19 giugno 2006

Ogni cosa è illuminata, il film di Liev Schreiber

Dal primo libro di Jonathan Safran Foer, questo film: un viaggio alla ricerca dell'illuminazione, in viaggio alla ricerca della memoria. Una "very rigid search", come dice Alex, uno dei personaggi nel suo inglese stentato.
Ma andiamo con ordine: Jonathan è un "collezionista", raccoglie tutti gli oggetti che in qualche modo rappresentano eventi della sua vita. Dalla dentiera della nonna morta, ad un ciondolo del nonno. Ricordi che imbusta, cataloga mettendo data e luogo e appende ad una parete della sua stanza.
Tra questi, un giorno trova una foto del nonno che lo ritrae giovane accanto ad una ragazza, "Augustine", in Ucraina nel 1940.
Decide di partire per la ricerca di questa persona che forse la salvò la vita al nonno nel 1942.

In Ucraina si rivolge ad una organizzazione di viaggi: "viaggi della memoria". E' un'agenzia specializzata in ebrei che vogliono ritrovare familiari scomparsi durante la guerra: composta dal nonno Alex, che si crede cieco (e nasconde un certo odio per gli ebrei), dal nipote Alex (che ama tutto ciò che è americano, come Michael Jackson, perchè è un "ballerino di 1 classe").

E infine dalla dalla cagnetta Sammy Davis Junior Junior (sempre per la presunta cecità del nonno), chiamata così in onore del suo cantante preferito.

Il viaggio verso Trachimbrod (questo il nome del paese dove fu scattata la foto), sarà accompagnato dalla musica (le ballate tristi e dolci composte da Paul Cantelon), nei paesaggi verdi e fertili della Ucraina: un viaggio con alla guida un cieco, dove i protagonisti vivranno situazioni paradossali.
Come la cena nella locanda, la prima notte: Jonathan è vegetariano ("ma hai qualche problema" gli chiedono increduli gli altri), non può mangiare carne. Gli viene servita una patata, intersa, su un piatto: silenzio imbarazzato di tutti, finhe il nonno nno taglia la patata in quattro, ne da un pezzo alla cagnetta, uno al nipote, uno per se e l'ultimo a Jonathan. Che la imbusta come gli altri ricordi.

"Perchè fai tanto rigida ricerca" - chiede Alex a Jonfen (così Alex chiama il ragazzo)
"Perchè voglio vedere dove è cresciuto mio nonno. Voglio capire come sarei se mio nonno non fosse andato in america".

E man mano che il viaggio prosegue, il clima surreale comica lascia spazio ad un sentimento più triste, tragico: a cominciare dalla visione dei palazzi bucati dai proiettili "sovietici, indipendenza". L'incontro con dei lavoratori che non vedono di buon occhio gli "stranieri" di Odessa o, peggio, gli americani. Fino all'arrivo ad un villaggio abbandonato, che fa scattare nel nonno i primi ricordi del suo passato, il cui legame con la storia capiremo meglio nel finale.

Così come capiremo meglio nelle parole finali di Alex il perchè il regista ha voluto usare una luce forte per segnare il passaggio dalla storia del presente al mondo della memoria. Sarà il preludio all'illuminazione.
Il nonno li porterà alla casa di Augustine: una sa circondata da un campo di girasoli. Lì troveremo il villaggio di Trachimbrod, distrutto dalla furia nazista nel marzo del 1942: dentro pacchi Augustine ha salvato i ricordi del paese, i giocattoli, le foto, gli occhiali. Come per Alex, per la paura di dimenticare ha cercato di recuperare dalle macerie, dal fiume gli oggetti appartenuti alla persone del paese distrutto.

E sarà Augustine stessa a guidarli, in una lenta processione (non solo simbolica) a ciò che rimane: il moumento dedicato ai 1024 morti. Davanti al quale racconta dell'arrivo dei nazisti, che uccisero gli ebrei del villaggio e i suoi familiari ("mio padre non volle sputare sulla Torah ..."):
si arriverà a scoprire la verità sul passato del nonno e sul perchè Augustine nascose la sua fede, sapendo che sarebbe morta: perchè scrisse sul barattolo "Nel caso".
"L'anello non è qui per noi, noi siamo qui per l'anello. Tu esisti per lui".
L'importanza della memoria di ciò che siamo stati, del nostro passato. Perchè senza quel passato noi non saremmo ciò che siamo, qui, ora, in questo momento.
Confesso di essere arrivato alle lacrime ...

Dalla lettera che Alex (che è poi la voce narrante del film) scrive a Jonathan
"Ho riflettutto molto sul senso della nostra ricerca, che ha dimostrato come ogni cosa sia illuminata dalla luce del passato, dall'interno guarda verso l'esterno, alla rovescia, proprio come la mia canottiera.""In questo modo io sarò sempre lungo il fianco della tua vita. La famiglie saranno con noi, tuo nonno e forse, in qualche modo, mio nonno".

Un'unica ragnatela lega tra loro le persone, i ricordi, del passato e del presente. E noi siamo in qualche modo intrappolati da questa ragnatela che ci lega, intrappolati come gli oggetti che Jonathan cattura e conserva.
Rispetto al libro di Foer, il film ha tagliato la parte che narra della nascita dello shetl di Trachimbrod, dando un unico filo di narrazione, con pochi (ma intensi) flash back nel passato.
Il libro è molto più complesso, sia per i salti della storia, che per il linguaggio articolato, a volte sgrammaticato, impulsivo. Ma leggetelo lo stesso.

Altri link al film: imdb, ibs, kataweb.

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