05 luglio 2009

A un passo dalla guerra di Purgatori, Lucca, Miggiano

“Prova a immaginare di trovarti sospeso proprio al centro di questa diapositiva. Ecco: da quel punto d’osservazione faremo insieme una discesa verticale e ragionata verso la superficie del mare. In questo caso, il mar Tirreno. Esattamente fino a dove è precipitato il DC9, la sera del 27 giugno. ”
L’Ammiraglio prese una stecca da biliardo che era poggiata al muro. La impugnò, la alzò a mezz’aria in direzione dello schermo, sempre continuando a fissare la diapositiva.
“E a mano a meno che il livello del tuo punto di osservazione tenderà ad abbassarsi, si restringerà anche il campo visivo. Insomma: vedrai meno cose insieme ma più chiaramente. Forse così riusciremo a capire cosa è accaduto quel giorno … ”.

L’Ammiraglio poggiò l’estremità della stecca da biliardo in mezzo al mare tra Ponza e Palermo: lì da qualche parte doveva esserci l’isola di Ustica. Poi si voltò verso il presidente.
“.. e perché siamo stati a un passo dalla guerra”.

Credo che questo sia stato il primo esempio di quella che oggi viene chiamata “New Italian Epic”, il filone letterario che ripesca vicende dal nostro passato, i misteri d’Italia, per rileggerli in chiave noir, inventando qua e là pezzi della storia e personaggi, per riconnettere in un unico racconto, i buchi della storiografia ufficiale. Parliamo di Ustica, dell'abbattimento del DC9.

Si immagina che nell'estate del 1980, il secondo governo Cossiga entri in crisi e subentri un governo tecnico, guidato da un professore universitario.
Che d'improvviso si ritrova dentro i misteri dell'abbattimento dell'I-Tigi, le tensioni con gli americani che si oppongono alla restituzione del Mig 23 caduto sulla Sila (c'entra qualcosa, inizia a chiedersi ingenuamente il presidente). In quelle frenetiche ore di un afoso 1 agosto 1980, il libro porta il lettore dentro le stanze poco conosciute del palazzo. Le stanze del potere politico dove il presidente fa quello che deve essere fatto: mettere in luce tutti i dubbi sulle cause dell'abbattimento; le responsabilità dei nostri militari, dei nostri servizi segreti e di quelli dei nostri alleati.
O presunti tali: inizia a fare troppe domande: si scontra con la reticenza dei vertici dell'areonautica (CSM era allora il generale Lamberto Bartolucci) per cui “i radar non hanno visto niente dunque non c'è niente da riferire”.
Con i vertici dei servizi (direttore del Sismi era il generale piduista Giuseppe Santovito), con i consiglieri militari, con i ministri del suo governo, che cadono dalle nuvole, minimizzano, “faranno sapere”.

Il racconto è un alternarsi della fiction nelle stanze di Palazzo Chigi, con pezzi di articoli delgi stessi autori, dove viene ricostruito (ad uso e consumo del lettore che così riesce a farsi una idea) il clima di tensioni dell'epoca. La famosa guerra del 1980, in cui si viveva nell'equilibrio del terrore: terrore che uno qualsiasi dei conflitti in atto (in Afghanistan, in Libia, in Egitto) si trasformasse in guerra atomica.

Le tensioni contro la Libia: Gheddafi era riuscito ad crearsi nemici in tutti i paesi occidentali. Paradossalmente l'unico paese “amico” era l'Italia, in una situazione da “moglie americana e amante libica” come da metafora del giudice Priore. Italiani erano gli aiuti militari; italiani erano le soffiate che arrivavano dai servizi. Italiane erano le basi su cui i mig libici faceano rifornimento (come quella base in Puglia).
Contro Gheddafi esisteva un piano di rovesciamento messo in piedi dagli Stati Uniti (operazione Flower); Carter che cercava un'operazione in politica estera che potesse permettergli la vittoria alle presidenziali dell'anno successivo. Carter alle prese anche col Billygate: gli imbarazzanti affari del fratello Billy con la Libia.
Tensioni anche con la Francia di Giscard, per la questione dei diamanti di Bokassa. Infine, tensioni anche tra Italia e Libia, per la questione degli accordi sulla sovranità di Malta. Accordi firmati il 2 agosto 1980, il giorno della strage alla stazione di Bologna.

I depistaggi.
I depistaggi subiti dalle indagini. Gli strani suicici di quanti hanno assistito alla storia (non solo le strane morti di Naldini e Nutarelli). I radaristi di Poggio Ballone come Mario Dettori. I nastri radar spariti, come quello di Poggio Ballone, che non han visto niente, come Marsala, manuali dunque inutili come quello di Licola.
Per anni l'unico tracciato era quello di Ciampino, che fu dati agli inquirenti con le sole tracce del DC9.
Peccato aver avuto così scarsa cooperazione da parte anche degli alleati: dove erano le portaerei Clemenceau e Saratoga? In rada, come sostengono Francia e USA?
E come spiegare allora tutte quelle tracce che razzolano sul mare? Le comunicazioni degli assistenti di volo che parano di traffico militare? Le telefonate da Ciampino all'ambasciata americana di Roma.
Il serbatoio supplementare americano trovato vicino ai resti del DC9?
Gli aerei francesi decollati dalla base in Corsica di Solenzara (come ha testimoniato il generale Bozzo).

Scenari di guerra.
La fiction termina con una ricostruzione della guerra che è avvenuta sui cieli del Tirreno in quella maledetta notte. È una ipotesi che si basa si indizi, sull'esperienza che si sono fatti negli anni gli autori (per questo parliamo di italian epic, dove la storia non è vera ma verosimile).
Una ipotesi, che un amico nei servizi del presidente è riuscito a ricostruire, che parla di un trasferimento di Phantom americani dalla base di Cannon a Il Cairo. Di un caccia bombardiere F111 che si nasconde sotto il DC9 …
Il libro termina con le dimissioni del professore prestato alla politica: troppe domande, troppi interessi da nascondere, da celare dietro parole come interesse nazionale, ragione di stato.
Di quale stato, verrebbe da chiedersi. Di certo non di quello delle 81 persone morte.

Il link per ordinare il libro su internetbookshop.
Il sito di misteri d’Italia.
Il sito dei parenti delle vittime della tragedia.
Un vecchio post sul libro.

Technorati: , Daria Lucca,

Nessun commento: