19 novembre 2006

Incontro con Ben Pastor

Ben Pastor è arrivata alla presentazione con un lungo vestito rosso e stivali da texano. A metà strada tra una sia alla Mata Hari e un cow boy.

Oltre a Luca Crovi, la sala era affollata da altri scrittori e amici: Alan Altieri, Cecilia Scerbanenco, Gian Luca Orsi ... oltre a tutta la nutrita schiera di fan di Ben Pastor tra cui il sottoscritto.
Spie, doppio-giochi: il libro che ha tante facce e tanti personaggi e che segna un punto focale per la carriera di Martin Bora.

Andrà indietro o avanti nel tempo, nei prossimi libri su Bora?
Sia avanti che indietro. Il prossimo sarà ambientato nel 1940, in Giappone a Kioto.
(in un futuro libo potrebbe incontrare il papa mentre lui era nelle SS)
Bora è a Salò ed ha anche fare con un furto e con strani suicidi/omicidi e con un serial killer che gioca al gatto col topo con lui.

Perchè Bora è stato spostato dal fronte tanto facilmente? E' una cosa possibile, durante una guerra?

Ci sono motivi che diventano chiari alla fine.
Ufficialmente è lì come collegamento con gli italiani. Ma bisogna ricordare che nell'ottobre 44 si fermò il fronte, ci fu una stasi invernale. A Salò siamo nel salotto buono cattivo del fascismo. Fu un periodo tetro del fascismo.

Fino a quando andrà avanti la storia di Bora?
Mi sono accorta fin da subito, come mamma di Bora, che il ragazza era promettente. Una madre sa sempre dove andrà suo figlio. Finchè ci sarà qualcosa da raccontare, continuerà la sua storia.
Non vorrei finire come quei scrittori che rimangono fagocitati dai propri personaggi (come Conan Doyle o Camilleri).
In questo libro Bora affronta il periodo dei trent'anni: è un periodo difficile. Deve dar fondo a tutta la sua energia e il suo coraggio.

Hai avuto incontri con ex ufficiali tedeschi, che hanno veramente combattuto durante la guerra?
Sì, ed è stato un incontro positivo. È la vera del fuoco del tuo lavoro, vedere che reazioni suscita il tuo libro nel paese originario del protagonista. E devo dire che le rezioni sono state buone.

Per te sarebbe stato più facile parlare degli alleati (il padre di Ben era medico al fronte e il nonno era antifascista). Come hai scelto di parlare di un soldato in uniforme, per di più tedesco?
Subisco il fascino dell'uniforme. L'uniforme ricompone il corpo dell'uomo: diventa altro quando la indossa. Questo piacere che ho per l'uniforme doveva essere accettabile per il momento storico nel quale è ambientato il libro.

Come ti comporti coi personaggi secondari?
I personaggi secondari devono avere un cono di luce: devono avere una loro rotondità e funzionalità. Tutto deve tenersi in modo acconcio e funzionale.

Quando scrivi sai già come andrà a finire?

Ho un'idea generale. Una metafora da dover rappresentare. In questo caso era il corpo: come cadavere e e come rappresentazione delle donne. Dovevo parlare di donne belle e di bei corpi.
Nel corso della scrittura è la metafora (del corpo) che si elabora man mano.

Il quadro citato nel libro “La Venere di Salò” esiste veramente?
Nel libro si fa riferimento ad un trittico di opere del Tiziano. E' possibile che sia esistita realmente una Venere come quella citata, Tiziano visse molto a lungo e produsse molte opere. Quella sulla copertina è, invece, la Venere di Urbino.

Quando ho letto il tuo libro, mi è scattato subito il paragone con un altro giallo ambientato durante la seconda guerra mondiale. “La notte dei generali” di H. Kirst. Con la scena del generale serial killer che di fronte al quadro di Van Gogh riconosce l'abisso della pazzia.
In effetti è vero. Il mio è un omaggio a quel libro e a quel genere di narrativa. Bello anche il film con Omar Sharif nel ruolo del maggiore Grau (l'investigatore): un libro e un film che hanno una grande pulizia formale.
A quali altri film (di guerra) sei legata? “Roma città aperta” di Rossellini. Icona del tedesco torturatore che strappa il cuore alla città eterna.
Mi sono chiesta, guardando quei film, cosa succede a questi soldati, quando rientrano in caserma? Quando si liberano delle loro maschere? Mia madre mi raccontava di episodi, capitati durante la guerra, anche commoventi e patetici. Come quella volta che due ragazzi, appena quindicenni, vennero a sbattere col loro carro armato, contro il lampione davanti casa. Non sapevano nemmeno guidarlo e, scusandosi, rivelarono che stavano andando al fronte a Cassino.
Questi racconti mi hanno spinta a domandarmi, da bambina, cosa ci fosse oltre l'infamia della bandiera?
E, in effetti, con i tuoi romanzi si vedono altri tedeschi: come Martin Bora, che hanno uno sguardo diverso nei confronti degli altri. Dei polacchi, dei russi, degli spagnoli. Persino dei partigiani italiani, nemici cui avrebbe dovuto sparare senza pensarci.

Nella seconda guerra mondiale ci furono però diversi abboccamenti, contatti tra tedeschi e partigiani, è un fatto storico.
Nella nostra memoria, che non è condivisa (e che non deve essere condivisa) c'è un posto incendiario che è quello del partigiano. Basta pensare alla reazioni suscitate dai libri di Pansa e Bocca. Quella del partigiano è una variabile che infiamma.

Bora vive, ne La Venere, la prima storia d'amore forte della sua carriera.
È vero: le sue relazioni sono difficili, perchè lui è una persona difficile, un uomo complesso. Volevo che incontrasse una donna italiana, che ha delle virtù che attraggono una persona come Bora: essere sfuggente.
Che attrice potrebbe impersonarla? Difficile dirlo. Ogi c'è una forte omologazione delle attrici, sono tutte uguali.

Una cosa che mi ha sorpreso del libro, oltre alla storia raccontata, è la bibliografia a fine libro. È una cosa che faccio sempre, leggere i riferimenti bibliografici, per vedere come si è mosso l'autore. Le minibiografie dei personaggi, dei criminali di guerra, raccontano che l'hanno fatta franca quasi tutti. È importante leggere le biografie dei personaggi storici: vi invito a farlo per capire come la guerra poi è andata a finire.
Il regime di Salò non è finito in modo disastroso come lo si immagine: molti suoi esponenti si sono riciclati e anche arricchiti dopo la guerra.
Questo è quello che poi ha dato luogo “all'armadio della vergogna”, dove abbiamo nascosto i documenti dei crimini di guerra avvenuti in Italia. Si sono barattati questi crimini contro quelli commessi a sua volta dagli italiani (nella ex Jugoslavia, in Albania, in Libia).
Personaggi come Graziani, che solo per poco tempo ebbero del guai per quello che avevano fatto, avevano l'arroganza di dire “io ho difeso gli italiani”.

Ma il carteggio Mussolini Churchill è mai esistito?
Per alcuni storici è esistito, ed è durato fino al 1943, almeno. È indubbio che fino agli inizi della guerra ci sia stato uno scambio di lettere, d'altronde Churchill era un ammiratore di Mussolini della prima ora.

Il prossimo libro si chiamerà “Il ladro d'acqua”: ambientato nel 300 d.c., ai tempi dell'imperatore Diocleziano. Parla di uno straniero, che viene assimilato dall'impero romano, che diventa più romano dei romani stessi.
Ha molta attinenza con la storia di oggi, con le persone che vengono naturalizzate americane dopo un anno in divisa, per combattere la guerra di Bush.

E i prossimi libri con Bora?
Il cielo di stagno” ambientato in una Russia estiva e “Il padrone delle 100 ossa” nel Giappone degli anni 40.
La serata si è conclusa con la supplica, dal pubblico, di non uccidere Martin Bora.
State tranquilli – ha risposto – non morirà, ne finirà disperso in una tormenta di neve.
E la speranza di vederlo in televisione/al cinema? Qualcosa si sta muovendo. Mi hanno detto che un attore che potrebbe interpretare Bora potrebbe essere Alessio Boni. Rimaniamo in trepidante attesa ...
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