06 aprile 2010

Quelli che non ridono


Si potrebbe scrivere che il mondo si divide in quelli che ridono (o che possono ridere) nelle disgrazie e tutti gli altri.
Lo so, è una classificazione rigida che non coglie tutte le sfumature (come quelli che stanno a guardare), ma sempre più spesso mi rendo conto di come la direzione di come vanno le cose, sia quella.
Ovviamente lo spunto è la tragedia de l'Aquila: sottovalutazione del rischio, abusivismo, imprese che hanno costruito senza rispettare le norme.

Poi il terremoto e, dopo di esso, gli avvoltoi, ad approfittare: per i soldi degli appalti; per fare i soliti servizi televisivi con le interviste alla gente per strada, in macchina. Per raccogliere consenso: il governo del fare, quello del miracolo (in Abruzzo, come a Napoli, dove i vertici della Protezione civile sono finiti indagati).

Passati i mesi, tutto finito. Sparite le telecamere, spariti i soldi promessi dai paesi del G8. Sparito il terremoto.
Eppure le scosse sono continuate.

Che fine han fatto le promesse ?
Qualcuno aveva detto che i processi sui crolli (come la casa dello studente) si sarebbero sostenuti, senza guardare in faccia a nessuno.
Come dopo ogni disgrazia, si è pure detto "mai più".

Dove è allora il piano per la messa in sicurezza degli istituti scolastici, dei territori a rischio (frane, inondazioni, terremoti)?
Dove sono i soldi per ricostruire l'Aquila?

Ecco, oggi a sentire le commemorazioni delle 308 morti, mentre si bloccano le carriole dei cittadini che vogliono sgombrare le macerie per non disturbare il manovratore, mentre si discute di riforme strutturali, giustizia, intercettazioni, presidenzialismo, mi passa la voglia di ridere.


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