28 febbraio 2011

Vicino ai cittadini, lontano dai tribunali


Dichiarato contumace, per l'assenza dal tribunale di Milano, B. era a qualche centinaio di metri, con la Brambilla per presentare le “iniziative per avvicinare il partito ai cittadini”. A fatto in tempo però a commentare sull'Afghanistan (l'ultimo morto in quella specie di guerra): "tutte le volte ci si chiede se questo sacrificio che impegna il parlamento con voto unanime e tutto il popolo italiano ad essere lì in un paese ancora medioevale sia uno sforzo che andrà in porto". Se lo chiedono anche gli afgani.

Anche i cittadini di Varese han deciso di essere più vicini alla politica: alcuni ambientalisti han contestato Bossi jr (il trota ) con un manifesto "più trote nei fiumi ..."

La politica degli slogan

“…gli effetti della propaganda devono sempre essere rivolti al sentimento, e solo limitatamente alla cosiddetta ragione. [...] la prudenza di evitare qualsiasi presupposto spiritualmente troppo elevato non sarà mai abbastanza grande. [...] La ricettività della grande massa è molto limitata, la sua intelligenza mediocre e grande la sua smemoratezza. Da ciò ne segue che una propaganda efficace deve limitarsi a pochissimi punti, ma questi deve poi ribatterli continuamente, finchè anche i più tapini siano capaci di raffigurarsi, mediante quelle parole implacabilmente ripetute, i concetti che si voleva restassero loro impressi” (da “Mein Kampf” di A. Hitler).


Goebbels, ministro della propaganda, diceva in un discorso del 1933:
"non si può fare una buona propaganda senza una buona politica e non si può fare una buona politica senza una buona propaganda
(e le due cose vanno assieme)"

Pochi concetti, che fanno riferimento all'emotività, non alla ragione, da ribattere in continuo.
Comunisti, comunisti, comunisti.
E la scuola pubblica? Un posto dove inculcano idee sbagliate ...

Presa diretta - profondo rosso

Rosso come la vergogna che dovrebbe seppellire certi amministratori.
Rosso come la rabbia che dovrebbe prendere i cittadini italiani, specie quelli della Lombardia e del Lazio, per i servizi mostrati.
Rosso come i conti della regione Lazio. 10 miliardi di buco: come sono stati creati, come verranno ripianati? Chi pagherà il conto.

Si inizia con l'elezione di Nicole Minetti come consigliere in Regione Lombardia: dalle trasmissioni trash Scorie e Colorado, al lavoro presso il S. Raffaele come igienista dentale.
Dove nel 2010 avrebbe conosciuto Berlusconi: alla richiesta di fare politica è stata accontentata. Troppo in fretta?

Assieme a lei, nel listino bloccato sono entrate anche altre persone: il fisioterapista del Milan Puricelli, e il ragioniere di Arcore Francesco Magnano (nonchè responsabile di Idra, l'immobiliare del presidente del consiglio).
Interesse personale o la voglia di portare in politica un vento nuovo?
Sarebbe interessante saperlo, visto che sono persone pagate (9000 euro al mese) coi nostri soldi e che poi legiferano per noi.

Nel caso di Francesco Magnano i sospetti si fanno più pesanti, visto il posto che gli è stato creato af hoc: sottosegretario alla attrattività (nell'intervista sembrava che nemmeno sapesse descriverlo, il suo lavoro).
Magnano è anche dentro il progetto di Milano 4, sui terreni agricoli di Arcore che si vorrebbe trasformare (con un cambio di destinazione ad personam) in appartamenti residenziali.
Un affare di 200 milioni, per il momento congelato. Ma il cemento (come il pilu), non smette mai la sua attrattiva e probabilmente alle prossime elezioni si tornerà a parlare di questo progetto.

Le elezioni pilotate dall'alto, i nomi finiti nel borsino di Formigoni (che tra l'altro Formigoni oggi disconosce), hanno causato qualche mal di pancia agli elettori e ad altri amministratori del PDL.
Come Antonella Maiolo, 3 anni di militanza, consigliere comunale, prima dei non eletti in regione.

Sulla candidatura della Minetti: "è uno scandalo, non era mai successo". E conclude "non esistono più le idee, ma solo il Dio denaro, questo è il problema della politica italiana".

Sara Giudice sta raccogliendo le firme per la cacciata dell'ex igienista: firme non ricevute dall'antimoralista Ferrara nè dal presidente Formigoni.
Già le firme. Ma come sono state raccolte?
C'è una denuncia da parte dei radicali, che sostengono che queste siano firme false (più altre irregolarità nelle liste). Solo burocrazia, quella cui si appellano i radicali?
Certo, se l'uomo più potente della regione, al quarto mandato (con una legge che limiterebbe a due, i mandati), non rispetasse per primo lui, la legge, sarebbe comunque una cosa grave.
C'è una indagine della magistratura, portata avanti dal pm Robledo.
E vedremo come va a finire.

Nel frattempo Formigoni stesso, intervistato, "io credo che il listino debba essere eliminato [..] c'è un numero ristretto di persone scelto dal partito, io mi sono opposto".
Una prima presa di distanza (anche dopo le storie di bunga bunga)?

Profondo rosso nella regione Lazio.
La situazione degli ospedali a Roma è drammatica: al S. Giovanni, al Casilino, ci sono ambulanze ferme, in attesa che si liberino le barelle nel pronto soccorso.
Anzichè essere operative per raccogliere le emergenze sul territorio, sono bloccate per ore: un dano da 15 milioni di euro, per le ore di fermo (calcolato dalla CGIL in regione).
E il problema è anche nelle sale del pronto soccorso: al S. Camillo, la sala d'attesa è piena, mancano i cuscini, le coperte per persone che rimangono lì per ore, in attesa della visita e del posto letto.
Passano le ore e le barelle intasano anche i corridoi.

E col taglio degli ospedali in provincia la situazione andrà a peggiorare: 24 sono gli ospedali da chiudere.
Molti servono zone lontane dalla città, come quello di Bracciano e Subiaco: significa che in caso di emergenza occorrerà più tempo per essere raggiunti dai soccorsi (o per essere soccorsi), e sappiamo quanto siano importanti i primi minuti di intervento (in casi di infarto, ad es.).

Ma ci hanno pensato in regione, quando hanno fatto il piano di rientro?
O forse hanno fatto solo promesse, come quella non mantenuta delle 5 piste di elisoccorso (per trasportare velocemente i malati verso gli ospedali). Ne sono pronte solo 3.

Hanno fatto in fretta a fare solo i decreti. Ma da qui alla costruzione delle piste e alle autorizzazioni necessarie ce ne corre.
Si calcola che 500000 persone si riverseranno dalla provincia negli ospedali di Roma: come faranni i medici? Che servizio riceveranno i cittadini?

E pensare che la regione ha milioni di euro in "beni da reddito": poderi, case, casali, castelli donati negli anni agli ospedali romani, poi finiti in gestione alle Asl e infine alla regione Lazio.
Basterebbe far fruttare questi beni, per ripianare il debito (e magari tagliare qualche convenzioni coi privati), per riprendere le assunzioni e il turn over.
Soltanto, servirebbe una politica capace di far fruttare i beni che amministra.

Ne parla Iacona nella sua presentazione della puntata, sul Fatto:
La prima volta che insieme alla redazione ho visto il lavoro di Lisa Iotti, una delle nostre inviate di Presadiretta, sono rimasto impressionato. Li-sa era andata a girare i regali che nei secoli scorsi le famiglie ricche del Lazio avevano fatto agli ospedali della Regione e che oggi, nel disastrato bilancio della sanità, risultano sotto la voce di “beni da reddito”, cioè da far fruttare. Davanti a noi scorrevano le immagini di estensioni immense di terre, boschi, pascoli ed enormi aziende agricole, di castelli, persino di interi borghi del 700, e ancora, mille appartamenti nel centro storico di Roma, il più caro di Italia. Ebbene, si tratta di un patrimonio pubblico immenso che si continua a sperperare. Stasera a Presadiretta vi faremo vedere come questo patrimonio sia stato in parte già svenduto, ben al di sotto dei prezzi di mercato, dove gli unici che non ci guadagnano mai sono gli enti pubblici, il bene comune, l’interesse di tutti, mentre finanziarie, banche e i soliti “clientes” quelli sì, con ricarichi del 100 per cento. E poi c’è quello che ancora rimane nella proprietà della Regione Lazio e c’è da piangere a vedere come tutto questo viene mantenuto: case del 700 che entri dentro e sembra di stare nella scalinata di una casa popolare, talmente tutto è distrutto, con i palazzi che cadono a pezzi; appartamenti affittati a 25 euro al mese ed un elenco di centinaia di “beni da reddito” che fruttano chi 35 euro; aziende agricole abbandonate, le terre non coltivate, le stalle a pezzi e le grandi case rosse a due piani chiuse. Beni che dovrebbero fruttare e che invece producono altri budget in rosso, altri debiti .E attorno a questo osso da spolpare nascono società di consulenza , di gestione dei fondi immobiliari e, queste non mancano mai, agenzie regionali. La Risorsa SRL, per esempio, nasce nel 2004 , sotto Storace governatore, anche con il compito di censire e finalmente valorizzare i “beni da reddito” delle ASL.

AVEVA UN PRESIDENTE, un direttore, un consiglio di amministrazione, una trentina di dipendenti, tanto per essere precisi, ci costava tre milioni di euro all’anno e poi l’ha chiusa Renata Polverini pochi mesi fa, per chiara inutilità. Ora, magari potremmo sopportare tutto questo, se il debito della sanità del Lazio non fosse di 10miliardi di euro, il più alto di Italia, se gli ospedali pubblici della capitale non fossero al collasso, con i pronto soccorso pieni zeppi di gente che stazione lì dentro anche per giorni, perchè solo a Roma sono stati tagliati negli ultimi anni piu’ di 2000 posti letto, con il blocco del turn over e il personale ormai cronicamente sottorganico in tutti i reparti. Quando stasera vedrete all’opera i medici e gli infermieri del pronto soccorso dell’ospedale San Camillo, uno dei più importanti della capitale, vi renderete conto che cosa significa lavorare oggi negli ospedali pubblici. Altro che E.R.! Ma questi sono i risultati di anni di malapolitica , che adesso dobbiamo pagare tutti, miliardi di euro di debiti sulle nostre spalle.

27 febbraio 2011

La giustizia è una cosa seria (l'intervista di Nicola Gratteri)


Nella prefazione del libro “La giustizia è una cosa seria”, Zucconi ha scritto che la giustizia è il ramo si cui sta seduta la società e non conviene segarlo. Che fare allora, per farla funzionare meglio?
Nell'intervista a Che tempo che fa, il procuratore antimafia Nicola Gratteri autore del libro, ha raccontato le sue proposte.
Ci sono alternative al processo breve: questo offende le vittime che non avranno alla fine giustizia:
Informatizzazione del processo penale: con l'informatizzazione si abbattono i tempi, le pratiche, i costi e gli abusi (diminuendo il potere discrezionale).
Significa poter notificare agli avvocati della chiusura delle indagini via Posta elettronica certificata, di cui tutti gli avvocati iscritti all'ordine DEVONO essere forniti. Per questo serve modificare il codice di procedura penale.
Oggi per notificare gli atti di custodia cautelare (che raggiungono 1500 pagine) serve tanta carta per le fotocopie: basterebbe inviare un CD (o una chiavetta USB) agli avvocati, senza essere costretti ad usare personale della polizia giudiziaria che va in giro per l'Italia a portare questi faldoni.
Ad ostacolare queste modifiche c'è solo la poca volontà politica, e basta.

Non rinnovazione degli atti quando cambia il colleggio: quando cambia un membro del colleggio giudicante, si devono risentire tutti i testimoni (non succede questo nei processi per mafia). Si perde tempo per questo, e dunque anche questa è una norma che andrebbe cambiata.

Chiudere i 20 più piccoli tribunali e accorparli ad altri più grandi: nonostante qualche parlamentare locale si incatenerà alla porta della prefettura, è una modifica che farebbe risparmiare i costi della giustizia. Non ha senso tenere procure, in zone disagiate, con un solo procuratore capo e un sostituto.
Inoltre dovrebbero tornare in magistratura i circa 150 magistrati ad oggi impiegati in compiti di consulenza presso i ministeri.

L'acquisto dei beni: oggi per comprare anche delle sole scrivanie, serve l'approvazione di un consigliere di Cassazione. Basta un ragioniere che si occupi di questioni di logistica.

L'accusa ai magistrati di essere soggetti politici: noi magistrati dobbiamo apparire sereni e onesti, non solo esserlo. E ci sono stati dei casi in cui il comportamento di questi non lo è stato.
Il CSM ha fatto un concorso di 150 posti a Roma, Milano e Napoli e c'è stata una fuga dalle sedi disagiate. Qui non c'entra niente la politica, ma è stato un autogol della magistratura stessa.
Ancora oggi pesano molto i giochi di forza delle correnti: non sempre diventa capo quello più bravo.

Intercettazioni: si può fermare la divulgazione delle intercettazioni, in fase di indagini preliminari, mettendo su ogni file audio (della intercettazione) una password che poi va fornita esclusivamente dal responsabile in sala intercettazione, al pubblico ministero. In questo modo si è certi chi sia poi il responsabile della fuga.

Operazione crimine in Lombardia: è stata un'operazione spartiacque, perchè ha dimostrato come la ndrangheta del nord è ancora legata a quella della Calabria (diversamente da come pensavano altri colleghi).

Il federalismo: si rischia di consegnare il sud alle mafie. Se il potere è decentrato agli enti locali, per i capimafia è più facile controllare le amministrazioni locali, la gestione dei soldi, la politica.
L'arresto dei latitanti: per misurare l'efficacia dell'azione antimafia non servono solo gli arresti dei latitanti (subito rimpiazzati, in molti casi). Bisogna misurare il grado di vivibilità, in certe zone. L'arresto è un discroso di immagine: a Reggio Calabria l'anno scorso abbiamo arrestato 1000 persone, ma dietro ce ne sono altri 10000 di ndranghetisti.
La vivibilità si misura in altre maniere. Se l'estorto trova convieniente pagare piuttosto che denunciare l'estorsore, allora non serve a niente. Se invece l'estorto vede l'usuraio condannato a 10 anni di carcere netto, allora è diverso e lo stato diventa credibile.

Sul 41 bis e la durezza della pena: secondo Gratteri si può ravvedere un omicida, un rapinatore . Ma chi è stato battezzato da cosa nostra, a questo credo, non può avere ravvedimento. È bene allora che questi detenuti lavorino in carcere, per pagarsi il vitto.

La Chiesa: da più parti si dice che la chiesa dovrebbe scomunicare i mafiosi. Al di là delle motivazioni teologiche, la chiesa è stata poco presente su questi temi e potrebbe fare molto di più.
Gratteri ha inoltre apprezzato il lavoro del vescovo di Locri (una zona ad alta densità ndranghetista), Morosini, uno che parla con dei si e dei no.

L'expo 2015: per la ndrangheta è una grande occasione per arricchirsi e esternare il suo potere. Per le ndrine è come poter dire “io ho avuto il potere di venire a Milano e ho avuto degli appalti”.
Le mafie sono un problema di tutti gli italiani, la conclusione dell'intervista: una indagine del Censis ha stabilito che il 22 % degli italiani convivono o hanno avuto a che fare con le mafie.
Per vincere la sfida servirebbero dunque le modifiche chieste al codice penale, ma anche una globalizzazione (o almeno una europeizzazione) della lotta alle mafie.

Qui la seconda parte dell'intervista.

Qui il link su ibs per ordinare il libro.

Satori di Don Winslow

L'incipit:
“Nikolaj Hel guardò la foglia dell'acero cadere dal ramo, ondeggiare nella brezza eggera e posarsi dolcemente al suolo. Era bellissima.
Assaporando la prima immagine della natura dopo tre anni di cella di isolamento in un aprigione americana, respirò la frizzante aria autunnale, se ne riempì i polmoni e la trattenne qualche istante prima di buttarla fuori.
L'agente Harverford, sbagliando, pensò ad un sospiro.
'Contento di essere fuori?' chiese.
Nikolaj non rispose. L'americano contava zero, per lui. Era un semplice commerciante, come il resto dei suoi compatrioti, solo vendeva spionaggio anziché automobili, creme da barba o coca-cola. Nikolay non intendeva fare conversazione, tanto meno lasciar entrare quel funzionario nei suoi pensieri privati.”

Autunno 1951, Tokio. Benvenuti nel mondo di Nikolaj Hel, personaggio inventato dalla penna di Trevanian, e qui reinterpretato da Don Winslow in una sorta di prequel del celebre thriller “Shibumi, il ritorno della gru”. Satori è un avvincente storia di spionaggio, come se ne sono scritte poche: agenti segreti, colpi di scena, doppiogiochisti, angeli dalle mani sporche e pericolosi criminali senza scrupoli.
Senza un minimo di sosta, dalla prima all'ultima pagina: protagonista è il detenuto Nikolaj Hel, mezzo russo e mezzo europeo, in carcere per aver ucciso il patrigno, un generale giapponese accusato di crimini di guerra.
Esperto di lotta a mani nude (hoda korosu), ma anche del gioco del “go”, viene recutato dagli americani della Cia per una missione suicida: uccidere il commissario sovietico di stanza a Pechino, Juri Vorosenin.

Siamo negli anni 50 e il mondo è già diviso in due blocchi:
nel sudest asiatico è in atto l'ultimo tentativo da parte degli europei di difendere le colonie (e le mani sul traffico di droga, e di armi); il tentativo della Cina di Mao di affrancarsi dalla influenza pesante della Russia di Stalin. In quel pezzo di mondo covano diversi focolai di tensione: tra le diverse anime del socialismo cinese, gli americani che vorrebbero intervenire in Vietnam a prendere il posto dei francesi, in guerra coi viet-min.

In questo scenario la Cia decide di fare le sue mosse: uccidere l'alto funzionario comunista a Pechino per incrinare i rapporti tra Mao e Stalin. Chi meglio di Hel, allora, capace di uccidere a mani nude. Per compiere la missione, dovrà prendere la parte di un trafficante di armi francese, Michel Guibert, e viene addestrato allo scopo da una bellissima donna francese, Solange (una che ha combattuto nella resistenza contro i tedeschi usando le armi della seduzione), di cui se ne innamora, nonostante la coscienza dei rischi che corre.

“SEMPLICE se ARRIVI ABBASTANZA VICINO A VOROŠENIN.
se ESEGUI IL COLPO ALLA PERFEZIONE E LO UCCIDI IN SILENZIO, MENTRE È ANCORA SEDUTO AL SUO POSTO.
se LE GUARDIE DEL CORPO NON NOTANO NIENTE DI STRANO.
se NON SEI COSTRETTO A UCCIDERE ALTRI TRE UOMINI E POI A FARTI STRADA ATTRAVERSO LA POLIZIA CINESE.
se TUTTO VA A MODO TUO, È UNA COSA SEMPLICISSIMA, MA CI SONO UN SACCO DI se.
NON C’ERA DA STUPIRSI CHE HAVERFORD AVESSE DATO LA PROBABILITÀ DI RIUSCIRE E DI SOPRAVVIVERE A UNO CONTRO CENTO.”

Nel suo sogggiorno nella capitale cinese, Hel trova il tempo di descrivere i suoi cambiamenti, dopo la presa del potere dei comunisti:
Pechino, nei primi giorni del 1952, era una città di contraddizioni, divisa fra gli spaziosi settori governativi e gli stretti vicoli - hutong - in cui viveva la maggior parte della popolazione. Il cuore di Pechino era la città proibita - chiusa al pubblico, comeindicava il nome, per la maggior parte della sua millenaria esistenza. Adesso che ra arrivato il governo comunista e aveva trasformato molti degli edifici in uffici e residenze, gran parte della città restava "proibita".
L'altra Pechino, che circondava la città proibita, era - o era stata - una città vivace, attiva, cosmopolita di circa due milioni di abitanti, con mercati all'aperto, vie di negozi alla moda, parchi e piazze dove si esibivano i giocolieri, maghi e suonatori ambulanti.
[…]
Molti osservatori si erano stupiti quando Mao aveva scelto la città, con tutte le sue implicazioni imperiali, come capitale. Nikolaj pensava che l'avesse scelta proprio per quelle implicazioni. Nessuno poteva governare la Cina senza quei simboli - senza possedere il Tempio Celeste, nessun imperatore poteva rivendicare il mandato del cielo, e Nikolaj sapeva che Mao, a dispetto della sua propaganda comunista, si considerava il nuovo imperatore. E infatti si era subito chiuso nella città Proibita e lo si vedeva raramente al di fuori di essa.

I pechinesi lo sapevano. Aevano conosciuto molti imperatori, avevano visto dinastie sorgere e tramontare, avevano osservato i monumenti celebrativi mentre venivano eretti e poi mentre crollavano e sapevano che la dinastia comunista era solo una delle tante.
Satori, pagina 99

Ma la storia non termina affatto qui: per completare la sua missione, e salvare la pelle, dovrà fuggire in Laos, passando per un lungo viaggio sulle montagne dello Yunnan, fino ad arrivare a Saigon. Nel caos e nella corruzione di un piccolo impero tenuto in piedi dagli americano. Qui incontra corsi trafficanti droga e armi, spie americane e spie francesi. Casa da gioco in mano a criminali e dove e la pallina della roulette va dove è comandata. Una misteriosa Operazione X che sta tanto a cuore al suo mortale nemico, quel maggiore Diamond che l'aveva torturato nelle carceri di Tokyo. Armi da consegnare ai Viet Min da usare contro i francesi, ma che suscitano gli interessi sia dei cinesi, per ovvi motivi, che degli americani, per motivi più ambigui.
Nikolaj dovrà far leva alle sue capacità di sopravvivenza, al suo sesto senso contro un nemico sempre in agguato, dovendo scegliere ogni volta di chi potersi fidare. Come di fronte ad una partita di go, un gioco che ricorda il nostro gioco degli scacchi, ma con molta meno linearità nelle regole: osservando la disposizione delle pedine nere e delle pedine bianche, Hel dovrà fare la scelta giusta, anche se la più rischiosa.

Le ultime righe: la rivelazione finale. Il satori.

Come usare la tua libertà?
Sei un killer un guerriero, un samurai – no, un samurai, no, perchè non sei legato a nessun padrone. Sei un ronin, un vagabondo, un solitario. E allora che cosa fa adesso questo ronin? Come impiegherai la vita che ti è stata ridata?
Prima di tutto uccidi Diamond, decise, poi dedicati a liberare tutto il mondo da tutti i Diamond che ci sono. Gli uomini che uccidono gli innocenti – che torturano, intimidiscono, brutalizzano e terrorizzano in nome di qualche causa in cui credono più che nella loro umanità.
Sentì la voce di Kishikawa.
Hai, Nikko-san, è un buon modo di impiegare la vita.
Guardò fuori dalla finestra e vide che la pioggia staccava una foglia da un ramo. La foglia cadde a terra, lucida, verde e oro nella pioggia.
Satori.

Il sito dello scrittore Trevanian e il sito che la Bompiani ha dedicato al libro. Libro che diventerà sicuramente un film.
Il ink per ordinare il libro su ibs.
Technorati:

25 febbraio 2011

Tutti i segreti della famiglia Gheddafi

“Una soap opera libica”. Non usa mezzi termini Wikileaks per descrivere i retroscena della famiglia Gheddafi che negli ultimi anni, secondo il sito di Assange, è stata più impegnata a coprire gli scandali e a combattere una sorta di guerra fratricida che a governare il Paese.

Nei cable c’è veramente di tutto. Dai malcelati tentativi per coprire l’ostentata ricchezza del clan del colonnello, alle lotte intestine fra i vari rampolli, fino al reale patrimonio detenuto dal rais che ammonterebbe a 32 miliardi di dollari.

Un’opulenza che unita alla sensazione di totale impunità davanti all’opinione pubblica libica può dare alla testa. Gli esempi non mancano. Da ferventi antiamericani, i figli di Gheddafi ad esempio hanno pagato un milione di dollari la cantante americana Mariah Carey per interpretare quattro canzoni durante la festa di Capodanno del 2009 sull’isola caraibica di St. Bart. Ai tempi la notizia viene riportata da alcuni giornali occidentali ma viene subito smentita dai figli di Gheddafi. Il secondogenito Seif al Islam nega in maniera sdegnata l’indiscrezione sostenendo che in famiglia quello che spende somme da capogiro è il fratello Muatassim, consigliere per la sicurezza nazionale. Dal canto suo il fratello risponde “all’affronto” organizzando un altro party ai Caraibi ingaggiando le star Beyonce e Usher.

La diplomazia americana riporta chiaramente come l’eccessiva stravaganza dei fratelli Gheddafi stia irritando molti cittadini libici che non sono più disposti a tollerare queste azioni “immorali e imbarazzanti per il paese”. Ed effettivamente il ritratto dei figli del dittatore che emerge dai cablogrammi a stelle e strisce è impietoso. “E’ come se trattassero la Libia come un loro feudo personale, con lotte intestine per conquistarsi un posto al fianco dell’anziano padre”.

Ed è proprio nella loro faziosità che gli Stati Uniti intravedono, per la prima volta, le crepe nella monolitica dittatura nordafricana. “L’acuta rivalità tra i figli del rais potrebbe giocare un ruolo importante, se non cruciale, sulla capacità della famiglia di mantenere il potere una volta che il Colonnello sia uscito si scena”, dice una fonte americana in un dispaccio riservato al dipartimento di Stato.

Secondo gli osservatori, uno dei motivi principali di tensione è il ruolo di delfino assunto da Saif al Islam e la conseguente gelosia dei fratelli. In particolare di Muatassim che vede in malo modo le aspirazioni liberali del fratello. “L’arresto e l’intimidazione di un certo numero di alleati di Saif, da un lato, e le mosse tese a circoscrivere il ruolo di Muatassim dell’approvvigionamento di armamenti, dall’altro, mostra come il livello di discordia tra i fratelli sia alto”, nota un diplomatico Usa.

I figli del Colonnello arrivano anche ai ferri corti. Nel 2008, Muatassim chiede al presidente della società petrolifera statale 1,2 miliardi di dollari per costituire un corpo di milizie personali. Il tutto solo per sostenere la sua sfida personale col fratello Khamis, comandante delle forze speciali libiche, la guardia presidenziale di Gheddafi.

Ai figli del rais i denari d’altra parte non mancano, visto che ognuno di loro può contare su stabili “flussi di denaro provenienti dalle società petrolifere statali”. Ma è anche il controllo dell’immenso patrimonio del padre a costituire nuove cause di tensione fra i vari fratelli.

D’altro canto, il colonnello e la sua famiglia controllano una parte considerevole dell’economia nazionale e posseggono importanti partecipazioni nei settori del petrolio e del gas, nelle telecomunicazioni, nelle infrastrutture, negli alberghi, nei media e nella grande distribuzione. In un dispaccio del 2006, i diplomatici americani in Libia spiegano che i figli di Gheddafi ricevono regolarmente redditi dalla società petrolifera nazionale, le cui esportazioni annuali ammontano a decine di miliardi di dollari.

E gli affari per loro non mancano: Saif ha accesso ai proventi del petrolio attraverso la società per l’energia del suo gruppo “One-Nine”. La sorella Aisha ha interessi nei settori dell’energia e delle costruzioni e in una clinica privata a Tripoli, la St James. Mohammad, il figlio maggiore, controlla la Commissione generale per le Poste e Telecomunicazioni. Il terzo figlio Saadi (già calciatore del Perugia) progetta una nuova città nell’ovest del Paese come meta turistica. I dispacci descrivono poi una battaglia a tre fra Mohammed, Mutassim e Saadi per il controllo della produzione locale della Coca Cola, una vicenda oscura e complicatissima che neppure diplomatici e uomini d’affari locali riescono a comprendere bene.

Tutte tensioni che non solo hanno fornito “agli osservatori locali materia sufficiente per un feuilleton melodrammatico libico”, ma che condannano il regime alla caduta ben prima dell’inizio della rivoluzione.

Annozero - non disturbare



Quanti sono gli amci di Gheddafi, oggi e nel passato in Italia?
Questa la domanda nell'anteprima di Annozero.
Gli americani, che consideravano il rais un nemico di giorno, poi però appoggiavano la nostra politica petrolifera in Libia.
Petrolio e argine al fondamentalismo (come una volta lo era anche Saddam) sono stati i motivi per inginocchiarsi di fronte alla dittatura libica. E oggi il problema è fermare l'immigrazione, usata da Gheddafi come minaccia nei confronti dell'Italia e dell'Unione Europea.

Sentivo il discorso del rais, di fronte alle rovine e mi tornava in mente i deliri di Hitler nel bunker. O anche l'ultimo Mussolini, quando decise di socializzare le imprese del nord, come estremo tentativo di fermare l'inevitabile.

Nella seconda repubblica c'è internet, ci sono i video e si vede tutto: il ragazzo su facebook è come Davide contro Golia. E noi occidentali dobbiamo decidere da che parte stare.

Dalla parte di Gheddafi, dei suoi mercenari, dei suoi bombardamenti sulla popolazione.
Dalla parte dei presidenti delle democrazie occidentali che lo hanno appoggiato (non solo l'Italia, ma anche gli USA).
O dalla parte delle persone che stanno lottando per rovesciare il regime.

Cosa fare adesso, di fronte a questo bisogno di democrazia?
La domanda è rimasta sospesa e in parte irrisolta, nella puntata. Puntata i cui ospiti sono stati il ministro La Russa Formigli era al sicuro in Libia) e Casini. I giornalisti Ilaria D'Amico, Federico Rampini e Edward Luttwack.

Interventi inframmezzati con l'intervista di Sandro Ruotolo al presidente Fini, in cui si è parlato di Libia, ma anche della situazione politica italiana.

La Russa ha giustificato la prudenza del governo italiano, dovuta anche alla presenza degli italiani in Libia, cui deve essere garantita la sicurezza. Non è vero che l'ambasciata sta facendo poco per gli italiani in Libia. La nostra marina si è mossa sulle coste della Libia per aiutare il soccorso dei connazionali.
Il ministro ha poi tirato fuori la questione delle armi vendute alla Libia: sono state vendute dal governo del centrosinistra nel 1980 (ma anche da Prodi).
Peccato che nel 1980 c'erano i governi del pentapartito e che la vendita delle armiera già iniziata negli anni 70.

Verissimo poi, che non è l'unica dittatura esistente, quella libica: ce ne sono altre in tutto il continente. Ma la Libia è qui vicina e, fino a pochi mesi fa, abbiano tenuto col rais un rapporto che va ben al di là del protocollo. La tenda nel centro di Roma, le gheddafine, il baciamano, i 5 miliardi.
In nome del petrolio e dell'argine agli immigrati (per cui c'è il sospetto che dietro il traffico degli esseri umani ci sia la Libia stessa) siano passati sopra al rispetto dei diritti dell'uomo.

La paura del dopo: altro punto su cui ci si è soffermati è stato il dopo. Bisogna evitare di passare dalla dittatura a qualcosa di peggio. Stesse parole usate per l'Egitto e per la Tunisia.
Ma le persone in strada tutto sembrano trane che estremisti religiosi.

Il presidente Casini in studio ha voluto essere chiaro: Gheddafi è un criminale e deve enadare di fronte al tribunale dell'Aja. Ci sono prove evidenti dei suoi crimini: i piloti che si sono rifiutati di bombardare la folla, per esempio. Il suo partito, assieme all'Idv e ai radicali nel PD non ha votato a favore dell'accordo, e anche per questo, rispetto ad altri esponenti dell'opposizione è più credibile.
Casini ha tirato in ballo l'Unione Europea che oggi non ci deve lasciare soli, se contiamo ancora qualcosa in Europa, si intende.

Mi è piaciuto, dopo l'intervento della D'Amico (che ha ricordato una precedente intervista di Gheddafi del 2006), le parole dei due ragazzi, Terek e Ali.
Qui si parla solo di petrolio, di gas e energia, ma non del sangue che esce dalle strade di Tripoli: si è sempre e solo parlato di questioni commerciali e mai delle questioni riguardanti i diritti, della necessità di una democrazia.

Non solo: si inizia a speculare per fini politici su una ipotetita migrazione biblica, sulla paura che questa potrebbe far nascere negli italiani. Migrazione smentita dai fatti ma anche dal ministro La Russa.

Rampini, in collegamento è tornato sulla questione umanitaria: su questa sono prevalse le questioni economiche, il petrolio venduto ai paesi europeri.
Eppure oggi l'america di Obama avrebbe bisogno di un interlocutore per comprendere le dinamiche nel Mediterraneo e nel mondo arabo.

L'intervento di Marco Travaglio.
Ma la nuova costituzione che B. vorrebbe impiantare in Italia, in che direzione porterebbe l'Italia? Sarebbe forse un paese non molto diverso da quello paese libico?
Travaglio ha parlato della riforma del Parlamento, della Corte Costituzionale, del codice penale (l'immunità), del processo breve per chi se lo può permetttere, delle forze dell'ordine impigeate per arrestare i piccoli ladri, non come Genchi che intercetta i politici.
Dei magistrati che staranno sotto il controllo dell'esecutivo, del CSM separato, delle intercettazioni (ma solo quelle dei servizi o quelle irrilevanti).
La Rai un servizio pubblico del governo; i giornali liberi di lodare il suo operato, altrimenti niente pubblicità.
Infine la piazza, che va bene solo se schierata con la maggioranza altrimenti è faziosa.
Insomma, forse anche noi avremmo bisogno se passasse questo modello, di una ventata di democrazia.

L'intervista di Fini: due i concetti espressi, con Ruotolo.
B. e il suo bisogno del conflitto permanente (coi magistrati, con la stampa, col nemico interno), per mobilitare la sua piazza e i suoi supporter, per i propri fini ma non per portare avanti una linea politica.
Le sue dimissioni: mi dimetto solo quando anche B. fa un passo indietro. Abbiamo un patto, siamo stati votati assieme e assieme ce ne dobbiamo andare.
Dubito che il presidente del Consiglio seguirà le sue parole.

Infine, il punto di vista del politologo Luttwak: questo vento di rivolta sta rovesciando i regimi pro occidentali e pro americani.
Perchè i regimi appoggiati dall'america non sparano sulla folla, come avvenuto in Egitto.
Al che mi sarebbe piaciuto ricordare al politologo, se si ricordasse ancora i regimi in Cile e in Argentina.

24 febbraio 2011

Prescrizione ringraziando

Uno stralcio del processo per fondi neri mediaset è arriva a sentenza di appello: il deputato pdl Massimo Maria Berruti è stato condannato a 2 anni, ma grazie alla prescrizione (domenica prossima), non si arriverà a sentenza definitiva.
E poi toccherà al premier. Forse è per quello che si sta preparando in mezzo ai carabinieri?

Come se nulla fosse

Come se nulla fosse accaduto, il governo va avanti.
Col milleproroghe, in cui si apre alla commistione TV giornali (perchè i giornali sono come il pilu, non è mai abbastanza).
Sul decreto si è messa pure la fiducia, caso mai a qualcuno venissero dubbi di coscienza.
Sono state stralciate o tolte due norme, abbastanza scandalose: sugli abbattimenti in Campania, sulla giunta di Roma (da allargare). Ma non è detta l'ultima parola.
Altro fango in arrivo, su parenti e affini.

PS: per l'inchiesta sula sanità pugliese, è stato chiesto l'arresto del sen. Tedesco.
Che farà il PD?

Lo spot col messaggio ingannevole

Esiste un giudice, anche senza arrivare a Berlino:
Una partita sleale. Il Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria boccia lo spot del Forum Nucleare Italiano, giudicando ingannevole il messaggio informativo della campagna per il rilancio del dibattito sull’energia nucleare in Italia e bloccando di fatto la messa in onda della pubblicità entro sette giorni.

Bastava vedere chi stava dietro il forum e chi sta dietro il business degli impianti del nucleare:
Un’iniziativa schierata e incentrata intorno a un falso dibattito, un tentativo di plagiare l’opinione pubblica a favore della politica energetica governativa, denunciano invece da mesi le associazioni ambientaliste che contestano la validità di un dibattito promosso da un Forum che si presenta come un’associazione no-profit ma i cui soci fondatori sono per la maggior parte aziende leader dell’industria nucleare italiana e straniera, da Ansaldo Nucleare a Enel e Edison, dalla statunitense Westinghouse ai colossi francesi Areva e Edf, che hanno interessi diretti alla costruzione dei futuri reattori italiani. Una propaganda mascherata dalla domanda “E tu? Sei a favore o contro l’energia nucleare?” che, dietro il presunto equilibrio di una sfida a scacchi e grazie a sottili tecniche comunicative come l’attribuzione del colore nero agli oppositori del ritorno all’atomo o il lasciare sempre l’ultima parola ai messaggi favorevoli al nucleare, provocherebbe di fatto, secondo i critici dello spot, una distorsione del dibattito a vantaggio di chi difende il ritorno a questo tipo di energia.

Vietato disturbare


Tripoli: (23 febbraio) Decine di fosse comuni sono state scavate sulla spiaggia di Tripoli per seppellire le vittime, più di mille secondo alcuni media arabi, degli scontri in Libia. Le si vedono in un video amatoriale pubblicato dal sito Onedayonearth e rilanciato dal sito web del quotidiano britannico Telegraph. Sono immagini che mettono i brividi e fanno pensare che le peggiori previsioni per quanto riguarda il «bagno di sangue» in Libia siano vicine alla verità. Ma conferme effettive ancora non ci sono.



Roma: ROMA (31 agosto) - Una faccia scura, quella di Berlusconi. Gheddafi gli sta a fianco, come un maestro. Ma le immagini, nelle fotografie in bianco e nero di un cartellone, sono violente, i segni lasciati dal colonialismo italiano in Cirenaica, «il dolore che si infligge a un popolo», dirà il premier. E Gheddafi spiegherà di aver visto Berlusconi «piangere vedendo» quelle foto di un «dramma» vissuto dal «popolo libico». La Libia non dimentica, ma la ferita è rimarginata e se ne festeggia l’anniversario della ritrovata amicizia tra Libia e Italia. Amicizia (di cui «tutti devono rallegrarsi») che si è trasformata in affari. Per questo Berlusconi non comprende le contestazioni al leader di Tripoli, sollevate dai finiani e dalle opposizioni: «Chi critica è prigioniero del passato».

I tavoli attorno ai quali siedono i grandi manager di Eni, Finmeccanica, Enel, costruzioni e banche, sono la conferma che il Trattato ha portato vantaggi. La liturgia dei caroselli con cavalli berberi e quelli dei carabinieri, con le sciabole scintillanti, gli inni scanditi dalla banda, suggella un patto tra Italia e Libia, certamente unico in un mondo percorso dalle inquietudini e dalle scosse razziali. Sotto la tenda, allestita nei giardini della residenza dell’Accademia libica, il premier ed il Colonnello conversano per mezz’ora di politica internazionale e di Africa, ma anche delle prospettive di pace in Medio Oriente. Discutono di come si può uscire dalla crisi economica internazionale. Non si parla, invece, delle proteste che la visita di Gheddafi (comprese le parole sulla libertà alle donne che è maggiore in Libia che qui) ha suscitato tra i partiti dell’opposizione. Ma dal palco, nel discorso ufficiale, Berlusconi scandisce: «Quando due popoli ritrovano l’amicizia, questo avviene a vantaggio di tutti. E’ grazie a questo che l’Italia ha potuto risolvere la crisi dei visti ed è stato possibile contrastare la tratta dei clandestini dall’Africa all’Europa». Ed il leader di Tripoli ammonisce e minaccia la Ue: ci vuole un finanziamento di 5 miliardi di euro all’anno alla Libia, «altrimenti l’Europa potrebbe diventare Africa, potrebbe diventare nera. L’Italia deve convincere i suoi partner europei».

Chissà consa pensa oggi il giornalista (uno dei tanti) che ha scritto queste cose, nemmeno troppi mesi fa.

23 febbraio 2011

Se le poste non consegnano le poste

Letto ieri sul Fatto quotidiano ("Il postino suonerà sempre due volte."): le poste italiane cambiano mission.
Basta consegnare tutti i giorni giornali e missive, ma solo ogni due giorni.
Poste che invece sono entrate nel business della telefonia mobile e delle banche. Altro che liberalizzazione..

In questi mesi sta davvero cambiando tutto, però quasi mai in meglio, almeno se si considera la faccenda dal punto di vista dei cittadini clienti. Per esempio finisce il servizio universale così come l’avevamo conosciuto per decenni, cioè la consegna di corrispondenza e giornali a tutti, tutti i giorni dell’anno escluse le feste, in tutti i luoghi del paese compresi i più sperduti.
E finisce per effetto
di una scelta del governo: il servizio viene di fatto riconsegnato per i prossimi 15 anni alle Poste alle quali viene allo stesso tempo consentito di svuotarlo come un guscio di noce.

Mentre il servizio universale viene svuotato, il governo con il decreto Milleproproghe concede alle Poste la possibilità di entrare nel capitale delle banche, separando da un punto di vista contabile il Bancoposta dal resto del gruppo. Grazie a questa innovazione, le Poste compreranno sborsando 136 milioni di euro il Mediocredito centrale che costituirà il pezzo forte di quella Banca del Sud voluta con tenacia dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
In cambio l’amministratore delegato Massimo Sarmi il prossimo aprile riuscirà probabilmente ad ottenere la quarta nomina consecutiva alla guida delle Poste. Il nuovo corso produrrà effetti pesanti anche sugli organici postali. Alla Cgil in particolare sono molto allarmati. Il 27 luglio dell’anno passato i sindacati avevano firmato un’intesa con l’amministratore che prevedeva un taglio di 6 mila dipendenti come inevitabile conseguenza della riduzione da 6 a 5 giorni alla settimana della consegna di lettere e giornali, mentre il servizio del sabato era stato affidato a ditte private, più o meno organizzate ed efficienti, con il sistema che in gergo viene definito degli «appalti accollatari». Con la nuova riduzione del servizio prevista dal contratto di programma ora ballano altri 4 mila posti.

Il petrolio val bene una dittatura?

Secondo gli accordi stipulati con la Libia (votati anche da quasi tutto il PD) l'Italia non può prendere iniziative contro il governo libico.
Dunque, rimane poco chiaro cosa possa fare l'Italia per fermare il genocidio, se non stare a guardare.
Non solo, noi italiani siamo stati pure cornuti e mazziati (non solo dagli insorti) perchè Gheddafi accusa "americani e italiani di aver dato razzi ai ragazzi di Bengasi".

Ma il petrolio (e gli affari per le grandi imprese) valevano il prezzo di tutto questo?

22 febbraio 2011

Da qui all'eternità

Gheddafi:
«Non sono un presidente e non posso dimettermi» ha detto il Colonnello, sottolineando di essere il leader della rivoluzione e di voler rimanere, «fino all'eternità un combattente, un mujihid».

Quando ti appelli alla religione, alla spiritualità, significa che sei alla fine.
Come Hitler nel bunker.
Ma proprio questi qua dovevamo sceglierci come partner?

PS: cosa sarà andato a dire a Napolitano, il nostro premier?

Non voglio il silenzio


Il nuovo libro di Patrick Fogli e Ferruccio Pinotti: Non voglio il silenzio.

Le parole diventano un sussurro e cedono al silenzio.
Quando riceve la telefonata, la voce femminile che lo strappa al sonno è spaventata e gli dà appuntamento per il giorno dopo, in un'aula di tribunale. Non la incontrerà. In quell'aula qualcuno la uccide e si toglie la vita e tutto quello che la ragazza riesce a dire sono tre sillabe, un nome. Solara. Un nome che lo riporta in un pomeriggio in cui sua moglie muore in un'incidente stradale, lasciandolo solo a crescere Giulia. E ancora più indietro, al luglio del 1992, quando una bomba esplode in via d'Amelio e uccide Paolo Borsellino e la sua scorta. Non sarà l'ultima, quella bomba. E non era la prima. Giovanni Falcone, a Capaci, il maggio precedente. E poi Firenze, Milano, Roma. Bombe che non hanno un senso o forse ne hanno anche troppo.
La verità di quei giorni è sepolta sotto un cumulo di macerie che in troppi hanno interesse a non rimuovere. Forse l'uomo avrebbe dovuto lasciar perdere, il giorno in cui ha sentito quel nome. Fingere di non sapere che l'inchiesta a cui avevano lavorato il padre e la moglie, entrambi giornalisti, aveva lasciato troppi nervi scoperti.
Desiderare il silenzio, invece di combatterlo.


Con quale faccia

Il rais in Libia ha mostrato il suo vero volto: di fronte ai cecchini, ai bombardamenti sulla popolazione anche le artistiche democrazie occidentali sono state costrette a malincuore a dire basta.
Finchè si trattava di torturare, censurare, imprigionare, andava pure bene ..
Ma queste morti in favore di telecamere, sono troppo.

Mi chiedo con quale faccia il nostro governo potrà continuare a stringere le mani di Gheddafi.
Con quale faccia le nostre grandi imprese, la Impregilo, l'Eni, potranno presentarsi al meeting di Cl a Rimini, parlare di difesa della vita e a fare affari con una dittatura.

21 febbraio 2011

Il muro che piace alla Lega

Il muro di Berlino

L'articolo di Paolo Moretti su La provincia:
Il nordafrica è in fiamme e il leader della lega dei ticinesi pensa ad erigere un muro alto quattro metri che divida la Svizzera dall'Italia. E pensare che gli accordi bilaterali che hanno smantellato molte frontiere fisse sono ancora freschi di stampa. Evidentemente, però, Giuliano Bignasca pare non se ne sia accorto e nel corso di un dibattito elettorale, in vista delle prossime elezioni cantonali, sulla Radio della Svizzera italiana fornisce la sua personalissima ricetta per frenare il flusso dei profughi in fuga dal nordafrica: «Bisognerà costruire un muro di cemento alto quattro metri lungo tutta la frontiera».
Una presa di posizione più elettorale che concreta, che riaccende però il dibattito sull'abbattimento delle frontiere e sulla questione immigrazione. In realtà sia la Questura di Como che, più recentemente, il capo servizio operativo delle Guardie di Confine elvetiche, Fabio Ghielmini, hanno escluso - almeno per ora - ondate di profughi alle nostre latitudini. Ecco cos'ha dichiarato Ghielmini ai medie elvetici: «Attualmente la situazione è tranquilla» anche perché «la maggior parte dei tunisini sbarcati» a Lampedusa «tenderebbe a ricongiungersi con parenti o conoscenti in Francia».

Al di qua del confine la provocazione di Bignasca viene considerata per quello che è: una boutade. Chiara Braga, deputato comasco del Pd: «Deve stare attento a dare certi suggerimenti ai comaschi, perché sul lago potrebbero prenderlo sul serio», chiaro riferimento al pasticcio paratie. «Sarà anche una provocazione, ma è comunque grave - prosegue - Non si può fare un uso propagandistico di un tema reale e serio: capire come quello che sta succedendo in nordafrica si ripercuoterà sul fronte dei flussi migratori. È un argomento che merita un atteggiamento più responsabile. Mi piacerebbe che la Lega, in Italia, prendesse le distanze da simili provocazioni».

Nicola Molteni, deputato canturino della Lega, però non condanna Bignasca. Anzi: «Chi vuole difendere il proprio territorio ha il mio rispetto - afferma - In ogni caso mi sento di dire a Bignasca e agli amici ticinesi che l'Italia per fortuna non ha più Pisanu, ma un ministro come Maroni, che ha dimostrato sul tema della lotta all'immigrazione clandestina di essere stato quello che più di tutti ha sollevato il problema della caduta del muro del maghreb».



Il muro sul lago di Como (bella immagine per i turisti, no?)

Cosa succede a Radio padania?

La diretta su Rai 3 delle telefonate a Radio Padania, nella trasmissione di Lucia Annunziata, è saltata.
Di cosa avevano paura i vertici del partito? Rimandata per i passaggi parlamentari di questa settimana, come dice Salvini?
O forse nel Carroccio sanno della tensione che sta covando nella base, che fa fatica a digerire i casi Ruby (e le telefonate in Questura), la riforme della giustizia (punitive) per un partito che ha sempre sbandierato la tolleranza zero e la legalità.

Non è un caso il silenzio sulle case del Pio Albergo Trivulzio date ai vip.

Presa diretta arrangiatevi

Articolo 38 della Costituzione

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera.

Puntata di Presa diretta che partendo da Napoli, per arrivare a Roma, ha raccontato dei tagli alla spesa sociale : tagli imposti per il rientro del debito (delle regioni), per i patti di stabilità.
Tagli che però colpiscono i più indifesi e i più deboli. Siamo sicuri che tagliare la spesa sociale sia un risparmio ? – la domanda di Riccardo Iacona che ha fatto da spunto alla trasmissione.
E la risposta è stata sicuramente un no: le telecamere hanno mostrato il lavoro delle persone che lavorano nelle circa 300 cooperative sociali in Campania. Persone oggi in lotta col comune, con la Asl, con la regione per stipendi arretrati e fondi che non arrivano (e ne arriveranno sempre meno nel futuro). Persone che si occupano di malati mentali, di ragazze maltrattate o abusate in famiglia. Di bambini di 5-6 anni che provengono da famiglie che non sono in grado di mantenerli e, in queste strutture trovano qualcuno che per la prima volta si prende cura di loro.
Anche solo per lavarsi i denti.
Qui si fa un prezioso lavoro di prevenzione, in una regione con problemi di disoccupazione, criminalità organizzata, povertà (vera), assenza di servizi sociali offerti dallo stato (i minucipi, il comune o la regione).
Ad impedire che i ragazzi e le ragazze prendano la cattiva strada e i ragazzi ci sono le persone della Cooperativa Casa e famiglia , del consorzio Gesco, della casa protetta a Soccavo.
Converebbe che lo stato investisse in queste cooperative, che oggi coprono il 65% di tutte le prestazioni sociali e socio sanitarie della regione, rischiando di chiudere.
Chiudono perchè la regione non li paga, o li paga in ritardo.
Per capire quanto è importante la loro opera i giornalisti di Presa Diretta sono andati a Secondigliano, dove opera la cooperativa Il grillo parlante per il progetto di “adozione sociale”: Rossella e Francesca si prendono cura di mamme come Carmela, sola, senza una famiglia dietro, con problemi a trovare un lavoro e col marito con problemi di giustizia.
I primi due figli le sono stati tolti e il secondo lo può tenere proprio per l'aiuto di queste persone.
Un aiuto che costa allo stato 60 € a settimana. In una comunità, il costo per lo stato sarebbe di 100 euro a settimana. E non è solo un discorso di convenienza: questo lavoro dimostra che non esistono, anche in queste zone di Italia, destini predeterminati.

Da Secondigliano a Ponticelli: quartieri senza illuminazione, strade che quando piove è un disastro, fogne che non tengono, palazzi come quello de “La torre” occupati abusivamente.
Qui la gente si arrangia, sopravvive.
Il tasso di disoccupazione è del 40%, quello femminile oltre il 50%. C'è il più alto numero di ragazze madri: si vive in più di 10 dentro un appartamento, con un alto tasso di evasione scolastica, lo spaccio a cielo aperto, dove la sofferenza e la povertà le tocchi con mano. Qui ha le radici la forza della Camorra: allora, non converebbe inverstire in questi servizi che si occupano di istruzione, cura per le tossicodipendenze, aiuto alle madri?
C'è in ballo il futuro della città di Napoli, perchè la repressione non basta. Come hanno mostrato le telecamere della scorsa puntata, il carcere non è una cura in Italia, ma un posto dove si viene condannati due volte.

Forse c'è qualcuno che pensa, anche in nome di un'idea che questi siano soldi sprecati, che sia meglio investire in carceri, interventi di repressione. Perchè è una politica che crea consenso. Mentre il lavoro delle cooperative sociali, pur prezioso, sfugge di solito alle telecamere.
E pensare a tutti i soldi che sono stati sprecati per l'emergenza rifiuti (quella che dura da troppi anni), per una raccolta differenziata che non si fa. I soldi sprecati per la malapolitica nella sanità, nell'edilizia pubblica ...

20 febbraio 2011

A sinistra non l'hanno presa bene

Sto leggendo i commenti sul blog di Giuliano Pisapia, ad un post in cui si è difeso, dopo la notizia che anche la sua compagna abita in una casa del Pio albergo Trivulzio.

Non l'hanno presa bene quelli che potrebbero essere i suoi elettori. Mica sono quelli dell'altra parte che, magari si fanno venire qualche mal di pancia, ma poi votano a capo chino.
E' una lezione anche questa.
Uscire da quella casa sarebbe un bel gesto. Di politici che non rispondono delle proprie azioni ce ne sono abbastanza..

La realpolitik occidentale

“Il dittatore ha cominciato, pistola in pugno, a chiedere una sterlina. Quando la sterlina gli è stata concessa, ne ha pretesa un'altra, sempre minacciando con la pistola. Alla fine si è accontentato di una sterlina, diciasete scellini e sei pence, e il resto in promesse per l'avvenire.”
Winston Churchill, alla camera dei Comuni, parla della politica espansionistica tedesca, nel 1938.
Quando la politica di Hitler (le annessioni, i diktat,il mostrare i muscoli) veniva scambiata dalle democrazie europee per garanzia di stabilità e di pace.

Dal 1938 ad oggi, abbiamo imparato poco. Se serve il sangue della repressione libica, o della repressione della polizia egiziana, per capire che leader abbiamo appoggiato nel nordafrica per la nostra stabilità e la nostra pace. E i nostri affari. Ma ci metto dentro anche gli americani che, come raccontano le carte di Wikileaks, hanno sostenuto quel clown (il nostro presidente del consiglio) perchè ha messo a disposizione le truppe in Afghanistan.

Malastagione di Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli

"E' una storia lunga e complicata" Marco Gherardini detto Poiana, ispettore della forestale in un paesino sugli appennini bolognesi, Casedisopra, è uno abituato a chiudere così le discussione che entrano troppo nel personale. O che scavano dentro i ricordi. Ma è anche una persona cresciuta per fare il mestiere che fa: proteggere le montagne e i boschi dall'incuria dell'uomo, dalle mire di chi vede dietro un borgo, una occasione per fare soldi costruendo case per villeggianti. Case che stravolgeranno l'equilibrio, il paesaggio e che probabilmente (come per molte seconde case) rimarranno chiuse per tutto l'anno.

Appena preso possesso della stazione, due anni prima, non aveva smesso di tormentare il comandante provinciale prospettandogli la situazione drammatica della zona, dichiarando, senza mezzi termini e per iscritto, che in caso di incidenti le responsabilità sarebbero ricadute su chi non lo avrebbe messo in condizioni di operare.[..] In estate c'era da tenere d'occhio una quantità di villeggianti che se ne andavano a spasso per i monti con la stessa attenzione con cui viaggiavano sotto sotto i portici di Bologna o in piazza della Signoria, a Firenze.”

Ma questa volta, non è di turisti in difficoltà che si deve occupare: ma di un cadavere o meglio, di un presunto cadavere. Adumas (chiamato così per la passione del padre per le storie di Alexandre Dumas) che non è un bracconiere ma ogni tanto procura qualche cinghiale all'oste del paese, ha visto, durante una battuta di caccia, un enorme cinghiale con in bocca un piede umano.
Mentre per il comandante dei carabinieri, il maresciallo Cruenti, è una storia frutto della fantasia (o della grappa bevuta per scaldarsi), per l'ispettore Gherardini detto Poiana, è una storia da approfondire.
Perchè subito dopo, un incendio sulla macchia, domato anche grazie all'aiuto della Protezione Civile, rivela il cadavere (con entrambi i piedi) bruciato.
Cosa sta succedendo, in questo paese? Che misteri nasconde la terra sotto i castagni?

Poiana inizia una sua indagine, quasi solitaria, che lo porta a scoprire interessi immobiliari da parte di una società che vede come soci buona parte del paese. L'ex sindaco, il medico del paese, persino il maresciallo: in ballo c'è la riqualificazione di un antico borgo. Una riqualificazione in cui non si starebbe a guardare troppo per il sottile per l'acquisto delle vecchie case da rimettere in piedi.
Ma all'improvviso sembra che tutti abbiano qualcosa da nascondere: i due fratelli tunisini Haled e Samir, impiegati da Badilone, un impresario edile, presso cui lavora anche Salvatore e la sua squadra di operai del sud. Un'elfa che vive solitaria con la figlia, in alta montagna.
Un'umanità varia che si ritrova ogni giorno a mangiare e bere nella trattoria di Benito.
E che prende con fossero farneticazioni le parole di Adumas:

“-Un cinghiale come l’ho visto io, qui non l’ha mai visto nessuno”.
“E come sarà mai questo cinghiale?” – “Teneva in bocca il piede di un uomo”.

Nell'inchiesta Poiana va a sbattere, quasi letteralmente, con Francesca una studentessa di Bologna in fuga dalla città. Anche lei con una casa a Casedisopra, la Cà Storta, donatale dal nonno. Una casa attorno a cui girano troppi interessi e troppe persone.
Anche mettendo a rischio la sua incolumità, l'ispettore Gherardini farà il suo dovere.

La coppia Guccini Macchiavelli torna all'opera con questo giallo che mantiene la stessa ambientazione dei loro precedenti libri, con protagonisti il maresciallo Santovito. Quelli come me che hanno amato le storie raccontate in Macaronì, Un disco dei Platters, Questo sangue che impasta la terra, troveranno in queste pagine gli stessi paesaggi, quasi gli stessi luoghi (la caserma, la trattoria), gli stessi discorsi, aggiornati ai tempi nostri.
Il personaggio di Poiana è destinato a fare strada e sicuramente lo ritroveremo in altri racconti: unico neo, forse, la trama un po' troppo “allungata” (con qualche pagina di troppo) e “leggera” (per il movente). Ma anche il giovane Poiana saprà farsi strada e riuscirà ad arrivare all'altezza dell'indimenticato Benedetto Santovito col suo sigaro in bocca.

Il link per ordinare il libro su ibs.
Technorati: e

18 febbraio 2011

19 anni dopo tangentopoli


19 anni dopo tangentopoli, la storia passa di nuovo per il Pio albergo Trivulzio. Questa volta per degli "appartamenti d'oro " che anzichè ai bisognosi, sono finiti a gente che non ne avrebbe bisogno: "C’è mezzo Pdl lombardo. Ma c’è anche la compagna di Giuliano Pisapia, la giornalista di Repubblica, Cinzia Sasso. Ci sono onorevoli, ex assessori, consiglieri comunali."
Esattamente 19 anni dopo la gestione del Pat torna a mostrare le proprie ombre. Con una girandola di nomi che potrebbe arrivare anche a un ministro: Ignazio La Russa. Un altro nome da molti indicato come certo è quello di Massimo Corsaro, vicepresidente vicario dei deputati del Pdl. Ma al momento i nomi certi sono altri. Giulio Gallera, capogruppo del partito in comune, in una abitazione del Trivulzio ci ha persino domiciliato il suo studio legale, in una delle zone di maggior pregio della città: Porta Romana, civico 116. Oltre cento metri quadrati per poche migliaia di euro annui. C’è l’ex assessore comunale alla sicurezza e presidente di Metroweb, Guido Manca, che ha pure “sistemato” il figlio Alessandro. Il primo vive in via Santa Marta 15, 70 metri quadrati per 5mila euro annui, il secondo in 45 mq in via Paolo Bassi 22 per 1.600 euro. Nell’elenco figura anche il nipote di Francesco Cossiga, Piero Testoni, parlamentare del Pdl. Paga 8.500 euro per 83 metri quadrati nello stesso stabile di Guido Manca. In corso di Porta Romana dal 2002 al 2009 ha vissuto Domenico Lo Jucco, ex uomo Publitalia, amico e stretto collaboratore di Marcello Dell’Utri tanto da essere stato tra i fondatori di Forza Italia, partito di cui divenne tesoriere.

Ridi pagliaccio


«Il primo ministro Silvio Berlusconi è involontariamente diventato il simbolo di questo processo. Le sue continue gaffe e la sua povertà di linguaggio hanno più di una volta offeso gran parte del popolo italiano e molti leader europei. La sua chiara volontà di anteporre i propri interessi personali a quelli dello Stato, il suo privilegiare le soluzioni a breve termine a discapito di investimenti lungimiranti, il suo frequente utilizzo delle istituzioni e delle risorse pubbliche per ottenere benefici elettorali sui suoi avversari politici hanno danneggiato l’immagine dell’Italia in Europa, creato una reputazione disgraziatamente comica alla reputazione dell’italia in molti settori del governo statunitense». [Wikileaks]

Ricapitolando: l’America ci considera un paese allo sbando e governato da un pagliaccio, ma il pagliaccio è devoto, molto più ubbidiente di chi l’ha preceduto. E siccome l’Italia sta in mezzo al Mediterraneo e ha carne fresca da mandare a combattere, agli americani sta bene così. [Gilioli]