27 agosto 2010

Polenta e macaroni


Molto più dell'italiano e della lira, è stata l'emigrazione ad unire gli italiani.
Non ce ne ricordiamo più, forse, ma i nostri conterranei sono partiti dal Veneto (la polenta), alla Sicilia (macaroni) alla volta delle americhe alla ricerca di un futuro migliore, di quanto il nostro paese poteva garantire.
Sono stati in 27 milioni gli italiani ad attraversare l'oceano, in cerca do fortuna: non solo personaggi alla Vito Landolini da Corleone (il protagonista della saga de Il padrino).
Il padre del famoso sindaco di NY Fiorello La Guardia, era emigrante. I nonni di Rudolph Giuliani lo erano.

I nonno materno di mio padre era tornato dall'america con un paio di scarponi anfibi ai piedi e per quello era stato soprannominato "nonno scarpone".
Il bisnonno materno invece, con i soldi guadagnati in america aveva potuto comprare un'appezzamento di terra, su cui costruire la sua casa.

Ma ad altri paesani non andò altrettanto bene.
Mangiaspaghetti, mafiosi, quelli che puzzano di aglio .. Dago, paisà, maccarone.
In Francia eravamo rital, macaronì (come il libro di Macchiavelli Guccini).
In Svizzera SALAMETTISCHELLEDE: affetta salame (solo Basilea) .
C'è una famosa vignetta di Fudge del 1903 "Occhio Zio Sam, sbarcano i sorci" (riportata da Stella, nel sito Siamo tutti emigranti).
I sorci siamo noi.

Questa era la considerazione che si aveva di noi italiani. Poi però la ruota della storia gira e oggi ci ritroviamo (per una fortuna che in parte non meritiamo) dalla parte giusta dell'immigrazione. E forse ci siamo dimenticati, cosa significa scappare dalla fame e dalla povertà.

Ecco, guardatevi la puntata de La grande storia "Polenta e macaroni".

Sinossi:
Polenta e macaroni.
quando gli altri eravamo noi

“Occhio zio Sam sbarcano i sorci!” così titola una vignetta pubblicata su un giornale americano nel 1903. Quei sorci, rappresentati mentre schizzano correndo fuori da una stiva, sono solo alcuni tra le migliaia e migliaia di italiani che si riversarono negli Stati Uniti tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.
L’avanguardia di una massa di migranti che tra il 1876 e il 1976 porterà fuori dai confini nazionali in cerca di un lavoro, ben 27.000.000 di persone.
Una massa di individui poveri, affamati, impauriti, facile preda di agenti cui vendere le proprie braccia e i propri figli. Bambini di appena sette otto anni, ceduti per 100 lire a trafficanti senza scrupoli, per mendicare nelle piazze al comando di orchi ambulanti o lavorare davanti fuoco delle vetrerie francesi.
E ancora centinaia di migliaia di clandestini sulle navi per le Americhe o tra i sentieri delle Alpi.
E poi emigranti con tanto di passaporto e biglietto, ma accusati di essere ladri di posti di lavoro e crumiri. Linciati perché bastardi dal sangue nero. Considerati tutti anarchici, mafiosi, criminali.

Disprezzati nelle miniere del Belgio perché considerati ancora alleati del nemico nazista. Vittime della xenofobia svizzera, che considera reato non grave l’omicidio di un italiano. Obbligati a nascondere i figli, a rintanarli in casa, a costringerli al silenzio per non essere espulsi.
Il documentario si propone di raccontare alcune di queste storie, alcuni di questi episodi tra i più difficili, brutali, inquietanti.
Dai viaggi in nave verso l’America ai massacri di New Orleans o della fabbrica Triangle di New York. Dall’accusa di essere neri nel sangue a quella di esprimere un cattolicesimo primitivo e pagano.
Dall’emigrazione fascista nelle colonie africane all’emigrazione del dopoguerra propagandata dal governo come contributo individuale alla ricostruzione dell’economia nazionale.

Una storia fatta di storie, raccontata con l’ausilio di linguaggi diversi: la memoria delle testimonianze, il racconto delle immagini di repertorio, l’affabulazione di un narratore, i flash di una fiction d’epoca cinematografica o televisiva.


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