18 luglio 2009

Stragi di stato e stragi di mafia

A volte, trovare la differenza (tra mafia e stato), è veramente difficile.

Chi ha letto "Il ritorno del principe" sa di cosa si parla.
La mafia, in alcune regioni di Italia e presto anche nelle altre, è stata, lo è, e lo sarà, il braccio armato, il braccio operativo, del potere criminale.
Non un corpo avulso ed estraneo dallo stato: il braccio operativo per il controllo del territorio e dell'economia (criminale).

Intere regioni usate come serbatoio di voti, depradate, sfruttate, lasciate in mano alla criminalità.
Dove i tuoi diritti (per la sanità, per la scuola, per i serivi pubblici) diventano in realtà gentili concessioni fatte dal potente del tuo comune, del tuo quartiere.
Schiere di giovani, anche neolaureati, costretti ad emigrare per poter vivere, lavorare.
Qualcuno un giorno dovrà affrontare la questione meridionale.

Ad ogni ricorrenza per le stragi di Capaci, per via D'Amelio, si torna a parlare dei misteri dietro le stragi.
Ma voi potete pensare veramente che dietro i 500 kg di esplosivo (roveniente dalla Jugoslavia) sotto l'autostrada a Capaci, dietro il semtex in via D'Amelio, ci possano essere solo Totò u curto e zio Binnu Provenzano? Nino Gioè e Giovanni Brusca? Ma fatemi il piacere ..
E in merito alle volontà di tagliare i legami tra stato e mafia, leggetevi questo articolo, su magistrati (Patrizia Comito del tribunale di Crotone), imprenditori condannati per concorso esterno in mafia.
Pensate a tutti gli articoli in difesa di Bruno Contrada. Del senatore Andreotti.

Pensate veramente che sia stata la mafia ad entrare nella casa del generale Dalla Chiesa per rubare dalla sua cassaforte segreta le sue carte? Pensate che sia stato un mafioso a rubare l'agenda rossa a Paolo Borsellino?

Negli articoli dei giornali di oggi si parla della trattativa tra stato e mafia. Degli incontri tra Bernardo Provenzano, Gaetano Cinà (ma chi, quello di Dell'Utri? Si proprio lui), l'ex sindaco Vito Ciancimino e gli ufficiali dei carabinieri Mario Mori e Giuseppe De Donno e alcuni agenti segreti.

Servizi segreti, Castel Utveggio (da cui sarebbero partite alcune telefonate da e verso via D'Amelio), ex presidenti del Consiglio condannati e prescritti per associazione esterna mafiosa.
Lettere di un boss come Riina all'allora solo imprenditore Berlusconi, in cui gli veniva chiesto l'uso di una delle sue reti.
E il sospetto, o l'accusa, che fa il fratello Salvatore Borsellino, che dietro la morte di Paolo ci sia stato il suo opporsi alla trattativa. Al nuovo patto tra stato e mafia.

Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri.
Paolo Borsellino, magistrato

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