13 aprile 2010

Storia di un giudice – il controllo del territorio

Pian piano il mio tempo cominciò a essere assorbito sempre di più dalle indagini sulla pubblica amministrazione. Ma scegliendo di seguirle mi ritrovai completamente solo. Presto mi accorsi che quel settore era un vero e proprio tabù. La Polizia Giudiziaria rispondeva alle mie deleghe in modo frettoloso, superficiale, ed era evidente come fossero pochi quelli capaci di indagare sui flussi di denaro, sulla gestione delle imprese, sui comportamenti dei pubblici ufficiali. Quello era un posto dove si sparava, dove si facevano estorsioni, si praticava l'usura, si facevano rapine a banche, a armerie, a gioiellerie. Molti mi ripetevano che era prima di tutto di questo che le forze dell'ordine si dovevano occupare. “E' il controllo del territorio la cosa più importante”.

Questa cosa del controllo del territorio non l'ho mai capita fino in fondo. Quante volte l'avevo sentita. Era una bella frase, riempiva la bocca, suonava bene, lanciava un messaggio tranquillizzante. “Dobbiamo riprenderci il territorio che loro controllano”.
Come si fa a non essere d'accordo? Ma il tempo dei briganti che violano il territorio è passato.
La 'ndrangheta vera non è solo quella che spara o che fa le estorsioni. La 'ndrangheta vera è quella dei soldi, degli investimenti, della politica, dell'economia, del potere. Hanno il controllo del territorio non perchè abbiamo più uomini nelle strade, né perchè siano militarmente superiori allo Stato. Ce l'hanno perchè hanno il controllo delle persone. Della loro paura. Delle loro incertezze. Della loro mancanza di futuro in quella terra. Della loro solitudine. Della loro ignoranza. Hanno il controllo del loro modo di pensare. Del loro modo di vivere. Ma questo è un discorso troppo complesso, troppo impegnativo, così poco televisivo che si crede non valga la pena di essere affrontato.

Storia di un giudice - pagine 89-90
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