11 marzo 2007

Blu notte: terra e libertà

La storia di tre sindacalisti siciliani che, nel periodo successivo alla fine della seconda guerra mondiale, si battevano per la restituzione delle terre dei latifondisti ai contadini, per migliorare le loro condizioni di vita, per l'applicazione della legge di Riforma Agraria.
Questa è una storia di eroi, e dei loro assassini: i mafiosi, anzi gli uomini di maffia, come erano ancora chiamati in quegli anni.
La storia di Accursio Miraglia, Placido Rizzotto e Salvatore Carnevale. Ma anche dei loro assassini: Luciano Leggio (o Liggio come erroneamente trascrissero in un verbale i carabinieri) il capomafia di Corleone, Carmelo di Stefano boss di Sciacca, Calogero Curreri bracciante del cav. Rossi, Genco Russo, amministratore del feudo Polizzello.
E anche degli uomini di legge o, almeno quelli che cercavano di far rispettare la legge: come il commissario di PS Giuseppe Zingone, il capitano dei Carabinieri Carta, il cap. Dalla Chiesa che fu messo a capo del primo raggruppamento squadriglie antibanditismo.


E i poliziotti meno buoni: l'ispettore generale di PS Ettore Messana, che fu mandato in Sicilia dal ministro degli interni (pure lui siciliano e DC) per reprimere il banditismo, ma che manteneva tra i propri confidenti membri attivi della banda di Salvatore Giuliano.

Nel 1943 il 40% dei terreni siciliani era in mano ai latifondisti, grandi possessori terrieri,i “baroni”, marchesi, cavalieri di qualchecosa, baroni ... questi lasciavano i propri terreni incolti e poco sfruttati e vivevano nelle città con le rendite delle colture. I contadini che lavoravano effettivamente le terre erano legati ai padroni da antichi patti feudali.
Nel 1943, nel sud d'Italia vi era il Governo di Unità nazionale, cui partecipavano anche esponenti del PCI. Come il ministro dell'agricoltura Fausto Gullo: che emanò un decreto per cui le terre incolte dovevano essere assegnate alle cooperative agricole dei contadini. Ad occuparsi dell'assegnazione dovevano essere le Camere del lavoro. Gente come Miraglia, Rizzotto ...

I latifondisti cercarono di osteggiare in tutte le maniere questo decreto: perdere le terre significava perdere potere, perdere le rendite. Ecco che i cav. Rossi, la baronessa Martinez, ... si affidano alla maffia, che divenne il braccio armato dei baroni, contro la minaccia dei sindacalisti, dei comunisti.

Stiamo parlando della prima mafia, usata per il controllo del territorio, ma che man mano prese possesso dei latifondi.
Gli espropri erano bloccati dai tribunali, per i procuratori della Repubblica la mafia non esisteva, era al più comportamento culturale. I maffiosi erano considerati solo gente dal “pessimo carattere”.
Per sbloccare gli espropri, Accursio Miraglia organizza la “cavalcata”, nel 1946: qualche migliaio di contadini a cavallo, disposti in due file, sfila per le terre occupandole simbolicamente. Un gesto dal grande valore: attorno alla sua persona si concentrano le aspettative delle persone che chiedono la terra.
Il suo slogan era “meglio morire in piedi che morire in ginocchio”. Dopo la cavalcata, per cui venne paragonato al cavaliere Orlando, i tribunali iniziano gli espropri.
E i latifondisti decidono che quell'uomo deve morire.

Accursio Miraglia, capo della sezione locale del sindacato, fu ucciso il 4 gennaio 1947: si conoscono i nomi dei suoi assassini, perchè la legge si mise subito in funzione, visto che Accursio era una persona benvoluta in paese da tutti.
Le loro indagini portarono all'arresto di Giuseppe Curreri, un bracciante del cavaliere Enrico Rossi, latifondista, di Carmelo di Stefano. Il 16 aprile 1947.E qui la storia segue un iter che rivedremo spesso in altre storie di mafia: di fronte alla polizia, gli arrestato confessano l'omicidio, il mandante, tutto. Ma poi di fronte al giudice ritrattano, affermando di essere stati torturati e che le dichiarazioni sono state estorte. Era il 18 aprile 1947.
Il 27 dicembre 1947 la corte di Palermo scagiona tutti gli imputati. E scagiona anche i poliziotti dall'accusa di tortura. Fine della storia.

Placido Rizzotto era il segretario della camera del lavoro di Corleone. Fu ucciso il 10 marzo 1948: anche qui conosciamo i nomi degli assassini che lo rapirono e ne fecero sparire il corpo. Dentro un crepaccio, la foiba di Roccabusambra nel bosco della Ficuzza: Pasquale Criscione, Luciano Leggio braccio desto di Michele Navarra boss di Corleone, detto “u patrinostri”. Anche capo della coldiretti, associazione dei proprietari terrieri vicina alla DC.

Erano anni importanti per la Sicilia (e per la genesi della nostra repubblica): il 20 aprile 1947 il blocco del popolo (la sinistra) aveva vinto le elezioni regionali. Il 1 maggio 1947 la prima strage di stato, a Portella della Ginestra, dove esponenti della X mas di Junio Valerio Borghese, mafiosi locali ed esponenti della banda Giuliano avevano sparato contro contadini che stavano festeggiando il 1 maggio.

C'è la riforma agraria da portare avanti, le terre da assegnare col decreto Gullo. Ma in questo contesto si innesta la mafia: con la sua strategia di intimidazione. Dove per intimidazione si intende sparare, uccidere. Alla camera del lavoro di Corleone si appende un manifesto con 36 croci: sono le croci per i 36 sindacalisti uccisi dalla mafia, per conto dei latifondisti. Si chiamerà strategia della tensione, poi.
E la mafia voleva raccogliere due obiettivi: bloccare la riforma agraria e offrire il suo apporto alle forze anticomuniste; ma anche imporsi come forza politica ombra.

Ma per una parte dello stato la mafia, come si è detto, non esiste: il ministro degli interni Scelba, dopo la morte di Rizzotto dichiarò “Rizzotto fu ucciso dai suoi stessi compagni, per l'assegnazione delle terre”.

Sulla sparizione di Rizzotto arrivò da Torino il capitano Dalla Chiesa: le sue indagini portarono agli arresti dei reponsabili, che confessarono l'uccisione, indicarono il posto dove avevano abbandonato il cadavere, il cimitero della mafia della foiba di Roccabusambra.
Ma, come per il processo per gli assassini di Miraglia, gli imputati ritrattano tutto davanti al giudice.
Il 12 dicembre 1952 il processo assolve tutti. Come il processo d'appello l'11 luglio 1959. La Cassazione condanna il padre di Placido Rizzotto a pagare le spese processuali. E mette la parola fine alla storia.

Almeno per quella parte dello stato che, con la mafia aveva fatto questo patto “scellerato”: perchè la mafia i conti li chiuse il 2 agosto 1958, quando Luciano Liggio (o Leggio, lucianeddru ..), uccise il dottor Navarra, nella prima guerra di mafia.

Salvatore Carnevale. Era un sindacalista iscritto al PSI di Sciara, ucciso il 16 maggio 1955, su una strada di campagna. Si batteva per il diritto al lavoro, per l'assegnazione delle terre (appartenenti alla famiglia Notarbartolo) ai contadini.Anche lui, come gli altri, doveva morire.
L'iter processuale è come un film già visto: il processo contro i quattro campieri che, molti testimoni avevano visto allontanarsi dal luogo del delitto, inizia a S.Maria Capua Vetere il 18 marzo 1960. La perizia su un fucile dura un anno, nel quale la (s)“giustizia” mette in carcere nella stessa cella un testimone anche imputato (Rizzo) con uno dei campieri (Tardibuono). E il testimone ritratta.
I 4 imputati vengono condannati: ma rimane l'appello. Nel 1963, a Napoli, i difensori parlano già di “processo politico” montato su dalle sinistre (vi ricorda qualcuno): ad uccidere Salvatore sono stati i suoi compagni di partito.
Il 14 marzo 1963 l'Appello assolve tutti. Ma a questo punto è la procura di Palermo che non ci sta: al processo in Cassazione c'è una parte della storia d'Italia. Non solo i 4 mafiosi dietro le sbarre.
Ci sono anche due presidenti della Repubblica.
Il difensore degli imputati è Giovanni Leone; come esponente del PSI c'è Sandro Pertini. Il 13 marzo 1965, la Cassazione assolve tutti. La mafia non esiste.

La madre di Salvatore, Francesca Serio, non avrà mai giustizia. Come Eloisa Miraglia e Carmelo Rizzotto. Il corpo del figlio è ancora in fondo alla foiba.
Adesso avete capito perchè in Sicilia vige da sempre lo stesso potere politico. Perchè non si è mai sviluppata un'agricoltura moderna?
Perchè ancora adesso è tabù parlare di certi argomenti (come nasce una repubblica: il patto tra mafia e politica)?
36 morti in 3 anni, dal 1945 al 1948, più altri 5 fino al 1955: una strage con la quale si volle colpire il movimento di lotta, isolare le personalità più combattive di questo movimento.
Movimento che vedeva assieme, almeno inizialmente cristiani, laici, socialisti e comunisti. Colpendo certe persone, si intimidivano tutti.
Questa è la storia di gente che ha cercato di lottare per fare politica e altra gente che ha fatto invece politica con le armi e con i morti. Povera Sicilia. E povera italia.


Il sito della trasmissione Blu Notte e il blog di Carlo Lucarelli.
Technorati: , ,

Nessun commento: