22 novembre 2009

Il commissario Soneri e la mano di Dio di Valerio Varesi


Per scoprire il colpevole di un delitto bisogna salire a monte, per scoprire le ragioni che lo hanno causato … E il commissario Soneri, per scoprire chi è chi il morto trovato in una fredda giornata ventosa, sotto un ponte della Parma, sarà costretto a salire sui monti dell'Appenino tosco emiliano.
Una indagine in una ambientazione inconsueta: la cornice montana del paese Monteripa fa da da palcoscenico a questa inchiesta.
Un paesino di gente chiusa, diffidente nei confronti degli estranei, come il commissario stesso: un paese dove la vittima, Malpeli un industriale delle acque faceva il bello e il cattivo tempo, assieme alla sua compagnia di cacciatori.
Mentre in città scoppia l'emergenza per l'omicidio, col consueto corredo di ronde, comitati per la sicurezza, Soneri si ritrova bloccato in questo paesino.
“Qui sta succedendo di tutto – riprese Angela – Il sindaco ha deciso che formerà una squadra di sicurezza composta da vigili urbani che lavoreranno fianco a fianco di poliziotti e carabinieri, per dare la caccia a barboni, clandestini e piccoli criminali. Sai come la si chiameranno? Squadra Antidegrado.
Il degrado sono i suoi amici industriali corrotti che fanno affari coi mafiosi, o i banchieri dei salotti in cui posa il culo che fregano la gente con obbligazioni truffa”

Nonostante i silenzi dei locali, affidandosi al suo istinto, il commissario arriva a scoprire una pista, che dalla ricca città arriva fin dai sentieri dei monti appenninici, in passato frequentati da mercanti e pellegrini, oggi da ambulanti immigrati.

"Non sapeva perchè avesse preso quella decisione. In mancanza di spiegazioni razionali seguiva l'istinto. E l'istinto gli suggeriva di sottrarsi a quel gioco d'ombre che gli vorticavano intorno. O forse voleva provare l'illusione di agire. Stava seguendo il consiglio di Angela: agire per scacciare i brutti pensieri. Così guidava in quel budello tracciato nell'aspro delle arenarie inquadrando i costoni della roccia, sponde di neve, la morbidezza dei pini e scheletri di faggi."

Non è solo questa l'unica anomalia del borgo: Monteripa diventa una metafora dello snaturamento della società moderna, che ha perso le sue radici, ha smarrito la sua identità e cerca nel benessere del lusso, del denaro, una strada per vivere.
Un mondo stravolto: le case sui monti sono abitate da gente arrivata dalla città, i fauni, per riscoprire la civiltà di una volta, non fa uso del denaro e vive in completa solitudine senza bisogno di aiuto. Il prete è uno di quei personaggi scomodi, perché troppo coerenti con la dottrina cristiana: sbattuto in quel posto lontano dalla curia affinché non dia fastidio.
Fastidio con le sue prediche, fastidio per la sua difesa dei boschi e delle montagne che la cupidigia del gruppo che faceva capo al morto voleva trasformare in una pista da sci.

A cosa serve la montagna se non la si può sfruttare? A cosa servono boschi, caprioli e cinghiali, se non come prede una caccia che non ha rispetto di nulla.
Tra i sentieri innevati, Soneri troverà l'illuminazione per il caso: una storia di traffico di droga che passa proprio per quei boschi, e che finisce nei salotti bene della città, in mezzo a tanta di quella “brava” gente che chiede ordine e sicurezza alla legge.

E sarà la mano di Dio, non solo in senso figurato, a dare una mano a trovare l'assassino.
Una veste inusuale questa, per ambientare un giallo: un paese di montagna abitato da persone che sognano il benessere della città. Un giallo con molti spunti con l'attualità che leggiamo dalle cronache dei giornali. Lo spettro agitato per la sicurezza; le serate di coca e escort che allietano le notti dei salotti bene; il nuovo paganesimo che si è insinuato nei nostri costumi.


“.. oggi un cristiano vero dovrebbe fare la rivoluzione. Invece i vescovi usano un linguaggio innocuo, ricevono i corrotti e i delinquenti che ci governano e si fanno comprare con quattro promesse. Ecco perché è un grave peccato stare zitti. Sa come diceva Sant'Ilario? - proseguì don Pino, che appariva di nuovo teso e agitato [..]
Contro l'imperatore Costanzo – riattacò il prete – diceva che non abbiamo più un imperatore anticristano che ci perseguita, ma che dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che ci lusinga. Non ci flagella più la schiena, ma ci accarezza il ventre. Non ci confisca i beni dandoci la vita, ma ci arricchisce per darci la morte. Non ci spinge verso libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci a palazzo. Non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del nostro cuore. Non ci taglia la testa con la spada, ma uccide l'anima con il denaro.”


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