06 giugno 2007

Red Dragon di Thomas Harris

Due famiglie uccise a Birmingham e Atlanta: uccise da un serial killer che uccide le persone e compone i corpi in un orrendo quadro per assistere alla sua messinscena.

Lo chiamano il “Lupo mannaro”, perché si accanisce a morsi sulle donne. Perché uccide nelle notti (o in prossimità) della luna piena.

Chi è? Cosa hanno in comune le due famiglie uccise? Cosa fare per fermarlo? Una cosa sola è certa: ucciderà ancora. Perché gli piace troppo e sta diventando ogni volta più bravo.

Jack Crawford dell'FBI si affida all'ex agente Will Graham: autentica leggenda, per il suo dono, la capacità di assumere punti di vista di diverse persone, anche di quelle che lo spaventano.
Grazie a questo ha arrestato il dottor Lecter (che in questo romanzo compare per la prima volta), rimandone anche gravemente ferito. Un dono che è anche una maledizione:

"Lo sai perché mi hai preso? Perché io e te siamo uguali" gli dice in carcere Lecter quando Will va a trovarlo per chiedergli una consulenza.

E Will, che si era ritirato dal servizio dopo l'incidente, ritorna alla caccia: entra nelle case del massacro; guarda gli oggetti mettendosi nella mente dell'assassino; ricostruisce le sue azioni, i suoi pensieri. Intuisce che questi si è mosso progettando con cura l'azione: come ha fatto a conoscere le abitudini delle famiglie? Degli animali domestici? Quale fosse il modo migliore entrare in casa?

Gli sforzi di Graham di capire i perché del “Lupo mannaro” o “Drago rosso”, come lui si è fatto chiamare in un'intervista ad un giornalista scandalistico poi ucciso, sono vani.

Ma per cominciare a comprendere il drago, per osservare il mondo attraverso la sua nebbia purpurea, Graham avrebbe dovuto volare a ritroso nel tempo ..

Nell'infanzia del povero Francis Dolarhyde, nato con una malformazione al palato molle, abbandonato dalla madre e cresciuto in un orfanotrofio prima e dalla nonna poi.
Una storia di umiliazioni, maltrattamenti, andata avanti per anni.
Fino all'incontro con la stampa di William Blake "Il grande drago rosso e la donna vestita di sole", che lo colpisce per la carica erotica della figura.

“Fin da nove anni si era reso conto che essenzialmente sarebbe sempre stato solo, una conclusione questa che capita di trarre sulla quarantina.
E a quel punto si sentì sopraffatto da una vita fantastica fresca e vivida come quella dell'infanzia che lo condusse un passo oltre la solitudine. In un momento in cui gli altri uomini si rendono conto del proprio isolamento e poi lo temono, Dolarhyde capì le ragioni del suo: era solo perché era unico”.

Capisce che in lui sta avvenendo un avvento che lo porterà, da uomo mortale privo di significato, ad un essere superiore:
“Ma vede io non sono un uomo. Ho cominciato come tale, ma con la grazia di Dio e la mia volontà, sono diventato Diverso e Superiore a un uomo normale”.

Ed ecco che le vittime diventano solo parti necessarie per il suo percorso, come le schegge scalfite dello scultore nel realizzare la sua opera.
L'ultima parte del libro, la caccia all'uomo, diventa frenetica, prima dell'arrivo della nuova luna piena, prima che il “Drago rosso” colpisca ancora.

Pochi libri, come questo, mi hanno colpito: per lo stile asciutto nel quale si racconta la storia. Nessuna compassione, né per le vittime né per il serial killer, vittima anch'egli. Un uomo cresciuto con un mostro sulle spalle, come lo definisce l'agente Graham.
Ma soprattutto per la capacità di entrare nella mente dei personaggi: l'agente col dono di entrare nella mente dei killer, di pensare come un assassino, di saper entrare nella sua mente; e la psicologia malata del “Dragone Rosso”: astuto, e capace di qualsiasi aberrazioni.
Un uomo che non prova paura.
Una sfida per entrambi, dove ciascuno dei contendenti impara a conoscere e rispettare l'avversario. Perché, come Graham, è un cacciatore spietato e si muove sulle sue tracce. Fino al finale al cardiopalma.
Benvenuti all'origine del male.

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