neo-mafioso che si inserisce nella politica, candidandosi alle elezioni e inserendosi nelle istituzioni. Campanella ha raccontato che durante un pranzo romano in un ristorante presso Campo de Fiori Romano gli chiese i voti in termini ultimativi: «Siamo della stessa famigghia». Il deputato siciliano non ha smentito, data la presenza di altri testimoni, si è limitato a precisare: «Intendevo dire la stessa famiglia politica, veniamo entrambi dalla Dc».

La volpe a controllare il pollaio

Devono essere dotati di molto umorismo in Europa e alla Nato se han deciso di affidare proprio all'Italia il compito di controllare l'embargo sulle armi alla Libia. Noi che siamo il maggior esportatore di armi.

L'Italia a controllare le armi in Libia è come la volpe che controlla il pollaio ...

Ma forse anche questo fa parte del gioco: a voi il controllo sulle armi in cambio delle basi italiane e del silenzio su bombardamenti.

Interessante quanto scoperto da Antonio, sui vecchi titoli di Libero, confrontati con quelli di oggi.

23 marzo 2011

Non voglio il silenzio - la presentazione a Milano (foto)

Alcune foto della presentazione del libro "Non voglio il silenzio".

Umberto Ambrosoli, Patrick Fogli, Daniele Protti, Ferruccio Pinotti e Alessandro Haber
Ambrosoli, Protti




Patrick Fogli e Elisabetta Bucciarelli
Il rito della firma ...

Non voglio il silenzio - la presentazione a Milano


"E se fosse tutto vero?" - la domanda che rimane a fine libro. Domanda rivolta agli autori, ieri sera, alla presentazione alla Feltrinelli a Milano. Perchè questo è un libro che apre a delle domande, per rifiutare il sulenzio: silenzio non come assenza di suoni, ma come eccesso di parole, di confusione sui fatti raccontati nel libro (la strage di via D'Amelio e il passaggio alla seconda repubblica).

Si deve rifiutare il silenzio della verità
- raccontava uno die due autori Patrick Fogli - togliere le parole dal rumore di fondo, ed è questo quello che fa il protagonista senza nome. Uno come noi, che si fa domande: dovrebbe essere un dovere per tutti i cittadini, non accettare il silenzio. Silenzio a cui siamo abituati, putroppo e che non permette di distinguere verità dai depistaggi.


Umberto Ambrosoli, anche lui presente, ha esordito con le parole "la verità per disvelarsi, ha bisogno della finzione". Finzione verosimili contenuta dentro un romanzo, che si appoggia a delle sentenze. Su questi fatti (Borsellino, la strage, Capaci) ognuno di noi è stato investito da tanti fatti, tali da impedire la scoperta della verità. E davanti a fatti complicati come questi, la curiosità di farsi delle domande viene meno. Questo libro, invece, mettendo assieme tutto (Addaura, il crollo del muro, Sindona e Calvi, il riciclaggio, mafia e politica, la finr della DC e dei referenti politici ..) da la possibilità di vedere nei fatti stessi qualcosa che ci rende liberi di trovarne una interpretazione.
Il romanzo ha la libertà che altre forme di comunicazione non possono avere: anche per questo, le storie raccontate possono raggiungere un pubblico più vasto. "Il paese delle storie dimenticate": leggendo il libro, ha continuato il figlio del liquidatore della Banca di Sindona, ritornano in mente le parole scritte nel 1974 da Pasolini. "Io so ..": so i nomi dei responsabili ma non ho le prove, perchè sono un intellettuale e metto assieme i fatti. Un compito affidato alla nostra curiosità, per arrivare ad una verità che va oltre quella giudiziaria.

Francesco Pinotti ha scritto libri sui "Poteri forti": Ior, Opus Dei, Cl, mafia, massoneria, mafia e riciclaggio... Come mai un libro con un romanziere? Il libro nasce dal silenzio: quello di Falcone e Borsellino, ma anche quello di Giorgio Ambrosoli. Silenzio di certe tematiche che non si posono toccare. Anche come scrittori, come giornalisti. Per il libro "Colletti sporchi" (ibs) con il pm Tescaroli è in causa civile con Fininvest, a tutela di due soggetti noti. Il potere, di cui parla nei libri, è un potere che non vuole che si parli di lui, che si faccia ricerca della verità (del suo lato oscuro). Ma Pinotti è uno che non si arrende: farà una contro querela per violenza privata, a Fininvest. Oggi è un dovere discutere, parlare: trasferire la nostra angoscia collettiva (di fronte a storie di morti, depistaggi, scheletri negli armadi, poteri occulti) in un racconto che è anche una vicenda collettiva.

Nel seguito della presentazione, Ambrosoli ha voluto testimoniare come in Italia esistano dei nuclei di persone non rassegnate all'assenza di verità, sensibili a queste tematiche (mafia, corruzione, la nostra storia): persone incontrate negli oltre 200 incontri col pubblico per il suo libro "Qualunque cosa succeda " (ibs).


Fogli ha poi parlato dell'importanza del romanzo, come strumento per far conoscere delle storie
: Gomorra per i casalesi, Romanzo Criminale per la Banda della Magliana. "Il tempo infranto" sulla strage di Bologna.
Come mai in Italia non esistono film su Tangentopoli, sulla strage di Bologna, su Piazza Fontana?

Come mai è sempre difficile raccontare dei rapporti tra mafia e mondo finanziario, delle reponsabilità della chiesa nei confronti delle mafie e dei poteri criminali? Perchè su molti di questi episodi non esiste una verità giudiziaria? Ecco, un romanzo si può provare a raccontare una storia, una idea di verità.