12 settembre 2007

W l'Italia diretta: per la politica

Per la politica. Dopo mesi a parlare di Casta e di una politica lontana dai problemi degli italiani, dopo lo schiaffo dato in pieno viso dalla manifestazione di Beppe Grillo, che Iacona ha senza tanti giri di parole chiamato Vaffanculo Day, la domanda: di quanta politica abbiamo bisogno?

A rispondere il presidente della camera Fausto Bertinotti, e i giornalisti Oscar Giannino e Ferruccio De Bortoli.

Si è cominciato con i video della manifestazione di Bologna (dove tra parentesi non ho visto nessun insulto al prof. Biagi ..): come è stata percepita dalla terza carica dello Stato? Cosa ha pensato?

Chi viene denunciato deve ascoltare – la risposta – io non sono intimidito da per niente. Non mi vergogno di essere un politico: ho fatto il sindacalista a 22 anni, nelle industrie del nord ovest. Per 35 anni: io non depongo le armi e aspetto il giorno del giudizio.
Ma c'è qualcosa che non va: Grillo riempie un vuoto, con del materiale discutibile.
Per Bertinotti la crisi della politica inizia dai lavoratori che guadagnano solo 1000 euro: portava il caso delle famiglie con un figlio disabile, in cui è frequente che il figlio vada a carico di un solo coniuge perché la famiglia si disfa. Per questi casi non è giusto prevedere un pensionamento anticipato?

I costi della politica sono percepiti come alti perché lontani dagli stipendi e perché questa è inefficace a rispondere alle persone e ai loro problemi. Questa crisi è misurata dalla distanza dai problemi.
Per me – concludeva – la luna è il paese che soffre.
Iacona ha chiesto poi un suo giudizio sulle tre proposte di Grillo, in merito a ineleggibilità e termine dopo due legislature: Bertinotti è dell'idea che debbano essere i partiti a darsi delle regole di autogoverno, su criteri di moralità.

Distinguendo tra reato e reato: escludendo reati di opinione; “prendete per esempio un lavoratore che occupa un aeroporto per difendere il suo lavoro: perché a questo lavoratore deve esser impedito di fare politica?”

Iacona ricordava l'intervista al procuratore Grasso, dove chiedeva ai partiti di tener fuori dalle liste gli inquisiti per mafia. Richiesta poi disattesa.
Anche per questo Bertinotti si è detto contrario ad un divieto per legge, ma piuttosto ad una responsabilità dei partiti.
Come sul caso Previti, la camera non ha nulla da rimproverarsi: si è seguito un iter preciso, rispettando tutte le garanzie del ex deputato.

Domanda a De Bortoli: la politica può auto riformarsi?
La polemica sui costi della politica non è campata per aria. Una politica che nono decide, non da risposte ai problemi: rischiamo di diventare un paese non governativo; potrebbero cadere i legami di cittadinanza, ciò che lega tra loro persone di uno stesso Stato.

Da uno studio del Sole 24 ore, se fosse applicata la proposta di Grillo, 300 eletti dovrebbero abbandonare Camera e Senato. Ha risposto Bertinotti: “non avremmo avuto Pertini, Berlinguer e Moro”.

Bertinotti fa risalire la crisi dei partiti al 1992, con la decisione di passare al sistema maggioritario. Pur facendo questa riforma, ora stiamo peggio di prima.
Bisogna tornare alla politica che ha in mente dei grandi disegni della società.

Oscar Giannino: i partiti non hanno le risorse per rompere con le obbedienze politiche, per rinnovarsi. In realtà – rispondendo a Bertinotti – non siamo mai passati al maggioritario vero, perché la legge sul rimborso elettorale prevedeva una soglia dello 0,7%.

Sarebbe servita una legge sul maggioritario con una soglia più alta per il rimborso, avremmo avuto una minore frammentazione dei partiti.

Ribatteva Iacona: "la frammentazione dei partiti (e di riflesso la crisi) non si può risolvere con queste tecnicalità".

Bertinotti: la politica costa oggi come costava 10 anni fa. E' cambiato il fatto che oggi è diventata inefficace. Oltre ad abbassarne i costi, vanno alzati gli stipendi dei cittadini, evitando la demagogia. Se rapportiamo lo stipendio del presidente del consiglio a quello di un A.D. Il rapporto è passato da 40 a 1 a 400 a 1.

Il parlamento italiano lavora 4 giorni a settimana; in Germania 1,5 giorni; quello europeo 1 sola settimana al mese.
Un altro problema è che ci sono troppe persone retribuite dalla politica: esistono dirigenti di federazioni anche importanti che lavorano gratis. Riassumendo troppi parlamentari e costi da diminuire.

Iacona: cosa ne pensa dell'invasione dei partiti nella nomina degli enti? Iacona citava il libro di Salvi e Villone Il costo della democrazia dove si parla della spartizione delle poltrone.

Bertinotti: qui sarei per la scure. L'invasione della politica nelle nomine è un elemento corrosivo della democrazia e dei partiti. Aliena le istituzioni e corrompe i partiti: se non si riesce a scegliere usando i c.v. Da un ente terzo, piuttosto andiamo a sorteggiare le persone.

Il problema dei precari
La seconda parte della trasmissione ha affrontato il problema die precari, di cui se ne è parlato a Monfalcone, dai lavoratori di Fincantieri.
A Pisa, dai ricercatori del CNR, a Napoli dagli assistenti sociali. Tutti precari: Fabrizio Falchi di RicAt “la politica dovrebbe investire di più nel futuro”.
L'intervento del sociologo Luciano Gallino, che ha dato la sua opinione sul precariato:

  • I precari sono in tutto 8 milioni, sommando anche il sommerso.
  • Il totale dei lavoratori è circa 24 milioni: un terzo circa è quindi costituito da precari.
  • Il 40/50% dopo 3 anni non ha ancora prospettiva di trovare una occupazione stabile.
  • Dopo 3 anni, solo il 33% dei precari in ingresso si stabilizza a tempo determinato.
  • La precarietà non è solo una condizione di ingresso: sta diventando una condizione costante.
  • Non è nemmeno vero che con la flessibilità sono aumentati i posti di lavoro: non esiste la minima evidenza.
  • La flessibilità fa occupare un po' prima i disoccupati.
  • L'occupazione è aumentata di un milione: ma l'80% è costituito da immigrati regolarizzati.
  • Le morti sul lavoro:
    queste sono direttamente e indirettamente collegate alla flessibilità. Perché l'imprenditore che usa lavoratori precari non ha alcun interesse ad investire in sicurezza e formazione.

Nel 2006 i morti sono stati 1300 (ricordati nella prima puntata a Monfalcone): uno degli ultimi è un operaio rumeno, portato davanti al Pronto Soccorso da due colleghi rumeni, precari anche loro.

Bertinotti parlava anche dei morti nascosti, dei morti per amianto: ricordava il processo in corso alla Eternit, con 3000 lavoratori morti per l'esposizione ad amianto. A Casale sono 900 i morti tra operai e persone coinvolte nell'inquinamento.
Quanto suonano pretestuose e ipocrite le polemiche di questi giorni su Biagi, e in questa estate per le dichiarazioni di Caruso.
Chi sta uccidendo i lavoratori italiani?

Bertinotti è voluto andare oltre: era da tempo che non sentivo parole di sinistra in televisione, in prima serata. C'è stato un processo per cui il lavoro ha perso di dignità e valore.
Le aziende italiane magari staranno in ripresa e stanno andando meglio: ma il sistema paese subisce un impoverimento.

Stiamo perdendo la ricerca; con l'emigrazione dal sud, stiamo perdendo l'opportunità di far crescere il mezzogiorno.
È una situazione che pagheremo non oggi, né domani. C'è ne accorgeremo tra 5 o 10 anni.

Cosa deve fare la politica?
La proposta di Gallino: portare le buone leggi che abbiamo in occidente in Cina, Malesia.
Non possiamo metterci ad inseguire la Cina sul costo del lavoro, perché sarebbe una sfida che perderemmo.
Bisogna fare una nuova legge sul lavoro che preveda una retribuzione equa; che stabilisca il diritto allo sviluppo morale e culturale alla persona.

Sulla questione dei precari si è scatenata una polemica tra De Bortoli da una parte e Bertinotti con Gallino dall'altra: per De Bortoli non esisterebbe alcun legame tra precariato e morti bianche. Con la legge Biagi si sono creati posti di lavoro: vogliamo tornare indietro al lavoro nero?

A De Bortoli rispondo io: una volta c'era la mafia che uccideva (i corleonesi), poi è arrivata la mafia sommersa che non sparava. Per De Bortoli cosa dovremmo fare? Lasciarla lavorare in pace perché altrimenti tornano i corleonesi?

Rispondeva Bertinotti: c'è una percezione del precariato diversa dai dati delle statistiche. I giovani conoscono pressoché la precarietà, sia agli strati bassi che agli strati alti del lavoro: questa percezione segna una intera generazione.

La precarietà è una malattia sociale di tutta l'Europa: cambia il rapporto tra le generazioni (sono i padri che devono prendersi cura dei figli), toglie protezione sociale ai giovani. E' un elemento di insicurezza per le persone e impigrisce le imprese.
Rispondendo direttamente a De Bortoli: parche dobbiamo sceglierci l'albero dove impiccarci?
O il lavoro nero o il lavoro precario?
Serve una flessibilità intelligente, un nuovo statuto dei lavoratori.La proposta di Gallino:
il lavoro stabile dovrebbe essere un diritto della persona: se non c'è lavoro affetti, famiglia vengono a decadere
la flessibilità è un rischio per la stabilità della società. È a rischio l'integrazione sociale, che viene compromessa. Lo stiamo già vedendo con la violenza negli stadi. La flessibilità crea un clima di disuguaglianza sociale, terreno fertile da cui, aggiungo io, possono nascere idee che portano dritti dritti alla lotta armata.

Si parla tanto di sicurezza, ma nessuno pensa mai quanto questa può essere resa instabile da tutto il malcontento che cresce tra i giovani precari?

Un altro effetto della flessibilità è l'aumento dell'antipolitica: “destra e sinistra sono tutti uguali ...”

Il lavoro è anche un discorso etico, non è solo un fattore economico. Con la precarietà le aziende riescono, per il momento, a rimanere sul mercato. Ma la nostra società diventa peggiore.
La politica deve fare qualcosa: deve avere il coraggio di alzarsi e andare da Confindustria, da De Bortoli e dire “la legge 30 è da riformare”. Non deve aver paura di fare queste scelte.Deve indirizzare l'economia, non farsi guidare. La realtà è che questa è stata per troppo tempo sotto schiaffo dall'economia.

De Bortoli ha cercato di portare il discorso sullo strappo tra Fiom e CGIL sull'accordo del Welfare. Bertinotti voleva non rispondere, perché è un argomento sul quale la camera dovrà pronunciarsi.

Ma ha lasciato intendere che se il maggiore sindacato dei metalmeccanici ha fatto questa scelta, in difesa del contratto collettivo nazionale, va dato ascolto alle sue ragioni.
In sostanza, per migliorare lo stato dei lavoratori, si dovrà affrontare i temi della politica fiscale, dei servizi (per chi lavora) e una politica di adeguamento salariale.

Insomma tutti i nodi di quella che viene chiamata antipolitica, portano ai problemi del lavoro.
Insomma, quello che si chiede alla politica è di aver maggiore coraggio. Quello che chiediamo noi a Bertinotti: di scendere dalla sedia di presidente della Camera e di tornare (metaforicamente) al ruolo di sindacalista.
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