28 aprile 2010

Milano ordina uccidete Borsellino di Alfio Caruso

Milano ordina uccidete Borsellino.
L'estate che cambiò la nostra vita.

Il libro di Alfio Caruso si inserisce in quel filone di libri uscitti di recente, che han cercato di mettere in luce quanto accaduto nelgi anni delle bombe della mafia: le stragi di Capaci e via D'Amelio, e le susseguenti bombe per la strategia della tensione di Cosa Nostra. Ancora ad oggi non sappiamo ancora chi ha premuto il pulsante che spazzò via il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta.
Non sappiamo i veri motivi che spinsero la mafia ad accelerare l'attentato dopo "l'attentatuni" a Capaci; non sappiamo chi siano i mandanti a volto scoperto che spinsero zu Totò per forza la mano stragista.
O meglio: due procure hanno archiviato in periodi diversi, due procedimenti a carico di Alfa e Omega (Berlusconi e Dell'Utri), perchè mancavano prove concrete per proseguire le indagini.

Alfio Caruso cerca allora, di guardare a questi episodi della guerra di mafia cercando di "volare alto", senza soffermarsi troppo sulla manovalanza mafiosa che sicuramente si imegnò a piazzare l'autobomba. Utilizzando anche le rivelazioni emerse dal pentimento di Gaspare Spatuzza, il libro smonta la tesi "Scarantino" che ha portato ad oggi delle condanne che andranno forse riviste.
L'autore si chiede chi avrebbe organizzato tutta questa messinscena (non può essere farina della bassa manovalanza)? Chi ha avuto tutto l'interesse ad arrivare a questa rapida soluzione? Poliziotti magistrati troppo zelanti?

Caruso, che è giornalista e storico capace di raccontare i fatti e di metterli in fila, racconta della pista seguita dall'uomo dei telefoni Gioacchino Genchi: le telefonate finite ad un numero su Castel Utveggio, una costruzione sul Monte Pellegrino da cui si godeva ampia visuale sul luogo della strage.
La sede del Cerisdi, una società riconducibile al Sisde di Contrada (che ha sempre smentito la sua presenza sul luogo della strage).
L'agenda rossa di Paolo Borsellino, sparita da via D'Amelio e che oggi forse costituisce una valida polizza di assicurazione per qualche politico che con essa può ricattare a destra e a manca.

La zona grigia tra lo stato e l'antistato, che sembra una costante della storia della guerra alla mafia, dai tempi del bandito Salvatore Giuliano: talpe, spioni dalla faccia brutta visti sui luoghi dei delitti, il signor Franco (consulente di Massimo Ciancimino e uomo dei servizi). Una guerra in cui non è chiaro il confine tra complicità o tradimento e infiltrazione: come nella famosa e sempre smentita trattativa tra stato e corleonesi per la fine delle bombe.
Quale è stato il ruolo del Ros? Veramente dietro la trattativa non c'era alcun avvallo dei politici (succedutisi in quella terribile estate del 92, in particolare i ministri della giustizia e dell'interno): Ciancimino li fa i nomi. E i magistrati hanno l'obbligo di fare chiarezza sul loro operato.
Quale il ruolo del sismi, della base Gladio a Trapani (il centro scorpione, già finito nelle cronache per l'omicidio Rostagno)?
Servizi deviati, massoneria ed eversione: il pantano e il veleno che invischia le stragi e le bombe è di difficile comprensione.
Ma una cosa è certa: Borsellino aveva fretta di agire, e altrettanta i suoi carnefici.
Chi aveva interessa ad alzare il livello dello scontro?

Il libro individua un movente in particolare, e in questo è la sua originalità rispetto ad altri saggi: fa alzare la testa al lettore, per gettare lo sguardo sulla città dove la mafia faceva e fa affari. La Milano delle banche, del riciclaggio, degli investimenti.
Borsellino intendeva riaprire il faldone dell'inchiesta del Ros (e anche su questa tanti misteri e ombre) "Mafia e appalti": già Falcone aveva commentato con la frase "Cosa nostra si è infiltrata in borsa" dopo l'acquisizione della Calcestruzzi (Holding Ferruzzi) della Calcestruzzi Spa di Palermo di Nino Buscemi.
Borsellino inoltre, nella celebre intervista al giornalista francese Fabrizio Calvi, aveva parlato del rapporto fra imprenditoria e mafia.
Intervista dove si parla di Mangano, Berlusconi e di Cosa nostra che stava diventando impresa...

La seconda parte del libro ricostruisce (anche qui, usando le rivelazioni recenti di Massimo Ciancimino ancora da vagliare) la trattativa: gli incontri tra uomini del Ros e Ciancimino come tramite della mafia (oggi l'ex generale Mori è sotto processo a Palermo); il papello, le promesse, la trattativa che si interrompe e di cui forse anche Borsellino era a conoscenza.
Gli arresti eccellenti di fine 92: Bruno Contrada, Vito Ciancimino, e il suicidio del giudice Signorino.

Il cambio della strategia dopo le bombe a Firenze, Milano e Roma, in coincidenza con la genesi del nuovo partito politico di Forza Italia.
E dietro questo, tutti i dubbi sulle sue origini, sui primi finanziamenti all'impero del presidente Berlusconi (fin dai tempi della banca Rasini).
I nuovi garanti dell'accordo che, sempre secondo Ciancimino, sarebbero stati Dell'Utri e Provenzano.
Provenzano l'intoccabile, nonostante le impebeccate della fonte "Oriente", al secolo Luigi Ilardo, primo infiltrato in cosa nostra, sulla cui morte sul mancato blitz a Mezzojuso del 1995 (dove poteva essere arrestato buona parte del gotha mafioso), di cui hanno parlato i giornalisti Biondo e Ranucci nel loro libro "Il patto", è aperto un processo.

Infine le coincidenze.
Forse è l'ultima occasione per cercare la verità.
Capire chi ha agito alle spalle dei boss di Cosa Nostra Riina e Provenzano che, sempre ritenendo vere le ultime rivelazioni, appaiono più come pupi che come pupari.
Anche oggi, come nel 1992, si parla di leghe meridionali, con gli stessi programmi che ritornano dai tempi di Finocchiaro Aprile del Mis.
Mis che fu usato dai politici del PUS (Partito Unico Siciliano) per arginare la democrazia e proteggere latifondi e interessi.

Oggi nel PUS in Sicilia c'è dentro perfino un pezzo della sinistra, assieme al presidente regionale Lombardo.
Che è quanto avvenuto, come ricorda l'autore nelle ultime righe, durante l'esperienza di Milazzo. In pratica il primo governo della mafia.

Il sito di Alfio Caruso.
"Il patto" di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci.
Il link per ordinare il libro su ibs.
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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Grandi opere per il grande business del cemento tagliato con rifiuti pericolosi. Perchè non dirlo? Tra gli aggreganti utilizzati per fare cemento e calcestruzzo non solo sabbia ma ceneri volanti, scorie di inceneritore, sabbie di fonderia ecc... il peggio dei veleni industriali. Il business sta nel sostituire persino le materie prime con rifiuti pericolosi, le normative vigenti lasciano ampio margine d'interpretazione ... Indagare veramente sulla qualità dei cementi e dl calcestruzzo è praticamente impossibile, nei cantieri la manovalanza è spesso in nero e ancor più spesso extracomunitaria: così nessuno sa, nessuno capisce e nessuno riferisce quello che accade veramente. Il ponte sullo Stretto è un'ottimo pretesto per giustificare il lascito di milioni di euro nelle tasche delle solite ed indiscusse lobby dei poteri forti di questa povera Italia. Il giro di denaro immenso per ogni appalto pubblico è vergognoso, perchè nelle tasche dei lavoratori effettivamente cade solo una mancia irrisoria: questo è il modo di dare lavoro e dignità agli italiani? Perchè gli appalti pubblici devono essere sempre gestiti dai soliti colossi in odor di mafia e bancarotta? Cosa rappresentano se non una marmaglia di truffatori?

alduccio ha detto...

C'è tutto un sistema criminoso che è sotto gli occhi di tutti: magari, se nei TG si parlasse del paese reale e non della moda dei gelati o dei cappelli della regina, lo saprebbero anche i telespettatori.

Amianto, scorie, opere costose che non finiscono mai e che non sono nemmeno a norma.
Non si sono i soldi per la scuole e la ricerca e poi si fanno i ponti e le centrali per ammazzare altrettante persone con tumori e malattie varie.

Non so è peggio zu Totò o i suoi soci dai colletti bianchi.

Aldo