23 gennaio 2008

Eseguendo la sentenza di Giovanni Bianconi

Sono arrivato esausto alla fin di questo libro, che racconta i 55 giorni di della prigionia di Aldo Moro usando pagine di diario, articoli di giornale, referti medici, comunicati delle BR, le lettere scritte dallo statista, documenti e relazioni di polizia, carabinieri, servizi e magistratura ...

Bianconi ha volutamente omesso di trattare argomenti scomodi, poco chiari, delicati legati al rapimento Moro: non un accenno ai misteri del rapimento, sul luogo della prigionia, le trattative per il memoriale, su chi ha fatto il falso memoriale numero 7 (quello del lago della Duchessa) e sulla morte del presidente della DC.

Paradossalmente, proprio basandosi su documenti ufficiali e reali, non è un libro che racconta molto di più sulla sanguinosa vicenda, su uno dei più grandi misteri della storia recente.

Anzi, l'aver scelto questa strada, del voler raccontare la storia dietro, del dramma familiare, dei politici amici (e nemici), dei collaboratori, dei brigatisti (come vivevano queste giornate?), anzichè fare della "dietrologia", da una visione limitata e distorta.Si rischia di dare un qudro sbagliato, ma non perchè il giornalista racconti delle falsità, ma per quello che non racconta. E anche perchè, in alcuni punti, si è bastato sulle testimonianze dei terroristi stessi, sulle loro versioni.

Cosa hanno detto Valerio Morucci e Mario Moretti (nel libro chiamati con i nomi di battaglia Matteo e Maurizio)?
Nessun killer nell'agguato in via Fani; il carcere del popolo era in via Montalcini; Moro è stato ucciso e trasportato in via Caetani attraversando Roma; il covo di via Gradoli scoperto per "caso" ....

La sensazione che rimane, a fine lettura, è che sia le Br che il governo (presidente del consiglio era allora Andreotti) non abbiano avuto altra scelta, ingessati ciascuno nel proprio ruolo in un gioco delle parti. La ragione di stato contro al ragione dei terroristi: un muro contro muro che ha portato alla morte del povero Moro.

Bianconi, non dando spazio a critiche personali, a considerazioni, valutazioni che vadano al di la dei fatti (o meglio, ciò di cui si sa, che è diverso dai fatti reali) è come se volesse assolvere qualcuno da responsabilità morali. Cos'altro si poteva fare, è la domanda che continuavano a farsi collaboratori e amici di Aldo Moro, come anche i brigatisti?

Cosa poteva fare la polizia, sommersa com'era da mille segnalazioni, impreparata ad affrontare il terrorismo, non avendone che una conoscenza superficiale?
Eseguendo al sentenza non risolve alcuno degli enigmi posti: non compare mai la parola Massoneria, loggia P2, banda della Magliana, Hyperion, ...
Scriveva Moro
"Non bisogna aver paura della verità [..]
La verità ci aiuta ad essere coraggiosi".

Di certo, non lo è, coraggioso, questo libro.

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