16 febbraio 2010

Il patto di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci

Il patto. Da Ciancimino a Dell'Utri. La trattativa stato e mafia nel racconto inedito di un infiltrato.

La sensazione che rimane, dopo l'ultima pagina, è di sgomento e paura.
Non solo perchè si rischia veramente di dover riscrivere la storia della lotta alla mafia e della mafia.
Ma anche perchè, è su questo punto gli autori tornano più volte, diventa sempre più difficile tracciare una linea netta di separazione tra antimafia e mafia.
Tra chi ne fa parte e chi la combatte (e per sconfiggerla deve entrarne in contatto).
E non parliamo solo della commistione affari, mafia e politica.

Il libro copre circa 20 anni della storia italiana: dal crollo del muro (e della conseguente funzione anticomunista del blocco di potere in Italia che aveva coperto e usato la mafia) fino ai giorni nostri.
20 anni di storia italiana letta attraverso episodi della guerra di mafia e alla mafia.
A far da ossatura al libro la storia del pentito di mafia Luigi Ilardo e del suo rapporto di collaborazione col colonnello della Dia e in seguito del Ros, Michele Riccio.
Rapporto che avrebbe potuto portare, secondo il racconto di Riccio, alla cattura di Bernardo Provenzano a Mezzojuso il 31 ottobre 1995.
Mancata cattura che ha portato al rinvio a giudizio e al processo dei vertici del Ros, il generale Mario Mori e Mauro Obino.

Qualcuno (i vertici del Ros tra i primi, la sua tesi) nè blocco l'azione, impedì una indagine sulla casa in cui Binnu era latitante (e dove si sarebbe sentito protetto) e fece trapelare al di fuori degli uffici della procura (di Palermo e Caltanisetta) e dalle caserme, notizie su Ilardo.

La storia finisce con la morte per mano di killer mafiosi (ma nemmeno questo è certo) del pentito e con la cattura di Provenzano nel aprile 2006. Ma come sarebbe stata invece la storia italiana se il boss fosse stato catturato prima?

Come dicevo, il libro parte dall'Italia di inizio anni 90, squassata da Tangentopoli, dagli effetti politici del crollo del muro.
Effetti che si ripercuotono, per i rapporti mafia politica consolidati nel dopoguerra, su Cosa Nostra.

Ma in realtà, il legame tra mafia e politica ha radici ben più profonde e affonda nella storia (poco nota) dello sbarco degli americani in Italia durante la seconda guerra mondiale, con l'aiuto dei boss mafiosi italo americani.
Per questa parte vi rimando ai libri dello storico Giuseppe Casarrubea.

La crisi politica, la sentenza del maxiprocesso ribadita in Cassazione, portano alle bombe del periodo 1992-1993.
La strategia della tensione dei Corleonesi; la trattativa stato e mafia portata avanti da Vito Ciancimino prima e dal altri referenti poi (dopo l'arresto di Don Vito).
Il patto tra stato e mafia che sarebbe stato sancito con la fine delle bombe ("Sarà un caso ma dal 1994 in Italia non si è più verificata una strage"), con tutta la legislazione andata in vigore negli anni successivi (pentiti, 41 bis svuotato, la legge sulle rogatorie, ...), anche da parte di molti onorevoli ex avvocati dei boss. Sarà una coincidenza ....

L'ambiguo ruolo dei servizi, le tante facce da mostro comparse sui luoghi delle stragi, l'arresto e successiva condanna di Bruno Contrada (ex numero 3 del Sisde).
I depistaggi nei delitti eccellenti (Mattarella, Reina, La Torre, Dalla Chiesa, .. raccontati nel libro di Salvo Palazzolo), le lettere del corvo, la deleggitimazione dei magistrati.
Gladio.
E, infine, il golpe di Capaci e tutti i buchi della bomba in via D'Amelio (il cui processo è stato riaperto dopo le confessioni del pentito Spatuzza).

Cosa sta succedendo oggi nella mafia? Senza un pentito che c'è lo raccocnti, possiamo solo fare supposizioni, anche interpretando il passato. Specie riscoprendo, come si fa in questo libro, il rapporto mafia e Stato, mafia e istituzioni (mettendo in fila i fatti).
E c'è da essere preoccupati.

Ilardo descrive un brandello di storia che alimenta i nostri peggiori incubi e il desiderio di sfuggirli. Parla di un paese, quello in cui viviamo, che ha il record di morti per stragi, di magistrati assassinati, di giornalisti uccisi, di aziende strozzate dal pizzo, di politici collusi e investigatori condannati per intelligenza col nemico, di milioni di persone che vivono in territori dominati da organizzazioni mafiose.
Ci siamo trovati davanti all'inferno e lo abbiamo emsso in scena, provando a seguire la lezione di Italo Calvino, che scrive nelle città invisibili:

'L'inferno è già qui. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettarne l'infoerno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso e esige attenzione e apprendimento continui: cercare di riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio'.

La lotta alla mafia è ammaliata da uno strano sortilegio: non consente a nessuno tra quanti vi partecipano di rimanere immacolato, immune alle fiamme. Nel marzo del 2004 su La repubblica Stefano Rodotà ha affermato che:

'Vi è una violenza della verità che la democrazia ha sempre cercato di addomesticare, per evitare che travolga le stesse libertà democratiche fondamentali'.

Questo è un paese violento. Abituato a non credere in se stesso, e dunque incapace di pretendere una classe dirigente all'altezza.
Viaggiamo nel buio, aspettando che degli eroi vengano a salvarci, a tirarci fuori dall'inferno: santi o rivoluzionari, generali o politici, magistrati o preti di periferia, poco importa.
Che siano loro a sporcarsi nella battaglia, che siano loro a combattere in nome di tutti; e se cadono, li si celebra come martiri.
E allora succede che gli uomini si stato, investigatori e ufficiali, ci appaiano come il comandante Kutuzov in Guerra e Pace, quando si rivoge al principe Andrej:
'sì, mi hanno rimpreoverato non poco, e per la guerra e per la pace .. ma tutto è venuto a suo tempo'.
Ci sembra che in questo paese la guerra e la pace abbiano lo stesso indistinto colore, lo stesso odore.
E che portino gli identici lutti.

Il libro sul sito di Chiarelettere.
Il link per ordinare il libro su ibs.

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