25 agosto 2010

Strage di Loriano Macchiavelli

Jules Quicher, ex agente dei servizi di sicurezza francesi, oggi consulente al soldo delle aziende private.
Claudia Patroni, ex studentessa universitaria della contestazione bolognese del 1977.
Ansaldo Falcione esperto archeologo, specializzato nell'analisi dei segnali satellitari.

Tutti e tre si ritrovano a Bologna il 30 luglio 1980: il primo per assolvere ad un incarico su una multinazionale le cui trasmissioni satellitari sono spiate.
Claudia torna dalla Cecoslovacchia con due Kalashnikov, nascosti sotto la «pancia» della sua 2 cavalli. Per fare cosa? Insoddisfatta e indecisa, avrebbe incontrato suoi ex compagni della contestazione e poi ....
Il professor Falcione è stato invece “poco gentilmente” obbligato a interrompere le ricerche nella Guyana per consegnare un segnalatore radio a Bologna.
Tre persone che rimarranno coinvolte dalla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, alle 10.25:
«non si conoscevano, non si erano mai incontrati, ma erano destinati a incrociare le loro esistenze nel corso di avvenimenti che avrebbero sconvolto la vita italiana».

Da qui parte l'intreccio romanzesco di Macchiavelli che usando documenti e atti del processo per la strage (quando fu scritto si era in appello), altra documentazione relativa alla storia oscura del nostro paese e anche la sua capacità inventiva come scrittore, racconta del constesto in cui maturò la più sanguinosa strage della storia italiana: loggie massoniche coperte, politici di primo piano con frequentazioni poco conveniente, Cosa Nostra interessata ad estendere i propri interessi in campo finanziario e a tessere rapporti con la politica. Braccio armato di questo gruppo di potere economico-eversivo, bande criminali come quella della Magliana, terroristi della destra eversiva, e i soldati della mafia.

Se anche in alcune parti del suo racconto l'autore si è lasciato andare a invenzioni e a giocare con le date della storia, il Contesto è quello. La banda della Magliana non era ancora attiva ad inizio anni '70, quando Vora racconta a Francesca delle sue origini.
L'intero capitolo siciliano, che racconta delle premesse della strage, anticipa alcuni eventi di qualche anno, ma è comunque strepitoso da leggere: non solo per le descrizioni della Sicilia, sia che si parli della citta di Erice che del quartiere arabo della Kalsa. Si racconta del primo significativo mutamento della mafia, col suo ingresso nel tessuto sociale ed economico siciliano. Il controllo (o meglio la possibilità di avvicinare politico come lo Zombi “un morto vivente in veste di politico), banchieri, magistrati, poliziotti e carabinieri.

E dall'altra parte, lo Stato (la parte sana) che cerca di contrastarla: come il capitano Dalla Vita (una via di mezzo tra il capitano Bellodi di Sciascia e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa) e i suoi (pochi) fidati colleghi.
L'unico a comprendere come diventi sempre più difficile comprendere la matassa dei rapporti politico-imprenditoriali-mafiosi (traffico di armi, droga, tecnologia legata alle trasmissioni), fino al suo trasferimento.

Quanto è romanzata e quanto di vero sta dietro il racconto?
A chi si sarà ispirato Macchiavelli per l'ambiguo giornalista Nico Cavallo (che usava il suo giornale come strumento di pressione e ricatti pubblicando notizie riservate)? Forse a Mino Pecorelli?
E il criminologo, amico di massoni, criminali e mafiosi, che stanco della sua vita, aveva redatto un memoriale in cui raccontava delle trame eversive degli anni '70? Viene in mente un certo Aldo Semerari, ucciso dalla camorra.
E quale è il Golpe di cui si parla, o del piano A2, in cui il capo della Loggia Rigolari chiede l'appoggio alla mafia? Il golpe dell'Annunziata ?
Proseguendo questo gioco sui personaggi, nel capitolo ad un certo punto compare Max Corvo, il “messia” che come spione per l'OSS atterrò in Sicilia nel 1943 per chiedere l'aiuto alla mafia e rendere più semplice lo sbarco alleato sull'isola nel 1943. I contatti tra i membri della sezione Italia dell'OSS e la mafia sono documentati dagli studi portati avanti, tra gli altri, da Giuseppe Casarrubea.
Ecco che allora, non è tanto il libro a romanzare la storia, ma spesso è la nostra storia ad essere più vicina al romanzo di quanto si pensi.
“Una strana democrazia” è quanto afferma il vecchio spione: una ben strana democrazia, se alle sue origini ha questo patto tra mafia e gli alleati, tra i capimafia e i nuovi governanti della repubblica italiana. Portella della Ginestra, le stragi contro i sindacalisti, il movimento separatista …
“.. Pensò che quela italiana era una ben strana democrazia se per essere salvata doveva ricorrere al terrore”.

La strategia della tensione, le bombe, destabilizzare per stabilizzare la linea politica verso il centro (il partito di governo della Prima Repubblica), impedire il rinnovamento, le riforme, i patti di Yalta, la sovranità limitata e l'ombra dei servizi statunitensi. Ma questo non è un romanzo.

Nella terza parte del romanzo, tornati al presente del 1980, i tre personaggi introdotti all'inizio vengono coinvolto in vario modo nelle indagini (ufficiose) sulla strage: il capitano Dalla Vita è ora colonnello a capo di una unità speciale di contrasto al terrorismo. Nel mirino i nemici di sempre: i movimenti della loggia del banchiere Rigolari, i legami mafia-politica, la destra eversiva usata come braccio armato.
Dalla Vita assolda Quicher e Claudia per le sue indagini (qui l'autore si prende le sue licenze): usando pedine a loro modo esperte ma fuori dagli organi ufficiali di indagine, spera così di arrivare ai veri mandanti.
Perchè le indagini ufficiali, affidate al magistrato Altavilla e che si muovono fin da subito nel terreno dei movimenti neofascisti, subiscono subito dei depistaggi (le informative inconcludenti dei servizi su presunte piste straniere).
Se il libro è un'opera di fantasia, perchè aggiusta e lima avvenimenti o personaggi reali per racchiuderli nel racconto, alcuni aspetti della storia sono tremendamente reali, ed è questo uno dei meriti maggiori.

Non sono inventate le relazioni pericolose dei servizi con la loggia P2 (e che portarono alle condanne per depistaggio). Non sono inventate le relazioni pericolose tra banchieri o uomini d'affari con la mafia e la massoneria: Michele Sindona, Roberto Calvi, Licio Gelli, Flavio Carboni non sono personaggi inventati da Macchiavelli.

Se il finale del libro segue una sua teoria, che sia vera o inventata, non importa.
Quello che conta è la sensazione di amaro in bocca, la stessa sensazione che Sciascia (ancora lui) fa dire al capitano Bellodi (e che pensa anche il colonnello Dalla Vita) “mi ci romperò le corna”. Ovvero la sensazione di impotenza nel poter fermare il tumore dentro la nostra democrazia. Essere stati ad un passo dallo scoprire la verità, senza riuscirci.
Una strana democrazia: “.. convengo che la nostra è una ben strana democrazia: tutti pronti ed impegnati a succhiarne il sangue. Mi chiedo come finirà quando non avrà più sangue da distribuire ai vampiri”.

Ecco, nel finale, non aspettatevi un lieto fine, dopo aver goduto delle avventure di Jules e Claudia (una gobibile ma poco probabile coppia investigativa): da questo punto di vista, il romanzo assomiglia putroppo, alla storia vera.

Altri romanzi sulla strage di Bologna:
- Settanta di Simone Sarasso
- Il tempo infranto di Patrick Fogli

Il link per ordinare il libro su internetbookshop.

Nessun commento: